Aprile 19th, 2019 Riccardo Fucile
IL RITO DEL VENERDI’ SANTO DEDICATO QUEST’ANNO ALLE VITTIME DELLA TRATTA DI ESSERI UMANI
Compone una preghiera di suo pugno, papa Francesco, e la recita in chiusura della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo.
Dopo i testi delle meditazioni e delle preghiere scritte da suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata e presidente dell’Associazione “Slaves no more” con al centro la sofferenza di tante persone vittime della tratta di esseri umani, è il Pontefice a pregare per “tutte le croci del mondo”, fra queste anche quella “dei migranti che trovano le porte chiuse a causa della paura e dei cuori blindati dai calcoli politici”.
È significativo che proprio nella notte del venerdì santo Francesco voglia ricordare il dramma delle tante persone che emigrano ma che anzichè accoglienza trovano l’indifferenza, anzitutto di molti politici.
Così, del resto, si è espressa nei suoi testi anche suor Bonetti ricordando i migranti rinchiusi in campi di raccolta simili a lager nei Paesi di transito e a cui viene rifiutato un porto sicuro, i morti del deserto e del mare diventati i nuovi cimiteri, tombe d’acqua, poveri la cui carne è “divorata” dai ricchi.
Elenca tante “croci” Francesco, che attanagliano il mondo: “La croce delle persone affamate di pane e di amore”, “la croce delle persone sole e abbandonate perfino dai propri figli e parenti”, “la croce delle persone assetate di giustizia e di pace”, “la croce delle persone che non hanno il conforto della fede”, “la croce degli anziani che si trascinano sotto il peso degli anni e della solitudine”, “la croce dei piccoli, feriti nella loro innocenza e nella loro purezza”, “la croce dell’umanità che vaga nel buio dell’incertezza e nell’oscurità della cultura del momentaneo”, “la croce delle famiglie spezzate dal tradimento, dalle seduzioni del maligno o dall’omicida leggerezza e dall’egoismo”, “la croce dei consacrati che cercano instancabilmente di portare la Tua luce nel mondo e si sentono rifiutati, derisi e umiliati”, “la croce dei consacrati che, strada facendo, hanno dimenticato il loro primo amore”.
E ancora: “La croce dei tuoi figli che, credendo in Te e cercando di vivere secondo la Tua parola, si trovano emarginati e scartati perfino dai loro famigliari e dai loro coetanei”, “la croce delle nostre debolezze, delle nostre ipocrisie, dei nostri tradimenti, dei nostri peccati e delle nostre numerose promesse infrante”, “la croce della Tua Chiesa che, fedele al Tuo Vangelo, fatica a portare il Tuo amore perfino tra gli stessi battezzati”, “la croce della Chiesa, la Tua sposa, che si sente assalita continuamente dall’interno e dall’esterno”, “la croce della nostra casa comune che appassisce seriamente sotto i nostri occhi egoistici e accecati dall’avidità e dal potere”.
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2019 Riccardo Fucile
SALVINI ALLE CORDE: VORREBBE ROMPERE MA NON PUO’ PRIMA DELLE EUROPEE… COME IL M5S HA INZIATO A RIBATTERE COLPO SU COLPO A SALVINI SONO SALTATI I NERVI… VOTO IN AUTUNNO?
“A questo punto la situazione è difficilmente ricomponibile”. Adesso, racconta chi ha parlato
con lui, tutti i ragionamenti di Salvini sono sul “come” si consumerà la rottura, non più sul “se”.
Perchè si è innescata una dinamica per cui “è difficile tornare indietro.
Qualcosa è cambiato davvero se, da ieri, la frase più ripetuta dal leader leghista nelle conversazioni private è: “Ne ho davvero piene le p….”.
“Fuori di testa” dalla rabbia, così lo descrivono i suoi, perchè il sentimento è uguale e contrario alla convinzione, fin qui inscalfibile, che alla fine tutto fosse recuperabile in nome dei rapporti umani.
E invece la settimana di passione del governo, iniziata con la rivolta, lasciata trapelare ad arte, dello Stato Maggiore della Difesa sulla sua circolare che chiude i porti, proseguita con la tensione sui “prefetti”, terminata col calvario del caso Siri ha segnato la metamorfosi dell’amore in odio.
