Agosto 22nd, 2020 Riccardo Fucile
“POSITIVI DALLE VACANZE? COLPA DELLE REGIONI”… “SERVE UN PIANO UNICO NAZIONALE PER MONITORARE I CONTAGI”
Non c’è più tempo da perdere secondo il prof. Andrea Crisanti per mettere in piedi un
sistema di sorveglianza «attiva, capillare e omogenea su tutto il territorio», al massimo 30 giorni prima che riaprano le scuole, si torni al voto con le elezioni Regionali e il referendum sul taglio dei parlamentari e il pieno ritorno a lavoro dalle vacanze estive. Al Fatto quotidiano, il direttore di Microbiologia e virologia dell’Università di Padova fissa alta l’asticella dei tamponi necessari perchè il sistema funzioni: «Tra i 250 e 300 mila al giorno», contro i 70 mila di oggi che rischiano di essere insufficienti per monitorare l’andamento della pandemia di Coronavirus.
Il problema è sulla eccessiva libertà concessa alle Regioni, secondo Crisanti, che invoca un piano nazionale unico con un «massiccio investimento di attrezzature, in logistica e in personale». Altrimenti, il pericolo per il possibile aumento dei contagi in autunno è di andare incontro «a un drammatico fallimento»
Più casi, età più bassa: cosa non torna a Crisanti
Viene spesso ripetuto negli ultimi giorni quanto si sia abbassata l’età dei positivi al Coronavirus. Dietro questa teoria però ci sarebbe un equivoco, dice Crisanti, secondo il quale dalla fase più acuta della pandemia non sarebbe cambiato nulla: «I dati della sierologia sul Covid-19 pubblicati dall’Istat ci dicono che non esiste una grande differenza di distribuzione dei casi per età dalla prima epidemia di fine febbraio, marzo e aprile».
I positivi di oggi sono certo giovani che «si ammalano in maniera molto lieve e sfuggono all’osservazione del sistema sanitario».
Dati Istat alla mano, Crisanti sottolinea che rispetto al milione e mezzo di italiani infettati, circa 1,3 milioni sono casi non diagnosticati: «Tutti asintomatici o poco asintomatici, c’erano allora come ci sono adesso, solo che adesso li vediamo», dal punto di vista statistico. E mentre è cresciuta l’attenzione per proteggere le categorie più sensibili, come i malati e gli anziani, il virus «corre grazie alla fascia di popolazione più attiva, i giovani che hanno fitte relazioni sociali».
I contagi in vacanza
Più che di turisti e giovani in discoteca, la responsabilità dell’aumento dei contagi da chi è in vacanza va attribuita alla «frammentazione delle strategie delle Regioni», dice Crisanti. Ma il pericolo è dietro l’angolo: «Se una Regione sbaglia, l’errore si ripercuote per tutto il Paese».
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2020 Riccardo Fucile
“AI GIOVANI DICO DI NON FARE GLI STUPIDI, C’E’ TROPPO MENEFREGHISMO”
«Tra i ricoverati ci sono sia dei croati che vivono in Italia e che, forse, hanno avuto contatti con parenti tornati dalla Croazia sia un cittadino cinese. Anche in questo caso il contagio si sarà verificato all’interno della loro comunità . La maggior parte dei contagiati, comunque, sono italiani di rientro dalle vacanze, specialmente da Malta, Grecia e Croazia. Molti di loro, arrivati al nostro pronto soccorso, sono asintomatici o comunque con sintomi blandi. Ai giovani dico di stare attenti, c’è il rischio di ripiombare nell’emergenza e noi dobbiamo evitare un nuovo lockdown. Vi prego, non fate gli stupidi».
A parlare a Open è Maurizio di Mauro, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli (Monaldi — Cotugno — CTO) da cui dipende, appunto, l’ospedale napoletano Cotugno, un’eccellenza nella lotta contro il Coronavirus.
«In vacanza non hanno rispettato le regole»
«La responsabilità di questi ultimi contagi è dovuta principalmente a chi è stato fuori e non ha rispettato le regole. Sono molto preoccupato per la prossima settimana quando accoglieremo i contagiati dei primi 15 giorni di agosto. Il virus è ancora aggressivo, abbiamo avuto nel nostro ospedale anche ragazzi giovanissimi di 23-24 anni. Non avrei mai pensato di dover vivere una pandemia, pensavo di leggerla solo sui libri», ha aggiunto.
