Marzo 6th, 2021 Riccardo Fucile
“PER PFIZER E MODERNA OBBLIGATORIA ANCHE LA SECONDA DOSE NEI TEMPI PREVISTI”
Per gli over 80 una dose vaccinale di Pfizer o di Astrazeneca può portare a «una sostanziale riduzione del
rischio» di ricoveri per Covid-19.
Questo è quanto emerge dallo studio coordinato dai ricercatori dell’Università di Bristol al momento in fase di pre-pubblicazione su Lancet.
Secondo i dati raccolti l’efficacia della prima dose è al 79,3% per Pfizer e dell’80,4% per Astrazeneca. Il lavoro è stato realizzato tra il 18 dicembre 2020 e lo scorso 26 febbraio, grazie alla partecipazione di 466 persone con un’età media di più di 80 anni.
Questi dati, spiegano gli studiosi, sono simili a quelli di altri report già realizzati in Scozia e in Inghilterra, ma che hanno seguito un approccio diverso.
Invece di collegare grandi database di risultati con i registri di immunizzazione, il lavoro di Bristol ha comportato un esame dettagliato dei ricoveri in due ospedali.
Lo studio fornisce informazioni sui pazienti, molto anziani, che sono stati ricoverati e nei quali i vaccini stanno avendo effetto. Si è trattato di persone con diverse fragilità , altre malattie e vulnerabilità .
Un tema, quello della seconda dose, affrontato anche dall’immunologo Alberto Mantovani che in un commento pubblicato su la Repubblica ha provato a chiarire la questione inerente alla somministrazione di una o due dosi. Il direttore di Humanitas ricorda come sia molto recente l’indicazione ufficiale «da parte del Consiglio superiore di sanità , di somministrare una sola dose di vaccino a chi è stato malato di Covid-19». Tuttavia, chiarisce Mantovani, «i vaccini anti Sars-CoV-2 si basano su due piattaforme, adenovirus e mRna». Della prima, fanno parte AstraZeneca, Johnson & Johnson e ReiThera. Pfizer e Moderna si basano invece su mRna.
Sulla base della sperimentazione clinica sul vaccino AstraZeneca, «il gruppo di Oxford ha introdotto una seconda dose per migliorare il livello e la durata della risposta immunitaria — osserva Mantovani — non sorprende, dunque, che i dati ottenuti con questo vaccino mostrino che, con la sola prima dose, si è protetti fino a 3 mesi, il tempo ora indicato per la seconda somministrazione».
E’ dunque possibile, a fronte della scarsità di vaccini, procedere con una sola dose, in attesa di un richiamo che può avvenire anche a tre mesi di distanza. «Diverso il discorso — dice l’immunologo — e diversi i dati, per i vaccini a mRna: una tecnologia innovativa, ma una logica di tempi simile a quella dei vaccini tradizionali che richiedono una prima dose e un successivo (a volte più di uno) richiamo».
«Nella lettura scientifica — chiarisce ancora Mantovani — non vi è nessun dibattito sul ‘non fare’ una seconda dose di un vaccino a mRna: la domanda è solo ‘se e quanto posticiparla’. Personalmente, seguendo i dati, credo sia meglio effettuarla rispettando il più possibile l’intervallo dei 20-40 giorni, come indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità ». Insomma, sì a una dose di AstraZeneca, e no per quei vaccini a mRna.
(da agenzie)
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Marzo 6th, 2021 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELL’UCOII: “ASSOLUTA DISPONIBLITA’ A COLLABORARE”
Il presidente di Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche italiane, Yassin Lafram ha commentato l’ipotesi di utilizzare le moschee e i centri islamici come punti vaccinali.
