Destra di Popolo.net

IL PADRE NON GLI DA’ 100 EURO: FIGLIO LANCIA CIBO A TERRA E COSTRINGE IL GENITORE A RACCOGLIERLO CON LA BOCCA

Novembre 17th, 2020 Riccardo Fucile

IL FIGLIO 30ENNE PRETENDEVA CONTINUAMENTE SOLDI PER USCITE CON GLI AMICI, CAPI FIRMATI E PROFUMI COSTOSI

Voleva capi d’abbigliamento griffati e all’ultimo grido, profumi costosi, alcolici di qualità  e sigarette.
Nulla di male in questo, se non fosse per il fatto che il 30enne di Castel Gandolfo protagonista di questa storia non aveva nessuna intenzione di sborsare i soldi per acquistarli, nè tantomeno di lavorare.
Il suo intento era chiaro: non fare nulla dalla mattina alla sera e costringere i genitori a dargli il denaro per fare la bella vita.
Erano arrivati a dargli anche mille euro al giorno: se si rifiutavano, erano botte, minacce e insulti.
Una storia orribile di maltrattamenti in famiglia che andava ormai avanti da tre anni. I genitori, benchè esasperati, non avevano mai denunciato il figlio. Fino a che il 30enne non è stato colto in flagrante dai carabinieri, che hanno sentito le urla provenire dall’abitazione di Castel Gandolfo e sono intervenuti.
Urla disperate quelle che i carabinieri della compagnia di Castel Gandolfo hanno sentito provenire dall’abitazione. I militari hanno deciso di intervenire immediatamente e quella che si sono trovati davanti è stata una scena agghiacciante: il padre del ragazzo era stato fatto inginocchiare a terra tra le minacce e gli insulti del 30enne, che lo stava costringendo a raccogliere avanzi di cibo con la bocca.
Li aveva lanciati lui per terra per stizza perchè l’uomo non voleva dargli cento euro per uscire con gli amici. Gli accertamenti hanno fatto venire alla luce anni di soprusi nei confronti dei genitori, costretti a sopportare i maltrattamenti del loro aguzzino. Accusato di maltrattamenti in famiglia e estorsione aggravata, è stato portato nel carcere di Velletri.

(da Fanpage)

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SUBITO LIBERO IL RAGAZZO CHE HA ROTTO IL NASO AL CARABINIERE SUL TRENO DELLA CUMANA PERCHE’ GLI AVEVA DETTO DI INDOSSARE LA MASCHERINA

Novembre 17th, 2020 Riccardo Fucile

OTTO MESI E PENA SOSPESA PER IL 21ENNE ITALIANO, MENTRE IL CARABINIERE E’ IN OSPEDALE E DOVRA’ ESSERE OPERATO

Arrestato, processato, scarcerato. È tornato in libertà  dopo un giorno il 21enne napoletano, incensurato, che ieri mattina ha spaccato il naso di un carabiniere che gli aveva chiesto di indossare la mascherina di protezione.
Questa mattina il ragazzo è stato processato: l’arresto è stato convalidato ed è stato condannato ad otto mesi di reclusione ma con pena sospesa e senza nessuna misura cautelare.
In altre parole: dopo la sentenza è tornato libero e resterà  tale a meno che non commetta nell’immediato futuro un altro reato da arresto.
L’aggressione è avvenuta ieri, 16 novembre, a bordo di un treno della Cumana dell’Eav, all’altezza della stazione Edenlandia, a Fuorigrotta, zona ovest di Napoli.
Il militare, insieme ad altri passeggeri, aveva più volte chiesto al ragazzo di indossare la mascherina, così come previsto sui mezzi pubblici (e anche all’aperto) dalle norme anti Covid, e dopo i ripetuti inviti si è anche qualificato come appartenente all’Arma.
Il giovane si è rifiutato e in tutta risposta ha sferrato un pugno al volto al carabiniere, che ugualmente è riuscito a bloccarlo dopo una colluttazione.
Il 21enne è stato arrestato con l’accusa di aggressione a pubblico ufficiale e accompagnato nella caserma dei carabinieri di Bagnoli in attesa del processo per direttissima.
Il carabiniere, invece, è stato portato da un’ambulanza del 118 al Cardarelli, dove si trova tuttora ricoverato in attesa di una operazione al volto: ha riportato una frattura del setto nasale, scheggiatura dell’incisivo centrale superiore destro, contusione alla spalla e al braccio destro e una lesione causata da un morso al dito indice che ha reso necessaria l’applicazione di tre punti di sutura.