Il salto di qualità della vicenda di Siri è evidente. Prima il ritiro delle deleghe come atto unilaterale. Poi la notizia che il figlio di Arata è stato assunto da Giorgetti a palazzo Chigi, entrata nel discorso pubblico dei Cinque Stelle come una macchia di immoralità su cui curvare la campagna elettorale.
È questa modalità della “guerra” che dice tutto, con l’ombra del “dossieraggio” che avvolge ormai i rapporti: notizie sugli staff che vengono passate ai giornali da “manine”, vite setacciate per diventare informazioni per colpire duro, con l’obiettivo di demolire la credibilità dell’alleato diventato nemico.
È stato un crescendo in queste settimane. “Salvini che non lavora”, “Salvini che va a braccetto coi nazisti in Europa”, ora “Salvini e suoi che assumono i figli degli indagati”.
Mai si era visto, nell’era gialloverde, un day after quasi peggiore del giorno prima, senza spiegazioni, senza soluzioni, con una drammatizzazione delle ostilità .
È una situazione surreale, in cui Siri resta lì ma senza deleghe, Di Maio accusa Salvini di voler tornare con Berlusconi, lo spin leghista accredita contatti dei Cinque Stelle col Pd.
Ed entrambi dicono di non voler rompere, ma al tempo stesso si provocano, in un crescendo in cui l’alleato diventato nemico.
Così non si va avanti è il dato acclarato. Ma è il “come” uscirne il vero oggetto di riflessione.
Perchè per tornare al voto ci vuole un’incidente che non sembri un fallimento, poi ci vuole una coalizione, si devono cioè allineare una serie di pianeti favorevoli. Significa, al momento, stare politicamente in mezzo al guado
È un gioco che è andato oltre con Salvini che provoca su Roma, tiene inchiodato Siri al suo posto, in un gioco sfacciatamente evidente, perchè è chiaro che se i Cinque Stelle gli facessero il favore di pronunciare la parola fine, sarebbe tutto più facile.
A questo mira il leader leghista, che in pubblico provoca sui dossier più urticanti per i Cinque Stelle, ma sparge miele sul governo, perchè sa che la vera operazione è costringere gli altri a rompere, per non pagarla in termini elettorali.
Ma i Cinque Stelle hanno iniziato a fare Salvini con Salvini.
Lui firma la circolare sui porti senza parlare col ministro, loro ritirano le deleghe senza parlare con lui, attaccano a freddo sul figlio di Arata, hanno scelto una comunicazione violenta e corsara.
Non è più un governo, ma se si capisce ciò che non è più, non è chiaro ciò che non è ancora: “Fino alla scorsa settimana — dice uno dei più alti in grado della Lega — l’idea era di fare un rimpasto dopo le Europee e di riscrivere l’agenda economica, tenendo conto dei mutati rapporti di forza. Adesso si vive alla giornata”.
La verità è che un “piano” definito ancora non c’è. E c’è una sola giornata che conta, il 26 maggio perchè fino ad allora continuerà questo spettacolo, con sempre maggiore veemenza, ma non succederà niente in termini di governo.
Però è un fatto che Giancarlo Giorgetti, parlando con più di un collega di partito, ha assicurato che, se si arriva alla rottura, “Mattarella non ha intenzione di mettersi di traverso, a questo punto le elezioni anticipate le darebbe”.
Il capo dello Stato non ha avuto contatti diretti in questi giorni con leader o ambasciatori, perchè proprio la delicatezza del clima lo spinge a stare più lontano dalla discussione per non dare l’impressione di propendere per una o per l’altra soluzione. Ma proprio in questi giorni, i consiglieri sono stati terminali di più contatti e telefonate. E a Giorgetti hanno detto che, in caso di rottura, di fronte a una maggioranza per lo scioglimento è chiaro che il capo dello Stato ne prenderebbe atto, anche con consultazioni lampo e senza fare tentativi di incarichi esplorativi.
C’è un solo ma, che riguarda l’interesse nazionale: “È chiaro — ha spiegato il sottosegretario alla presidenza — che vuole garanzie sui conti”.
