Aprile 27th, 2019 Riccardo Fucile
DOPO GLI ATTENTATI IN SRI LANKA INVOCAVA GIUSTAMENTE LA LIBERTA’ DI CULTO, MA TRE GIORNI DOPO A MARSCIANO MANIFESTAVA CONTRO L’APERTURA DI UNA MOSCHEA
Spesso ci si trova a dire che la rete non dimentica e parte la corsa ai vecchi post su Facebook, Twitter o Instagram in cui un determinato personaggio (perlopiù politico) ha scritto un pensiero su cui poi ha fatto la classica retromarcia.
Ma il caso di Giorgia Meloni facilita ancor di più questa ricerca.
La leader di Fratelli d’Italia, infatti, dopo il tragico attentato di matrice islamica (rivendicato anche dall’Isis) nello Sri Lanka aveva twittato parole di rabbia, richiamando la sua battaglia per la libertà religiosa.
Tre giorni dopo, venerdì 26 aprile, ha invece postato un video di lei — insieme ad altri rappresentanti di Fratelli d’Italia — a Marsciano, in provincia di Perugia, dove si trovava per dire no alla nascita di una Moschea.
Un giorno, quando a essere colpite sono le comunità Cristiane, come tragicamente accaduto nello Sri Lanka martedì 23 aprile, si corre a lottare in favore della «libertà religiosa»; l’altro, quando si vuole far nascere una nuova Moschea, ci si presenta sul luogo a caccia di voti per manifestare contro l’apertura di un nuovo centro religioso islamico.
«La statua di Gesù macchiata dal sangue dei martiri Cristiani uccisi dagli islamisti in Sri Lanka è simbolo della feroce persecuzione anticristiana nel mondo che la comunità internazionale insiste ad ignorare. Continuamo a batterci per difendere la libertà religiosa», aveva scritto Giorgia Meloni a poche ore dall’attentato che ha portato alla morte di centinaia di fedeli riuniti per le celebrazioni della messa.
Tutto legittimo, dato che le barbarie di alcuni pericolosi gruppi terroristici che si nascondono dietro l’etichetta islamica per portare avanti i propri crimini, non possono che provocare sdegno e reazioni di questo tipo. E per fare questo si fa il richiamo alla sacrosanta «libertà religiosa» che, per definizione, dovrebbe valere per tutti. Ma non è così per la leader di Fratelli d’Italia.
Ed ecco che Giorgia Meloni ha deciso di presentarsi a Marsciano, in provincia di Perugia, insieme ad alcuni suoi fedelissimi, a manifestare proprio contro la «libertà religiosa».
Il tutto accompagnato da un video: «No alla nascita di una nuova Moschea — dice la leader di Fratelli d’Italia -. No, fino a quando non verranno approvate le norme che Fratelli d’Italia chiede a tutela della sicurezza dei cittadini».
Parla di un albo degli Imam, di fondi che arrivano per finanziare i centri culturali islamici, di conoscenza preventiva di chi predica nelle Moschee, di prediche fatte in italiano «perchè qui siamo in Italia».
Come se, durante le Crociate, dovesse esistere un albo dei Papi; oppure, come se Papa Francesco non potesse più recitare la messa in latino.
La libertà di religione è per tutti ed è uguale. Non è uno spot elettorale.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Costume | Commenta »
Aprile 27th, 2019 Riccardo Fucile
SCOPERTE OLTRE 200 OFFSHORE CON 250 MILIONI NASCOSTI AL FISCO DA IMPRENDITORI DEL NORDEST
Si chiama “lista De Boccard”. 
Dal computer del professionista svizzero Bruno De Boccard, sequestrato dai magistrati della Procura di Venezia, è emerso un elenco di dozzine di imprenditori, soprattutto veneti, protagonisti di una colossale evasione fiscale, celata all’ombra del super condono targato Berlusconi del 2009-2010.
Un fiume di denaro di “oltre 250 milioni di euro”, finora mai completamente ricostruito, dove si mescolano le tangenti ai politici e i fondi neri degli stessi clienti.
Soldi nascosti in scatole di scarpe. Pacchi di banconote consegnati ad anonimi autisti autostradali, in grandi alberghi o studi di commercialisti.