(da Fanpage)

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DALLA SVIZZERA: “PER I NEGAZIONISTI NIENTE TERAPIA INTENSIVA”

Novembre 17th, 2020 Riccardo Fucile

UN ECONOMISTA LANCIA LA PROPOSTA: “PRIMA DI PARLARE OGNUNO DEVE ASSUMERSI LA RESPONSABILITA’ DI QUELLO CHE DICE, COMPRESE LE CONSEGUENZE”

Un economista lancia la proposta dalle colonne del tabloid più diffuso per cercare di svegliare il Paese. Il tasso di contagi è alto ma troppa gente non segue le raccomandazioni governative. Per questo il dottor Oggier dice: “Con le strutture piene chi nega il virus non sarà  curato”
Non porti la mascherina? Non mantieni le distanze? Pensi che il Covid 19 sia una semplice influenza e scendi in piazza a manifestare contro le restrizioni?   Allora sei un negazionista e, se dovessi ammalarti e aver bisogno di una terapia intensiva, non ne potrai usufruire se gli ospedali dovessero essere saturi.
La provocazione è del dottor Willy Oggier, di Kà¼ssnacht, comune elegante della periferia zurighese, lo stesso dove vive la pop star Tina Turner.
Oggier è un’economista specializzato in sanità  e la sua invettiva contro i negazionisti, pubblicata dal tabloid Blick, il più diffuso quotidiano elvetico, arriva mentre la Svizzera, pur con un indice di tamponi positivi superiore al 25%, registra un atteggiamento rilassato nei confronti della pandemia   in grandi aree urbane come Zurigo. Domenica scorsa, ad esempio, il lungolago della città  sembrava via Caracciolo a Napoli, prima che la Campania diventasse zona rossa.
Pur essendo estrema, l’affermazione del dottor Oggier ha trovato una sponda, negli ambienti medici, sotto pressione per i contagi.
“Penso che la sua considerazione non sia completamente sbagliata – dice a Repubblica Christian Camponovo, direttore della Clinica Moncucco di Lugano, uno dei due ospedali Covid del Canton Ticino –   esiste una responsabilità  individuale dove ognuno è libero di fare e di dire quello vuole, ma poi vi è anche una responsabilità  collettiva, che è quella di preservare le strutture sanitarie dalla saturazione”.
Per Camponovo quindi la provocazione di Oggier è eticamente plausibile: “Prima di parlare ciascuno deve assumersi la responsabilità  di quello che dice e, quindi, deve essere disposto a subirne le conseguenze”.
“I negazionisti sono persone come le altre, e quindi i medici devono rispettare il diritto alla cura che è un obbligo costituzionale”, ribatte il sociologo dell’Università  di Ginevra, Sandro Cattacin che aggiunge: “Nella prima fase della pandemia le tesi negazioniste erano cavalcate da una minoranza, appartenente ai movimenti cospirazionisti. Oggi, invece, siamo di fronte a una crisi sanitaria. Secondo un’inchiesta, uscita di recente in Svizzera, metà  della popolazione vive in uno stato ansioso. È l’ansia spesso è l’anticamera della depressione”.

