Giugno 5th, 2021 Riccardo Fucile
DA QUANDO CANTAVAMO DAI BALCONI ALLA REALTA’ DI UNA SOCIETA DIVISA, DOVE OGNUNO PENSA SOLO AI PROPRI INTERESSI IN UNA DERIVA INDIVIDUALISTA E NEOLIBERISTA
A inizio 2020, nel bel mezzo del primo rigorosissimo lockdown causato dalla pandemia di Covid-19, quando, inconsapevoli degli sviluppi reali, cantavamo sui balconi i successi di Toto Cutugno mentre documentavamo attoniti le ritrovate trasparenze delle acque nei canali veneziani o nei porti cittadini, ci eravamo illusi che ne saremo usciti migliori.
Sembravamo davvero tutti consapevoli dell’innaturale accelerazione che aveva imboccato la nostra società iper-consumistica, votata unicamente al profitto e, sull’onda dell’inaspettata riscoperta delle gioie bucoliche offerte da una natura non contaminata da attività umane, ci proclamavamo determinati a cambiarla.
Eravamo convinti che questa comune sciagura ci avrebbe uniti nella lotta alla globalizzazione imperante e allo sfruttamento dell’ambiente -alla base del disastro in atto- e sembravamo tutti d’accordo nel voler anteporre la collettiva salvaguardia della salute e della natura, all’egoistica tutela liberista dell’economia che tutto fagocita.
A distanza di più di un anno, possiamo affermare che, invece, forse ne siamo usciti pure peggiori.
Sempre più polarizzati nelle nostre convinzioni, imboccati in un senso o in un altro dai messaggi customizzati dei social che hanno ingigantito le differenze di opinioni, abbiamo iniziato a dividerci, già a maggio 2020, dopo soli due mesi scarsi di lockdown (roba che Tomas Pueyo ancora ride), appena il pericolo sembrava scampato, tra sostenitori della necessità delle chiusure e detrattori che consideravano, invece, le misure prese dal governo Conte deleterie per l’economia e i guadagni.
Se a marzo ci stringevamo attoniti in un gigantesco abbraccio virtuale per vincere l’horror vacui provocato dalla situazione surreale in cui ci trovavamo, ad agosto già avevamo dimenticato tutto -nella tipica reazione capitalistica improntata al consumo velocissimo anche delle emozioni e degli stati d’animo- e iniziavamo già a schierarci in base alle posizioni dei virologi preferiti, propendendo per aperture incondizionate a tutela del dio denaro, spinti dal mantra zangrilliano secondo il quale il virus si era estinto, o sostenendo le tesi crisantiane improntate alla prudenza estrema per tentare di arginare l’arrivo di una seconda ondata.
Che infatti è arrivata e ha colpito sia l’una che l’altra compagine, obbligando a richiudere quasi tutto e inasprendo ulteriormente la polarizzazione.
E in un baleno, abbiamo dimenticato i buoni propositi che ci avevano uniti nella comune lotta per contrastare le diseguaglianze partorite dal neoliberismo e ci siamo fatti fregare, ancora una volta, dalle sue ammalianti lusinghe.
Tra un semplice ordine su Amazon e una serie su Netflix, abbiamo perso in un clic il fervore collettivo a tutela della trasparenza dei canali veneziani, mentre cementavamo le fondamenta del modello liberista artefice delle passate storture, responsabile della deriva individualista che ha infranto le labili intenzioni di una qualsivoglia unità di intenti.
Abbiamo iniziato a far circolare, insieme alle nuove varianti del virus, una nuova versione della “vita di prima”, ancora più egoistica ed egocentrica, fomentata dalla mancanza di ristori per continuare a far girare l’economia, nella quale la necessità di rispondere alle leggi del mercato è diventata più importante della tutela della salute. Così, l’ascia delle buone intenzioni è stata presto dissotterrata dall’inaspettata durata della pandemia, che ha acuito l’ennesima guerra tra poveri, determinata dalla spaccatura insanabile tra quelli che osteggiavano le chiusure, costretti a fare profitti per non soccombere alle rigide leggi del mercato e quelli che, invece, caldeggiavano, tali necessarie chiusure riparati magari dall’ombrello economico dello stipendio fisso o da cospicui risparmi.