L’indagine della Guardia di Finanza, nata sulla scia dello scandalo del Mose di Venezia, ha già portato al sequestro di oltre 12 milioni di euro.
E ha fatto scoprire un traffico di tangenti per 1,5 milioni nascoste prima in Svizzera e poi in Croazia da una prestanome di Giancarlo Galan, ex governatore veneto e ministro di Forza Italia, già condannato per le maxicorruzioni del Mose.
Questa nuova indagine ha fatto emergere anche una serie di documenti informatici con i dati di centinaia di società offshore utilizzate da politici e imprenditori per nascondere nei paradisi fiscali più di 250 milioni di euro. Molti casi di evasione sono stati però cancellati dalla prescrizione o dallo scudo fiscale.
Secondo L’Espresso, il “re delle valigie” Giovanni Roncato ha ammesso di aver rimpatriato, grazie proprio allo scudo, 13,5 milioni di euro, detenuti all’estero e accumulati in passato “in seguito a minacce rivoltemi da un’organizzazione malavitosa…la Mala del Brenta…nel periodo in cui la banda di Felice Maniero operava molti sequestri di persona”.
Ed ecco partire il carosello del denaro, affidato a “malavitosi ignoti, in due occasioni, circa 200 milioni di lire alla volta, in contanti, al casello di Padova Ovest”.
Un altro nome eccellente che compare nell’inchiesta ribattezzata Padova Papers, germinazione dei più famosi Panama Papers, è quello di Renè Caovilla, titolare di un famoso marchio di scarpe, e boutique in tutto il mondo.
Anche lui, al quale faceva capo la offshore Serena Investors, riporta L’Espresso, si è avvalso dello scudo fiscale, facendo rientrare in Italia 2,2 milioni di euro, “somme non regolarizzate affidate a professionisti operanti con l’estero al fine di depositarle in Svizzera”.
Anche tre commercialisti di uno affermato studio di Padova, giù emersi nelle vicende del Mose, entrano qui in scena come presunti organizzatori del riciclaggio di denaro nero: Paolo Venuti, Guido e Christian Penso.
Tutti collegati al duo San Germano-De Boccard, punti di riferimento di proprietari di hotel, fabbriche di scarpe, imprese di costruzioni e, ancora, big delle calzature. Come Damiano Pipinato, che attiva lo spostamento dei soldi attraverso proprio Guido Penso: “Lui mi telefonava e, in codice, mi chiedeva se avessi due o tre campioni di scarpe. Io sapevo che mi stava chiedendo 100, 200 o 300 mila euro da portare fuori…Io predisponevo il contante all’interno di una scatola di cartone, in un sacchetto, e portavo in macchina nel suo studio a Padova”.
Il dottor Penso non contava il denaro, si fidava, si accontentava della cifra indicata da Pipinato e “rilasciava un post-it manoscritto, con data e importo. Dopo qualche giorno mi esibiva l’estratto di un conto corrente con la cifra da me versata.
A quel punto il post-it veniva stracciato”. Pipinato ha confessato di aver esportato all’estero 33 milioni di euro: 25 in Svizzera, 8 a Dubai.
(da “L’Espresso”)
argomento: denuncia | Commenta »
Aprile 27th, 2019 Riccardo Fucile
QUANDO ESULTAVA SU FB PER I PORTI CHIUSI E CE L’AVEVA CON I “CLANDESTINI” CHE VIAGGIANO IN TRENO
Prima del ripensamento serale, aveva deciso di “prendere soltanto atleti europei” Fabio Carini, presidente di Apd Miramar,
Un comportamento che trova una sua ragione dando una scorsa al profilo del suo autore: Carini, è giornalista dipendente della Regione Friuli-Venezia Giulia.
Sulla questione migranti, ad esempio, l’opinione di Carini, barba hipster e baffetto di foggia dannunziana, è fortemente connotata politicamente.
