Marzo 5th, 2021 Riccardo Fucile
SONO RADDOPPIATE LE RICHIESTE DI AIUTI ALIMENTARI PRESSO CARITAS E ASSOCIAZIONI
Chi c’è, oggi, a ritirare il sacchetto con dentro un piatto di pasta al sugo? C’è un avvocato penalista con le scarpe inglesi comprate nove anni fa, quando tutti gli pronosticavano una carriera brillante. C’è un ingegnere marittimo di 54 anni che si è rotto un ginocchio, così da tempo non può più imbarcarsi per fare ispezioni. C’è una badante polacca, si chiama Eva: «Ho lavorato 25 anni per voi. Sempre in nero. Quando è scoppiato la pandemia ho spedito 9 mila euro a casa. E adesso guardami qui». C’è un’estetista con un mutuo insormontabile: «Le donne fanno la ceretta a casa. Ho dovuto chiudere».
Poi un ex bancario, che si trascina dietro un trolley rosso: «Dopo 22 anni da impiegato alla Bnl, mi sono bruciato la vita facendo trading online». Ecco una pensionata da 490 euro al mese, e dietro di lei un padre di famiglia che non può più contare sulla pensione dei suoi genitori perchè sono entrambi morti di Covid: «Senza quel sostegno non stiamo in piedi». Un decoratore con la partita Iva. Un migrante della Costa d’Avorio. Un padre separato. Una donna che parla da sola e maledice qualcuno.
Davanti alla mensa cittadina di Genova, quella gestita dalla Caritas con la Comunità di Sant’Egidio in piazza Santa Sabina, oggi ci sono anche due fidanzati di vent’anni. Lei tira per la mano lui, e lui ogni volta che si avvicina a tutta quella gente in coda, la strattona via: «Andiamocene! Non voglio stare qui».
Invece, un altro ragazzo di nome Luis aspetta paziente il suo turno. Ha origini peruviane, ma è in Italia da quando era bambino. Adesso ha 26 anni, è iscritto al terzo anno della Facoltà di Lingue e porta sulle spalle lo zaino di Deliveroo. «Studiando riesco a fare poche consegne. Divido i soldi con mia madre e prendo il pranzo qui».
Il pranzo, per la verità , è anche la cena. Un solo pacco al giorno: pasta, carne, pane, un’arancia. Consegna dalle 16 alle 19. «Erano in media 450 sacchetti al giorno, adesso siamo a 900», dice il condirettore della Caritas di Genova Franco Catani.
«C’è un aumento esponenziale della povertà . Rispetto alla crisi del 2008, questa sembra avere punte più alte. Perchè incrociamo storie che un tempo sarebbero state impensabili. Ristoratori che hanno investito tutto prima della pandemia, baristi che non riescono a pagare le rate. Molte persone sono andate sotto perchè non hanno ricevuto la cassa integrazione o l’hanno ricevuta troppo tardi».
La metà di questi poveri non si era mai rivolta prima alla Caritas. Al centro d’ascolto c’è la signora Lucia Foglino: «Sono lavoratori fra 40 e 50 anni. Sentiamo spesso dire questa frase: “Ero in prova”. Hanno contratti a termine, subappalti. Impieghi a chiamata. Molti ce la facevano perchè arrotondavano con altri lavoretti. E così è emerso il peso del lavoro nero nella nostra economia».
In coda ci sono anche altri studenti universitari. Il Nord sta soffrendo. In Piemonte il 6,1% delle famiglie ha dovuto chiedere il reddito di cittadinanza, il dato più alto del settentrione. Secondo i dati di Eurostat, il 4,2% dei piemontesi vive in condizioni di «grave deprivazione materiale». Anche a Torino i pacchi di sostegno alimentare distribuiti dal Comune sono passati da 17 mila a 28 mila in questi primi mesi del 2021. E tutti hanno visto la coda infinita di persone in attesa di prendere del cibo davanti alla sede di «Pane Quotidiano» a Milano. Una coda che fa il giro dell’isolato.
«Le persone stanno aumentando. Temiamo quello che potrebbe succedere nei prossimi mesi, quando verrà tolto il blocco dei licenziamenti». Luigi Rossi è il vicepresidente di questa associazione che da più di cent’anni distribuisce cibo a chi ha fame: «Negli ultimi mesi arrivano più italiani. Segno che i risparmi stanno finendo. Uomini di mezza età che ormai, purtroppo, sono andati oltre alla rabbia e al risentimento. Uomini rassegnati, vinti dallo sconforto. L’impatto psicologico di questi mesi è devastante, dalle conseguenze ancora incalcolabili. Vediamo persone che non hanno più la forza di reagire. È molto difficile tornare in sella quando si arriva a questo tipo disperazione».