E in breve, le allegre chat su Houseparty e le canzoni intonate insieme dai balconi condominiali del primo lockdown hanno lasciato il posto, mentre i conti correnti si assottigliavano, a feroci battibecchi su Facebook in merito all’utilità delle mascherine, o a faide familiari sull’efficacia dei vaccini.
In un tutti contro tutti contraddistinto solo dalla comune perdita del reale obiettivo da annientare per tornare alla vita di prima: la pandemia.
Quella pandemia che, mentre squadernava l’ordine sociale al quale tutti, più o meno, obbedivamo, ha scoperto nervi e debolezze del sistema insostenibile alla base della “vita di prima”, portando tutti i nodi al pettine.
Dall’inadeguatezza della medicina territoriale, smantellata come in Lombardia, o assente come in Calabria, alle crescenti diseguaglianze sociali, fino alla recente dolorosa constatazione della supremazia del profitto, perduto nei mesi delle chiusure, a discapito persino della vita umana, come testimoniato dalle recenti tragedie della funivia di Stresa e della fabbrica di Prato causate, soprattutto, dall’assenza di adeguati sistemi di sicurezza per evitare indesiderati intoppi alla macchina dei profitti. Speravamo di uscirne migliori, mentre cantavamo insieme sui balconi, ma ne siamo usciti peggiori. E di molto.
L’involuzione in negativo della condizione sociale generale, già pessima prima della pandemia, ha subito un’ulteriore accelerazione.
I super ricchi ne hanno ulteriormente beneficiato, mentre la classe media ha subito, e subirà ancora di più nei prossimi mesi quando si sbloccheranno i licenziamenti, l’ennesima erosione di diritti e privilegi acquisiti nello scorso secolo, tornando a livelli ottocenteschi di disuguaglianza e divario sociale.
La smania di pochi di capitalizzare e accumulare beni e ricchezze è cresciuta, a causa dello stop ad alcuni consumi imposto dai lockdown, in maniera direttamente proporzionale alla fame, vera e propria, di milioni di persone.
E se, in alcune economie floride, come quella cinese e quella statunitense, dopo le chiusure si è assistito ad un effetto di rimbalzo positivo nei consumi, garantito dalla voglia di acquisto mancato subito nell’anno e mezzo pandemico, nelle realtà sofferenti come quella italiana l’effetto rimbalzo è decisamente più modesto e andrebbe considerato con maggiore attenzione, prima di gridare al miracolo economico post bellico che sorreggerà l’urto dello sblocco dei licenziamenti caldeggiato da Confindustria, ancora convinta che l’Italia, unico paese secondo Bonomi a beneficiare dell’incredibile privilegio nell’era neomedievale dei diritti mancati dei lavoratori, debba adeguarsi alle altre nazioni che non tutelano classe media e operaia.
La legge del più forte e del più fortunato, già in auge prima del Covid, ha messo il turbo ed è pronta ad asfaltare milioni di fasce deboli e sfortunate per alimentare ancora di più le disuguaglianze che ci hanno portato qui.
E i cori dai balconi somigliano sempre più a un sogno fugace svanito presto, che ci ha lasciato ancora più arrabbiati e troppo divisi per ingranare la retromarcia che volevamo mettere per evitare l’inevitabile sfacelo verso il quale ci dirigiamo, a una velocità ancora più folle della tanto agognata “vita di prima”.
(da TPI)
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Giugno 5th, 2021 Riccardo Fucile
IL DURISSIMO ADDIO: “QUESTO NON E’ PIU’ IL MOVIMENTO”
Nel secondo tempo del Movimento 5 Stelle non ci sarà Davide Casaleggio, figlio
del fondatore Gianroberto.
Mentre il capo politico Giuseppe Conte annuncia su Facebook di aver ottenuto la lista degli iscritti contesa con l’Associazione Rousseau, Casaleggio pubblica sul Blog delle Stelle il suo addio. Il titolo del post è già chiaro: Il fu MoVimento 5 Stelle, con tanto di V maiuscola residuo ancestrale dei primi anni di militanza.