“Come Unione delle comunità islamiche d’Italia offriamo la massima disponibilità per mettere a disposizione tutti i locali che abbiamo in gestione per il bene comune, in questo caso per il bene della collettività , che ha bisogno di spazi per la distribuzione e la somministrazione dei vaccini. Le nostre moschee, le nostre sale di preghiera, i nostri centri islamici e sedi delle nostre associazioni sono a totale disposizione delle istituzioni che poi valutano le modalità e i tempi. Da parte nostra c’è un’assoluta disponibilità a collaborare”. Lo afferma Yassin Lafram, presidente di Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche italiane, commentando l’ipotesi di utilizzare le moschee e i centri islamici come punti vaccinali.
“Per ora non siamo stati contattati dalle Regioni o dal servizio sanitario nazionale – rimarca – ma alcune nostre comunità islamiche locali come moschee e associazioni sono in contatto con le varie autorità e con gli enti locali per quanto riguarda i servizi di orientamento dei cittadini, per la distribuzione delle mascherine e dei kit igienico-sanitari”
Quindi osserva: “Questa pandemia colpisce tutti noi e di conseguenza deve esserci una risposta collettiva da parte di ognuno, con un’assunzione di responsabilità . E’ importante che anche la comunità islamica dimostri il suo senso di appartenenza attraverso questa disponibilità a collaborare, per uscire tutti insieme al più presto da questa situazione”.
(da agenzie)
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Marzo 6th, 2021 Riccardo Fucile
L’ODISSEA DEI VACCINI CONTINUA MENTRE LA REGIONE E’ TRAVOLTA DAL DILAGARE DEI CONTAGI
Ancora una volta, la Lombardia è travolta dal dilagare dei contagi da Covid-19. La causa sta nelle varianti,
che si diffondono in modo più rapido e aggressivo del ceppo originale, ma anche la strategia di contenimento è tutt’altro che ineccepibile.
Dopo l’ennesima polemica politica sui dati errati, che avrebbero ritardato il ritorno in zona arancione, ci si mette anche il caos ingenerato dal mancato aggiornamento dei nuovi codici di avviamento postale di alcuni comuni sul portale che Regione Lombardia utilizza per la prenotazione dei vaccini.
Accade così che ultranovantenni residenti a Segrate, nell’hinterland del nord-est milanese, vengano invitati a presentarsi a Cesano Boscone, che invece si trova a sud-ovest, a circa 38 km di distanza.
Casi non isolati e che si ripetono in tutti i casi nei quali il CAP è stato recentemente modificato: da Assago a Pantigliate. Per ovviare al sistema, si sta cercando di aggiornare l’algoritmo, in modo che si regoli in base all’indirizzo effettivo della persona in questione.
Tuttavia il problema, con ovvie arrabbiature da parte degli anziani e dei loro familiari, complica notevolmente i piani di Letizia Moratti, che continua a dichiarare di voler portare a termine le vaccinazioni entro giugno.
Per riuscirci, la sempre più influente vicepresidente della Lombardia (c’è chi la descrive come il vero capo della Giunta) vuole fare ricorso al personale medico specializzando. Ma in quali termini?
Nei giorni scorsi Guido Bertolaso ha ipotizzato una loro precettazione senza possibilità di scelta, ipotesi che ha fatto decisamente arrabbiare l’Associazione dei Medici e Dirigenti ANAAO. “Vogliamo ricordare come il Ministero della Salute abbia già chiarito con sfumature piuttosto chiare che la collaborazione dei medici specializzandi alla campagna vaccinale deve essere volontaria”, commenta polemicamente Federico Masserano Zoli, Responsabile Regionale di Anaao Giovani Lombardia.
“Questa interpretazione, consegnata alle associazioni dopo numerose richieste di chiarimenti al Ministero, non deve essere assunta a mero consiglio, ma come chiaro binario e indirizzo d’azione”.