Persino a Como, una delle città più ricche d’Italia, ci sono delle avvisaglie. «In coda per del cibo ora si trovano persone con problemi estremamente diversi», spiega Alessio Cantalupi della Caritas. «Migranti usciti dal percorso di protezione, accanto agli alcolisti, ai senza tetto, a persone che non avevano mai visto prima. Italiani di mezza età , che hanno perso il lavoro quando non erano lontani dalla pensione. È questa differenza di bisogni a preoccuparmi. C’è tensione. Dobbiamo evitare che scoppi una guerra fra poveri».
Anche a Vicenza, nel profondo Veneto, sono in aumento le richieste d’aiuto. «Padri di famiglia, uomini sui 45 anni che vogliono da mangiare ma ancora di più ci chiedono di aiutarli a trovare un lavoro», dice don Enrico Pagliarin. I dati della Confindustria della città : «Reggono e tirano le imprese che hanno saputo puntare sulle esportazioni, soffrono le poche altre. In particolare il settore orafo e quello dell’abbigliamento di lusso».
Così tutti guardano al caso del marchio «Pal Zileri», una storica azienda tessile con 400 operai acquistata sette anni fa da un fondo del Qatar. Il Covid è stata l’ultima mazzata. «La produzione non è più sostenibile», hanno già fatto sapere i proprietari. Cosa succederà appena verrà revocato il blocco dei licenziamenti?
Chi sta fuori capisce bene l’aria che tira. Per esempio, il direttore della filiale del Carrefour di corso Lodi a Milano. Quando si è trovato davanti un uomo anziano e spaventato che aveva rubato del pane, ha pagato di tasca sua e l’ha lasciato andare: «Se hai fame, la prossima volta vieni da me».
(da “La Stampa”)
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Marzo 5th, 2021 Riccardo Fucile
DA MESI CHIEDONO TAMPONI AD HOC E TUTELE: IGNORATI… E POI SALVINI HA IL CORAGGIO DI RIVENDICARE IL MINISTERO DELLA DISABILITA’
Una nuova polemica investe la Regione Lombardia del duo Fontana-Moratti. Questa volta la giunta
lombarda finisce nel mirino dell’associazione “Uniti per l’autismo”, che attraverso la propria pagina Facebook lanciano accuse precise e circostanziate sulla gestione del Covid in rapporto alle disabilità intellettive e ai disturbi dello spettro autistico. In particolare, l’associazione lamenta la totale assenza di risposte alla richiesta di tamponi ad hoc per le persone disabili intellettive.
Nel corso del lungo post, dal titolo “AUTISMO E COVID — MARZO 2020 — MARZO 2021. TUTTO RISOLTO: NON ESISTIAMO”, l’associazione entra nel dettaglio del problema, sottolineando di aver “chiesto alla Regione Lombardia la disponibilità di tamponi ad hoc per le persone disabili intellettive, di spazi per ricoveri speciali per i disabili contagiati e i loro caregiver, di cure domiciliari per gli stessi, e adesso abbiamo richiesto l’inserimento tra le priorità della campagna vaccinale. Non abbiamo ottenuto nulla e tutto è sempre caduto nella confusione delle polemiche politiche quotidiane.”
“E’ chiaro adesso che non andava tutto bene e che non andrà tutto bene in territorio lombardo? E soprattutto ora, tra malati e deceduti per Covid e altre patologie, quale importanza o priorità possono avere i bisogni dei disabili? Questo vale da dodici mesi per quanto riguarda tamponi, cure, ricoveri, assistenza, scuola, sostegno alla famiglia e adesso per i vaccini anti-Covid. Tra ordinanze e delibere in emergenza, linee guida, indicazioni e piani inconsistenti è tuttora un periodo caratterizzato da un boom di insuccessi eclatanti, con alti e bassi tra “chiudere tutto” e “aprire tutto”, ma soprattutto sempre senza fornire alle persone disabili e con fragilità gli strumenti di prevenzione, tracciamento e attenzione per difendersi dal virus.