Poi si sfoga: «Ci vuole rispetto per medici e infermieri, ci fa rabbia dover tornare indietro dopo tutti i sacrifici fatti. La sera noto spesso assembramenti tra giovani che, ad esempio, si passano le bottiglie di birre come se nulla fosse. C’è menefreghismo, pensano di essere onnipotenti».
Età media 40 anni
Al momento «la richiesta di posti letto in ospedale è aumentata» ma «non c’è emergenza», almeno a Napoli. 11 i pazienti in sub intensiva (su 8 posti previsti dal piano predisposto per il Covid), 16 in ricovero ordinario (su 16 previsti), 2 in terapia intensiva di cui 1 intubato (su 8). L’età media dei ricoverati è di 40 anni, in terapia intensiva i pazienti ne hanno più di 80
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2020 Riccardo Fucile
“BASTA DIRE CHE DEVONO AVERE SPAZIO, DEVONO PIUTTOSTO IMPEGNARSI DI PIU’ E ASSUMERSI RESPONSABILITA’, LO SPAZIO SI CONQUISTA”
“Compiere 80 anni è una notizia piacevole, perchè la vita è sempre un’esperienza, per
quanto difficile e qualche volta poco simpatica: è una grande avventura”.
Vittorino Andreoli ha raggiunto, come ci racconta, “la tappa non anagrafica, burocratica”, ma “personale” in cui “ognuno si chiede che cosa ha fatto, quale è il senso dell’essere stato faticosamente al mondo e quale è il senso che ha lasciato”.
Per questo ha scritto un libro “80 anni di follia. E ancora una gran voglia di vivere”, edito da Rizzoli, in cui ripercorre la sua esistenza, in maniera umile (“lei mi conosce, lo sa come sono fatto”), come “un nessuno che racconta i propri 80 anni. E mi raccomando scriva vecchio, non parli di terza età ”.
Professore, ci spiega nel suo libro che un “vecchio” non è solo memoria storica e racconto. Che a 80 anni non si esauriscono i propri compiti..
Ma scherziamo! Neanche per sogno! La vecchiaia è nuovo periodo dell’esistenza, un nuovo capitolo di un libro. Di solito se un libro è bello, è anche il capitolo migliore perchè ci sono delle risposte, si capisce meglio tutto quello che è accaduto prima. Difendo la vecchiaia e raccomando ai giovani di salvaguardarla. Una società che considera i vecchi solo un grande peso economico è una società che non ha capito nulla. Penso che il vecchio debba ritrovare la propria identità in questa società senza tempo, senza passato nè futuro. E mi sembra una domanda che non è tanto una risposta per me, ma che serva a capire quale è il significato della vita di qualunque uomo.
A proposito di giovani, permetta una domanda. Mario Draghi recentemente ha detto che il futuro delle giovani generazioni è a rischio, che bisogna dar loro di più e riportarli al centro dell’attenzione della società . Che cosa ne pensa?
Penso che Draghi sia un ottimo economista e una persona perbene, ma con questa frase abbia dimostrato voglia di giovanilismo. I giovani non hanno un ruolo diverso dai vecchi. Probabilmente si riferiva al debito che ricadrà su di loro, ma i vecchi non hanno responsabilità : è una frase che può essere mal interpretata. Come a dire che i vecchi, 25% della popolazione, tolgono ossigeno ai giovani. Non è così, è ora di finirla.
E com’è?
I vecchi hanno una funzione sociale fondamentale e se si nega questo vuol dire che una società è ridotta a lavoro, produttività ed economia. E se questa è la percezione del dottor Draghi, ma non credo sia così, allora è in errore. Ma poi, mi permetta, le pare giusto questo tempo che mette in contrapposizione giovani e vecchi? Ha un senso secondo lei? A 80 anni c’è un capitolo nuovo dell’esistenza: una visione del mondo, una modalità di rapportarsi agli altri diversa. Si ama la pace, non la lotta per la carriera. Pensi che bello: non ho da rendere conto a nessuno. Non c’è competizione con i giovani, non avrebbe senso. Non si fa del bene ai giovani dicendo loro che devono essere messi al primo posto e che vanno aiutati. Non mi fraintenda: amo profondamente i giovani, ho dedicato loro gran parte della mia vita e continuo anche oggi. Per questo parlo così, perchè voglio il loro bene.