(da “Huffingtonpost”)

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RIANIMATORI CONTRO ARCURI: “PER LE TERAPIE INTENSIVE NON BASTA ACCENDERE UN VENTILATORE”

Novembre 17th, 2020 Riccardo Fucile

CRISANTI: “SERVONO ANNI PER FORMARE UN RIANIMATORE”

“Viene affermato che la pressione sulle terapie intensive sia sostenibile ma in realtà  nelle regioni rosse la pressione è quasi insostenibile e in quelle arancioni è molto ma molto pesante. Sostenere che 10.000 ventilatori possano garantire un sufficiente margine per sostenere questa crescita esponenziale di ricoveri in terapia intensiva significa pensare che basti saper accendere un ventilatore per salvare una vita. Purtroppo non è cosi”.
Lo ha detto in un videomessaggio mandato in onda ad Agorà , su RaiTre Antonio Giarratano, presidente Siaarti, (anestesisti e rianimatori), in risposta al commissario straordinario, Domenico Arcuri.
“Un posto di terapia intensiva non si crea solo accendendo un ventilatore. C’è dietro tutta una struttura, ci sono competenze difficile da moltiplicare. Perchè non si moltiplicano i letti senza utilizzare infermieri e rianimatori. Un rianimatore ci vogliono anni a formarlo, e più posti letto segue, più è difficile per lui curare i pazienti”, dice il direttore di microbiologia e virologia all’Università  di Padova Andrea Crisanti,   durante la trasmissione Agorà  su Rai Tre, commentando le affermazioni del commissario Arcuri, secondo il quale le terapie intensive non sono ora sotto pressione, perchè i posti sono aumentati fino a 10.000 e attualmente ci sono circa 3.300 pazienti Covid ricoverati.
Il professor Crisanti ha poi sottolineato quello che definisce un “paradosso”: “più posti aggiuntivi si creano nelle terapie intensive meno pressione c’è e più il virus si diffonde. Così facendo, alla fine della pandemia, si scoprirà  che le regioni con più posti in rianimazione avranno fatto più morti”.

(da “Huffingtonpost”)

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SANITA’ CALABRIA, EUGENIO GAUDIO SI DIMETTE DA COMMISSARIO PER “MOTIVI PERSONALI”: LA MOGLIE NON HA INTENZIONE DI TRASFERIRSI A CATANZARO

Novembre 17th, 2020 Riccardo Fucile

“UN LAVORO DEL GENERE VA AFFRONTATO CON IL MASSIMO IMPEGNO E NON INTENDO APRIRE UNA CRISI FAMILIARE”… MA NON CI SI POTEVA INFORMARE PRIMA DI NOMINARLO?… USCITO PULITO DALLA VICENDA GIUDIZIARIA: DEPOSITATA RICHIESTA ARCHIVIAZIONE

Eugenio Gaudio, appena nominato dal Consiglio dei ministri nuovo commissario alla Sanità  in Calabria, ha rinunciato al suo incarico. Lo ha annunciato a Repubblica lo stesso rettore in carica dell’Università  La Sapienza di Roma.
Rettore, ci spiega perchè non vuole prendere in mano un comparto così importante e disastrato della Regione Calabria?
“Motivi personali e familiari me lo impediscono”.
Deve spiegare meglio, altrimenti non si capisce e partono le illazioni.
“Mia moglie non ha intenzione di trasferirsi a Catanzaro. Un lavoro del genere va affrontato con il massimo impegno e non ho intenzione di aprire una crisi familiare”.
C’entra l’ansia per un incarico così diverso da quello di medico e rettore?
“Sarebbe una sfida importante, ma la famiglia per me è un valore primario”.
E’ rimasto ferito per le notizie che hanno richiamato un suo coinvolgimento, nell’estate 2019, nell’inchiesta sull’Università  di Catania
“Sono sempre colpito dall’imbarbarimento della politica. Le do una notizia in proposito: il procuratore di Catania ha appena fatto sapere al mio avvocato che è andato a depositare la richiesta di archiviazione per la mia presunta turbativa nei concorsi. Ne esco come ne sono entrato, pulito. Vorrei ricordare questo…”.
Dica?
“Ho mandato i miei figli a studiare in Inghilterra, a Cambridge e Coventry, per evitare che si iscrivessero alla Sapienza di Roma, che chicchessia potesse avanzare illazioni nei loro e mei miei confronti. Ho vissuto così e vedermi tirato dentro un’inchiesta per alcune telefonate in cui dico che non faccio impicci, sì, mi ha fatto male”.
Lei è un medico che, nei cinque anni di mandato, ha migliorato conti e iscrizioni della più grande università  d’Europa. Sarebbe stato in grado di guidare una realtà  storicamente malata qual è la sanità  calabrese
“Avrei voluto provare, è un impegno gravoso ma mi sono sempre messo a disposizione del servizio pubblico. Ho trovato resistenze in casa, e a questo mi piego. L’ho detto per tempo al ministro Speranza”.
Gino Strada, candidato in un primo tempo a fare tandem con lei, ha scritto una lettera che dice: “Il tandem con Gaudio semplicemente non esiste”. Nasce da quella lettera la sua decisione di rinunciare?“.
“No, non sono quelli i problemi, ho passato tutto il mandato in Sapienza a trovare coinvolgimenti, mediare. La scelta è mia, non posso fare il commissario della Sanità  in Calabria”.
E’ un rettore uscente, adesso che cosa farà ?
“Non vado in pensione. Continuo a insegnare, un mestiere meraviglioso. I miei due corsi di Medicina. E poi sono consulente del ministro Manfredi e continuo a dirigere l’osservatorio delle scuole di specializzazione di Medicina”.