“Finalmente!”, scriveva su Facebook il 10 giugno 2018, giorno in cui il Viminale dichiarava i porti italiani chiusi per la nave Aquarius, postando lo screenshot di un lancio stampa: “Migranti. Salvini: da oggi anche Italia dice no, chiudiamo i porti“, recitava il titolo del lancio che riportava le parole del ministro dell’Interno, parole che suonano simili a quelle che Carini pronuncia oggi per giustificare l’esclusione degli atleti non europei: “Da oggi anche l’Italia comincia a dire di no al traffico di esseri umani. No al business dell’immigrazione clandestina”.
Pochi giorni più tardi tornava sull’argomento utilizzando una terminologia ancora più precisa e orientata. “Trenitalia: sì clandestini, no cagnolini“, titola il post del 18 giugno in cui Carini mette in parallelo il miglior amico dell’uomo con gli immigrati irregolari.
“Buongiorno, per viaggiare su questo treno (Frecciarossa da Trieste a Milano) anche lei deve pagare il biglietto. Sono 80 euro e favorisca i documenti!”, scrive riportando la richiesta di un controllore, una “zelante operatrice”, e facendo riferimento alla foto di una cagnolina dal pelo grigio scuro di nome Mirtilla.
“A pensarci bene, forse Mirtilla avrebbe dovuto fare capire alla Zelante di non essere italiana — prosegue — di provenire da un paese extraeuropeo e di avere appena varcato il confine illegalmente. Perchè su Trenitalia, a quanto pare, viaggiano gratis e indisturbati solo i clandestini, a quelli la Zelante non chiede il biglietto e men che meno i documenti”.
Nel 2016 Carini — che ha presentato l’iniziativa sulle mezza maratona in una conferenza stampa con il governatore Massimiliano Fedriga, fedelissimo di Matteo Salvini, l’assessore alla sicurezza Pierpaolo Roberti, già segretario provinciale della Lega, e il sindaco forzista di Trieste, Roberto Di Piazza — aveva tentato l’avventura nella politica locale: “No all’accoglienza indiscriminata“, recitava poi uno dei punti del programma di Startup Trieste, la lista con la quale aveva corso alle amministrative del 2016 prendendo l’1,17% dei voti.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Aprile 27th, 2019 Riccardo Fucile
LA ESILARANTE GIUSTIFICAZIONE DEL PATRON: “ERA SOLO UNA PROVOCAZIONE”
“Dopo avere lanciato una provocazione che ha colto nel segno, richiamando grande
attenzione su un tema etico fondamentale, contrariamente a quanto comunicato ieri, inviteremo anche atleti africani. Lo ha annunciato in una nota il patron del Trieste Running Festival, Fabio Carini. Ma le polemiche della giornata sono ancora infuocate.
Gli atleti africani erano infatti stati esclusi dalla maratona. Suscitando reazioni nel mondo politico e sui social.
E anche dalla Federazione Italiana Atletica leggera: “Siamo la federazione che applica già uno ius soli molto avanzato, dove l’uguaglianza e il rispetto sono l’assoluta normalità . Vigileremo con la massima attenzione, verificando i fatti e le motivazioni” dice Fabio Pagliara, segretario generale della Federazione rispetto alla decisione degli organizzatori di Trieste Running Festival di non ingaggiare atleti africani.
Pagliara ha anche fatto sapere di aver già chiesto alla sezione Fvg una relazione sull’accaduto e che, “anche su sollecitazione del Coni, in queste settimane si sta lavorando per una “rivisitazione del ruolo degli agenti”. Nel frattempo la Federazione avrebbe aperto un fascicolo sulla decisione degli organizzatori giuliani.
Numerose le reazioni politiche e il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni annuncia anche di voler portare il caso in Parlamento con una interrogazione al governo: “Senza vergogna. Se non lo avessi letto sui giornali stenterei a crederci. Ad una maratona a Trieste non verranno ingaggiati atleti di origine africana. Succede non nel Mississipi degli anni ’50 bensì nel 2019 in una città capitale della cultura mitteleuropea, Trieste. Ci auguriamo che al più presto il governo risponda all’interrogazione che presenteremo nei prossimi giorni in Parlamento”.