Quale è allora il messaggio da lasciare loro?
E’ ora di finirla di dire che “devono avere spazio, poverini”! Devono impegnarsi, per fare in modo di avere una vita esemplare come quella di alcuni vecchi. Devono assumere forti responsabilità , perchè la società è in grave pericolo. E’ una società che ama ancora la guerra e ci sono venti di guerra, che distingue in maniera abissale i ricchi dai poveri. E’ una società in cui esistono persone che non hanno nemmeno la possibilità di crescere, non di arrivare ad essere vecchi. Devono assumersi la responsabilità di guidare una società . E per farlo non basta avere le macchine e i soldi, ma una profonda preparazione, senso di responsabilità e sacrificio, una parola che non si usa più.
In che modo il suo libro può aiutarli?
Non voglio essere un esempio, ma soltanto far loro vedere i sacrifici che ci sono stati nel corso di una vita di un uomo qualunque come sono io, di un vecchio di 80 anni come me. Pensi che i miei primi 5 anni di vita li ho passati in guerra, ad esempio.
Come possono imparare il sacrificio?
Abbiamo bisogno che questi ragazzi non guardino se possono avere il posto fisso e la macchina: devono porsi come protagonisti del futuro. Il problema è che non hanno più la percezione del futuro: finiamola di fare l’elogio della giovinezza, perchè è un periodo difficile, soprattutto oggi che devono governare una società governata malissimo dagli adulti, però, non dai vecchi.
Durante l’emergenza Covid, questa contrapposizione fra giovani e vecchi è emersa con più prepotenza. Soprattutto, in certi casi, si è visto il disinteresse dei giovani che nei giorni più bui hanno manifestato anche egoismo. In molti non si preoccupavano di diffondere il contagio, perchè a morire erano per lo più i vecchi…
E’ stato una delle cose più spiacevoli, questa discriminazione anagrafica: vuol dire non avere ancora capito che il tempo non è quello misurato dall’orologio, ma c’è un tempo psicologico. Pensi ai grandi vecchi di cui noi raccontiamo ancora quello che hanno fatto. E’ possibile che in una società scientifica si ritenga ancora la vita del vecchio una candela che lenta si spegne?
Come è la vita di un vecchio?
Il cervello di un vecchio produce neuroni! Siamo cioè capaci di rinnovare il nostro sistema del cervello. C’è una sessualità , è bello dire un eros, del vecchio, certamente con caratteristiche diverse. Quindi l’età della vecchiaia è un’età fondamentale per una società anche se non è produttiva nel senso banale del termine. E’ uno scandalo che questa società che nasce nella Grecia antica, una delle più grandi società , sia arrivata al punto di adesso. Io ho 80 anni e siccome non produco valgo meno di uno di 30? Le sembra possibile? Dovremmo dire che Socrate vale meno dei suoi allievi. Ma lo scandalo è stato anche un altro durante l’emergenza Covid.
Quale?
Non avere posto la vita al primo posto. Essersi domandati se privilegiare l’ossigeno polmonare o l’economia. L’essersi chiesti se è più importante la vita o quanto quella persona può produrre.
Alcuni potrebbero obiettare che se non c’è produzione, c’è povertà e che se c’è povertà è a rischio anche la vita…
Povertà è ancora vita, questo per favore lo metta! Io non produco, allora non ho diritto all’ossigeno? Mi meraviglia un po’ la sua domanda, non si può fare un confronto fra ossigeno e denaro. La vita ha un tale significato…non faccio il poeta, so benissimo quali sono le difficoltà dei giovani e li ho sempre difesi, ma non è possibile creare attorno a loro un’atmosfera ovattata. Questo non significa amare i giovani, ma considerarli dei consumatori, renderli vittime di un mondo che guarda solo al denaro. Mi faccia dire un’ultima cosa.
