Ottobre 16th, 2019 Riccardo Fucile
OGGI PREVALE IL DIVISMO SENZA UNA VISIONE DELLA SOCIETA’ E DEL FUTURO, LA VERA POLITICA E’ SAPER VOLARE ALTO
Non è stato un evento propriamente memorabile il confronto TV andato in scena a “Porta a Porta”, tra Matteo Salvini e Matteo Renzi.
Ai punti potrebbe dirsi che, quel confronto, l’ha vinto Renzi, molto più abile, caldo e coerente. Ma una vittoria ai punti non è cosa così esaltante, però…
Ho trovato personalmente molto più stimolante una trasmissione andata in onda su LA7 subito dopo, ospite, tra gli altri, l’ex Presidente del Consiglio ed attuale Giudice Costituzionale, Giuliano Amato.
I tempi sono molto cambiati rispetto ad una quindicina di anni fa. I vecchi partiti avevano alle spalle (anzi, erano loro stessi espressione di una) specifica dimensione culturale e, con essa, i propugnatori di una determinata visione, non soltanto del presente ma anche – e soprattutto – del futuro.
La politica agiva non tanto, e non solo, pensando ed affrontando il contingente, ma programmando nel tempo le soluzioni ai vari problemi, disegnando scenari ad ampio raggio.
Oggi, invece, i partiti non hanno la ben che minima dimensione culturale alle spalle. Vivono di “divismo” facendosi condizionare dalle folle e dal facile consenso rincorrendo i sondaggi. La personalizzazione della politica ha portato agli slogan il che, al di la di dell’assurdo e del grottesco (che pure abbiamo vissuto negli ultimi anni), ha creato sempre significativi imbarazzi, perchè tra due diverse concezioni culturali della società è possibile mediare, farlo tra slogan antinomici, invece, è praticamente impossibile
La politica dovrebbe ritornare ad essere una missione satura di professionismo, professionalità e competenza al servizio di una visione. La politica dovrebbe ritornare ad essere capacità di andare verso il futuro riuscendo ad affrontare e superare le difficoltà del presente dismettendo le vesti (e lo stesso “metodo”) della mera, sterile e fallace rincorsa al consenso fine a se stesso
I leader dovrebbero ritornare a guidarla, la massa, anzichè farsi condizionare dai suoi umori e dai relativi like.
La tecnologia andrebbe utilizzata come mezzo, come strumento di divulgazione, e non come “abito” per sostituire il nulla alla sostanza.
Una autentica, nuova stagione di idee e di nuovi percorsi di ricostruzione e ristrutturazione culturale. Questo ci vorrebbe.
Nuovi “disegni” appassionanti, ribelli, incendiari…
Salvatore Castello
Right Blu – La Destra liberale
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Ottobre 16th, 2019 Riccardo Fucile
LA MANOVRA DICE CHE UNA COALIZIONE, SIA PUR FRAGILE, COMUNQUE C’E’…MA IL GOVERNO DEVE ANCORA TROVARE UN’ANIMA, SEMPRE CHE DURI
In fondo ha ragione Zingaretti, che tutto ha scommesso sulla stabilizzazione dell’alleanza tra Pd e Cinque
stelle.
La manovra, atto politico per eccellenza che fotografa gli equilibri di una coalizione, dice innanzitutto una cosa, politicamente non scontata: una coalizione, sia pur fragile, sia pur piena di contraddizioni, comunque c’è.
Eppur si muove, nelle condizioni date. Ognuno, come è sempre accaduto nelle coalizioni, soprattutto in tempi di proporzionale, incassa una sua bandiera e sopporta qualche rinuncia, senza grandi sceneggiate e drammatizzazioni che superino i limiti del consentito: il Pd ottiene il taglio del cuneo fiscale anche se non riesce a rimodulare l’Iva, Renzi e i Cinque stelle incassano lo stop all’aumento dell’Iva, Pd e Conte la lotta all’evasione rinviando le misure spot, care ad Alfonso Bonafede, a provvedimenti successivi.
Tutto questo è fisiologico, in un certo senso tradizionale, come fisiologica è la tensione fino all’alba nel cdm, la discussione accesa su questo o quello, ma proprio questo recupero di normalità e – perchè no, di politica – è la notizia: una manovra che, nel processo di formazione prima ancora che nell’esito, archivia il “metodo populista”, diventato un anno fa gioco d’azzardo sulla pelle del paese, nel grande festival di ministri sui balconi o impegnati a fermare barconi, pagato a colpi di spread.
