Giugno 8th, 2021 Riccardo Fucile
SERVE SOLO A SALVINI PER EVITARE IL SORPASSO DELLA MELONI E CONTINUARE A SPACCIARSI PER LEADER, A BERLUSCONI PER PUNTARE AL QUIRINALE CON IL VOTO DEI RENZIANI: LA SQUALLIDA MANOVRA E’ TUTTA QUA
Ancora non c’è ma già divide. Si dibatte sulla federazione del centrodestra: la Lega
spinge, mezza Forza Italia frena, i partiti più piccoli soppesano pro e contro, i parlamentari già vedono le liste, e i sondaggisti calcolano. In prospettiva ovviamente.
Da via Bellerio fanno filtrare un sedicente sondaggio per cui la federazione (compresi i centristi) si attesta al 31,6% con possibilità di aumento.
Una prospettiva da avanti tutta. Che però, al momento, non fa proseliti.
Le cifre non convincono Roberto Weber: “Sono sciocchezze – dice il fondatore di Ixé a HuffPost – Parliamo di numeri ridicoli. Le percentuali dei partiti non si sommano: staranno sotto il 30%. Storicamente dal Dopoguerra in poi le fusioni tra partiti sono sempre state in deficit. Fa eccezione il Pdl, ma Salvini non è il Berlusconi di quei tempi. Nel 2006 Berlusconi sfiorò il pareggio con Prodi, ma erano due leader super-forti, uno con le tv private e uno con la Rai dalla propria parte, alla guida di partiti super-forti”.
Secondo Weber : “Vedo piuttosto una piccola fuoruscita dei sovranisti dalla Lega in via di “moderatizzazione”, mentre non penso che elettori della Meloni potrebbero votare una forza nata in contrapposizione a Fdi”.
La federazione è quindi “un’operazione politica della Lega per diventare azionista di maggioranza nel governo e non un’operazione di consenso”
La posizione di Renato Mannheimer: “la federazione sarebbe il primo partito italiano in vista delle prossime elezioni, in Italia con le fusioni spesso accade che si possa perdere un po’. Si arriverebbe al 27, 28%”
Ancora meno convinto è Roberto D’Alimonte: “Di sicuro la federazione starebbe sotto il 30%. Mancano i dati ma non l’esperienza: la federazione non sarebbe il Pdl (che comunque univa Fi e An, non la Lega) e Fi non è quella di un tempo”.
Non ci sarebbe neppure un effetto traino? “E perché un’aggregazione dovrebbe funzionare meglio di due partiti? Senza un leader diverso o un altro cambiamento forte manca la novità. Di per sé, la federazione non scalda certo i cuori degli elettori moderati”.
Anzi, avvisa D’Alimonte: “Il rischio, se l’operazione non viene presentata bene, è far disamorare parte degli elettori e scendere al 24%…”.
Perché rischiare, allora? La risposta è politica: “Far nascere un “polo europeo” all’interno della più ampia coalizione di centrodestra per consentire a Salvini di rivendicare Palazzo Chigi. A quel punto non solo avrebbe un voto in più sulla Meloni ma anche le credenziali europee adeguate”.
(da Huffingtonpost)
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Giugno 8th, 2021 Riccardo Fucile
ANNULLATO ANCHE L’INCONTRO TRA BERLUSCONI E I SUOI COLONNELLI
Avrebbe dovuto tenersi oggi il vertice del centrodestra sulle amministrative per chiudere il cerchio sui candidati alle città che andranno al voto a ottobre, con i pesanti nodi su Roma e Milano ancora da sciogliere.
E invece appuntamento saltato, come è saltata – annullata all’ultimo minuto – la tanto attesa riunione che avrebbe dovuto svolgersi ieri tra i coordinatori regionali di Forza Italia e il presidente Silvio Berlusconi.
“Mi chiedo come una decisione così importante come quella riguardante il futuro del nostro partito possa essere calata dall’alto senza prima sentire i territori…’’, ha commentato Gabriella Giammanco, vicepresidente di FI in Senato e portavoce azzurra in Sicilia.
Il riferimento è alla proposta avanzata da Matteo Salvini di una federazione (da più parti letta come un tentativo di annessione) in cui dovrebbero confluire Lega, FI e i partiti minori della coalizione di centrodestra che sostengono l’esecutivo Draghi.
Una sorta di Predellino 2.0 ma senza FdI di Giorgia Meloni insomma, (“Partito unico? Abbiamo già dato e abbiamo visto che i risultati non sono stati eccezionali”, ha dichiarato ieri il capogruppo alla Camera Lollobrigida).