“È bene ricordare che la figura dello specializzando, tanto importante negli ospedali, è e rimane quella di un medico a tutti gli effetti che segue, pertanto, lo stesso codice deontologico dei suoi colleghi più anziani, e non deve essere considerato un anello debole cui forzare prepotenze non consentite dall’attuale ordinamento. Rimaniamo perplessi di fronte a una tale compassione — a parole — per la categoria medica, ma nei fatti attinta di spericolate azioni coercitive. Vogliamo sottolineare che non mancano vaccinatori, considerato che al bando dell’ex Commissario per l’emergenza Arcuri hanno risposto circa 24mila operatori, rispetto ai 15mila operatori richiesti. Ci auguriamo che questi scivoloni non siano l’ennesima ombra su una gestione pandemica tuttora velata da molti interrogativi irrisolti”, conclude Masserano Zoli.
E nella polemica si inserisce anche Carlo Borghetti, consigliere regionale del Pd, che bacchetta duramente il Presidente Attilio Fontana per un post — decisamente discutibile — sul fatto che la Lombardia sarebbe rimasta in zona arancione per via dell’efficacia di decisioni prese il giorno prima.
(da TPI)
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Marzo 6th, 2021 Riccardo Fucile
FAVOREVOLE A RESTRIZIONI PIU’ SEVERE IL 44%, PER UN ALLENTAMENTO SOLO IL 14%, VA BENE COSI’ PER 30%
Il 9 marzo dello scorso anno il presidente del Consiglio Giuseppe Conte presentava il decreto «Io resto a casa» che prevedeva l’estensione a tutto il territorio nazionale delle misure per contenimento del contagio inizialmente limitate alle province più colpite da quello che all’epoca veniva chiamato coronavirus. In questi dodici mesi abbiamo registrato una costante oscillazione del livello di preoccupazione da parte dei cittadini in relazione all’andamento quotidiano dei contagi e dei decessi.
Oggi il 45% degli italiani considera il Covid una minaccia elevata a livello personale: è una percentuale che ci riporta all’autunno scorso, quando prese avvio la seconda ondata dei contagi. La preoccupazione aumenta al crescere dell’età , tra le persone meno istruite, tra le casalinghe, i pensionati e i ceti operai.
Al contrario si mostra nel complesso omogenea tra i diversi elettorati, a conferma del fatto che si tratta di un sentimento più influenzato dalla condizione demografica che dall’orientamento politico.
La minaccia percepita risulta ancora più acuta quando si fa riferimento alla propria zona di residenza (57%) o all’intero Paese (75%).
Troppe violazioni delle regole
Due italiani su tre (65%) pensano che ci siano troppe violazioni delle regole e la maggioranza dei cittadini non abbia capito l’importanza di continuare a rispettare le direttive delle autorità . È una convinzione in forte aumento rispetto agli scorsi mesi.
Al contrario, uno su quattro (24%) è del parere che la gran parte continui a dar prova di senso civico e di rispetto delle regole.
Lo sguardo severo rivolto ai connazionali in parte è da ricondurre alla consueta attitudine di attribuire agli altri i comportamenti negativi e a sè stessi quelli virtuosi, e in parte all’enfasi che i mezzi di informazione danno alle situazioni di affollamento soprattutto nelle città , per richiamare l’attenzione sui rischi che si corrono.
Ne consegue che si dilata la percezione di un fenomeno indubbiamente disdicevole ma fortunatamente circoscritto ad una minoranza di cittadini.
Più tempo passa, più giudizi negativi
La campagna vaccinale, per come si è sviluppata finora, viene bocciata dal 46% degli italiani, mentre il 29% ne dà un giudizio positivo. Più passa il tempo e più aumentano i giudizi negativi.
Il dato non sorprende tenuto conto che, a fronte di una crescita costante di persone che manifestano l’intenzione di farsi vaccinare non appena possibile (passate dal 37% di metà novembre al 53% di fine febbraio), i cittadini lamentano la penuria dei vaccini e la lentezza della campagna ma criticano anche i criteri di definizione delle priorità di vaccinazione (soprattutto rispetto ad alcune categorie professionali), le complicazioni burocratiche e gli aspetti logistici.