(da “La Repubblica”)

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PERCHE’ L’INDICE RT E’ DIVENTATO INAFFIDABILE PER MONITORARE L’EMERGENZA COVID

Novembre 17th, 2020 Riccardo Fucile

DATI NON CORRETTI FORNITI DALLE REGIONI ED E’ SALTATO IL SISTEMA DI MONITORAGGIO

Diversi scienziati ritengono che l’indicatore Rt, il numero di riproduzione netto che calcola il numero medio di persone che un contagiato dal coronavirus può infettare, è divenuto ormai “inaffidabile” e “irrilevante” per monitorare l’emergenza in corso.
La ragione principale risiederebbe nei dati non corretti forniti dalle regioni e nel numero esorbitante di nuovi positivi rilevati nelle ultime settimane, che hanno fatto saltare il sistema di monitoraggio.
Il numero medio di persone che un contagiato di una malattia infettiva emergente riesce a infettare prende il nome di R0; si tratta del cosiddetto “numero di riproduzione di base” ed è un indicatore statico.
Si riferisce cioè alla situazione iniziale della diffusione della patologia, in cui tutta la popolazione di riferimento risulta suscettibile (proprio perchè si tratta di una nuova malattia non ci sono nè immunizzati nè vaccini disponibili).
In Italia l’R0 (si legge erre con zero) calcolato sulla base dei dati di alcune regioni a marzo oscillava tra poco più di 2 e 3,33.
Col passare del tempo e la diffusione della malattia, all’R0 subentra l’Rt, il numero di riproduzione netto, che calcola sempre il numero medio di contagi che può provocare un infetto, ma a differenza del primo è un indicatore dinamico, poichè legato a diversi fattori in gioco.
Innanzitutto si riferisce a uno specifico arco temporale (tipicamente un paio di settimane) ed è dunque variabile nel tempo, in secondo luogo influenzato dalle misure messe in campo per spezzare la catena dei contagi (come il lockdown), oltre che da immunizzati, deceduti e guariti che aumentano man mano che la malattia si diffonde.
Il calcolo dell’Rt per l’emergenza coronavirus SARS-CoV-2 è calcolato sulla base dei dati sui casi sintomatici forniti dalle singole regioni ed elaborati da Istituto Superiore di Sanità  e Ministero della Salute, ma se questi dati non sono corretti alla fonte, come sostengono diversi studiosi, allora non lo è nemmeno l’Rt che ne deriva.
Pertanto ad oggi alcuni considerano Rt un indice inaffidabile e dunque irrilevante, nonostante giochi un ruolo di primo piano — insieme ad altri 20 parametri — per decidere il “colore di rischio” di una determinata regione ( (giallo, arancione o rosso).
All’ottimismo del Presidente del Consiglio Superiore della Sanità  Francesco Locatelli, che al recente calo dell’Rt (da 1,72 a 1,43) ha associato l’efficacia delle restrizioni messe in campo a partire dalla fine di ottobre e la conseguente decelerazione della curva dei contagi, si contrappongono i punti di vista di altri scienziati, che come detto bollano l’Rt come uno strumento inaffidabile.