L’anno scorso di questi tempi, in pieno velleitarismo di un conflitto cieco con l’Europa e di sfida ai mercati, lo spread superò i 300 punti base, col povero Tria costretto a ipotizzare una media di 250 per l’anno successivo, oggi chiude a 130 punti, il livello più basso da maggio 2018.
E questa è la prima voce, sia pur invisibile, della manovra, quel “risparmio” di cento punti al giorno di spread che fanno diversi miliardi l’anno da investire altrove e non bruciare in una rivoluzione annunciata con Bruxelles, diventata all’ultima curva utile, brusca frenata, nonostante l’artificio semantico di un 2,4 diventato 2,04%.
Magari è eccessivo parlare di “mezzo miracolo”, come ha fatto Nicola Zingaretti, ma certo, la flessibilità ottenuta al 2,2% e destinata a sterilizzare l’aumento dell’Iva è il frutto di un cambio di “paradigma” nel rapporto con l’Europa, che è il vero programma fondamentale del nuovo governo.
Ed è un cambio di paradigma anche il superamento dello schema del “contratto” di governo, che aumentava quella destabilizzazione, tra barconi e balconi appunto, nell’ambito di una campagna permanente tra i due soci.
Diciamo le cose come stanno. Quella uscita dal cdm è una manovra di “coalizione” e di “transizione”, in gran parte impegnata a pagare il conto del passato (non solo del Papeete ma della catastrofica finanziaria dello scorso anno), con margini ristretti di azione.
In questi margini dà poco, ma comunque dà . C’è un “verso”, sia pur graduale. E senza un’operazione di verità e di stravolgimento di misure che hanno messo in ginocchio il paese.
Ecco, gradualità , non rottura, nella paura condivisa dai partner di governo di perdere il proprio elettorato attuale o futuro, siano essi i beneficiari del reddito di cittadinanza, siano essi i pensionati di “quota 100”, nemmeno ritoccata.
La scommessa, parzialmente addolcito un pezzo di populismo, è tutta nella durata, nel senso che se il governo va avanti ci sono le basi per un “cambiamento”.
Questo è il punto: il senso di questa storia è anche il tempo, se cioè la manovra rappresenta il primo passo di un cammino di tre anni, altrimenti, nell’immediato, rischia di essere insufficiente. Il verso, dicevamo: in questi margini ristretti di azione il segno politico è targato Pd, tornato a fare la sinistra dopo la stagione renziana, con un piano anti-evasione che non si vedeva dai tempi di Visco e Bersani: un tetto all’uso del contante, sia pur graduale, multe per chi rifiuta l’uso delle carte di credito, misure di contrasto alle frodi Iva, bonus per chi fa uso di strumenti tracciabili sia pur in via di definizione.
L’altro corno sono i segnali per il mondo del lavoro e l’attenzione complessiva alle fasce medio basse: i 3 miliardi sul cuneo fiscale, destinati a diventare 5 il prossimo anno, per chi ha un reddito di 26mila euro, qualcosina sulla povertà (150 milioni) a cui aggiungere le risorse che Roberto Speranza, con grande abilità , è riuscito a destinare alla sanità .
È una voce non irrilevante di “discontinuità ” e di attenzione ai deboli rispetto alle manovre degli scorsi anni: l’abolizione del superticket sulle prestazioni sanitarie dal primo settembre del 2020 (500 milioni) che si aggiungono ai due miliardi per l’edilizia sanitaria e ai due di incremento sul fondo sanitario nazionale, il doppio rispetto agli anni precedenti.
Anche sulle partite Iva il segnale è quello di attenzione alle fasce più basse, con la flat tax che resta per i redditi fino a 65 mila euro e abolita per quelli tra 65 e centomila.
Così come un segnale di equità è l’azzeramento complessivo delle detrazioni per chi ha un reddito superiore a 120 mila euro.
Sono segnali, come l’impegno preso con i sindacati per il rinnovo dei contratti pubblici e l’inizio di una discussione per rivedere la Legge Fornero.