“Il 27 aprile del 1994, esattamente 25 anni fa, si svolsero per la prima volta nella storia del Sudafrica elezioni libere e aperte a tutta la popolazione. Segnavano la fine dell’apartheid. Non avremmo mai pensato che, esattamente 25 anni dopo, una nuova ma altrettanto odiosa forma di ‘apartheid’ si potesse ripresentare in Italia, nel civile Friuli Venezia Giulia”. Lo afferma Riccardo Magi, deputato radicale di +Europa.
E di “esclusione dal sapore razzista parla Debora Serracchiani, deputata del Pd e già governatrice della regione Friuli Venezia Giulia.
Sul caso era intervenuto anche il sottogretario con delega allo sport Giancarlo Giorgetti: “Sbagliato escludere gli atleti africani. Non è così che si risolvono i problemi. Aprirò subito un’indagine interna per quanto riguarda le mie competenze. Ascolterò tutte le parti in causa per fare chiarezza”.
Di follia parla il vicepremier Di Maio: “E’ giusto combattere lo sfruttamento dei corridori africani, il professionismo è professionismo sempre e come tale deve essere retribuito, ma non è così che si fa, non è escludendoli da una gara che si combatte il problema. Anzi, così il problema si aggrava e la vicenda in sè per come sta emergendo rasenta la follia”.
Intanto sui social esplode la protesta. “Che schifo”, “Vergogna”, “Psicopatici. Bisogna fermarli, questi ci trascinano nel baratro”. Da Facebook a Twitter, sono centinaia i messaggi di condanna postati per tutta la mattinata. “A Trieste si corre la maratona ma senza Africani, Buon 1938 a tutti”, scrive qualcuno e ancora: “A Trieste si inaugura la maratona razziale”; “Boicottiamo la competizione e i suoi sponsor”.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Aprile 27th, 2019 Riccardo Fucile
BUFERA POLITICA A SEDRIANO: IL POLITICO AMMETTE DI AVER USATO IL PASS “PER ERRORE” DIMENTICANDOSI DI RESTITUIRLO
Bufera politica a Sedriano, in provincia di Milano, primo comune lombardo amministrato dai Cinque stelle, per una vicenda che coinvolge il vice sindaco del paese, il grillino Davide Rossi.
Come riportato dalla testata locale “Settegiorni”, l’esponente politico in più occasioni ha parcheggiato la propria auto sulle strisce blu a pagamento, esponendo sul cruscotto il pass disabili intestato al padre, deceduto lo scorso maggio, senza pagare la sosta.
Qualcuno, al momento ignoto, avrebbe seguito in più occasioni il vice sindaco, documentando con tanto di foto il suo comportamento, che si sarebbe ripetuto per tre o quattro volte.
E davanti all’evidenza a Rossi non è rimasto altro da fare che scrivere un lungo post di scuse su Facebook, nel quale l’uomo ha cercato di giustificarsi sostenendo di aver scambiato in alcune occasioni il pass del padre con quello della madre, anche lei disabile al 100 per cento e ancora in vita.
“Si, è vero che qualche volta (3, 4 volte) sia capitato per puro e semplice errore di esporre il Pass disabili di mio papà defunto anzichè quello di mia mamma anch’ella disabile. Infatti la verità è proprio questa — ha ammesso Davide Rossi
Per il vice sindaco, insomma, l’intento di chi lo ha seguito (in un periodo compreso da ottobre a metà aprile) per fotografare le sue infrazioni era quello di “gettare fango” sulla sua persona.
Le sue giustificazioni non hanno però convinto del tutto: su Facebook in tanti hanno sottolineato come, per non incorrere nello “sbaglio”, sarebbe bastato consegnare il pass disabili del genitore defunto alla polizia locale (come prevede la legge) oppure, se tenuto per ricordo (come sostiene il vice sindaco), conservarlo a casa e non portarlo in auto.
(da agenzie)
argomento: Costume | Commenta »
Aprile 27th, 2019 Riccardo Fucile
SOSTERRA’ MARIA SPANO’, ATTUALE ASSESSORE IN CORSA PER LA FASCIA TRICOLORE
Si ricandida come consigliere comunale Mimmo Lucano, il sindaco sospeso di Riace, il
centro della Locride indicato negli ultimi anni come modello di integrazione dei migranti.