A ciò si aggiungono le preferenze politiche, dato che i giudizi positivi prevalgono solo tra gli elettori della ex maggioranza di governo, mentre tra quelli di centrodestra e gli astensionisti sono nettamente prevalenti le valutazioni negative. Insomma, non è tutto rose e fiori, e il riferimento alle «primule» progettate da Stefano Boeri non è casuale.
Elettori di Pd e M5S per restrizioni dure
Non stupisce quindi che la maggioranza degli italiani (53%) abbia accolto con favore la decisione del governo Draghi di avvicendare il commissario Domenico Arcuri con il generale Francesco Paolo Figliuolo; le motivazioni sono due: il 34% è del parere che Arcuri non sia stato all’altezza (in particolare è di questa opinione l’elettorato di centrodestra con il livello più elevato tra gli elettori di FdI con il 72%) e il 19%, indipendentemente dalle valutazioni su Arcuri, ritiene che fosse necessario dare un segnale di discontinuità . Solo il 10% dissente con la decisione di sostituire il commissario e il 37% non si esprime.
Un’ulteriore conferma della preoccupazione dei cittadini è data dalle opinioni che emergono rispetto ai provvedimenti per contenere il contagio: il 44% preferirebbe un lockdown duro, di durata limitata, ma esteso uniformemente in tutto il Paese; il 30% ritiene opportuno continuare con le restrizioni attuali, mentre il 14% vorrebbe un allentamento delle misure.
La prima opzione ha fatto registrare un aumento di ben 10 punti in sole due settimane e risulta più auspicata tra le persone meno giovani e le casalinghe, nonchè fra gli elettori di Pd (60%) e M5S (50%).
Nel centrodestra, pur prevalendo il consenso per provvedimenti più restrittivi, le opinioni sono più divise. Da notare che tra i leghisti il 18% chiede un allentamento. È trascorso un anno da quando il temine lockdown ha fatto irruzione nel nostro lessico. Se la campagna vaccinale non procederà speditamente il timore è che vi possa rimanere a lungo.
(da agenzie)
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Marzo 6th, 2021 Riccardo Fucile
NONOSTANTE L’IMPENNATA DEI CONTAGI E I LOCALI CHIUSI, MOLTE PERSONE SI SONO RITROVATE ALLA DARSENA CON BIRRA IN MANO E MASCHERINE ABBASSATE
È passata una settimana dalle polemiche per la festa con musica e migliaia di persone assembrate alla
Darsena di Milano, molte con le mascherine abbassate. In pochi giorni la pandemia nel capoluogo lombardo ha accelerato in modo preoccupante, con una impennata di positivi al Covid e ricoveri in ospedale. Nel frattempo in tutta la Lombardia è scattata la zona arancione rafforzata.
Nonostante tutto questo, e con tutti i locali chiusi, ancora molte persone si sono ritrovate nella serata di venerdì la zona dei Navigli. Come documentato dalle immagini , la situazione era decisamente più tranquilla rispetto al sabato precedente, ma erano molti i gruppi di ragazzi con birra in mano e mascherina abbassata seduti attorno alla Darsena in piedi lungo le alzaie.
Il rischio di nuovi assembramenti nel weekend era già stato indicato dal sindaco Giuseppe Sala: “Vedrò prefetto e questore in prefettura. Credo che la via sia quella di contingentare un pò gli spazi. Noi parliamo della Darsena ma mi segnalavano che cosa sta succedendo alle Colonne di San Lorenzo”, aveva detto nella giornata di venerdì parlando delle possibili misure per impedire assembramenti.