“Nessuno ci ha mai ascoltato”
“La peculiarità della condizione autistica grave e gravissima — proseguono — richiede un supporto educativo continuo che in questo periodo è totalmente mancato, per non parlare del diritto allo studio e all’inclusione sociale. In queste condizioni critiche almeno la difesa dal Covid poteva rappresentare un punto minimo indispensabile per ragazzi autistici che non sanno usare la mascherina, attuare il distanziamento, che non possono stare rinchiusi in casa e che, come riportano le statistiche, hanno una probabilità 30 volte maggiore degli altri di morire di Covid. Abbiamo cercato di portare all’attenzione della Regione Lombardia tutte queste criticità e proposte concrete oltre a uno spaccato di realtà , sofferenza e impegno che le persone e le famiglie — già gravate da una disabilità pesante — devono sopportare. Nessun esito o outcome, come si dice nei documenti ufficiali.”
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 5th, 2021 Riccardo Fucile
LE INIZIATIVE CHE DOVREBBE PORRE IN ESSERE UN GOVERNO LE REALIZZA UN’AZIENDA PRIVATA
Se da una parte del mondo arrivano accuse di discriminazione razziale e di genere, dall’altra Amazon si impegna a sostenere le imprenditrici italiane che vogliono aprire la loro azienda di consegna.
Amazon Gender Equality, a pochi giorni dalla Festa delle donne (lunedì 8 marzo), mette a disposizione un fondo totale da 500mila euro in favore delle donne. Ovviamente non tutta la cifra sarà messa a disposizione di ogni singola imprenditrice, ma solo una parte.
Si parla di un tetto massimo, a persona, di 15mila euro.
Possono non sembrare molti soldi, ma in realtà questa cifra copre le spese di avviamento dell’attività . Il tutto è riservato solamente alle donne italiane che vogliono lanciarsi nel mondo dell’editoria fondando la propria aziende di consegne.
Il fondo di Amazon Gender Equality è stato lanciato nell’ambito del progetto Delivery Service Partner, per dare spazio al mondo femminile anche nell’imprenditoria strettamente collegata al commercio online, in tutte le sue forme e declinazioni. Come in quella del delivery.
«Le aspiranti imprenditrici potranno fare richiesta per usufruire del contributo di 15.000 € a supporto della creazione e del lancio della propria impresa di servizi di consegne — si legge sul sito della Logistica di Amazon -. Se hai sempre desiderato creare la tua azienda, ami lavorare in contesti dinamici e metti al primo posto la soddisfazione dei clienti, diventare una fornitrice di servizi di consegna Amazon è l’opportunità giusta per te. Potrai avviare la tua attività decidendo di avvalerti del nostro pacchetto di agevolazioni concordate con fornitori di terze parti; inoltre selezionerai e gestirai un team di successo composto dai 30 ai 70 autisti, che opereranno con una flotta dai 20 ai 40 furgoni.
Amazon si occuperà di darti tutta l’assistenza necessaria, dalla formazione professionale al supporto tecnico, per svolgere la tua attività di consegne in modo efficace e continuativo».
«Con questo fondo di 500.000 euro offriremo un supporto ulteriore alle imprenditrici che hanno sempre desiderato avviare una propria azienda e guidare un team — ha dichiarato in una nota il Responsabile di Amazon Italia Logistics, Gabriele Sigismondi -. Nell’ambito del nostro impegno nel contrastare le differenze di genere e promuovere le pari opportunità , siamo davvero felici di offrire questo nuovo incentivo rivolto alle donne che entreranno nel programma e che rappresenta un’ opportunità concreta per la crescita dell’imprenditoria femminile in Italia».
Il fondo messo a disposizione da Amazon si aggiunge a quel pacchetto di agevolazioni e offerte riservato a tutti i partner che lavorano e collaborano in stretta sinergia con il colosso americano fondato da Jeff Bezos.
(da agenzie)
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Marzo 5th, 2021 Riccardo Fucile
SONO FORTUNATI CHE CAUSA COVID LE SEZIONI PD SONO CHIUSE
Forse tra qualche che anno questo dramma politico sarà raccontato come le più classiche barzellette
tipizzate: “La sai quella del segretario del Pd che viaggia in aereo con un ex deputato del Pli, un ex Andreottiano e un inquisito?”.
No, non la sa nessuno. Perchè è difficile raccontare anche per noi, che in trent’anni di cronache ne abbiamo viste tante.