Lucano, attualmente sottoposto a divieto di dimora e rinviato a giudizio nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Locri, correrà con la lista “Il cielo sopra Riace”, che candida a sindaco Maria Spanò, assessore uscente ai Lavori pubblici.
I candidati a consigliere della lista sono in tutto 11.
Il paese in provincia di Reggio Calabria, balzato agli onori della cronaca prima per come modello di accoglienza e poi per l’operazione “Xenia” che ha stravolto lo stesso modello coinvolgendo anche lo stesso Lucano, tornerà al voto il prossimo 26 maggio.
Intanto l’esilio di Lucano continua. Il Tribunale del Riesame ha infatti confermato il provvedimento che obbliga il sindaco sospeso a stare lontano dal paese che per tre mandati ha amministrato.
Per ordine della Cassazione, i giudici reggini sono tornati ad esaminare il caso, ma la loro valutazione non è cambiata. Le indagini a carico di Lucano sono chiuse da tempo, il sindaco sospeso è stato rinviato a giudizio ed è stata fissata la prima udienza del processo, ma a detta dei giudici rimangono motivi ostativi al suo rientro in paese.
Le liste presentate a Riace sono tre ed oltre quella di Spanò in cui è candidato Lucano, sono in lizza come candidato sindaco anche l’ex vicesindaco Maurizio Cimino (Riace 2.0) a cui Lucano ritirò le deleghe nel 2016, e Antonio Trifoli, vigile urbano che guida la lista civica “Riace rinasce, trasparenza e legalità “.
Gli abitanti di Riace, con 2.335 residenti, dovranno scegliere fra le tre liste in campo eleggendo così dieci consiglieri comunali, suddivisi in sette componenti della maggioranza e tre di opposizione, e il sindaco.
(da agenzie)
argomento: elezioni | Commenta »
Aprile 27th, 2019 Riccardo Fucile
NEL CORSO DEL FERMO UN CARABINIERE E’ RIMASTO FERITO
Un 25enne è stato arrestato a Castel San Giorgio, nel Salernitano, per aver imbrattato una pensilina degli autobus con scritte razziste inneggianti al nazismo: «Stop Africa» con il simbolo di una svastica. Il fatto è avvenuto in Località Torello, nelle cui vicinanze si trova un centro di accoglienza per immigrati. Ad arrestarlo i carabinieri della compagnia di Mercato San Severino
Nel corso del fermo, uno dei militari è rimasto lievemente ferito.
Per il giovane, residente a Siano, è scattato l’arresto per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale nonchè imbrattamento con scritte inneggianti l’ideologia nazista.
Quando i militari si sono avvicinati il giovane ha lanciato contro di essi la bomboletta spray ed ha tentato la fuga. Bloccato dal maresciallo dei carabinieri non ha esitato a aggredire il militare procurandogli delle lesioni guaribili in pochi giorni.
Nel frattempo è intervenuto l’altro militare di pattuglia ed altri carabinieri intervenuti. D.V. è stato arrestato e posto agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Siano.
(da agenzie)
argomento: Razzismo | Commenta »
Aprile 27th, 2019 Riccardo Fucile
“IN PIENA NOTTE SENTIVANO URLARE, ERANO GRIDA STRAZIANTI, TERRIBILI”: LA DENUNCIA DI ALCUNI VICINI ALLE FORZE DELL’ORDINE
I vicini dell’uomo vessato e ucciso da una baby gang nel tarantino avevano segnalato i
soprusi subiti dall’uomo.
La prova è in un esposto presentato tempo prima al commissariato di Manduria e firmato da 7 residenti nella stessa via dove abitava Antonio Cosimo Stano e Don Dario, parroco della chiesa che si trova davanti la casa della vittima. In una prima denuncia si legge: “Da alcune settimane, durante le ore serali e le prime ore del mattino si stanno verificando diversi episodi di atti illeciti commessi da ignoti (circa 5/6 persone) a danno del signor Antonio Cosimo Stano”.