“Dobbiamo partire da un concetto: che se tanti vogliono stare fuori noi isoliamo una parte ma si spostano dall’altra. Non è semplice — ha concluso a margine della cerimonia al Giardino dei giusti con Liliana Segre -. Capisco che i cittadini facciamo fatica ad accettare che c’e’ un limite nelle forze dell’ordine, ma questa è la realtà ”
(da Fanpage)
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Marzo 6th, 2021 Riccardo Fucile
DALLE 12 PRESIDIO DEL MOVIMENTO DAVANTI ALLA SEDE DEL PD: “DEVE INIZIARE UNA NUOVA FASE COSTITUENTE PER TUTTI GLI APOLIDI DELLA POLITICA”
Un presidio a oltranza, con tanto di tende e sacchi a pelo. E’ quanto ha deciso di fare il movimento delle 6000 Sardine, che questa mattina alle 12 ha dato il via a una manifestazione davanti alla sede del Partito democratico all’indomani delle dimissioni del segretario Nicola Zingaretti.
Alla testa del presidio al Nazareno, che ricorda l’Occupy Pd che nel 2013 portò i giovani indignati del partito a occupare le sedi locali dei democratici dopo le dimissioni dell’allora segretario Bersani, c’è Mattia Santori.
Il volto mediatico del movimento questa mattina ha spiegato le ragioni della protesta in un post su Facebook.
“Oggi si va al Nazareno a dire che le assemblee tra pochi non bastano più. Oggi andiamo a chiedere che inizi una nuova fase costituente: aperta, democratica, innovativa. Non per il Pd, non per le Sardine. Ma per tutti gli apolidi della politica”.
E continua: “Ci sono mattine in cui vorresti startene a letto. Giorni in cui ti dici ‘chi me lo fa fare?’. Mesi in cui rimpiangi di non essertene stato zitto e buono. Poi ti guardi intorno e vedi ancora schiere di opinionisti, flotte di disillusi, plotoni di culi pesi e tastiere pesanti. Apprezzo i benpensanti ma non è con le penne fini che le cose cambieranno. Stimo gli intellettuali ma credo che quando si tratta di ricostruire serva soprattutto chi si sporca le mani. Pensate quello che vi pare, ma la crisi del Pd – scrive ancora Santori su Facebook – è la crisi del centrosinistra, una crisi che ci riguarda e che vi riguarda anche se la politica vi fa schifo o vi ha stancato. Datemi del pazzo ma ho visto troppa bellezza quest’anno per riuscire a rassegnarmi”.
(da agenzie)
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Marzo 6th, 2021 Riccardo Fucile
LA SINISTRA IN EMERGENZA
I sogni portano sfiga. Ma nessuno li può controllare, nè costringere a un minimo di attendibilità . Infatti l’ultimo è quanto di più fantasioso si possa immaginare.
C’erano tutti i capitribù del Pd (che è peggio della Libia) in conclave nei loro caratteristici costumi e copricapi.
Era giovedì sera e s’interrogavano sul da farsi dopo le dimissioni di Zingaretti. Ciascuno sfornava il nome del suo segretario preferito, un po’ come Guzzanti-Veltroni che cercava il candidato premier del 2001 (Heidi, Topo Gigio, Napo Orso Capo, Amedeo Nazzari…). E col medesimo effetto-risata.
Guerini? “E chi è?”. Bonaccini? “Sta in zona rossa e poi è già mezzo imparolato con Salvini”. Franceschini? “Aridaje!”. Lotti? “È inquisito e a quel punto tanto vale richiamare Matteo”. Pinotti? “Dà i, è uno scherzo!”. Di nuovo Zinga? “Ma se dice che si vergogna di noi!”. Zanda? “Tanto vale chiamare De Benedetti”. Fassino? “Seee, serve giusto un portafortuna”. Gentiloni? “Meglio la melatonina”. Orfini? “Piuttosto un cappio”. Marcucci e Delrio? “Allora meglio Fassino!”.