Non ne viene fuori un compiuto progetto per il paese nè un’operazione straordinaria per tempi straordinari, come non lo è il processo di nascita del governo, ma una fotografia delle condizioni date.
Un governo pienamente politico avrebbe concentrato le poche risorse tutte su un punto, più che su una pioggia di piccoli benefici. E già si intravede quanto la torsione proporzionalista già in atto abbia spinto le singole forze di questo bizzarro quadripartito a incassare subito un proprio dividendo elettorale.
Però il clima è cambiato e anche la dinamica politica. Messo in sicurezza il paese, il crollo degli interessi sul debito e, se funziona, la lotta all’evasione possono consentire di trovare risorse per i prossimi anni.
Per allora sarà il caso che il governo trovi anche un’anima. La precondizione, però, è che duri.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 16th, 2019 Riccardo Fucile
A PALAZZO MADAMA SCONFITTO TONINELLI, ELETTO PERILLO
Tre scrutini andati a vuoto e ora il tentativo di puntare tutto su un nuovo nome.
Il voto per eleggere il capogruppo M5s alla Camera è più che uno scontro tra fazioni. Così, dopo la terza fumata nera, spunta la candidatura non ancora ufficializzata di Davide Crippa, deputato alla seconda legislatura, un tempo tra i fedelissimi di Luigi Di Maio, ex sottosegretario poi però rimasto fuori dal governo Conte II.
Un mix quindi tra gli scontenti e l’esigenza da parte dei vertici di non avere un presidente dei deputati ostile. La votazione è particolarmente complessa perchè, per essere eletto, occorre la maggioranza assoluta degli aventi diritto.
Discorso diverso invece per il Senato dove è stato eletto Gianluca Perilli, che al ballottaggio ha superato Danilo Toninelli per tre voti.
Mentre a Palazzo Madama si è trovato il giusto compresso tra il vecchio e il nuovo corso, dal momento che Perilli è un senatore fedele a Di Maio ma nello stesso tempo è alla prima legislatura, a Montecitorio invece dietro questa elezione c’è tutta la drammaticità del momento. C’è il primo spazio che si è aperto per ricoprire una carica dentro il Movimento che non sia designata direttamente da Di Maio e attorno a questa partita le varie anime si stanno giocando la possibilità di contare di più.
È un duello generazionale tra vecchia e nuova guardia, tra vecchio e nuovo corso, tra chi si schiera con il capo politico e chi invece è contro di lui.
In mattinata l’immagine che il Movimento 5 Stelle consegna è quella di una serie di schede numerate, quindi tracciate per far vedere chi ha votato chi.
È ovvio che, dopo la fumata nera della scorsa settimana, la seconda votazione viene annullata e si ricomincia. La terza finisce con 19 schede bianche, 24 nulle e quindici deputati che non hanno votato. Così nè Francesco Silvestri che ha ottenuto 86 voti, nè Raffaele Trano che se n’è accaparrati 72 sono riusciti a spuntarla.
Silvestri è un deputato vicino ai vertici ma ha creato una squadra trasversale, mettendo insieme varie anime del Movimento così da conquistare quanti più voti possibili. Per esempio, il suo vice è Riccardo Ricciardi, non certo un deputato allineato a Di Maio. Quanto basta per fermarlo in partenza e avere contro la pattuglia dei deputati fedeli alla linea del capo politico.
Trano invece rappresenta il nuovo, ha radunato i deputati alla prima legislatura, coloro che più degli altri chiedono un cambio di passo e soprattutto di incidere di più nelle decisioni interne.
Già la votazione della scorsa settimana era terminata con un nulla di fatto portando Anna Macina che, aveva ottenuto 33 voti, a ritirarsi dalla corsa, lasciando spazio a Silvestri, attuale vicecapogruppo, che aveva incassato 67 voti, e a Raffaele Trano che vantava 61 preferenze inattese.
Tuttavia, Macina, la cui candidatura era gradita a Di Maio, non è entrata in nessuna delle due squadre nè ha dato indicazioni di voto.
Inoltre tutti i deputati al secondo mandato, che erano entrati a far parte della squadra di Silvestri e di Trano, si sono ritirati e così sono rimaste in corsa solo le new entry.