Si legge ancora: “Nello specifico segnaliamo continui e reiterati danneggiamenti che tali ignoti stanno perpetrando a danno dell’abitazione (…) con lancio di pietre e oggetti vari al prospetto dell’abitazione e dando calci e colpi diretti alla porta d’ingresso e agli infissi della medesima casa”.
Nella denuncia c’è anche una confessione della vittima che parla degli abusi subiti: “Il signor Stano, da quanto ci ha riferito, ha subito vessazioni, soprusi e lesioni anche fisiche da parte di questi soggetti, i quali in una occasione sono anche riusciti a introdursi in casa. Tale condotta illecita, lesiva della sicurezza e della quiete pubblica, cagiona, inoltre, stati d’ansia, malessere e agitazione soprattutto nei minori residenti nel vicinato”.
All’AdnKronos uno dei residenti rivela: “Non tutti hanno voluto firmare, ma noi non ce la siamo sentita di restare inermi” e racconta: “In piena notte sentivamo urlare. Erano grida strazianti, terribili. La sera tardi e in piena notte. Mia moglie e con lei altri 7 residenti di via San Gregorio Magno e don Dario, ha così presentato l’esposto, per paura soprattutto, ma anche per tutelare quel povero Cristo”.
Proprio don Dario, nella sua omelia, dice: “Siamo tutti coinvolti”.
Se qualcuno non ha preso in carico la denuncia,, non provvedendo ai relativi accertamenti, ha commesso una omissione di atti d’ufficio.
Salvini provveda ad aprire una inchiesta sul comportamento delle forze dell’ordine, è ora di finirla con il coprire chi non tutela i cittadini.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Aprile 27th, 2019 Riccardo Fucile
LA PRIMA META TURISTICA DELLA PUGLIA E’ UN FAR WEST, GUERRA TRA CLAN PER IL TRAFFICO DI DROGA DALL’ALBANIA, MENTRE SALVINI MANGIA LA NUTELLA
I killer sono arrivati sotto casa, forse in auto, forse in moto, e hanno fatto fuoco con un fucile calibro 12, il marchio di ‘fabbrica’ degli omicidi della mafia foggiana.
Questa volta hanno puntato a un “pezzo grosso”, Girolamo Perna, 29 anni, considerato al vertice del clan che porta il suo nome. ‘Scissionisti’ in lotta con il clan Raduano da tre anni, quando gli equilibri a Vieste, la perla del Gargano, si sono rotti con l’agguato ad Angelo Notarangelo, il boss della zona. Da allora sono caduti in dieci sotto il fuoco dei rivali, un altro è scomparso e non è mai stato ritrovato e in sei sono scampati per miracolo alle pallottole.
La droga dall’Albania dietro la guerra
Una mattanza che ha trasformato questo paese di 13mila abitanti, capace di attrarre 1,9 milioni di turisti nel 2018 che l’hanno eletto prima meta turistica della Puglia, in un saloon dove i clan premono il grilletto con facilità per affermare la propria supremazia e controllare il traffico di droga dall’Albania. È qui infatti che il business dei narcos balcanici ha trovato la sua porta verso l’Italia grazie alle coste frastagliate e rocciose, difficili da pattugliare, e quindi approdo perfetto per fiumi di marijuana.
È questa la pista più battuta dagli investigatori dalla strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017 — come aveva raccontato IlFatto.it nel dicembre di due anni fa — per spiegare la guerra che si combatte sul Gargano tra una delle tre “teste” della mafia foggiana.
L’agguato
Così venerdì sera è toccato a Perna, rampollo in ascesa e sorvegliato speciale dopo il ritorno in libertà nell’ottobre 2018. Lo hanno ammazzato a Piano Piccolo, alla periferia di Vieste. Le fucilate lo hanno colpito tra il braccio e all’addome. È morto all’ospedale di San Giovanni Rotondo nella notte. Stava rincasando quando i sicari lo hanno freddato, raggiungendo il loro obiettivo dopo due agguati falliti negli scorsi anni.