All’origine dell’addio i contrasti con la nuova gestione del M5s: «Ho chiesto a tutti gli organi legittimati di indire un voto, mettendo a disposizione Rousseau, al fine di dare seguito alle decisioni degli iscritti nel pieno rispetto dello Statuto. Mi è stato indicato che si vuole percorrere un’altra via, come purtroppo accaduto troppe volte nell’ultimo anno sacrificando la democrazia partecipata con violazioni statutarie ripetute e mancato rispetto delle decisioni degli iscritti, quando consultati».
E così la decisione: «Con dolore, al completamento del passaggio dei dati, mi disiscriverò dal MoVimento 5 Stelle come tanti hanno deciso di fare negli ultimi mesi. Questo non è più il MoVimento e sono certo non lo avrebbe più riconosciuto nemmeno mio padre».
Intanto l’Associazione Rousseau continuerà a lavorare come piattaforma di cittadinanza attiva: «Abbiamo costruito un modello di cittadinanza attiva che oggi è considerato tra i migliori 5 al mondo e ne sono profondamente orgoglioso. Il percorso della partecipazione dal basso continuerà lungo la strada che abbiamo tracciato mantenendo l’integrità, la coerenza e la solidità morale che abbiamo sempre coltivato».
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2021 Riccardo Fucile
LA MOSSA FINIRA’ PER FAVORIRE LA MELONI PERCHE’ MOLTI ELETTORI LEGHISTI E FORZISTI SONO CONTRARI ALLE COPPIE DI COMODO… CARFAGNA E GELMINI: “SE NE ANDRANNO 50 PARLAMENTARI, NON VOGLIAMO MORIRE LEGHISTI”… MELONI: “OPERAZIONE CHE NON CI INTERESSA”
Che Matteo Salvini stesse elaborando una strategia per non essere scalzato da Giorgia Meloni nel ruolo di leader del centrodestra italiano era cosa nota.
Forza Italia, poi, il cui consenso è ormai dilapidato e che deve far fronte alle fughe in avanti nell’alveo dei moderati di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro, ha bisogno di essere trainata dal Carroccio, anche in vista delle prossime amministrative.
Un intreccio di opportunità elettorali sottostanno alla base dell’assenso di Silvio Berlusconi a far confluire la sua creatura politica in una federazione il cui azionista di maggioranza sarebbe la Lega.
Salvini, in un colloquio telefonico, ha raccolto il sì del cavaliere. Poi, in una riunione con i dirigenti forzisti, collegato da Arcore su Zoom, l’ex premier con l’ambizione del Quirinale ha informato i suoi del progetto di unione. «È una proposta da valutare con grande attenzione», ha detto ieri, 4 giugno.
Non c’è stata, nei suoi confronti, la riverenza di un tempo: «È un’annessione che rischia di avvicinare il funerale di Forza Italia», ha risposto Mariastella Gelmini. «Altri 50 parlamentari rischiano di andare via», ha rincarato Mara Carfagna.
Le due ministre forziste sono i volti della corrente anti-leghista del partito.
Anna Maria Bernini, Giorgio Mulé, Alessandro Cattaneo e Antonio Tajani, invece, sono gli esponenti di spicco che hanno accolto con favore l’ipotesi federativa. Peraltro, la proposta non ha stupito nessuno dei big del partito: già nel primo incontro dopo la fiducia al governo Draghi, Salvini aveva parlato a Berlusconi dell’idea di federarsi.
Il leader di Forza Italia, dopo mesi di cautela, ieri ha usato con i suoi dirigenti la locuzione «partito unico». In risposta, una pattuglia di parlamentari dell’asse liberal-moderata gli ha fatto sapere che è disposta a dar battaglia pur di non «morire leghista».
Tutti i sondaggi e le proiezioni verso i prossimi appuntamenti elettorali individuano in Fratelli d’Italia il traino della coalizione di centrodestra. Salvini, della nuova federazione, sarebbe il segretario – a Berlusconi, invece, la casella di presidente – e se il risultato delle elezioni fosse davvero la somma esatta dei consensi, potrebbe essere la chance più concreta, per lui, per conquistare Palazzo Chigi.
Al cavaliere, di presiedere la federazione, importa il giusto. Piuttosto, e nemmeno questo è un segreto, il sogno di Berlusconi è di coronare la sua carriera politica succedendo a Sergio Mattarella.