Il risultato è stato l’impasse totale e il messaggio che la vecchia guarda ha mandato ai nuovi, a coloro un po’ ribelli, è chiaro: “Bisogna ragionare su un’altra candidatura, che faccia una sintesi e sia davvero unitaria”. Circola con insistenza il nome di Davide Crippa, che da giorni si sta muovendo per creare la sua squadra. Le trattative sono in corso
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 16th, 2019 Riccardo Fucile
COSA C’E’ E COSA NO IN UNA FINANZIARIA DOMINATA DALL’IVA
Quello che c’è e quello che non c’è in una manovra economica lo determinano i soldi a disposizione. 
Le esigenze di consenso e gli appetiti dei partiti, le scelte, insomma la direzione di marcia sono vincolati a questo ragionamento.
È evidente che se la coperta è corta – come è il caso della legge di bilancio approvata dal governo giallorosso – la lista di quello che c’è è ristretta.
Cosa c’è: lo stop all’aumento dell’Iva, il taglio delle tasse nelle buste paga dei lavoratori dipendenti, l’abolizione del superticket.
Quello che non c’è: l’inasprimento delle pene per chi evade il Fisco, come il grande piano dei 5 stelle delle manette agli evasori, si è ridotto a una mollica di Pollicino. Non c’è un sostegno alle imprese e un segnale per le partite Iva, pochissimo per i pensionati.
Quello che c’è
L’Iva non aumenta, ma nel 2021 torna l’incubo. La manovra ha un valore di circa 30 miliardi. Per evitare di far scattare l’aumento, previsto dal primo gennaio del 2020, sono stati impiegati ben 23,1 miliardi. In questo modo l’Iva non passerà dal 10% al 13% e dal 22% al 25%.
L’altra faccia della medaglia è che le risorse a disposizione per le altre spese si riducono al lumicino. Lo sforzo imponente, inoltre, non annulla gli impegni. Nel 2021, infatti, restano ancora rialzi dell’Iva per circa 18 miliardi: sono soldi che andranno trovati il prossimo anno.
Il segnale ai lavoratori dipendenti, 40 euro in più al mese. Ci sono 3 miliardi per tagliare il cuneo fiscale. Tutto il beneficio sarà indirizzato ai lavoratori dipendenti, che vedranno così crescere l’importo delle buste paga. Chi beneficerà dell’intervento è ancora da decidere.
L’ipotesi più accreditata è di andare a tagliare le tasse sui redditi medio-bassi, fino a 26mila euro. In questo caso i lavoratori coinvolti sarebbero 10 milioni, con un beneficio di 40 euro al mese.
L’altra opzione è di arrivare ai redditi fino a 35 mila euro, ma in questo caso bisognerebbe trovare più risorse o trasformare il bonus 80 euro in detrazione.
Stop al superticket dal primo settembre. Un’altra misura che va a impattare sui ceti medio-bassi è l’abolizione del balzello sulle visite specialistiche e sulle prestazioni diagnostiche.
Il governo ha messo sul piatto 160 milioni (560 a regime) per cancellare il superticket dal prossimo primo settembre. In media è pari a 10 euro e si applica in molte Regioni come costo aggiuntivo al ticket sanitario ordinario, che può arrivare fino a 36 euro.
Il Green new deal da 11 miliardi in tre anni. Per le misure in favore dell’ambiente e per il clima arrivano 10,5 miliardi in tre anni, dal 2020 al 2022. L’ammontare totale sarà di oltre 50 miliardi, in 15 anni.
Nello specifico i 10,5 miliardi sono la dotazione complessiva di due fondi di investimento assegnati a Stato ed enti territoriali per lo sviluppo sostenibile, le infrastrutture sociali e l’incentivo alle rinnovabili.
Il piano cashless: tetto al contante e regalo della Befana. Dal prossimo anno, e fino al 2021, si potranno sostenere spese in contanti per un massimo di duemila euro invece che tremila, come avviene oggi. Il tetto scenderà a mille euro a partire dal 2022. Il piano per disincentivare l’uso del contante e stimolare i pagamenti elettronici con il bancomat e le carte di credito prevede una riduzione sensibile delle commissioni per gli esercenti, ma anche multe per chi rifiuterà il pagamento con la carta.
Chi userà il bancomat potrà ritrovarsi in tasca il regalo della Befana: nei primi giorni del 2021 arriverà un bonus per alcune spese sostenute l’anno precedente.