Il che equivale a dire che, ad esempio a novembre, in piena sessione di bilancio sarebbe irresponsabile.
E questo è l’altro aspetto del guado: calendario alla mano, per votare i primi di luglio (prima cioè che il paese sia sotto gli ombrelloni) bisognerebbe sciogliere i primi di maggio, dunque è già tardi per una crisi e un giro di consultazioni.
Per votare a ottobre, invece, bisogna sciogliere entro l’inizio di agosto. E chissà se è un caso che quella parola “elezioni” è stata invocata anche dal segretario del Pd Nicola Zingaretti, proprio oggi.
Perchè le elezioni si chiedono quando c’è la possibilità che poi l’eventualità si verifichi, altrimenti è uno sparare a salve inutile.
Questa possibilità , per la prima volta, è concreta. Il problema è il “come”. La “mossa”. Ora Salvini è nel guado.
È il primo a sapere che se la sbaglia viene risucchiato dal gorgo.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 19th, 2019 Riccardo Fucile
TRANQUILLI CHE LA RAGGI NON RICEVERA’ ALCUN AVVISO DI GARANZIA, MOLTIPLICANO GLI ATTACCHI E SOLO ORA “SI ACCORGONO” DEL SOGGETTO CON CUI SI SONO ALLEATI
Benzina sul fuoco e il Movimento 5 Stelle soffia sull’incendio. Come se non bastasse il “caso Siri” si scopre che Federico Arata, figlio dell’imprenditore Paolo Arata, indagato per corruzione nell’inchiesta che ha coinvolto il sottosegretario leghista, è stato assunto dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti a palazzo Chigi.
Dalla pubblicazione della notizia sul Corriere della Sera alla nota degli M5s passano pochissimi minuti. La reazione grillina è immediata: “Siamo di fronte a un vero e proprio caso. La domanda che, per una questione di opportunità politica, ci poniamo, è se Salvini fosse a conoscenza di tutto questo”.
Ora gli M5s pretendono un chiarimento a tutto tondo e martelleranno il leader della Lega colpo su colpo. Anche la Capitale è al centro dello scontro con il ministro dell’Interno che minaccia di bloccare il piano “Salva Roma” e gli M5s che lo accusano di ricatto: “Da dieci giorni Salvini non fa altro che parlar male dell’amministrazione, ma noi siamo tranquilli e la Raggi non riceverà neanche un avviso di garanzia”. Nel mondo pentastellato si è sicuri di questo, nonostante la baraonda causata dagli audio in cui il primo cittadino chiederebbe all’amministratore delegato di Ama di modificare il bilancio dell’azienda rifiuti di Roma.
Ma per gli M5s non c’è tempo per le beghe interne, gli attacchi grillini sono tutti rivolti al ministro dell’Interno.
L’obiettivo è indebolirlo sempre più, logorarlo in questa corsa verso le elezioni Europee.
La rabbia del giorno prima non era ancora stata smaltita ed ecco sommarsi altro astio e scambi di accuse finite ormai in una sfera giudiziaria: “Non rispondiamo a polemiche e insulti – scrivono i parlamentari del Carroccio – che si sgonfieranno nell’arco di qualche ora. Federico Arata è una persona preparata”
I parlamentari grillini ricordano però che proprio oggi dalle carte della procura è emerso che il padre, Paolo Arata, responsabile ambiente della Lega, riceveva da Vito Nicastri, l’imprenditore eolico agli arresti domiciliari, carte dei progetti attraverso un paniere per poi passarle a Siri. “Non possiamo permettere tutto questo, Siri non può restare e Salvini deve spiegare su Arata. Noi del Movimento non possiamo smentire le nostre origini, non possiamo permettere che nel governo succeda tutto cose simili”, spiega una fonte parlamentare.
Il quadro è questo e per i 5Stelle è “inquietante”. Per il momento tutto tace e neanche Siri ha incontrato il premier Giuseppe Conte per il chiarimento dopo la notizia dell’indagine per corruzione a carico del sottosegretario in quota Lega. “Deve spiegare. È il contratto di governo che lo chiede, altrimenti dovrà dimettersi. Quando è arrivato l’avviso di garanzia? Salvini sapeva? Perchè non hanno detto nulla?”, sono le domande che i vertici M5s vogliono rivolgere all’esponente del Carroccio sotto accusa e attaccato dall’alleato di governo neanche si trattasse di opposizione contro la maggioranza.