Quando si voterà per il 13esimo presidente della Repubblica, Berlusconi avrà 85 anni e mezzo: se il suo desiderio più profondo si realizzerà, è possibile che si ritiri prima di completare il settennato. Per essere eletto, tuttavia, sembrerebbe disposto persino a sacrificare la sua creatura politica: in cambio della dissoluzione di Forza Italia, l’ex premier punta a garantirsi il sostegno della Lega nella corsa al Quirinale.
Se tutto il centrodestra – incluso Fratelli d’Italia – dovesse sostenerlo, a Berlusconi basterebbero una cinquantina di voti per realizzare il suo sogno.
La freddezza di Meloni
La presidente di Fratelli d’Italia è consapevole che il suo alleato Salvini sta cercando di ostacolare la sua ascesa. Non ha tentennato neppure un secondo sulla suggestione della federazione: «Non credo alle fusioni a freddo».
Mentre La Russa è stato chiaro: «Per quanto riguarda le fusioni, noi abbiamo avuto una esperienza non felicissima, quella del Pdl, finita con una frattura. Siamo un po’ già vaccinati», ha chiosato.
Ma Salvini va avanti con la sua strategia, rischiando di incrinare ulteriormente il rapporto con Fratelli d’Italia
(da Open)
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Giugno 5th, 2021 Riccardo Fucile
“NON SI PUO’ IMMAGINARE CHE IL CONTROLLORE SIA GERARCHICAMENTE SUBORDINATO AL CONTROLLATO”
Con l’ultimo decreto legge approvato venerdì sera dal Consiglio dei ministri il
governo di Mario Draghi fa “preoccupanti passi indietro in materia di anticorruzione“.
L’accusa arriva direttamente del presidente dell’Anac, Giovanni Busia, che denuncia il rischio che la competenza in materia venga trasferita dalla sua autorità agli uffici del ministero della Pubblica amministrazione.
“Preoccupano le scelte effettuate con l’ultimo decreto legge in tema di anticorruzione, proprio in un momento in cui massima dovrebbe essere l’attenzione verso la gestione trasparente delle risorse, anche per il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata e delle mafie”, afferma Busia, facendo riferimento alla gestione delle risorse che arriveranno con il Recovery Fund.
“Se le bozze circolate venissero confermate, si rischia di aprire la strada al passaggio di competenze in materia anticorruzione da un’autorità indipendente a uffici governativi“, denuncia infatti il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.
Il riferimento è alle disposizioni contenute all’articolo 6 del decreto Reclutamento, che regola il “Piano integrato di attività e organizzazione”. Le pubbliche amministrazioni lo devono adottare entro fine anno “per assicurare la qualità e la trasparenza dell’attività amministrativa e migliorare la qualità dei servizi”, si legge nell’ultima bozza del decreto. Il piano, stando al testo, tra le varie cose definisce anche “gli strumenti e le fasi per giungere alla piena trasparenza dell’attività e dell’organizzazione amministrativa nonché per raggiungere gli obiettivi in materia di anticorruzione“.
Stando alla bozza dell’articolo 6, spiega Busia, i piani e la verifica degli adempimenti in materia di trasparenza e anticorruzione rischiano di spostarsi dall’Anac agli uffici del ministro della Funzione Pubblica, in mano a Renato Brunetta.
“Si avrebbe un deciso passo indietro sulla credibilità del nostro sistema anticorruzione: non si può immaginare che il controllore sia gerarchicamente subordinato al controllato, invece che indipendente dallo stesso”, sottolinea il presidente dell’Anac.
“Non meno preoccupanti – continua Busia, che lavorò insieme a Draghi quando questi era capo dipartimento del Tesoro – le scelte in materia di reclutamento. Non si dota l’Anac delle risorse necessarie per rafforzare i presidi di legalità, potenziando ancora una volta per tali fini solo le strutture ministeriali della Ragioneria dello Stato”, come previsto dall’art. 8 del decreto legge.