Ci sarà anche la lotteria, con premi speciali ed estrazioni legate sempre alle spese pagate con la carta.
Arrivano le microtasse.
Per trovare le coperture necessarie, il governo è dovuto ricorrere a una miriade di micro-tasse. Quella che si applicherà su imballaggi e sulle bottiglie di plastica è salata: 1 euro per ogni chilo.
Vengono triplicate le imposte ipotecarie e catastali per i trasferimenti delle case tra privati: passano da 50 a 150 euro ciascuna.
Un gettito molto consistente, pari a 2 miliardi, arriverà dalla revisione di alcuni sussidi dannosi. Nello specifico viene cancellato il beneficio sul gasolio per i veicoli Euro3 e Euro4, è introdotta una tassa per prodotti inquinanti impiegati per la produzione di energia.
Stangata anche sulle auto aziendali più inquinanti: la base imponibile su cui si paga l’Irpef aumenta dal 30% al 100 per cento. Per richiedere un certificato penale bisognerà pagare un bollo di 2,4 euro a foglio.
L’intervento sui ricchi: stop alle detrazioni sopra i 120mila euro. Niente detrazioni, e quindi tasse più alte, per i redditi sopra questo livello. Secondo le stime si tratta dell′1% dei contribuenti italiani.
Il bonus per le facciate dei palazzi. Un credito fiscale del 90% per chi rifà nel 2020 la facciata di casa o del condominio, in centro storico o in periferia, nelle grandi città o nei piccoli comuni. La proposta trae ispirazione da una famosa legge francese degli anni Sessanta (la legge Malraux), che ha cambiato l’immagine di molte città della Francia.
Quello che non c’è
Le manette agli evasori rinviate a data da destinarsi. Il piano messo a punto dagli uffici del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede si è ridotto a un micro-intervento che alza da 6 a 8 gli anni di carcere previsti per il reato di dichiarazione fraudolenta.
Il piano 5 stelle era molto più ambizioso prevedendo pene più severe per tutte le fattispecie relative all’evasione fiscale e un abbassamento consistente delle soglie di punibilità . Se ne parlerà durante l’iter parlamentare della manovra o in altra sede.
Niente flat tax per le partite Iva tra 65mila e 100mila euro. Il beneficio dell’aliquota al 15% sarebbe scattato dal primo gennaio, ma il governo ha deciso di cancellare la norma approvata dall’esecutivo precedente.
Mini rivalutazione delle pensioni. I sindacati: “50 centesimi al mese”.
Sulle pensioni l’intervento dell’esecutivo si limita a una mini rivalutazione per le pensioni tra i 1.500 e i 2.000 euro mentre la misura portante – quota 100 – non subisce modifiche.
Rispetto alle richieste di aumento del potere d’acquisto degli assegni anche con un ampliamento della quattordicesima, il governo si è detto disponibile a introdurre la rivalutazione piena rispetto all’inflazione, oltre a quella attuale per gli assegni pensionistici fino a 1.522 lordi al mese, anche per quelli da 1.522 fino a 2.029 euro al mese (quattro volte il minimo).
Ma i sindacati parlano di una “presa in giro” dato che questi pensionati hanno già una rivalutazione al 97% dell’inflazione. In pratica ci sarebbe un aumento di circa 50 centesimi di euro al mese, pari a poco più di 6 euro all’anno per 2,5 milioni di pensionati.
Alle imprese solo la conferma di Industria 4.0. Non sono previsti nuovi interventi di sostegno alle imprese. L’unico segnale è il rifinanziamento del pacchetto Industria 4.0.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 16th, 2019 Riccardo Fucile
“OGNI VOLTA CHE FA UNA FIGURACCIA, IL GIORNO DOPO MAGICAMENTE ARRIVA QUALCOSA: PROIETTILI IN BUSTA, COLICHE”… “VISTO CHE TI FAI LE FOTO PURE QUANDO FAI LE ANALISI DEL SANGUE, PERCHE’ NON CI FAI VEDERE IL REFERTO MEDICO?”… SALVINI REPLICA MA IL REFERTO NON LO PUBBLICA
Continua la polemica a distanza tra Chef Rubio e Matteo Salvini.