Prego.
Degli economisti non se ne può più, bisogna vedere l’umanesimo, non l’economia e l’economia è parte dell’umanesimo. Un’economia che non sia dentro a dei principi, non è un grande valore.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 22nd, 2020 Riccardo Fucile
“IL NOSTRO TERRITORIO E’ FONDATO SULLA CONVIVENZA DI CULTURE DIVERSE. QUESTA E’ LA STORIA DELLA NOSTRA TERRA E IL PANE DI CUI MANGIAMO”
Un albergo a Viserbella ha deciso di regalare un weekend alla famiglia afroitaliana vittima di razzismo. L’annuncio su Facebook
«Non potevamo rimanere in silenzio quando in un esercizio commerciale della nostra piccola frazione avviene un episodio di razzismo e intolleranza. In primis perchè facciamo ospitalità da oltre 70 anni e sapere che una famiglia di turisti è stata maltrattata e insultata solo per il colore della loro pelle ci indigna e ci fa arrabbiare.
Il minimo che possiamo fare è metterci una pezza, per questo abbiamo invitato a trascorrere un week end alla Conca d’oro la famiglia della piccola festeggiata che ha dovuto subire questa umiliazione.
Perchè Viserbella è un paese che ha da sempre fatto dell’ospitalità e della convivenza fra culture diverse il suo vanto. Questa è la storia della nostra terra e anche il pane di cui mangiamo».
Con questo post, pubblicato su Facebook, un albergo che si trova a Viserbella, in provincia di Rimini, ha deciso di regalare un weekend alla famiglia che ha denunciato l’episodio di razzismo avvenuto all’interno di una pizzeria.
Un cameriere, dopo aver preso le ordinazioni a un tavolo dove era seduta una famiglia di origine afroitaliana, si è rivolto a una fotografia di Benito Mussolini e ha esclamato: «Scusa Benito se devo servire questi negri».
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2020 Riccardo Fucile
INFATTI SEI SOLO UN RAZZISTA DA AVANSPETTACOLO, I FASCISTI SERI DOVREBBERO CHIEDERE I DANNI A PERSONAGGI COME QUESTO
La Stampa oggi fa parlare il padrone del ristorante La Tana Marina, arrivato agli onori delle
cronache nei giorni scorsi perchè una donna di colore ha raccontato che dopo aver preso l’ordinazione un cameriere ha chiesto scusa a un ritratto del duce che si trovava all’interno del locale
«Sono io. Non sono un cameriere, gestisco il locale dei miei genitori». Una donna imolese di origini nigeriane, Adjisam Mbengue, lo accusa di aver chiesto scusa al Duce dopo aver preso l’ordinazione per lei e i suoi familiari.
Ha sporto denuncia ai carabinieri di Imola e postato un video virale su Facebook. «Non era un quadro, solo l’immagine di una cassa di vini con il volto del Duce».
Quel che c’era non c’è più. Claudio è il prototipo del razzista da avanspettacolo, negazionista, timoroso e conformista.
«Non sono di destra. Per me va bene chi vince le elezioni. Lavoro diciotto ore al giorno, e non posso permettermi il lusso di perdere un tavolo con dodici persone». Davanti al locale un viavai di passeggini, risciò e a dolescenti. Il locale è pieno, abbastanza anonimo da confondersi fra le migliaia della Los Angeles romagnola.
«Avevo la mascherina, non possono aver sentito quel che ho detto». Quel che ha detto non vuole ripeterlo, a suo dire non sarebbe stato offensivo.
Gli chiedo se non crede in ogni caso di essere apparso razzista. «Ho lavorato in Germania, sulle navi da crociera in mezzo a cinesi, pakistani e filippini. Ma qui non si capisce più nulla, nessuno rispetta le regole. È per questo che tengo la bandiera italiana qui, vede? Non mi ritengo fascista, ma credo nella patria che non c’è più».
Claudio non vede la sottile linea rossa. Cerca punti di riferimento che sembrano sfuggirgli.
«Quella signora è del Pd, ha montato il caso per ragioni politiche. Mica le ho detto “brutta scimmia torna a mangiare le banane in Africa!”».