È guerra tra M5s e Lega. Una guerra fatta anche di carte, dal momento che i pentastellati hanno tirato fuori gli emendamenti sull’eolico, presentati dal Carroccio e che sarebbero stati bloccati dagli uffici dei ministeri a guida grillina. Siri si difende in tv: “Ho presentato un emendamento che mi ha chiesto una filiera di piccoli produttori che mi dicevano di essere in difficoltà . Io non ho fatto altro che portarlo negli uffici, lì è finito il mio ruolo”, dice durante “Punto di Domanda” sottolineando di non aver “mai preso un centesimo”.
Quindi il sottosegretario, ormai senza deleghe, resiste e non si dimette. “Io sono tranquillo e anche lui lo è”, commenta Salvini mentre dai 5Stelle continuano le stilettate come quella di Stefano Buffagni: “Si parla di corruzione e di soggetti legati a mondi mafiosi. Il ministro dell’Interno non può non tenerne conto”.
A questo punto bisognerà fare una valutazione politica, sostengono i vertici M5s. Valutazione complessiva sul futuro del governo e che riguarderà anche e soprattutto le dinamiche interne. “Qui c’è un ministro, Salvini, che usa il suo dicastero come macchina da campagna elettorale perenne”, si sfoga un big pentastellato: “Le decisioni vanno prese in maniera collegiale, altrimenti così non si può andare avanti”.
Nel mondo pentastellati gli sfoghi contro Salvini si moltiplicano: “Al ministero non c’è mai. Ha parlato tanto dei rimpatri, in Italia ci sono 600mila immigrati irregolari e da quando c’è lui al Viminale i rimpatri sono stati più bassi di quelli fatti dall’ex ministro Minniti”. Tutti temi su cui gli M5s baseranno la campagna elettorale del prossimo mese con il rischio, tuttavia, si ridurre il governo in cenere.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 19th, 2019 Riccardo Fucile
50 EURO IL 7%… E ALLA FINE SI SCOPRE CHE I 780 EURO PROMESSI ERANO UN BLUFF, COME PREVISTO
“Polemiche che creano sconforto”, ha detto Pasquale Tridico, presidente dell’Inps parlando
del reddito di cittadinanza e del polverone che si è sollevato intorno alle cifre (molto basse) che alcuni utenti percepiranno.
Ma le sue parole, pronunciate con l’intento di spegnere la discussione, creeranno invece sconforto in chi chi sperava di ricevere un assegno da almeno 780 euro.
La ragione? La maggior parte di loro si ritroverà con appena la metà della somma che era stata annunciata dal governo quando trionfalmente aveva reso nota l’introduzione della misura. Ovvero 400 euro.
Ai più sfortunati, invece, toccherà la stessa sorte di Alale, un sessantasettenne di origini somale che vive ad Alessandria e che ha appena saputo a quanto ammonterà il suo sussidio: 40 euro al mese.
Nel commentare la vicenda Tridico, dalla Calabria, ha spiegato: “Solo il 7% di chi ha ottenuto il reddito di cittadinanza ha avuto tra 40 e 50 euro. Sono appena 30 mila persone”.
Una minoranza rispetto alla totalità di chi ha fatto la domanda, ma comunque una quantità non trascurabile,
Le brutte notizie per chi ha chiesto il sussidio non finiscono qui: “Il 71% ha avuto 400 euro ed il 21% tra 750 e 1.380 euro”, continua il presidente Inps.
La stragrande maggioranza dei richiedenti resterà comunque delusa: si troverà in tasca esattamente la metà della cifra aspettata.
Tridico ha tentato di spegnere la polemica ma, invece, svelando la reale entità dell’assegno non farà altro che alimentarla.