Il primo a scagliarsi contro l’Rt è stato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. Durante un’audizione tenutasi alla Camera dei Deputati ha innanzitutto dichiarato che “il valore di Rt è inappropriato per informare decisioni rapide perchè, oltre ad essere stimato sui contagi di 2-3 settimane fa, presenta numerosi limiti”. Tra quelli citati dall’esperto, il fatto che l’Rt viene calcolato su circa il 30 percento dei casi sintomatici, ma poichè diverse Regioni non comunicano correttamente tutti i dati, si determina una significativa sottostima dell’indice.
Ancora più incisiva l’osservazione di Giorgio Parisi, fisico di fama internazionale e presidente dell’Accademia dei Lincei: “Il calcolo di Rt in queste ultime settimane è diventato sempre più inaffidabile e la discesa dell’Rt stimato è completamente irrilevante, anzi questa discesa è un sintomo preoccupante delle crepe che si stanno aprendo sul sistema di monitoraggio”, ha scritto lo scienziato in un articolo sull’Huffington Post.
In precedenza, durante una puntata di “Mezz’ora in più” condotta da Lucia Annunziata, aveva affermato che c’è una ingiustificata carenza di dati, poichè quelli rilasciati dalle istituzioni rappresentano solo una piccola parte di quelli su cui gli scienziati potrebbero lavorare.
Parisi ha affermato inoltre che l’Rt precedente (quello più alto) faceva riferimento a una forchetta compresa tra 1,45 e 1,83, mentre il nuovo, quello ridotto, a una forchetta compresa tra 1,08 e 1,81. Si tratta di un intervallo molto più ampio rispetto al primo, che mostra chiaramente una maggiore imprecisione e incertezza dei dati. Lo scienziato sottolinea che l’inefficacia dell’Rt è probabilmente legata all’enorme numero di casi positivi che si contano a partire dalla seconda metà  di ottobre — passati da poche migliaia a decine di migliaia in pochi giorni -, che avrebbero di fatto saltare il sistema di monitoraggio. “Non riesce a dare un’informazione precisa sugli sviluppi dell’epidemia”, ha chiosato il fisico. Viene quindi richiesta una modifica ai vari indicatori per avere una stima del numero di riproduzione netto più precisa, ma soprattutto, che vengano forniti agli esperti tutti i dati relativi all’emergenza, affinchè si possano condurre indagini statistiche più dettagliate e approfondite. La qualità  dei dati è infatti un’arma preziosissima per il monitoraggio delle curve epidemiologiche e per mettere a punto misure ad hoc.
In occasione della Giornata Mondiale della Scienza per la Pace e lo Sviluppo, anche il dottor Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni aveva espresso a fanpage il rammarico per l’assenza di dati dettagliati sull’epidemia in Italia.
“C’è lo contro in corso tra il governo centrale e le regioni, e la comunità  scientifica — ha affermato Cappato —: sono 8 mesi che chiede due cose semplici: la prima, che tutti i dati sul coronavirus trasmessi dalle regioni al governo e dalle ASL alle regioni siano trasmessi in formato aperto e disaggregato. In modo che siano consentiti degli studi di verifica e di analisi”. La speranza è che le istituzioni si adeguino al più presto dando ascolto alle richiese degli esperti.