Ah ecco. Magari la prossima volta.
I fascisti seri dovrebbero chiedere i danni a personaggi da Bagaglino come questo soggetto
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2020 Riccardo Fucile
E MORTO SANDRO MAZZINGHI, STORICA LA SUA RIVALITA’ CON NINO BENVENUTI
Sono stati 81 anni in cui dolore, vittorie, rabbia e riscatto si sono costantemente rincorsi, come avversari in una battaglia sul ring di quelle senza appello, come piacevano a lui. Sono stati ottantuno anni di rara intensità quelli vissuti da Sandro Mazzinghi, uno dei più grandi pugili italiani di tutti i tempi. Mazzinghi se ne è andato a Pontedera, in punta di piedi, senza quei riflettori che non aveva mai amato troppo.
Riportare la sua figura pugilistica solo alla rivalità con Nino Benvenuti, sarebbe non rendere merito ad una vita ed una carriera che ha vissuto molto, molto altro. Però nell’immaginario collettivo di un’Italia amante dei dualismi, quei due erano perfetti. Sandro l’antidivo, schivo, toscanaccio, sempre pronto alla polemica. Nino il divo. Bello, mediatico, insieme a Gigi Riva probabilmente il massimo sex simbol dello sport italiano degli anni sessanta. Sandro e Nino: lontani che più lontano non si può.
Era da poco finita l’era dei Coppi e Bartali, Mazzola e Rivera erano due giovani già affermati ma in nazionale non facevano ancora la staffetta. Toccava alla boxe colmare il vuoto. Mazzinghi era il campione del mondo dei superwelter, aveva dato due lezioni di boxe a Ralph Dupas: la prima al Vigorelli di Milano, la seconda allo stadio di Sydney. Benvenuti era il predestinato, l’oro olimpico che aveva messo in serie il titolo italiano ed europeo ed aspettava solo di arrivare in cima al mondo.
Nessun punto di contatto? Sbagliato, ce ne sono almeno due. La passione per la musica: Mazzinghi scrive due brani di buon successo, Benvenuti si esibisce in tv con un altro grande avversario come Emil Griffith. E poi i libri: sia l’uno che l’altro ne scrivono, e con vite del genere gli spunti non gli mancano…
Nel primo match, un montante destro di assoluta bellezza di Nino chiuse i giochi al sesto round. Niente però in confronto al colpo da ko che la vita aveva assestato a Mazzinghi: la prima moglie era morta in un incidente nel quale anch’egli era rimasto gravemente ferito. La rivincita si disputò a Roma a pochi giorni dal Natale del 1965. Intorno al ring, un po’ come succede ancora oggi negli Stati Uniti, c’era tutto il mondo dello spettacolo. Walter Chiari, Mina, Delia Scala, Aldo Fabrizi e tanti altri.
Vinse di nuovo Benvenuti, soffrendo, ai punti. Mazzinghi però quel verdetto non lo accetterà mai. Cinquanta anni di polemiche, poi la riappacificazione. Benvenuti a dire il vero più volte era stato ‘tenero’, con tanti messaggi di pace, ed alla fine, proprio quando Nino era ricoverato dopo un malore, arrivò la telefonata di Mazzighi.
Prossimamente i due dovevano essere protagonisti di un documentario sulla loro rivalità , ma il destino non ha voluto. “Sul ring Sandro era un guerriero – dice ancora -, ti metteva paura, lo guardavi negli occhi e capivi che per lui c’era solo il volerti sopraffare, voleva vincere a tutti i costi. E per batterlo dovevi dare veramente qualcosa in più”, ricorda Benvenuti.
“Per parlare di Sandro Mazzinghi bisogna trovare le parole migliori. Ci siamo battuti, sono sempre state battaglie dure, ma l’ho sempre rispettato e ora lo ricordo con affetto. La nostra è stata una rivalità come quella fra Coppi e Bartali, abbiamo diviso l’Italia dello sport”.
Ma come abbiamo detto, Mazzinghi va oltre questo dualismo. La sofferenza in una infanzia in cui la guerra aveva minato fisico e coscienza, la capacità di reagire che ormai faceva parte del suo Dna, gli servirono per ricostruirsi una carriera.