Sarà difficile spiegare ai lettori di domani che quelli che hanno fatto la guerriglia giorno e notte a Nicola Zingaretti (fino a spingerlo alle dimissioni, ieri) sono uno che a vent’anni votava il pentapartito (Andrea Marcucci), un altro che alla stessa età sognava di essere un nuovo Giulio Andreotti (Lorenzo Guerini) e un terzo che ha fatto carriera perchè il padre lo ha caldeggiato come portaborse a Matteo Renzi (Luca Lotti).
i sarebbe da non crederci, con rispetto parlando per gli individui che non sono mai angeli o demoni, ma anche con la giusta attenzione ai mediocri che operano potentemente nel determinare i destini degli altri.
E pare davvero incredibile, se si guardano le cose con il senso della storia, che due famiglie politiche cresciute politicamente con Enrico Berlinguer e Aldo Moro, si ritrovino oggi in un partito che ha come opposizione interna una corrente fatta con gli scarti delle anime più minoritarie del pentapartito, con dei piccoli strateghi di provincia, in una parola, con “la corrente Saudita” del Pd.
Ovvero con quelli che mentre il paese si trovava precipitato in una crisi politica in piena pandemia (scatenata da Riad dal loro ex dante causa), non dicevano una parola sul loro ex guru (ovviamente) e giocavano a sparare sul quartiere generale, andando a caccia di poltrone per sè e per i propri famigli (questo lo dice Nicola Zingaretti aggiungendo: “Mi vergogno”).
Attenzione. Il seguito dei sauditi nel popolo di sinistra è vicino allo zero virgola. Ma il loro peso in parlamento è ancora considerevole e spropositato, non per qualche strano caso della vita.
Ma perchè i gruppi di Camera e Senato del Pd quando Renzi era ancora leader sono stati costituiti — non va mai dimenticato — in un golpe notturno sulle liste che trasformò in deputati e senatori una banda di zucche cammellate.
Tutto grazie allo schifo del Rosatellum (altro regalino di Renzi) e alle sue liste bloccate che sottraggono la sovranità agli elettori. E non va mai dimenticato che l’inventore di questo scempio elettorale -Ettore Rosato — ebbe l’onore di essere trombato con la legge elettorale che lui stesso aveva scritto (un genio) e che poi è stato recuperato grazie al paracadute che lui stesso aveva inventato è inserito nel testo (tu guarda).
Alla faccia del consenso. Mentre l’altra eroina del renzismo — Maria Elena Boschi — giudicata “incandidabile” in Toscana dai suoi stessi protettori, si era fatta cammellare dalla Svp, come una paracadutata in Alto Adige, all’insegna di un’indimenticabile intervista al Corriere: “Imparerò il tedesco”. Un’altra reginetta del consenso.
Adesso metà di questi campioni delle liste bloccate e degli accordicchi salvapoltrona, si ritrovano in un partito che boccheggia al 2,8 per cento, e l’altra metà sono come parcheggiatori abusivi in un altro partito. In cui non li rivoterebbe nessuno.
Ma ovviamente entrambi vogliono dettare la linea al Pd, in cui sono minoranza. Ecco perchè i “sauditi” hanno operato dentro e fuori il partito, negli ultimi mesi, con una coordinazione da acrobati circensi che si sorreggono l’uno all’altro in volo.
Ogni volta che si era a punto di svolta, c’erano un Marcucci, un Guerini o un Lotti (costretto a parlare di meno, per ovvi motivi) pronti a a sparare sul quartier generale o a chiedere una poltrona, a porre un veto. Il punto più alto di questa guerriglia è stato il capolavoro del governo Draghi, con i capi corrente che hanno sacrificato le donne per salvare il proprio posto.
Ecco perchè grande fortuna dei capibastone della corrente Saudita del Pd è che le sezioni siano chiuse causa virus.
Altrimenti — a giudicare da quello che scrivono i militanti in queste ore nella rete — rischiavano di passare qualche spiacevole quarto d’ora. E non per le minacce: ma per le domande a cui avrebbero dovuto rispondere.
Gente che si è buttata nel burrone con Matteo Renzi senza dire una parola (salvo scaricarlo il giorno dopo, come sicari) è diventata improvvisamente loquace in questi mesi, sperando ogni giorno su Zinga, e sulla linea scelta da uno che ha incassato due milioni di voti di elettori Dem (finchè si è potuto votare).