Così come, probabilmente, aumenterà la delusione degli utenti che avevano sperato – grazie al reddito di cittadinanza – in un miglioramento delle loro condizioni di vita.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 19th, 2019 Riccardo Fucile
DAGLI UFFICI DELL’ANAC FILTRA PREOCCUPAZIONE PER LA NORMA DEFINITA “PIU’ PERICOLOSA” INSERITA NEL DECRETO
Uno sblocca cantieri che è inutile per gli appalti sotto i 200mila euro, “perchè quei cantieri non sono mai stati bloccati”, e che “rischia di non risolvere nulla” per i lavori di importo superiore, che sono invece quelli bloccati e che resteranno bloccati anche con il nuovo decreto.
Ruotano tutte attorno a questo paradosso le perplessità dell’Anac sul provvedimento approvato ieri dal governo e firmato oggi dal presidente della Repubblica.
Dubbi che si trasformano in preoccupazioni per quella che dagli uffici di Raffaele Cantone definiscono la “norma più pericolosa” inserita nel decreto, vale a dire la possibilità di affidare i lavori in subappalto al concorrente sconfitto nella gara.
“Il rischio concreto – spiegano fonti dell’Autorità – è che le imprese si mettano d’accordo fin da prima della gara, prefigurando una turbativa d’asta a tutti gli effetti”.
Norma inutile, dunque. Perchè? I cantieri bloccati, ripetono all’Anac, sono tutti di importo superiore ai 200mila euro. E sono stati aperti prima del Codice degli appalti. Dunque i problemi non sono imputabili a questo. Piuttosto, i motivi sono diversi: imprese vincitrici degli appalti fallite per la crisi, mancanza di risorse economiche in corso d’opera e, soprattutto i ricorsi amministrativi, che obbligano l’Amministrazione pubblica a fermarsi in autotutela per evitare in futuro di dover rifondere i ricorrenti in caso di sconfitta. Un esempio? La Galleria Pavoncelli in Irpinia, una delle grandi incompiute italiane che si trascina dal terremoto del 1980. O l’alta velocità in provincia di Firenze. Lo sblocca cantieri non cambierà di una virgola l’esito di questi lavori.
Poi ci sono i rischi. Il più evidente è quello, appunto, della possibilità che gli sconfitti nelle gare possano ottenere i subappalti.
Ma poi c’è quello relativo all’abbassamento dei preventivi necessari per poter assegnare un appalto sotto i 200mila euro: fino ad oggi ne servivano 10 per appalti fino a 150mila euro e 15 per appalti superiori; con il nuovo decreto ne bastano 3.
“A parte il rischio che l’appalto venga assegnato senza una vera selezione – sottolineano ancora dall’Anac – non è detto che la P.A. con soli 3 preventivi, riesca a spuntare il prezzo migliore”.
Ma non solo: nel corso delle verifiche l’Anac ha scoperto che, soprattutto nelle zone dove la criminalità organizzata è ben radicata, gli affidamenti diretti (oggi possibili fino a 40mila euro) venivano spesso frazionati. In sostanza, basta dare due appalti da 39.900 euro per non dover ricorrere alle gare e assegnare lavori per 80mila euro. Con la soglia innalzata a 200mila euro, è possibile dunque arrivare a quasi 400mila euro di appalto senza dover fare le gara.
E c’è un altro aspetto che all’Anac giudicano paradossale: oggi per appalti fino ad un milione era possibile una procedura negoziata (con 15 preventivi da 350mila euro in su) mentre con il nuovo decreto, da 200mila in su, è obbligatoria la gara.
Il rischio è di complicare anzichè semplificare. Nel provvedimento ci sono anche cose che funzionano, dicono ancora gli uffici di Cantone, come alcune semplificazioni previste, la possibilità di reintrodurre l’appalto integrato per le manutenzioni, il tentativo di sfrondare tutta una serie di formalismi. Ma il nodo resta sempre lo stesso: “chiamare sblocca cantieri una norma che sblocca quelli che non sono
bloccati e rischia di non risolvere nulla per quelli che sono fermi”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 19th, 2019 Riccardo Fucile
PECCATO CHE L’EXPORT SIA IN CALO DEL 6% E DI MAIO NON SAPPIA LEGGERE LE STATISTICHE
«Lo facciamo con un export che a gennaio ha segnato un +2,9% e quindi continua a segnare
record in valori assoluti di tutta la nostra storia».