(da agenzie)

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GALLI: “ARRIVANO DUE SETTIMANE TERRIBILI PER GLI OSPEDALI, SENZA VERI CALI COSTRETTI AL LOCKDOWN TOTALE”

Novembre 17th, 2020 Riccardo Fucile

“NATALE CE LO STIAMO GIOCANDO”

«A Ferragosto abbiamo pazziato, il Natale ce lo stiamo giocando». Il direttore di Malattie infettive del Sacco di Milano invita a prepararsi alle prossime due settimane con l’allestimento di Covid Hotel: «Dovevano essere già  pronti»
Visti i fallimenti sul fronte contenimento di contagi da Covid 19, qualche mese fa il professor Massimo Galli andava definendo come inevitabile una seconda ondata di positivi che avrebbe messo di nuovo in ginocchio il Paese.
E ora, nella valutazione di numeri e curve epidemiche, l’infettivologo vede in modo altrettanto inevitabile la sofferenza acuta di ospedali, ricoveri e assistenza almeno per i prossimi 15 giorni.
Uno scenario di cui il professor Galli è convinto e che descrive a Il Messaggero in riferimento ai circa 30 mila casi al giorno riportati dagli ultimi bollettini giornalieri.
Due settimane difficili quelle che ci aspettano, dopo le quali, se non si verificherà  un cambiamento di rotta, dovremo aspettarci un lockdown totale come unica soluzione possibile. La valutazione del professor Galli è piuttosto netta: «In terapia intensiva siamo a 91 posti letto in più occupati al giorno, in area medica 700. Di questo passo tra due settimane gli ospedali saranno allo stremo» racconta, sottolineando come ora la scommessa vera da vincere è «sulla possibilità  di una riduzione effettiva della trasmissione del virus nell’arco dei prossimi 15 giorni. Perchè siamo già  al limite»
«Servono subito Covid Hotel»
Quello che secondo Galli servirebbe a questo punto sono i cosiddetti Covid Hotel, «la disponibilità  di luoghi per il ricovero delle persone che non necessitano di un letto in un reparto per acuti o per i pazienti che potrebbero essere pre dimessi», spiega.
Lo scienziato invita a «prepararsi subito» su questo fronte, non dimenticando di ribadire quanto tale preparazione sarebbe dovuta avvenire prima e non a ridosso di un ulteriore collasso sanitario.
«Ora vincere le due “battaglie madri”»
Il direttore di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano parla dei dati della Lombardia come un piccolo segnale di ripresa ma che al momento non si tradurrà  in un effettivo rallentamento, così come sul piano nazionale, se non si vinceranno due «battaglie madri». La prima citata dall’infettivologo è quella riguardante l’assistenza domiciliare, «da potenziare una volta per tutte per riuscire a ridurre la tensione sugli ospedali».
L’altra non meno importante è quella sulle riaperture: «Aziende e scuole devono avere la possibilità  di fare diagnosi precocissime, test frequenti. Se riapriamo, non dobbiamo commettere i vecchi errori». Lo scienziato non manca di ribadire il confronto con la scorsa estate, esempio di come negligenza e impreparazione abbiano condotto alla seconda ondata. «A Ferragosto abbiamo pazziato, il Natale ce lo stiamo giocando insieme al Capodanno. Evitiamo di giocarci anche la prossima Pasqua».

(da agenzie)

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CRISANTI: “I TAMPONI FAI-DA-TE DI ZAIA? UNA FOLLIA”

Novembre 17th, 2020 Riccardo Fucile

“PRUDENZA ANCHE SUL VACCINO DI MODERNA, PRIMA OCCORRE UNA VALUTAZIONE SCIENTIFICA”

Il Presidente del Veneto Luca Zaia ha annunciato la sperimentazione dei tamponi fai-da-te: test che, al pari di quelli di gravidanza, riuscirebbe a dare una risposta in pochi minuti. Un’idea che però non piace al microbiologo Andrea Crisanti che hai microfoni di Radio Capital descrive i tamponi sponsorizzati da Zaia come “una follia”.
“Penso che in un’epidemia la tracciabilità  e l’identificazione dei contatti sia un caposaldo. Questa non credo sia una cosa seria”. E ancora: “Stiamo banalizzando una cosa serissima di sanità  pubblica, paragonandolo a un test di gravidanza”. Secondo Crisanti la possibilità  che una persona possa farsi il tampone a casa e andare tranquillamente in giro anche se positiva è “una follia più totale”.
Per il microbiologo è necessario essere prudenti anche sul vaccino elaborato da Moderna che – secondo la casa farmaceutica – avrebbe un’efficacia del 95% rispetto al 90% della Pfizer.
“Bisogna vedere i dati — mette in guardia Crisanti – non si può fare una valutazione scientifica ponderata su una chiacchiera. Quando tireranno fuori i dati, riusciremo a leggere meglio sia l’efficacia che le caratteristiche di sicurezza. Per il momento parliamo di chiacchiere. E, mi creda, non ne vale la pena”, conclude.