“Tutto questo, mentre vengono addirittura raddoppiate le quote di dirigenti esterni e di nomina politica, invece di valorizzare le risorse già assunte tramite concorso. Confido nella sensibilità del governo – conclude Busia, che peraltro ha sempre lavorato e collaborato con il governo Draghi – per porre rimedio a tali evidenti errori“.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2021 Riccardo Fucile
DONNARUMMA: “ERA UN RAGAZZO COME ME, UN AMICO”
«Io non posso neanche immaginare cosa abbia provato Seid Visin, ma sono certo che un Paese che spinge un giovane ragazzo a fare un gesto così estremo è un Paese che ha fallito».
A scrivere è l’ex giocatore della Juventus Claudio Marchisio che con un post su Facebook commenta la tragica fine di Seid Visin, il 20enne di origini etiopi morto suicida ieri 4 giugno schiacciato dal peso dell’odio razzista diventato per lui ormai insostenibile.
«Pensateci quando fate le vostre battute da imbecilli, quando fate discorsi stupidi e cinici sui gommoni e sul colore della pelle, soprattutto sui social network. Facciamo un po’ schifo. Tutti. Di centro, di destra, di sinistra» ha continuato Marchisio postando le foto in campo del giovane Seid insieme alla notizia della morte. Il ventenne di origine etiopi era arrivato in Italia da bambino. Con un passato nelle giovanili del Milan era tornato a Nocera Inferiore dalla sua famiglia.
«I danni irreversibili della politica dell’odio»
«Siamo il Paese dell’integrazione quando sei un giovane talento o quando segni il gol decisivo in una partita importante, ma che si rifiuta di essere servito al ristorante da un ragazzo di colore».
Le parole di Marchisio fanno eco a quelle dello stesso Seid scritte pochi mesi fa e diffuse sui social dall’associazione Mamme per la Pelle.
«Qualche mese fa ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare», scriveva il ventenne nella lettera, «perché troppe persone, prevalentemente anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non bastasse, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche la responsabilità del fatto che molti giovani italiani (bianchi) non trovassero lavoro». Il peso del rifiuto da parte di una società «più fredda e cattiva» ha schiacciato Seid fino alla decisione di mettere fine alle sofferenze in un modo tragico.
«Siamo il Paese dell’integrazione quando l’atleta vince la medaglia alle Olimpiadi. Siamo il Paese dell’integrazione che cerca improbabili origini italiane quando l’attrice che ci fa emozionare vince il Premio Oscar, ma che quando in classe con i propri figli ci sono dei ragazzi di colore storce il naso».
Il post di Claudio Marchisio continua con i commenti commossi di migliaia di utenti. Tra questi anche quello dell’attivista politico maliano, scrittore e autore di poesie rifugiato in Italia, Soumaila Diawara: «I danni irreversibili della politica dell’odio. Questo ragazzo doveva essere tutelato dalla società che l’ha ucciso. Le parole e le azioni spesso e volentieri feriscono più di una pallottola».
Donnarumma: «Vivevamo insieme, non dimenticherò il suo sorriso»
«Ho conosciuto Seid appena arrivato a Milano, vivevamo insieme in convitto, sono passati alcuni anni ma non posso e non voglio dimenticare quel suo sorriso incredibile, quella sua gioia di vivere».
A parlare di Seid è anche Gianluigi Donnarumma, giovane portiere della Nazionale di calcio che all’Ansa ha deciso di condividere il dolore per la perdita di un amico e compagno di strada. «Era un ragazzo come me, un amico» racconta l’atleta ancora incredulo per il tragico gesto del 20enne.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2021 Riccardo Fucile
PER L’EX PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO
La Procura di Mantova ha indagato l’imprenditrice Emma Marcegaglia per aver
evaso l’Iva e ne ha chiesto il rinvio a giudizio.
Lo scrive la Gazzetta di Mantova. Secondo il quotidiano, l’ex presidente di Confindustria è accusata di non aver versato l’Iva per 800mila euro in relazione a fatture emesse dalla Alba Tech srl con sede a Chioggia a favore della società Albarella srl con sede a Gazoldo degli Ippoliti, di cui è legale rappresentante l’imprenditrice mantovana.
Le fatture si riferirebbero a lavori di pulizia e depurazione eseguiti nel 2007 sull’isola di Albarella dalla stessa Alba Tech, che secondo le accuse non avrebbe attrezzature, capitali e beni strumentali.