Così alcuni giorni fa il Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio durante una conferenza stampa ad Abu Dabi a conclusione della sua visita negli Emirati Arabi Uniti.
Secondo Di Maio non solo il nostro Paese è la locomotiva d’Europa per quanto riguarda la produzione industriale ma da quando si è insediato il governo Conte anche le esportazioni vanno a gonfie vele.
Di Maio rilasciava quella dichiarazione il 16 aprile scorso.
Il 18 aprile, appena due giorni dopo, l’ISTAT pubblicava la nota di aggiornamento statistica su fatturato e ordinativi dell’industria italiana relativa al periodo di febbraio 2019.
Smentendo di fatto le entusiasmanti dichiarazioni del ministro.
Perchè l’Istituto nazionale di statistica scrive che c’è un aumento del fatturato del mercato interno (+0,8%) rispetto al mese precedente ma che al tempo si è registrata una flessione di quello estero (-0,9%).
Non solo, il calo degli ordinativi «riflette una leggera contrazione delle commesse provenienti dal mercato interno (-0,4%) e una più marcata diminuzione di quelle provenienti dall’estero (-6,0%)». Rispetto alla media dei tre mesi precedenti (settembre-novembre 2018) significa un calo del 4,8%.
Dati completamente diversi da quelli snocciolati da Di Maio.
Scrive sempre l’ISTAT che «l’indice grezzo degli ordinativi segna un calo tendenziale del 2,9%, sintesi di un modesto incremento dello 0,6% per il mercato interno e di una marcata diminuzione, del 7,7%, per il mercato estero».
Di Maio però in quel momento aveva sotto mano i dati di gennaio che parlavano di un aumento in termini congiunturali del fatturato (+3,1%) anche se «nella media degli ultimi tre mesi, sui precedenti tre, l’indice complessivo mostra comunque un calo dell’1,8%».
Anche rispetto all’aumento degli ordinativi a gennaio rispetto a dicembre l’ISTAT rilevava «una riduzione rispetto ai tre mesi precedenti» pari al -2,1%.
Di Maio dice che si tratta di un record assoluto ma le cose non stanno così perchè — come fa notare la Stampa — in termini del valore delle esportazioni il dato di gennaio è leggermente inferiore a quello registrato a giugno 2018.
Non solo, l’ISTAT scrive che la crescita congiunturale del fatturato dell’industria del mese di febbraio è sostenuta principalmente dal mercato interno.
Se si prende in considerazione la media degli ultimi tre mesi rispetto ai tre mesi precedenti «evidenzia un segno negativo, più marcato per la componente estera rispetto a quella interna», insomma Di Maio sta raccontando una balla.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 19th, 2019 Riccardo Fucile
AL MASSIMO SI ARRIVERA’ A 900.000 DOMANDE CONTRO UN MILIONE E TRECENTOMILA PREVISTE GIA’ AL RIBASSO DAL GOVERNO … NON ESISTONO I 5 MILIONI DI POVERI
Meno persone chiederanno il reddito di cittadinanza rispetto a quanto messo in conto dal governo.
È quanto mette in evidenza la Consulta dei Caf presetando i primi numeri sull’accoglimento delle domande per il sussidio: “I dati sono al di sotto delle stime del governo. Non credo che si arriverà ad 1 mln e 300 mila di famiglie beneficiate. Calcolando ulteriori 80-100 mila domande che arriveranno ad aprile, la stima grossolana è che si potrebbero calcolare complessivamente circa 900 mila domande. Forse la realtà stimata dall’esecutivo è diversa dalla realtà : c’è una povertà non adeguatamente intercettata e valutata, probabilmente sopravvalutata”.
I Caf hanno infatti predisposto e inviato ad oggi circa 650 mila domande: un ritmo che ad aprile registra una attività in forte rallentamento . “A fine marzo avevamo inviato 580 mila domande e in questo mese ne abbiamo lavorate circa 60 mila”, ha proseguito Bagnoli.