E l’ idea continua a creare non pochi malumori in FI: domani ci sarà l’assemblea dei senatori azzurri convocata da Annamaria Bernini. Salvo che non saltino pure questi appuntamenti.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2021 Riccardo Fucile
IL PARTITO DI BERLUSCONI IN RIVOLTA, TUTTI GLI APPUNTAMENTI RINVIATI… 50 PARLAMENTARI PRONTI A SEGUIRE CARFAGNA E GELMINI
Le riunioni che saltano e i dubbi che adesso assalgono anche Silvio Berlusconi. La
fusione a freddo di Lega e Forza Italia pensata da Matteo Salvini – e non a caso lanciata dalle colonne de Il Giornale – adesso è costretta a rallentare.
Perché se i due leader sono convinti, nella pattuglia di senatori e deputati azzurri i mal di pancia sono forti e si moltiplicano di ora in ora.
Lunedì sera dentro il partito berlusconiano si è rischiato il “big bang”, tanto da far saltare prima la riunione dell’ex presidente del Consiglio con i delegati regionali e poi il tavolo dei gruppi di Camera e Senato in programma tra oggi e domani proprio per discutere la proposta di federazione avanzata da Matteo Salvini.
Riunioni che si terranno, hanno spiegato fonti interne vicine ai contrari, quando una riflessione sul tema sarà più matura.
La fronda dei resistenti è capeggiata dalle ministre Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna e c’è chi giura che la pattuglia di eletti pronti a seguirla sia corposa (50 i parlamentari disposti a lasciare il partiti azzurro), tanto da rischiare uno smottamento importante.
Nelle ultime ore, inoltre, con i dubbi che continuavano ad aumentare, c’è chi ipotizza un semplice coordinamento. Ma fonti qualificate di Fi hanno negato che l’opzione sia sul tavolo: “Non esiste un piano B: la federazione o si fa o non si fa”.
Anche dalla Lega hanno fatto sapere che il coordinamento già esiste: la proposta è fare un passo avanti deciso verso la federazione.
La prima avvisaglia del rallentamento era arrivata nel pomeriggio di lunedì: nell’incontro con il presidente del Consiglio Mario Draghi, Salvini avrebbe dovuto anche parlare dell’idea di creare un gruppo unico in Parlamento, ma l’argomento è rimasto fuori dal dialogo con il premier.
Troppo forte l’agitazione dentro Forza Italia per mettere sul tavolo di Palazzo Chigi l’argomento, che l’ex ministro dell’Interno vorrebbe chiudere entro fine giugno.
Nelle ore successive è stato uno smottamento continuo. Come detto, prima Berlusconi ha annullato il vertice via Zoom con i coordinatori regionali, quindi è stato prima rinviato – e poi di fatto annullato – il faccia a faccia tra senatori e deputati.
“Tempo, coinvolgimento, riflessione” è ciò che chiede la ministra Gelmini per quanto riguarda il metodo. Sul merito, in ogni caso, restano “forti perplessità” perché “la storia, i valori, l’identità” di Forza Italia vanno “difesi e rilanciati, non annacquati in soggetti nuovi”.
Anche perché, ha sottolineato, il centrodestra è stato finora “un’alleanza vincente” in quanto in grado di “raccogliere consensi in un elettorale vasto ed eterogeneo“.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Giugno 8th, 2021 Riccardo Fucile
UN BIMBO SI E’ CHIUSO LE DITA IN UNA PORTA ALL’ASILO E FINISCE INDAGATO IL SINDACO? SIAMO ALLA FOLLIA
Un bambino che frequenta l’asilo comunale si fa male mentre è a scuola, a Crema. Si schiaccia due dita in una porta tagliafuoco.
Un infortunio che non avrà effetti irreversibili, anche se il piccolo dovrà essere curato per tre mesi.
Dalla vicenda nasce un’inchiesta e a essere indagata è anche la sindaca della città. A Stefania Bonaldi si contesta di aver violato una deliberazione della giunta lombarda sugli arredi scolastici: “La Procura deduce che la sottoscritta, in concorso con altri, avrebbe omesso ’di dotare la porta tagliafuoco di qualsivoglia dispositivo idoneo ad evitare la chiusura automatica o da garantire la chiusura ed apertura manuale in sicurezza, contro il rischio di schiacciamento degli arti o di altre parti del corpo dei bambini ivi accolti”, ha spiegato la sindaca in consiglio comunale.
Senza nascondere l’amarezza per l’avviso di garanzia, Bonaldi ha sottolineato: “Se oggi per trovare candidati disponibili è necessario un lunghissimo percorso di persuasione, è perché servire la propria comunità è diventato troppo rischioso”. Non è la sola a pensarlo.
Quella di Crema una vicenda dai contorni quantomeno singolari, che diventa la goccia fa traboccare il vaso, scatenando la protesta dei sindaci.
Da tempo gli amministratori locali lamentano quanto il loro mestiere sia rischioso, perché, come ha spiegato il presidente dell’Anci Antonio Decaro in una recente intervista: “Ogni volta che un sindaco firma un atto rischia di commettere un abuso d’ufficio. Se non firma, rischia l’omissione di atti d’ufficio”.