Dopo le due sconfitte ci mise tre anni, ma riuscìa tornare campione del mondo. Allo stadio San Siro, battendo davanti a quarantamila spettatori il coreano Ki Soo Kim, uno che in precedenza aveva battuto proprio Benvenuti.
E’ ancora oggo celebrati uno dei match più duri mai combattuti in Italia. Il titolo, una nuova famiglia, la testardaggine di voler tornare sul ring a quasi 40 anni tra il ’77 e il ’78 per tre match senza troppo valore tecnico che però lui vinse. Restava solo quel cruccio, quel Nino, quella sconfitta mai accettata. Poi una telefonata a chiudere il cerchio. Addio grande guerriero.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 22nd, 2020 Riccardo Fucile
A GIUGNO L’ETA’ MEDIA ERA 65 ANNI… L’EPIDEMIOLOGO: “TROPPI COMPORTAMENTI RISCHIOSI NELLE VACANZE”
L’abbassamento è di 22 anni in due mesi. Una differenza notevole che emerge subito se si fa
il confronto tra giugno ed agosto. E che spinge l’Ats di Milano a lanciare l’allarme, “perchè i dati sono indicativi di un cambio di comportamento da parte dei più giovani – ragiona l’epidemiologo Vittorio Demicheli, direttore sanitario dell’Ats e membro della cabina di monitoraggio nazionale – che è rischioso. Tanto che è molto difficile riuscire a dire cosa accadrà di qui alle prossime tre settimane, quando si arriverà a metà settembre
Sicuramente, da tre settimane stiamo assistendo a un peggioramento della situazione, con un aumento dei casi”.
È in calo l’età media dei contagiati di Sars-Cov-2 a Milano: secondo i dati elaborati da corso Italia, relativamente ai 300 casi che sono stati registrati in città dall’1 al 20 agosto, l’età media dei positivi al virus è di 42 anni. Ben più bassa di quella dei contagiati individuati lo scorso luglio in ambito urbano – 56 anni – e a giugno quando, in media, i pazienti positivi al nuovo coronavirus a Milano avevano 64 anni. Non solo: “Oltre un terzo dei casi che stiamo registrando in città – spiega Marino Faccini, che in corso Italia guida il servizio di Malattie infettive – sono giovani che hanno meno di 30 anni”.
Ieri in tutta la regione sono stati registrati sei nuovi decessi e 174 nuovi positivi al virus, di cui 54 nella provincia di Milano (31 in città ). Nel Milanese, tre dei contagiati hanno meno di 18 anni, e altri 20 tra 18 e 24 anni: in pratica, gli under 24 trovati Covid-positivi in un giorno sono quasi la metà di tutte le nuove diagnosi avvenute nel territorio metropolitano. Discorso simile a livello regionale: 64 su 174 delle diagnosi di ieri sono under 24, il 36,7 per cento. Altri 58 dei contagiati hanno tra 24 e 49 anni, mentre gli anziani over 65, finora la fascia d’età più colpita, ieri erano solo 23.
“L’infezione avviene spesso in vacanza, all’estero ma non solo: abbiamo registrato diversi casi di positività al virus tra milanesi appena rientrati da località italiane, come la Sardegna – dice Faccini – . Abbiamo anche individuato dei contagi “di gruppo”, con intere famiglie o comitive. L’impressione è che, in città , si tenda ad avere dei comportamenti rispettosi delle norme anti-contagio, anche grazie all’attenzione della collettività . Ma che poi questi comportamenti prudenti non siano più adottati quando si è in vacanza”.
Di qui i nuovi contagi, soprattutto dei giovani. Con una sorta di “salto generazionale” del virus che si riflette anche nei ricoveri in Terapia intensiva: ieri erano 17 in Lombardia, uno in più del giorno prima. Di questi, 15 hanno gravi polmoniti, con un’età media di 57 anni, contro gli oltre 60 di sette giorni fa: il più giovane è il 17enne della Bergamasca che è intubato al Policlinico.