È proprio vero che la sospensione irreale del Covid ha cancellato la voce della base, alterato i rapporti di forza, falsificato. Solo in un mondo al contrario, tre ex minoritari di destra possono salire in cattedra. Ma questo è esattamente quello che è accaduto ieri.
(da TPI)
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Marzo 5th, 2021 Riccardo Fucile
COSA SUCCEDE ADESSO: DALLA PINOTTI REGGENTE ALLA SFIDA BONACCINI-ORLANDO
Con le sue dimissioni Nicola Zingaretti ha spiazzato tutti: i suoi alleati e ‘compagni’ più fidati, dal suo vice Andrea Orlando al ministro Dario Franceschini e l’amico Gianni Cuperlo, la minoranza interna (Guerini e Delrio) e quelli esterni, come Matteo Salvini preoccupato per la stabilità del nuovo esecutivo (“Stia tranquillo – lo rassicura Zingaretti- il governo proseguirà “).
Compreso il premier Mario Draghi, informato dalle agenzie di stampa. La mossa del governatore del Lazio apre scenari nel Pd che al momento non erano considerati.
E ora cosa succede? Nonostante le richieste di ripensamento, lui sembra intenzionato a guardare avanti senza tornare sui suoi passi. “Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid”.
E adesso? “Qualsiasi scelta farà l’assemblea la rispetterò – dice oggi a margine di un evento a Roma – No, non è un tema di ripensamento che non c’è e non ci sarà . Piuttosto penso debba essere il gruppo dirigente a fare un passo in avanti nella consapevolezza di avere un confronto più schietto, franco e plurale ma anche solidale sul ruolo del Pd, i valori di riferimento, la nostra idea dell’Italia e dell’Europa. Io non ce l’ho fatta ad ottenerlo. Spero che ora sia possibile”.
Un’altra settimana per capire. Per capire se deciderà di ritirare le dimissioni, ipotesi al momento improbabile; se ci sarà un reggente, che potrebbe essere Roberta Pinotti o se partirà la sfida tra Stefano Bonaccini e Andrea Orlando. O, se alla fine il governatore del Lazio lascerà la Regione (dovrebbe restare fino al 2023) e sceglierà la sua città , candidandosi a sindaco di Roma.
Zingaretti: “Dimissioni rigettate? Lo Statuto non lo prevede”
Lo Statuto, in caso di dimissioni, prevede che l’assemblea (in programma il prossimo weekend, il 13 e 14 marzo) può eleggere un nuovo segretario oppure sciogliersi. Se Zingaretti non tornerà indietro, il successore dovrà essere votato dai due terzi dei componenti. Tuttavia oggi lo stesso segretario dimissionario ha ricordato che lo Statuto non prevede che l’assemblea dem rigetti le sue dimissioni.
Ipotesi Pinotti reggente
I segretari dem sembrano essere colpiti da una maledizione: in 14 anni si sono succeduti otto segretari. La sindrome di Tafazzi, come il primo segretario caduto sotto il fuoco amico Walter Veltroni chiamava il logoramento della guerra di correnti, colpisce ora un altro leader del Pd. E come nel 2009 quando l’ex sindaco di Roma si dimise nel corso di una direzione drammatica, anche oggi Nicola Zingaretti – dopo solo due durissimi anni al Nazareno – annuncia l’addio spiazzando tutti.
Ora l’ipotesi più probabile è che tocchi a un reggente. Che potrebbe essere Roberta Pinotti, ex ministra della Difesa nel governo Renzi, oggi area Franceschini.
Ci sono già passati Guglielmo Epifani dopo le dimissioni di Pier Luigi Bersani nel 2013 e Matteo Orfini, prima (qualche mese nel 2017), e Maurizio Martina dopo, in seguito all’addio di Matteo Renzi. La maledizione, appunto. Chi fa il segretario Pd, alla fine, sembra destinato a fare i conti con i soliti veleni interni.
Sfida Bonaccini-Orlando
La prossima assemblea dem potrebbe aprire anche un altro scenario. Le dimissioni di Zingaretti aprono la strada alla scalata alla segreteria di Stefano Bonaccini, 54 anni, presidente della Regione Emilia Romagna, sostenuto dai sindaci e amministratori, è indicato come un possibile aspirante a ricoprire il ruolo lasciato dal governatore del Lazio. Il suo rivale potrebbe essere, quasi certamente, Andrea Orlando: l’attuale ministro del Lavoro nel nuovo governo Draghi, leader della corrente Area Dem e vicesegretario del Pd che potrebbe decidere di ricevere il testimone da Zingaretti e lanciare così un segno di continuità con il passato.