In seguito al malore che avrebbe colpito Matteo Salvini all’aeroporto di Trieste (una colica renale che ha comportato il ricovero all’ospedale di Monfalcone e le successive dimissioni intorno alle ore 13), il protagonista di diversi format di cucina tradizionale sui canali DPlay ha chiesto che l’ex ministro documentasse la sua visita medica.
«Ogni volta che fa una figuraccia il giorno dopo magicamente arriva qualcosa: proiettili in busta, coliche etc etc — ha scritto Chef Rubio su Twitter -. Visto che ti fai le foto pure quando te fai le analisi del sangue per far vedere quanto sei bravo, perchè non ci fai vedere il referto medico? Non vale postdatarlo».
Evidentemente, Chef Rubio vuole fare riferimento al duello tv tra il leader della Lega e quello di Italia Viva Matteo Renzi: nella giornata di ieri, infatti, è andato in scena un confronto nel salotto di Bruno Vespa.
Universale il giudizio relativo alla ‘vittoria’ dell’ex segretario del Partito democratico che, con la sua retorica, ha spazzato via le obiezioni di Matteo Salvini, basate principalmente su slogan da campagna elettorale.
Non si è fatta attendere la risposta dello stesso leader della Lega, che — pur non avendo (ancora) pubblicato il referto medico — ha replicato allo chef dandogli dello “squallido”
Ma il referto non l’ha stranamente pubblicato.
(da agenzie)
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Ottobre 16th, 2019 Riccardo Fucile
FAVOREVOLE ALLA MANOVRA MA TIEPIDI LA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI
I risultati del sondaggio di Ixè per Cartabianca evidenziano che la manovra economica è accolta con molta
tiepidezza dall’opinione pubblica, scontando probabilmente un deficit di radicalità ; colpisce che lo scarso entusiasmo contagia sia l’elettorato del Pd che quello del M5s”.
Se una maggioranza molto ampia sostiene l’inasprimento delle pene per gli evasori fiscali, la sorpresa riguarda invece un quesito sullo Ius culturae: due su tre si dicono favorevoli a una modifica delle procedure di cittadinanza per gli stranieri.
Giudizio tiepido nei confronti della manovra economica.
Uno su tre dà un giudizio positivo, anche se la stragrande parte è nel sottoinsieme “abbastanza positivo“. Meno della metà delle risposte è suddivisa invece tra poco positivo e per niente positivo.
Evasione, il 70% per pene più dure (e nel Pd sono più che nel M5s)
La gran parte degli intervistati sostiene l’inasprimento delle pene per gli evasori fiscali.
A suo parere è giusto o sbagliato aumentare le pene anche per chi evade 50mila euro?, è la domanda.
E il 70 per cento risponde che è giusto (e il 18 sostiene che è sbagliato). Sorprende in questo schema che la quota dei favorevoli sia più ampia nell’elettorato del Pd rispetto all’elettorato del M5s (88 per cento contro 81).
Ius culturae, due su tre sono favorevoli
Il fatto che la Lega sia la forza politica preferita dell’elettorato non impedisce che esca un risultato fuori linea sullo Ius culturae.
I favorevoli sono il 63 per cento, quindi quasi due su tre. Il no viene espresso dal 24 per cento. La tendenza è stabile, anche se rispetto a inizio mese si registra un lieve aumento dei favorevoli a una modifica della legge sulla cittadinanza agli stranieri.
(da agenzie)
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Ottobre 16th, 2019 Riccardo Fucile
SE IL CAMPIDOGLIO AVESSE MESSO A DISPOSIZIONE UN PIANO DI ACCOGLIENZA E RELATIVI POSTI-LETTO IL PROBLEMA NON ESISTEREBBE
Operazioni di polizia “ad alto impatto” e finti cantieri recintati.
Sono alcune delle soluzioni messe in campo per “bonificare” la Stazione Termini di Roma dai tanti senza tetto che vivono regolarmente nei dintorni del principale scalo ferroviario della Capitale.
Le recinzioni metalliche, di quelle provvisorie utilizzate per delimitare i cantieri in alcuni punti ci sono già e sono pensate per scoraggiarne la presenza.