Il barista che portava le tisane aveva La7 sullo smartphone e guardava uno strano tipo dall’accento emiliano che spiegava a un misirizzi due o tre cose sulla sinistra. Che non può innamorarsi di Draghi. Che non può farsi fare di tutto senza reagire, tipo la cacciata di Arcuri (“Con lui eravamo primi in Europa per i vaccini e dopo il taglio siamo ancora ai livelli di Germania, Francia e Spagna: fra sei mesi vedremo dove siamo”). Che non può rinunciare a Conte, massacrato e poi silurato non certo perchè poco di sinistra, semmai troppo. Che deve lavorare a un campo largo progressista col M5S e col 40-45% di incerti, delusi e astenuti, anzichè ammucchiarsi con Lega e Forza Italia Viva. Che deve battersi per i brevetti liberi dei vaccini e dei farmaci salvavita e contro l’ennesimo condono fiscale.
A quelle parole, i capitribù ebbero una strana sensazione, come di dèjà vu. “Queste cose mi pare di averle già sentite da qualche parte”. “Anch’io, ma tanti anni fa”. “Pure a me sono familiari, forse mio nonno, la maestra, chissà …”. “Una volta, in un incubo terribile, ho sognato che le dicevo anch’io”. “A me quel tipo pare tanto di averlo già visto, ma non mi ricordo dove!”. Il barista li interruppe: “Coglioni, quello è Bersani, il vostro ex segretario, che avete lasciato andare via perchè non piaceva a quello di Rignano! Fatevi curare”.
Lo presero in parola e chiamarono un virologo. Il quale li visitò, diagnosticò a tutti una nuova mutazione del Covid e dettò una terapia d’urto: mettersi in quarantena per 10 anni e richiamare Bersani come segretario. Quelli, terrorizzati, obbedirono. Poi lessero il referto: “Variante saudita”.
Marco Travaglio
(da “il Fattp Quotidiano”)
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Marzo 6th, 2021 Riccardo Fucile
“I SOLDI CONSEGNATI IN CONTANTI DENTRO UNA BUSTA DEL PANE DAVANTI AL DISTRIBUTORE AL BAR SHANGRI-LA ALL’EUR… L’UOMO E’ IL SEGRETARIO DELLA MELONI CHE CI SALUTO’ DICENDO: “IO A VOI NUN VE CONOSCO, NON V’HO DATO GNENTE”
“Maietta ha detto alla Meloni che c’era bisogno di pagare i ragazzi presenti per la campagna elettorale e la
Meloni ha risposto: ‘Dì a questi ragazzi che ne parlino con il mio segretario’ “.
Quei ragazzi erano quelli di un clan di Latina. Un clan che la Dda di Roma considera mafioso.
E’ un’accusa pesante quella fatta dal collaboratore di giustizia Agostino Riccardo davanti ai pm antimafia romani, Corrado Fasanelli e Luigia Spinelli, da tre anni impegnati in una serie di indagini su alcune famiglie di origine nomade radicate nel capoluogo pontino, legate a doppio filo ai Casamonica, e che per gli inquirenti hanno messo su delle vere e proprie associazioni per delinquere di stampo mafioso.
Inchieste in cui a più riprese sono emersi rapporti tra pezzi di politica e malavita e che ora vedono un pentito tirare in ballo la stessa presidente di Fratelli d’Italia, sostenendo che nel 2013 fece avere al clan Travali, colpito nei giorni scorsi da 19 arresti, 35mila euro per comprare voti e attaccare manifesti a favore di quello che all’epoca era l’astro nascente del partito, Pasquale Maietta, commercialista, ex presidente del Latina Calcio ed ex tesoriere alla Camera di FdI, amico di vecchia data del boss Costantino Cha Cha Di Silvio, coinvolto nell’inchiesta “Don’t touch”, relativa all’organizzazione criminale messa in piedi da
quest’ultimo, imputato nel processo “Olimpia”, relativo a tre organizzazioni criminali che sarebbero state costituite nel capoluogo pontino all’ombra del Comune quando era sindaco il collega di partito ed ex consigliere regionale Giovanni Di Giorgi, e imputato nel processo “Arpalo”, per cui venne anche arrestato, incentrato su un vasto giro di denaro frutto di evasione fiscale riciclato in Svizzera.