L’accusa della Procura si basa su un’indagine della Guardia di Finanza che ha riguardato le dichiarazioni dei redditi dell’imprenditrice dal 2015 al 2018.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2021 Riccardo Fucile
PER LA SERIE “FACCIAMOCI SEMPRE RICONOSCERE”
Due italiani sono stati ricoverati a Ibiza per ferite d’arma da fuoco in seguito a una sparatoria avvenuta durante una festa notturna. Uno dei due, 28 anni, è in gravi condizioni con ferite alla testa e a una gamba, mentre l’altro ha riportato ferite lievi. I fatti sono avvenuti a Santa Eularia. Secondo la Guardia Civil, ad aprire il fuoco – per motivi di gelosia – è stato un altro italiano, arrivato in un secondo momento insieme ad altri amici.
Non sarebbe stato un agguato, ma più probabilmente una lite per una ragazza, presto degenerata, a trasformare una festa a Ibiza in un far west.
I tre italiani protagonisti dell’episodio sono un 28enne, un 33enne e un 35enne, tutti residenti sull’isola delle Baleari. In corso vi era una festa organizzata nell’appartamento abitato dal più giovane dei tre quando improvvisamente è scoppiata una violenta lite, probabilmente per la partner di uno di loro. Ad un certo punto, secondo una prima ricostruzione, il 33enne avrebbe prima colpito il padrone di casa con il calcio di una pistola poi avrebbe esploso alcuni colpi ferendolo gravemente alla testa e ad un ginocchio. Il 35enne ha riportato invece solo una ferita di striscio.
I fatti, però, devono ancora essere confermati dalla ricostruzione a cui sta lavorando in queste ore la Guardia Civil. Secondo alcuni testimoni, infatti, un’automobile con a bordo tre persone si sarebbe fermata di fronte alla villa dove si stava svolgendo la festa e uno degli occupanti avrebbe abbassato il finestrino e aperto il fuoco prima di darsi alla fuga.
La polizia locale ha ricevuto una chiamata con richiesta di intervento intorno alle 2:30. Il 28enne, riferiscono fonti ospedaliere, è ricoverato in condizioni gravissime e ha subito un’operazione per l’estrazione di un proiettile dal cranio. Il 35enne, invece, ha subìto invece lesioni lievi. Il fatto è accaduto a Santa Eularia, e più precisamente nel quartiere di Can Ramon.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2021 Riccardo Fucile
SONO SEMPLICEMENTE DUE STUDENTI, LUI VENEZUELANO E LEI CINESE, LA PROCURA APRE UN’INCHIESTA… MA QUANDO SI FANNO I CONTROLLI NON SI POTREBBE USARE IL CERVELLO E LA DIVISA?
“Siamo stati aggrediti da tre poliziotti in borghese”. E’ la denuncia di due studenti,
lui, 31 anni, musicista del conservatorio di Torino, originario del Venezuela, in Italia da due anni come rifugiato politico, lei, 22 anni, studentessa cinese all’accademia delle Belle Arti. Nessuna aggressione – riferisce la polizia – ma un controllo a cui i due hanno cercato di sottrarsi.
Tutta la vicenda, destinata a finire sul tavolo della procura, nasce da un doppio equivoco. Giovedì pomeriggio una pattuglia della polizia ferroviaria è sulle tracce di due ladri, un uomo sudamericano e una cinese. Quando Moises Pirela e la sua ragazza passano in via Nizza, intorno alle 17.30, li fermano e chiedono loro i documenti.
“Non avevano la divisa”
“Non giriamo con i passaporti in tasca ma abbiamo mostrato le foto che avevamo sul cellulare, i poliziotti però ci hanno aggredito, non sembravano nemmeno agenti, non avevano la divisa – racconta il giovane – La mia ragazza si è spaventata e ha cercato di scappare perché la volevano costringere a salire in macchina, mi hanno colpito, sono caduto a terra e mi hanno bloccato con un ginocchio”.
I due ragazzi temono di essere nel mezzo di un sequestro, anche se la polizia assicura di aver mostrato loro distintivi e lampeggianti.