I maxi blitz, ogni sette giorni – operazioni interforze che vedono impiegati ogni volta oltre 200 agenti tra poliziotti, carabinieri, finanzieri e vigili urbani – per allontanarli dall’interno e dal perimetro della stazione, sono iniziati la scorsa settimana.
È questa, ed è già realtà , la strategia messa a punto per liberare Roma Termini dalla presenza dei senza tetto, ritenuta tra le cause più rilevanti del degrado che da anni si registra nell’area della Stazione.
Un piano non ancora andato a regime e al momento non del tutto efficace, se, come abbiamo potuto verificare con i nostri occhi, i clochard continuano ad accamparsi dentro e fuori la Stazione, di giorno e soprattutto di notte.
Quando la prospiciente piazza dei Cinquecento e l’area circostante a partire dalle strade laterali – via Marsala e via Giolitti – si trasformano in una distesa brulicante di coperte, cartoni e stracci, rifugi d’emergenza di uomini e donne, giovani e anziani, che trovano nella Stazione di Roma – la maggiore d’Italia e la quinta in Europa per traffico di passeggeri – il posto in cui rintanarsi per superare un’altra notte.
Sono circa un centinaio i senza tetto che orbitano nell’area dello scalo ferroviario, una cinquantina quelli che abitualmente passano lì la notte.
Una situazione ben oltre i limiti dell’emergenza – destinata a peggiorare, come ogni anno, con l’arrivo dell’inverno e dell’emergenza freddo – che mette in evidenza, ogni notte di più, la necessità di elaborare un piano per l’accoglienza, che preveda l’utilizzo di spazi e strutture in grado di accogliere i senza fissa dimora, come richiesto da tempo chiamando spesso in causa i Servizi sociali del Campidoglio, anche dalle associazioni che operano nella zona.
Criticità , questa, emersa pure nell’ultima riunione dedicata al ripristino del decoro e alla sicurezza della stazione Termini e dell’area circostante, la settimana passata in Prefettura.
Per intervenire nei casi in cui c’è da provvedere alla sistemazione di persone senza fissa dimora, hanno spiegato ad HuffPost dalla Questura, nell’operazione sono coinvolti anche i Servizi sociali del Campidoglio.
E qui si torna al problema della carenza di spazi da destinare all’accoglienza dei clochard, visto che i posti letto attualmente a disposizione – quelli della Caritas, per esempio – sono insufficienti.
Stando a quanto ci risulta, il Gruppo Ferrovie dello Stato aveva proposto alle associazioni che si occupano della distruzione dei pasti nella zona della Stazione Termini l’utilizzo di un’area di Rete ferroviaria italiana – la società del gruppo Fs che gestisce le infrastrutture – ma l’offerta è stata respinta perchè non ritenuta idonea.
E il Campidoglio che fa? Abbiamo provato a contattare la neoassessora alle Politiche sociali Mammì. Avremmo voluto chiederle se è vero, come risulta ad Huffpost, che nella riunione in cui Questore e Ferrovie dello Stato hanno illustrato la loro strategia di azione a Roma Termini e dintorni, lei ha spiegato che anche il Comune sta incontrando difficoltà a individuare nuovi posti per l’accoglienza notturna dei senza fissa dimora, quali iniziative abbia in programma e se è vero, come ci risulta, che, con l’inverno alle porte, non c’è ancora un piano freddo.
Domande che al momento non hanno trovato risposta. “Questioni di tempi”, ci spiegano. Evidentemente, i senza tetto possono aspettare.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 16th, 2019 Riccardo Fucile
PRONTO A ESSERE INVIATO PERCHE’ IN REALTA’ IL GOVERNO NON HA DECISO ALCUN EMBARGO
Ieri il ministro degli Esteri Luigi Di Maio era alla Camera per riferire sull’invasione della Siria da parte
della Turchia e sugli attacchi contro i curdi siriani.
Il ministro Di Maio ha informato i deputati di aver convocato nei giorni scorsi l’ambasciatore di Ankara per ribadire la ferma contrarietà all’azione militare e ha reso noto che il nostro Paese ha sollevato al Consiglio degli affari esteri dell’Unione europea la necessità «che tutti i 28 Stati membri aprissero una profonda riflessione sul blocco delle esportazioni di armamenti verso la Turchia».
Allo stesso tempo Di Maio ha annunciato che “nelle prossime ore” avrebbe formalizzato «tutti gli atti necessari affinchè l’Italia blocchi l’esportazione di armamenti verso Ankara».