(da agenzie)

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SISMA IN EMILIA, GIOVANARDI A GIUDIZIO: AIUTO’ AZIENDE SUGLI APPALTI

Novembre 17th, 2020 Riccardo Fucile

L’EX SENATORE UDC “INTIMIDI'” LE ISTITUZIONI PER OLTREPASSARE LA WHITE LIST ANTIMAFIA

Una «illegittima e martellante attività  intimidatoria» nei confronti delle Istituzioni per abbattere il muro dell’interdittiva antimafia che impediva a due aziende in odor di ‘ndrangheta di partecipare agli appalti post-terremoto in Emilia.
L’ex senatore Carlo Giovanardi va a processo con le accuse di minacce a corpo politico, amministrativo e giudiziario dello Stato e rivelazione di segreti d’ufficio. Lo ha deciso il tribunale di Modena, che ha accolto la richiesta di giudizio immediato
della procura. Prima udienza il 15 dicembre.
Questa storia, ricostruita dai pm Giuseppe Amara e Monica Bombana proseguendo il lavoro della Dda di Bologna, comincia il 17 giugno 2013.
Il “Gruppo interforze” che si riunisce in prefettura a Modena ritiene valido il pericolo di infiltrazioni che possono condizionare la Bianchini Costruzioni S.r.l.: niente accesso alla “white list”, l’elenco delle imprese pulite per partecipare agli appalti. Augusto Bianchini e la moglie Bruna Braga giocano un’altra carta: fare entrare nella lista la ditta “Ios”, con a capo il figlio Alessandro.
L’escamotage non riesce. Comincia così una lunga catena di pressioni che s’interrompe solo nel 2015, quando vengono arrestati, tra gli altri, i vertici della famiglia Bianchini nell’ambito dell’inchiesta “Aemilia”.
Parte anche un altro filone d’indagine, coordinato dalla pm Beatrice Ronchi, sulle «talpe in prefettura» a Modena, che vede già  a processo 11 persone fra cui l’ex viceprefetto Mario Venturi.
In questo contesto emerge il ruolo di Giovanardi. L’ex senatore, secondo le accuse, si prodiga per fare ammettere Bianchini nella “white list”. Grazie a funzionari infedeli ottiene accesso ad atti segreti. Presenta interrogazioni parlamentari. Minaccia alti ufficiali.
Il 17 ottobre 2014, in un bar di Modena, incontra il comandante provinciale dei Carabinieri Stefano Savo e il capo del Reparto operativo Domenico Cristaldi. Racconterà  Savo: «Ha detto espressamente che qualcuno avrebbe dovuto rispondere dei danni derivanti da questi interventi» .
Davanti ai Bianchini, Giovanardi assicura di aver avuto una «rissa» con questore e prefetto: «Gli ho detto: ” Guardate, ragazzi… à  la guerre comme à  la guerre, io questa roba faccio tutta una interrogazione. Con Bianchini, io se fossi in lui, verrei qua con la rivoltella vi ammazzo tutti così do un precedente”. Gli ho detto così. “Vi rendete conto che state facendo delle robe folli, folli!”».
Il 28 ottobre Giovanardi ha scritto alla presidenza del Senato per chiedere un intervento. «Nessuno mi accusa di aver preso un centesimo o di conoscere qualcuno della ‘ndrangheta — dice a Repubblica —. La mia accusa sarebbe che con la mia attività  avrei intralciato e violato segreti. La legge dice che i parlamentari hanno una funzione ispettiva, la mia funzione era anche quella di interessarmi della vita e della morte delle aziende. Così viene criminalizzata l’attività  parlamentare. Chiederò che tutto vada alla Corte costituzionale».

(da agenzie)

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