“Quello che mi ha bloccato a terra diceva che mi avrebbe ammazzato, che quelli come noi non avevano diritti ma io non capivo cosa intendesse. Diceva voi, solo perché siamo stranieri?”.
La ragazza ammanettata
La ragazza che ha tentato la fuga è stata ammanettata, il giovane fatto salire sull’auto civetta. Nessuna aggressione o violenza, assicurano dalla questura. Parte della scena è stata ripresa della telecamere di sorveglianza della via e da quelle del comando della Polfer. I due studenti si convincono di avere davvero a che fare con la polizia soltanto quando in via Nizza arriva una pattuglia in divisa.
“A quel punto sono stato io a dire alla mia ragazza di salire sulla macchina”. Le due ore successive le passano negli uffici della polizia ferroviaria. “Ci hanno perquisito, mi hanno aggredito ancora”, racconta Moises anche ai medici dell’ospedale Martini quando i due si presentano in pronto soccorso con lividi e escoriazioni.
Anche gli uffici della polfer sono controllati dalle telecamere: la ricostruzione precisa di quello che è accaduto è custodito negli hard disk del sistema di sorveglianza.
Denunciati per resistenz
Moises e la sua amica vengono lasciati andare poco prima delle 20 con una denuncia per resistenza. Adesso si sono rivolti a un avvocato, Federico Burzio che la prossima settimana presenterà un esposto in procura sull’accaduto. “I ragazzi sono molto scossi”, dice. “Se qualcuno che era in via Nizza, l’altro giorno ha ripreso la scena ci faccia avere i video”, è l’appello di Moises che resta convinto che l’aggressione avesse uno sfondo razzista. “Ci hanno visto stranieri e se la sono presa con noi”.
(da La Repubblica)
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Giugno 5th, 2021 Riccardo Fucile
UN SONDAGGIO RISERVATO DELLA LEGA VALUTA LA PERDITA INTORNO AL 3/4% DELLA ATTUALE SOMMA DEI DUE PARTITI
È a partire dal mese di febbraio scorso che Forza Italia e Lega hanno cominciato a ragionare concretamente sulla possibilità della nascita di un partitone unico a vocazione popolare tanto che TPI, già il 22 febbraio, anticipò il tutto in un retroscena emblematicamente titolato “Salvini e il piano ‘Lega Italia’: un nuovo partito popolare insieme a Berlusconi“.
Ora però quello che molti si chiedono è quanto potrà valere elettoralmente la nascente creatura politica. Ovviamente i due leader, Salvini e Berlusconi, sperano che la somma sia positiva ovvero che l’unione tra i due partiti possa superare o quantomeno pareggiare le percentuali attuali.
Ma in realtà potrebbe non essere così, anzi sicuramente non sarà così. Perché sono in molti a ritenere, anche tra i fautori del progetto che “la somma non farà il totale” ovvero che i due partiti uniti prenderanno meno voti rispetto al rimanere separati.
I numeri potenziali della nuova formazione, anche se diventerà senza ombra di dubbio il primo partito d’Italia e servirà per mettere Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni all’angolo e quindi a ridare centralità a Salvini e a Berlusconi all’interno della coalizione di centrodestra, non sono poi così entusiasmanti: a Via Bellerio ed Arcore, in attesa che all’inizio della prossima settimana arrivino i primi sondaggi dopo l’annuncio, si parla di un 25% contro il 29% che le due forze totalizzarebbero oggi andando insieme ma divise.
Insomma, unendosi avrebbero una perdita secca di circa 4 punti percentuali.
Ci sono poi altri fattori di rischio da tener presente, come riconoscono gli stessi tessitori dell’operazione: gli elettori di centrodestra potrebbero non apprezzare troppo la nuova creatura politica perché la vedono come un primo passo verso una divisione della coalizione che non vogliono assolutamente.
Insomma anziché unire il progetto potrebbe avere l’effetto opposto e dividere/spaccare definitivamente la coalizione. Perché nonostante le posizioni diverse sul governo Draghi, gli elettori di Forza Italia e della Lega si considerano ancora in colazione con Fratelli d’Italia. Questo sarà il vero problema del nascituro partito.
(da TPI)
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