In poche parole Di Maio ieri non aveva bloccato l’esportazione di armi italiane o prodotte in Italia verso la Turchia ma aveva solo detto che lo avrebbe fatto.
E chissà se il deputato di Siamo Europei Matteo Richetti, che ieri sera era in piazza davanti al Pantheon per la manifestazione di solidarietà nei confronti dei curdi e della Sira aveva prestato attenzione a quelle parole.
Perchè da quello che Richetti ha scritto su Facebook oggi pomeriggio non sembrerebbe proprio.
Perchè Richetti oggi ha letto l’articolo su Repubblica di Annalisa Cuzzocrea dove viene raccontato della vendita del cannone automatico di progettazione svizzera Oerlikon KBA da 25 mm all’esercito turco.
Un cannoncino capace di un rateo di fuoco fino a 600 colpi al minuto che come tante altre armi utilizzate dalla Turchia viene prodotto in Italia. L’ordine, che risale al 2016, è per 12 cannoni. I pezzi vengono prodotti in Italia dalla tedesca Rheinmetall Defence.
Si tratta di armamenti che possono essere montati su blindati (in Italia li montano i Dardo e i Freccia dell’Esercito) o su imbarcazioni militari (la Turchia lo utilizza sui sistemi navali ASELSAN STOP).
Dei dodici Oerlikon KBA uno è stato consegnato nel 2017, cinque a marzo del 2018 e — rivela Repubblica — un altro è pronto in questi giorni per essere spedito. E potrebbe già partire per la Turchia prima che l’embargo entri in vigore.
Semplicemente perchè l’embargo sulle armi ancora non c’è. O meglio, non riguarda per ora i contratti in essere, quelli regolarmente autorizzati dai governi precedenti. In pratica l’annuncio di Di Maio potrebbe non avere alcuna conseguenza pratica.
E questo Richetti lo sa bene, perchè ieri alla Camera Di Maio ha comunicato «di aver dato immediate disposizioni per l’apertura di un’istruttoria inerente i contratti in essere». Il che significa che per avere un embargo a tutti gli effetti che fermi il trasferimento di armi e sistemi d’arma alla Turchia in base alle autorizzazioni già concesse bisognerà attendere l’esisto dell’istruttoria che dovrà presumibilmente chiarire se e come sarà possibile farlo.
Ed intanto il cannone che è pronto per la spedizione nello stabilimento di Roma della Rheinmetall potrebbe essere già arrivato ad Ankara
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 16th, 2019 Riccardo Fucile
DOMANI I SOMMOZZATORI CERCHERANNO DI PORTARE A GALLA I CORPI DEI 12 MIGRANTI, A COMINCIARE DAL PICCOLO DI POCHI MESI CON LA SUA MAMMA
Le immagini restituite dalla telecamera del robot sottomarino della Guardia costiera sono agghiaccianti.
Dodici corpi devastati dal mare e dai pesci, molti con le braccia irrigidite tese verso l’alto come a invocare aiuto.
E tra loro anche la giovanissima mamma del piccolo di pochi mesi che le giace accanto. Immagini davanti alle quali i sommozzatori della Guardia costiera non hanno esitato un attimo a preparare il campo per le operazioni di recupero delle persone che mancavano all’appello andate a fondo con il barcone inabissatosi lunedi 7 ottobre a sei miglia da Lampedusa.
Oggi i sommozzatori hanno delinato il campo di azione, preparato la strumentazione e la piattaforma di ormeggio che verranno utilizzati per il recupero dei corpi che cominceranno domani pomeriggio se le condizioni meteo, al momento non ottimale, lo consentiranno.
Il primo ad essere tirato su sarà quello del bimbo e della sua giovane mamma, poi via via tutti gli altri.
Operazioni non semplici perchè alla profondità di 60 metri i sommozzatori possono trattenersi non più di cinque minuti nei quali dovranno cercare di imbragare i corpi con la delicatezza necessaria per non smembrarli ulteriormente.
La guardia costiera spera di riuscire a portarli tutti in superficie entro la fine della settimana per poi verificare che nelle vicinanze non ci siano gli ultimi cinque che ancora mancano all’appello.
(da agenzie)
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