(da agenzie)
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Marzo 5th, 2021 Riccardo Fucile
DOPO L’ADDIO AL PPE, IL PREMIER UNGHERESE PARLA DI UNA NUOVA FORMAZIONE “ANTI-MIGRANTI” CON LEGA E FDI, MA NON CE LA FA
Ora che è ‘orfano’ del Ppe, Viktor Orban lavora alla formazione di un nuovo gruppo al Parlamento
Europeo che unisca le forze politiche “anti-migranti” e a favore della “famiglia tradizionale”.
Nella solita intervista settimanale alla radio di Stato ungherese, il premier dice di averne parlato con Giorgia Meloni e con Matteo Salvini, oltre che con i polacchi del Pis (Diritto e giustizia) guidato da Jaroslaw Kaczynski. Ma il suo piano non trova sponde nell’Ecr, il gruppo dei Conservatori e riformisti europei che comprende sia gli eurodeputati del Pis che quelli di Fratelli d’Italia, gruppo espressione dei Conservatori di cui Meloni ha la presidenza.
Ed è questo il primo ostacolo all’idea di Orban di fondare un nuovo gruppo politico. Meloni è presidente dei Conservatori e riformisti europei da poco più di cinque mesi, smantellare la formazione per aprire a Salvini non è nel suo orizzonte, confermano ad Huffpost fonti di Ecr. Inoltre, i leghisti eletti all’Europarlamento sono 27, tanti quanti sono i polacchi che non hanno interesse a farsi scalare alla presidenza del gruppo.
Per cui, per ora sia Orban che Salvini sono destinati a restare in un limbo politico al Parlamento Europeo.
Il premier ungherese ha lasciato il Ppe mercoledì scorso, in protesta contro la revisione del regolamento del gruppo che di fatto apriva la strada alla sospensione di Fidesz, formazione già sospesa dal Partito dei Popolari due anni fa.
Quanto a Salvini, dopo il sì al governo Draghi e l’avvio di una svolta ‘europeista’, sta sempre più scomodo nel gruppo sovranista di ‘Identità e democrazia’.
E l’addio di Orban al Ppe complica ulteriormente il percorso per un’eventuale ingresso della Lega nei Popolari: la lite con il premier ungherese ha ‘scaldato’ gli anti-sovranisti del nord Europa.
“Non abbiamo fretta”, dice chiaramente Orban alla radio ungherese. Sanno che gli ostacoli sul campo sono tanti. Se è possibile che Fidesz entri nel gruppo di Meloni – le trattative sono in corso da tempo – è altamente improbabile che con Orban arrivi anche Salvini e i suoi a Bruxelles.
Il governo Draghi ha di fatto spaccato il centrodestra, con Fratelli d’Italia all’opposizione. Fuori discussione che si riunisca a Bruxelles, almeno per il partito di Meloni.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 5th, 2021 Riccardo Fucile
SE CI FOSSE L’ARRESTO IMMEDIATO E IL SEQUESTRO DEI BENI EVITEREMMO DI FARCI PRENDERE PER IL CULO DA UN RAZZISTA
C’è chi ha fatto dietrofront per quanto riguarda gli insulti a Liliana Segre, chiedendo scusa e ammettendo di vergognarsi per quanto detto della senatrice a vita quando si è vaccinata lo scorso giovedì. E lo ha fatto pubblicamente.
C’è chi invece ha fatto proprio il contrario, mostrandosi sicuro e forte delle proprie idee. Tra gli hater Liliana Segre identificati uno in particolare non ha dimostrato pentimento, arrivando a dire che andrà via dall’Italia e che dovremo estradarlo per riaverlo nel nostro paese.
Non è assolutamente pentito per i vergognosi commenti di odio rivolti a Liliana Segre uno dei due hater individuati ieri. Come riporta Bufale.net, tra gli identificati c’è un uomo di 70 anni che non solo non si pente ma pubblica su Facebook un post per sfidare quelli che lo hanno criticato, definendo l’Italia un paese «illiberale e infernale» e parlando di «”veri” odiatori», quelli che adesso attaccano lui.
