VERSO LA ROTTURA: ORMAI SI RAGIONA SUL “COME”, NON PIU’ SUL “SE”
SALVINI ALLE CORDE: VORREBBE ROMPERE MA NON PUO’ PRIMA DELLE EUROPEE… COME IL M5S HA INZIATO A RIBATTERE COLPO SU COLPO A SALVINI SONO SALTATI I NERVI… VOTO IN AUTUNNO?
“A questo punto la situazione è difficilmente ricomponibile”. Adesso, racconta chi ha parlato con lui, tutti i ragionamenti di Salvini sono sul “come” si consumerà la rottura, non più sul “se”.
Perchè si è innescata una dinamica per cui “è difficile tornare indietro.
Qualcosa è cambiato davvero se, da ieri, la frase più ripetuta dal leader leghista nelle conversazioni private è: “Ne ho davvero piene le p….”.
“Fuori di testa” dalla rabbia, così lo descrivono i suoi, perchè il sentimento è uguale e contrario alla convinzione, fin qui inscalfibile, che alla fine tutto fosse recuperabile in nome dei rapporti umani.
E invece la settimana di passione del governo, iniziata con la rivolta, lasciata trapelare ad arte, dello Stato Maggiore della Difesa sulla sua circolare che chiude i porti, proseguita con la tensione sui “prefetti”, terminata col calvario del caso Siri ha segnato la metamorfosi dell’amore in odio.
Il salto di qualità della vicenda di Siri è evidente. Prima il ritiro delle deleghe come atto unilaterale. Poi la notizia che il figlio di Arata è stato assunto da Giorgetti a palazzo Chigi, entrata nel discorso pubblico dei Cinque Stelle come una macchia di immoralità su cui curvare la campagna elettorale.
È questa modalità della “guerra” che dice tutto, con l’ombra del “dossieraggio” che avvolge ormai i rapporti: notizie sugli staff che vengono passate ai giornali da “manine”, vite setacciate per diventare informazioni per colpire duro, con l’obiettivo di demolire la credibilità dell’alleato diventato nemico.
È stato un crescendo in queste settimane. “Salvini che non lavora”, “Salvini che va a braccetto coi nazisti in Europa”, ora “Salvini e suoi che assumono i figli degli indagati”.
Mai si era visto, nell’era gialloverde, un day after quasi peggiore del giorno prima, senza spiegazioni, senza soluzioni, con una drammatizzazione delle ostilità .
È una situazione surreale, in cui Siri resta lì ma senza deleghe, Di Maio accusa Salvini di voler tornare con Berlusconi, lo spin leghista accredita contatti dei Cinque Stelle col Pd.
Ed entrambi dicono di non voler rompere, ma al tempo stesso si provocano, in un crescendo in cui l’alleato diventato nemico.
Così non si va avanti è il dato acclarato. Ma è il “come” uscirne il vero oggetto di riflessione.
Perchè per tornare al voto ci vuole un’incidente che non sembri un fallimento, poi ci vuole una coalizione, si devono cioè allineare una serie di pianeti favorevoli. Significa, al momento, stare politicamente in mezzo al guado
È un gioco che è andato oltre con Salvini che provoca su Roma, tiene inchiodato Siri al suo posto, in un gioco sfacciatamente evidente, perchè è chiaro che se i Cinque Stelle gli facessero il favore di pronunciare la parola fine, sarebbe tutto più facile.
A questo mira il leader leghista, che in pubblico provoca sui dossier più urticanti per i Cinque Stelle, ma sparge miele sul governo, perchè sa che la vera operazione è costringere gli altri a rompere, per non pagarla in termini elettorali.
Ma i Cinque Stelle hanno iniziato a fare Salvini con Salvini.
Lui firma la circolare sui porti senza parlare col ministro, loro ritirano le deleghe senza parlare con lui, attaccano a freddo sul figlio di Arata, hanno scelto una comunicazione violenta e corsara.
Non è più un governo, ma se si capisce ciò che non è più, non è chiaro ciò che non è ancora: “Fino alla scorsa settimana — dice uno dei più alti in grado della Lega — l’idea era di fare un rimpasto dopo le Europee e di riscrivere l’agenda economica, tenendo conto dei mutati rapporti di forza. Adesso si vive alla giornata”.
La verità è che un “piano” definito ancora non c’è. E c’è una sola giornata che conta, il 26 maggio perchè fino ad allora continuerà questo spettacolo, con sempre maggiore veemenza, ma non succederà niente in termini di governo.
Però è un fatto che Giancarlo Giorgetti, parlando con più di un collega di partito, ha assicurato che, se si arriva alla rottura, “Mattarella non ha intenzione di mettersi di traverso, a questo punto le elezioni anticipate le darebbe”.
Il capo dello Stato non ha avuto contatti diretti in questi giorni con leader o ambasciatori, perchè proprio la delicatezza del clima lo spinge a stare più lontano dalla discussione per non dare l’impressione di propendere per una o per l’altra soluzione. Ma proprio in questi giorni, i consiglieri sono stati terminali di più contatti e telefonate. E a Giorgetti hanno detto che, in caso di rottura, di fronte a una maggioranza per lo scioglimento è chiaro che il capo dello Stato ne prenderebbe atto, anche con consultazioni lampo e senza fare tentativi di incarichi esplorativi.
C’è un solo ma, che riguarda l’interesse nazionale: “È chiaro — ha spiegato il sottosegretario alla presidenza — che vuole garanzie sui conti”.
Il che equivale a dire che, ad esempio a novembre, in piena sessione di bilancio sarebbe irresponsabile.
E questo è l’altro aspetto del guado: calendario alla mano, per votare i primi di luglio (prima cioè che il paese sia sotto gli ombrelloni) bisognerebbe sciogliere i primi di maggio, dunque è già tardi per una crisi e un giro di consultazioni.
Per votare a ottobre, invece, bisogna sciogliere entro l’inizio di agosto. E chissà se è un caso che quella parola “elezioni” è stata invocata anche dal segretario del Pd Nicola Zingaretti, proprio oggi.
Perchè le elezioni si chiedono quando c’è la possibilità che poi l’eventualità si verifichi, altrimenti è uno sparare a salve inutile.
Questa possibilità , per la prima volta, è concreta. Il problema è il “come”. La “mossa”. Ora Salvini è nel guado.
È il primo a sapere che se la sbaglia viene risucchiato dal gorgo.
(da “Huffingtonpost”)
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