Che la situazione sia da tenere sotto controllo, lo ha sottolineato lo stesso report dell’Iss, che per la Lombardia ha fissato l’Rt – il parametro che indica con che velocità “corrono” i contagi – a 1.17, sopra la soglia limite di 1. L’incidenza è di 4.96 casi ogni 100 mila persone. “La Lombardia, purtroppo, dimostra di non fare eccezione rispetto alla situazione italiana – nota allora Demicheli – . Tra i 501 casi che abbiamo analizzato nel report relativo alla settimana dal 10 al 16 agosto, una buona quota è legata a contagi avvenuti all’estero. Il fenomeno è problematico perchè determina molte nuove infezioni sul territorio nazionale: spesso chi va in vacanza e torna a casa positivo al virus è asintomatico. Quindi, senza saperlo, dopo essere rientrato infetta chi gli sta vicino, dando vita a nuovi focolai”. Al momento, in Lombardia i focolai attivi sono 492, di cui 42 “accesi” tra il 10 e il 16 agosto: sono quasi la metà dei 1.070 focolai attivi attualmente in tutta Italia.
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2020 Riccardo Fucile
IN FRANCIA E IN SPAGNA MASCHERINE, DISTANZIAMENTO DI UN METRO E MISURAZIONE TEMPERATURA A CASA, IN PRATICA COME IN ITALIA
Oltre 4.500 nuovi casi in Francia, quasi 3.350 in Spagna. La curva dei contagi da Coronavirus sta impennando in diverse aree dell’Unione Europea. La stessa Italia, con i suoi +947 casi di Covid-19 registrati ieri, 21 agosto, sta toccando vette che non si vedevano dai primi momenti della Fase 2.
A rendere il tutto più allarmante c’è l’ingombrante scadenza di fine estate: il rientro a scuola. Studenti, docenti e personale scolastico si preparano a tornare in aula in condizioni epidemiche non propriamente incoraggianti.
Che da noi la situazione sia agitata non è un mistero per nessuno. A partire da luglio, quando la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha dato la data indicativa di riapertura (il 14 settembre), la corsa a settembre procede in affanno.
A differenza della maggior parte dei casi europei, quella italiana sarà una vera e propria riapertura alla cieca. Francia, Belgio, Olanda, Portogallo, Inghilterra, Polonia, Finlandia e Grecia, invece, avevano fatto esperimenti di riapertura già tra maggio e giugno.
Certo, con tutti i crismi del caso: come fa notare Azzolina a Open, “la Francia ha portato solo il 10% bambini a scuola, perchè i genitori non si sono fidati”.
Parallelamente, in Germania, gli istituti hanno iniziato a riaprire a scaglioni nelle varie regioni già il 10 agosto. In Spagna e in Inghilterra, invece, si attende come in Italia la metà di settembre.
Come detto, in Francia l’esperimento del rientro è già stato fatto a maggio, quando, con la fine della quarantena, si era entrati a gamba tesa nel post-lockdown. Una zona alla volta, le diverse scuole nelle diverse regioni avevano ricominciato ad aprire a partire dall’11 del mese. Il risultato, all’inizio, era stato particolarmente scoraggiante.
Erano bastati sette giorni per far richiudere buona parte degli edifici (70 in una sola settimana) a causa della presenza di numerosi casi positivi al Covid-19 e relativi focolai.
Il governo aveva comunque deciso di andare avanti e di non fare troppi passi indietro. Nonostante le rigidità di partenza, si è presto abdicato al distanziamento di 4 metri quadri tra studenti, docenti e personale, per preferire un più “agile” metro quadro. Le classi sono state suddivise in tre gruppi, le ore di studio sono state ridotte. Una prova generale, insomma, che ha lasciato dietro di sè molte ombre ma che ha buttato luce sull’orizzonte di settembre.
Ora mancano nove giorni alla prima campanella del nuovo anno scolastico (fissata per il primo settembre), e la situazione Coronavirus non pare delle migliori (anzi).
Lo stesso Emmanuel Macron aveva dichiarato a luglio che, qualora ci fosse stata un’accelerazione del virus ad agosto, la data sarebbe stata rivista. Ieri, 21 agosto, il ministro dell’Istruzione ha confermato che si tornerà comunque a scuola, ma che il ritorno avrà inevitabilmente una «dimensione sanitaria»: mascherine a tutti sopra gli 11 anni, gel igienizzante negli istituti, distanziamento minimo di un metro.