L’inchiesta
Quando i sicari sono entrati in azione con lui c’era un amico — incensurato — che è stato interrogato, ma non ha saputo fornite elementi utili. Non arriveranno neanche dalle telecamere di videosorveglianza, perchè in zona non ce ne sono. I carabinieri — guidati dal comandante provinciale Marco Aquilio — hanno eseguito cinque stub, esame per la rilevazione di residui da sparo, a pregiudicati del clan rivale, appartenenti alla fazione il cui capo è considerato Marco Raduano.
L’uccisione del boss: così è iniziato tutto
Secondo chi indaga l’uccisione di Perna potrebbe essere la risposta a quella di Francesco Pio Gentile il 21 marzo a Mattinata, comune il cui consiglio comunale nel 2018 è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Di certo — è la lettura degli investigatori — entrambi gli omicidi si inseriscono nella sanguinosa guerra di mafia in atto a Vieste. Se ne contano dieci dal 27 gennaio 2015 quando venne ammazzato Angelo “Cintaridd” Notangelo, storico boss del paese.
La lunga scia di sangue
Da allora è stata un’escalation, nella quale sono morti 6 tra ventenni e trentenni. Tra i primi a cadere
c’è Giampiero Vescera, 27 anni, imparentato con Raduano, ammazzato nel settembre 2016. Il 2017 si era aperto con la morte di Vincenzo Vescera (33 anni) e pochi giorni dopo i killer erano tornati in azione per assassinare Onofrio Notarangelo, cugino di Angelo, e il suo figlio 27enne, Pasquale, era poi scomparso nel nulla a maggio.
A luglio le pallottole fanno rumore perchè esplose in pieno giorno: Omar Trotta, 31 anni, viene assassinato nel suo locale del centro all’ora di pranzo. Il 6 aprile 2018 viene ritrovato in campagna il cadavere di Giambattista Notarangelo, altro cugino del boss Angelo.
Un anno fa, il 25 aprile, cade sotto colpi di pistole e kalashnikov Antonio Fabbiano, 25 anni. Neanche due mesi dopo è il turno di Gianmarco Pecorelli, 22 anni, ucciso mentre era in scooter con un amico lungo la statale che porta a Peschici. Una scia di sangue ingrossata dall’omicidio di Perna
Le alleanze con gli altri clan
La pista dell’Antimafia è solo una: business della droga e alleanze da stringere anche con i clan più importanti del Gargano, i Romito e i Li Bergolis. “La perdita delle figure chiave del clan (e della conseguente credibilità ) ha suscitato le mire di alcuni sodali del gruppo, finalizzate a rendersi autonomi e egemoni in quel territorio, soprattutto nella gestione delle piazze di spaccio, anche con la collaborazione offerta da altri sodalizi dell’area”, scrive la Direzione investigativa antimafia nell’ultima relazione che fotografa la situazione al primo semestre dello scorso anno.
La ricerca di una leadership
I clan Raduano e Perna vengono descritti come “emergenti” e la guerra di mafia ricondotta a un “bipolarismo criminale, sempre meno contingente e più sistematico, che sembrerebbe indurre anche i gruppi criminali del triangolo Monte Sant’Angelo-Manfredonia-Mattinata a prendere posizione”, spinti “dall’interesse ad individuare la nuova leadership con cui schierarsi e interagire in quell’area: il clan Li Bergolis schierato con il gruppo dei Perna-Iannoli, mentre il clan Romito-Gentile con i Raduano”.
Non solo droga. La Dia: “Estorsioni e riciclaggio”
Gli interessi? “Da una parte i terminal delle rotte del traffico di marijuana proveniente dall’Albania diretta anche in altri territori della penisola, e dall’altra — spiega la Dia — un’importante piazza finale di spaccio, specie durante il periodo estivo”. Senza trascurare anche “l’indotto economico connesso al fiorente mercato turistico (strutture ricettive, attività di ristorazione, guardianie e servizi vari) ricade nelle mire delle organizzazioni, sia per le attività estorsive, sia per la gestione diretta delle attività imprenditoriali lecite, al fine di riciclare i proventi illeciti”. L’omicidio del boss Perna — si ragiona in ambienti investigativi — rimescola le carte. La scia di sangue, in questa Gomorra foggiana, è destinata a scorrere ancora per consumare la prossima vendetta.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: mafia | Commenta »