Complessivamente dunque considerando anche le domande on line e quelle inviate tramite le Poste, la stima è di 850mila domande. Se si calcola però che le domande respinte, secondo i dati del ministero del lavoro sono il 25% risulta che “a fine aprile inizio maggio avranno diritto al beneficio in 600mila”, ha calcolato ancora.
Intanto dall’Inps sono arrivati i dati aggiornati sulla distribuzione territoriale delle domande arrivate sia dai Caf sia attraverso il canale online. La maggior parte sono state elaborate in Campania: 117.786 di cui 90.197 accolte. Segue la Sicilia con 112.714 istanze elaborate e 87.775 accolte. Sul podio anche il Lazio con 63.710 domande elaborate di cui 44.705 accolte. Subito dietro la Lombardia con 57.660 istanze elaborate e 37.152 accolte.
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2019 Riccardo Fucile
“SIRI PERSONA “ONESTA E SPECCHIATA? SI VEDE CHE IL CONCETTO DI SPECCHIATEZZA E’ SOGGETTIVO”
Raffaele Cantone, presidente dell’Anac — l’Autorità Anticorruzione — si è pronunciato sul caso
di Armando Siri, scoppiato a seguito della notizia che vede il sottosegretario leghista ai Trasporti indagato dalla procura di Roma per corruzione.
Ospite di Circo Massimo su Radio Capital, Cantone definisce “grave” il reato di bancarotta fraudolenta per il quale il sottosegretario esponente del Carroccio venne condannato nel 2014.
E lo fa per replicare alle parole del leader del Carroccio, Matteo Salvini, che ha definito Armando Siri una “persona onesta e specchiata” proprio nonostante il sottosegretario abbia alle sue spalle il patteggiamento di una condanna a un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta.
“Il giudizio di specchiatezza — ha infatti dichiarato Cantone ai microfoni di Radio Capital — ha anche un che di soggettivo. Per me uno che patteggia una bancarotta è colpevole di una bancarotta. Poi io ho le mie valutazioni ritenendo che la bancarotta sia un reato grave, evidentemente il ministro Salvini la pensa diversamente”
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2019 Riccardo Fucile
SARANNO ALTRI TIPICI DIFENSORI DELLE “RADICI DELLA TRADIZIONE CRISTIANA” DA DIFENDERE DAGLI INVASORI?
Si erano divertiti insieme sfrecciando con le moto in strada dopo aver anche pranzato in un locale ma quando lui è caduto, schiantandosi violentemente contro un’auto, nessuno di loro lo ha soccorso, anzi tutti sono scappati via in sella alle loto motociclette dileguandosi e lasciandolo da solo a morire.
Per questo otto motociclisti piemontesi sono stati ora identificati, rintracciati dai carabinieri e denunciati per omissione di soccorso.
I fatti risalgono allo scorso 16 febbraio quando a Bistagno, in provincia di Alessandria, il 65enne Carlo Cazzola, titolare del mobilificio omonimo, ha perso la vita lungo la strada provinciale 229 dopo aver sbandato ed essersi schiantato contro una vettura guidata da una donna che giungeva nel senso opposto di marcia.
Era stata proprio la donna, rimasta ferita in maniera non grave, a raccontare ai carabinieri accorsi sul posto che c’erano molti motociclisti prima dell’incidente.
Nessuno di loro però si era fermato a prestare soccorso nè aveva chiamato i numeri di emergenza. Ad allertare il 118 è stato un altro automobilista di passaggio che si è fermato per dare aiuto.
I sanitari non hanno potuto fare nulla per il 65enne ma la circostanza della fuga ha spinto i militari a indagare e infine a scoprire che in effetti la vittima faceva parte di una comitiva di biker che poco prima dell’incidente aveva pranzato in un pub della zona.
A confermarlo fotografie e video rintracciati sulle pagine social dei vari soggetti coinvolti, tutti della provincia Asti e Cuneo. Non solo, dai video di alcuni di loro i carabinieri hanno scoperto che poco prima dello schianto fatale era in corso una sorta di gara di sorpassi in curva tra moto.
Per gli inquirenti sarebbe stata proprio questa condotta pericolosa a far sbandare la moto del 65enne: per questo per due dei motociclisti è scattata anche l’accusa di omicidio stradale.
(da “FanPage”)
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