In passato Riccardo e Renato Pugliese, figlio di Cha Cha, anche lui diventato collaboratore di giustizia, parlarono dei servizi di attacchinaggio e della compravendita di voti di cui a Latina i clan di origine nomade si erano occupati a favore, oltre che di Maietta e di Di Giorgi, di Matteo Adinolfi, attuale eurodeputato della Lega, di Gina Cetrone, ex consigliera regionale del Pdl, passata poi a Cambiamo di Giovanni Toti, arrestata per tali vicende e attualmente imputata, di Nicola Calandrini, attuale senatore di FdI, e di Angelo Tripodi, attualmente capogruppo della Lega alla Regione Lazio.
Dai verbali spuntati fuori con le ultime inchieste emerge ora anche il nome della Meloni, che nel 2018 è stata rieletta alla Camera con il centro-destra nel collegio uninominale di Latina.
“Nel 2013 – ha dichiarato Riccardo ai pm Fasanelli e Spinelli – alle elezioni politiche, prima di conoscere Gina Cetrone, presentata da Di Giorgi, al bar eravamo io, Pasquale Maietta, Viola, Giancarlo Alessandrini”.
Tutti componenti del clan Travali, più volte coinvolti in vicende di estorsione, armi e violenze. “Maietta – ha precisato il pentito – ci presentò Giorgia Meloni. Era presente anche il suo autista. Parlavamo della campagna elettorale e Maietta disse alla Meloni che noi eravamo i ragazzi che si erano occupati delle campagne precedenti per le affissioni e per procurare voti. Parlarono del fatto che Maietta era il terzo della lista, prima di lui c’erano Rampelli e Meloni, nonchè del fatto che Rampelli, anche se eletto, si sarebbe comunque dimesso per fare posto al Maietta”.
Nel 2013 il commercialista pontino fece effettivamente ingresso alla Camera dopo che la Meloni e Fabio Rampelli, storico esponente della destra, tra i fondatori di FdI e attuale vice presidente della Camera, optarono per altri collegi.
A tal proposito inoltre, durante il processo “Alba Pontina”, relativo all’organizzazione mafiosa che sarebbe stata costituita a Latina dalla fazione di Campo Boario dei Di Silvio, lo stesso Riccardo ha sostenuto: “Maietta nel 2013 entrò alla Camera dei deputati dopo che noi minacciammo pesantemente Fabio Rampelli, costringendolo a optare per l’elezione in un altro collegio e a liberare così il posto”. Circostanza sempre smentita dal vice presidente della Camera.
Tornando all’incontro che alcuni membri del clan avrebbero avuto con la presidente di FdI, il collaboratore di giustizia ha poi affermato che Maietta disse alla Meloni che quei ragazzi, quelli del clan Travali, dovevano essere pagati e che lei rispose di parlarne con il suo segretario.
“Il segretario in disparte – ha evidenziato il pentito – e solo io e il mio gruppo presenti, ci ha detto: ‘Senza che usiamo i telefoni diamoci un appuntamento presso il Caffè Shangri-la a Roma’. Noi abbiamo detto che allo Shangri-la era complicato arrivarci, per cui ha detto di vederci al distributore che è ubicato dall’altra parte della strada, all’altezza dello Shangri-la. Ci ha detto di aspettare in un parcheggio lì vicino entro le ore 12”.
Il racconto si fa dettagliato: “Lui è arrivato da una strada interna e da quelle parti c’è il centro commerciale Euroma 2, e ci ha portato all’interno di una busta del pane 35mila contanti. Prima di andare via ci disse: ‘Mi raccomando, io non vi conosco. Non vi ho mai dato niente’. Noi lo rassicurammo in tal senso.
Era venuto con una Volkswagen berlina, la stessa vettura con la quale aveva accompagnato la Meloni a Latina”.
Infine Riccardo ha assicurato ai due magistrati antimafia: “Sono in grado di riconoscere questa persona”.
(da “La Repubblica”)
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