«Io non mi assumo più nessuna responsabilità delle mie colpe perchè tra poche sarò lontano da questo paese ormai illiberale e infernale. Ho una certa età e mi piace girare il mondo, non ho nessuna misura cautelare e sono libero di viaggiare, se vorrete punirmi in modo esemplare di ciò che ho fatto dovrete estradarmi (si, questa è una sfida), io non mi assumerò mai più nessuna responsabilità della mia vita mai!», afferma l’uomo.
(da agenzie)
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Marzo 5th, 2021 Riccardo Fucile
PAOLA BINETTI IN TESTA, DIVERSI SENATORI HANNO CHIESTO A SPERANZA DI ESSERE CONSIDERATI UNA PRIORITA’
Oggi il Fatto Quotidiano racconta che, Paola Binetti in testa, numerosi senatori stanno implorando il
ministro della Salute Roberto Speranza affinchè vengano inseriti nella lista delle persone da vaccinare, anche se questo significa scavalcare qualcuno che ne aveva già diritto:
“Il virus circola anche tra noi” come ha scritto allarmata la pia senatrice dell’Udc Paola Binetti a tutti i colleghi senatori per chiedere che mettano la firma a una sua proposta da sottoporre al ministro della Salute Roberto Speranza affinchè li includa nelle categorie a rischio con diritto a una corsia preferenziale rispetto alla punturina che salva la vita: “Cari Colleghi, questa è una semplice interrogazione urgente al ministro perchè voglia facilitare la vaccinazione di tutti noi senatori. Certamente sapete che sono ormai almeno una quindicina i colleghi che hanno contratto l’infezione. Non saprei dirvi in quale versione, se per esempio si tratta della variante inglese che tende a diffondersi più velocemente. Ma gli epidemiologi esperti dicono che con questo ritmo alla fine di marzo potrebbero esserci almeno una cinquantina di persone colpite”.
L’interrogazione recita così, accendando all’”ètà media dei senatori, alcuni dei quali con patologie pregresse, e le condizioni di stress e di rischio che i viaggi settimanali comportano per loro oltre alla molteplicità delle relazioni, che sia pure con la massima prudenza, sono tenuti a mantenere in virtù del loro ruolo, si chiede di sapere se il ministro non ritenga ormai utile, necessario e improcrastinabile procedere alla vaccinazione urgente dei senatori, considerando sia la loro età media sia il ruolo che svolgono, non meno a rischio di quello dei docenti e delle forze armate, categorie ormai considerate prioritarie nel nuovo Piano urgente per le vaccinazioni”
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 5th, 2021 Riccardo Fucile
“CI ASPETTIAMO CHE LA UE RISPETTI L’IMPEGNO PRESO PER NON FERMARE L’EXPORT”
“Porre limiti a esportazioni di vaccini mette a repentaglio lo sforzo globale contro il virus”. Boris Johnson non sembra aver apprezzato la mossa di Mario Draghi che, insieme all’Unione Europea, ieri ha bloccato l’esportazione di 250mila dosi di vaccino anti Covid di Oxford-AstraZeneca verso l’Australia.
Camberra a parte, Johnson pare dunque essere il primo grande leader mondiale critico di questa decisione.
Alle domande di “Repubblica” e di altri giornalisti britannici, stamattina uno dei suoi portavoce ha risposto, pur non citando esplicitamente il premier italiano, che “il virus può essere sconfitto solo con la collaborazione internazionale. Tutti siamo dipendenti dalle catene di produzione globali. Ma porre limiti a esportazioni di vaccini mette a repentaglio lo sforzo globale contro il virus”.
Non solo. A domanda di “Repubblica” se il primo ministro britannico ieri ne abbia parlato con Draghi durante la loro prima telefonata bilaterale dall’arrivo a Palazzo Chigi, la risposta di Downing Street è stata negativa: “La conversazione c’è stata prima dell’annuncio dell’Italia, quindi non è stato un tema della discussione”.
Il portavoce però ha ricordato come “il primo ministro abbia parlato alla presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen a inizio anno, la quale nell’occasione gli aveva confermato che l’obiettivo del meccanismo (attivato ieri, ndr) ha l’obiettivo di una maggiore trasparenza e non di bloccare export di vaccini di aziende… ci aspettiamo che l’Ue rispetti questi impegni”.
(da agenzie)
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