Anche in Francia il nodo temperatura sarà delegato alle famiglie, che dovranno monitorare che i propri figli non vadano a scuola con una temperatura superiore ai 38°C o con altri sintomi della Covid-19. E se dovessero esserci dei contagi, si vedrà caso per caso se chiudere l’istituto e tornare per un periodo alla didattica a distanza — ma fornendo a
Rientro a settembre, temperatura misurata a casa, mascherine obbligatorie sotto il metro di distanza, ingressi scaglionati per orario.
La Spagna si prepara al rientro sulla linea italiana. E anche lì, come da noi, ci sono ancora molti dubbi nell’aria su quanto siano definitivi i provvedimenti. Molto dipenderà dalle scelte che faranno le regioni autonome, che hanno stilato tre diversi piani per tre diversi scenari (uno senza emergenza, uno con una situazione pandemica sotto controllo e un altro qualora la pandemia dovesse ricolpire forte).
In questi giorni, la curva dei contagi in salita sta mettendo a serio rischio il piano di riapertura: la Galizia e la Catalogna hanno già fatto sapere che le scuole d’infanzia e primarie non si terranno al 100% in presenza.
Intanto, il ministero dell’Istruzione ha fatto sapere che le linea è quella di creare classi da un massimo di 15 alunni, così da evitare gli assembramenti e mantenere le distanze. Ora Madrid cercherà di disegnare un quadro definitivo il 27 agosto, quando il governo ha convocato un consiglio dei ministri per fare il punto della situazione.
(da Open)
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Agosto 22nd, 2020 Riccardo Fucile
NEL PAESE OLTRE 2.000 CONTAGI IN UN GIORNO… NEGLI ISTITUTI C’E’ L’OBBLIGO DELLA MASCHERINA E NESSUNO GENITORE O POLITICO ROMPE LE PALLE COME IN ITALIA
L’anno scolastico in Germania è ricominciato tre settimane fa, anche se il ritorno in classe
degli studenti è stato deciso solo da 9 Lander su 16. In questo breve lasso di tempo sono già oltre 100 gli istituti che sono stati chiusi completamente o parzialmente.
A scriverlo è il Corriere della Sera, che spiega che le chiusure sono state necessarie in particolare in Nord Reno Vestfalia, la regione con più contagi, a Berlino (41 istituti in quarantena su 825), ad Amburgo e Francoforte.
Le scuole hanno l’obbligo di avvertire le autorità sanitarie quando riscontrano casi e sono poi queste a decidere, di volta in volta, quale misure applicare.
Possono decidere di tenere in quarantena anche soltanto alcune classi. Tutti gli alunni e il personale delle scuole tedesche hanno normalmente l’obbligo di mantenere la distanza di sicurezza di un metro e mezzo e di portare le mascherine all’interno degli istituti, ma non durante le lezioni (in Nord Reno Vestfalia obbligatorio anche durante le lezioni).
“Lo so che è faticoso. lo è per tutti, ma al momento non c’è alternativa alla mascherina” ha detto la ministra dell’Istruzione Anja Karliczek, che, secondo cui “il funzionamento ordinario è partito bene”.
In generale le autorità tedesche, nonostante le chiusure, al momento non mostrano particolare preoccupazione. Secondo il primo rapporto dell’Amministrazione scolastica di Berlino i casi di positività al coronavirus registrati finora nelle scuole della capitale tedesca “non rappresentano una minaccia per la loro piena operatività ”.
Nella maggior parte dei casi rilevati, sono state trovate solo singole persone infette, tra alunni, insegnanti o personale scolastico, e sono state disposte quarantene cautelative. “Le scuole non sono focolai. Le infezioni di solito vengono portate negli istituti dall’esterno”, ha confermato Sandra Scheeres, responsabile berlinese per l’Istruzione.
Giovedì Merkel farà il punto sull’epidemia, anche i relazione ai nuovi casi – oltre 2.000 in un giorno – che fanno temere la seconda ondata.
(da agenzie)
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