Ed oggi il sindaco di Bari guida ancora la falange dei primi cittadini che fanno quadrato intorno alla collega: “Insieme a Stefania siamo tutti indagati, se lo Stato non cambia regole ci costituiremo parte civile”.
Così “non è più possibile andare avanti – sottolinea, facendo eco al sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, tra i primi ad esprimere solidarietà alla collega di Crema -. E se non è stato sufficiente un accorato appello al Governo e al Parlamento, sottoscritto da quasi 4 mila sindaci italiani, per attirare l’attenzione di chi può e deve prendere provvedimenti su quanto sta accadendo, vorrà dire che sfileremo con le nostre 8 mila fasce, costituendoci parte civica, nell’aula di tribunale dove la sindaca di Crema dovrà forse un giorno presentarsi per difendersi da questa accusa. Saremo lì con lei, o con qualsiasi altro sindaco chiamato a difendersi da colpe che evidentemente non sono e non possono essere sue. Perché non è la sindaca di Crema oggi ad essere stata indagata ma insieme a lei ci sentiamo tutti indagati”.
Poi l’affondo, mai come ora estremamente attuale: “Prima o poi qualcuno dovrà rispondere quando l’Italia resterà un Paese senza sindaci”. L’Anci, apprende HuffPost, ha già in cantiere una manifestazione, per sottolineare ancora una volta quanto rilevante sia il problema.
L’appello cui Decaro fa riferimento nella nota è quello lanciato di recente in sostegno della sindaca di Torino, Chiara Appendino, condannata a un anno e mezzo per la tragedia di piazza San Carlo. Il 3 giugno 2017, durante la finale di Champions che in moltissimi stavano guardando dai maxischermi nella nota piazza del capoluogo piemontese, si scatenò il panico. Causato, si scoprirà poi, da alcuni giovani che per rapinare i tifosi spruzzarono tra la gente lo spray urticante.
Il bilancio fu di due morti e più di 1500 feriti. Uno dei quali morirà mesi dopo. A Chiara Appendino veniva imputato, in sostanza, di non aver previsto quanto sarebbe accaduto e di non averlo impedito.
Qualcosa che, secondo le associazioni degli enti locali, somiglia molto di più a una responsabilità oggettiva che a quella personale personale. Il caso di Torino è stato uno dei più eclatanti, ma le cronache locali degli ultimi anni sono piene di storie di sindaci andati a processo per il ruolo che rivestivano.
Nelle grandi città così come nei paesi. Spesso vengono assolti – il caso più recente è quello del sindaco di Lodi, Simone Uggetti, che prima del verdetto ha subito, per anni, una pesante gogna mediatica – in alcuni casi invece subiscono condanne. Che, a volte, suscitano critiche, perché si contesta appunto la normativa che espone i sindaci a una responsabilità abnorme.
Non è detto che l’inchiesta a carico di Bonaldi arriverà a processo – l’avviso di chiusura delle indagini “non implica alcun giudizio di conclamata responsabilita’” ha mandato a dire il procuratore di Crema – ma, se dovesse succedere, al suo fianco ci saranno i suoi colleghi.
Gli stessi che oggi – mostrando una certa stanchezza in un momento in cui, peraltro, si discute su chi candidare alle amministrative delle grandi città – le hanno mostrato solidarietà.
“Qualcosa deve cambiare, leggere notizie come quella dell’indagine alla sindaca di Crema dà la misura di quanto siano complicati e poco chiari ruolo, poteri e responsabilità di noi cittadini-amministratori, noi sindaci. Così è davvero difficile amministrare”, è il commento del sindaco di Parma Federico Pizzarotti, che conosce bene la materia. In nove anni di amministrazione, infatti, ha avuto a suo carico sei indagini finite con archiviazione o non luogo a procedere.
Ha rincarato la dose Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e presidente delle Autonomie locali italiane: ”È assurdo, basta con queste pazzie contro i sindaci. Come si può indagare un Sindaco per una cosa del genere? Siamo al ridicolo. Davvero poi ci sorprendiamo che scarseggiano i candidati a sindaco? È quanto mai urgente che il legislatore intervenga sulle eccessive responsabilità oggettive che hanno i sindaci, perché non possono ridursi a capro espiatorio di tutti i mali del Paese. Un abbraccio forte a Stefania Bonaldi. Stefania è una delle sindache più brave d’Italia e non si farà di certo fermare da certe sciocchezze”.
A sostegno della collega arriva anche Virginia Raggi, assolta anche in appello nel processo scaturito dal “caso Marra”: “Serve più chiarezza su nostre responsabilità per evitare blocco azione amministrativa. Noi sindaci sempre in prima linea”, chiarisce la sindaca di Roma.
In questo senso si espongono anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, e il primo cittadino di Firenze, Dario Nardella. Il messaggio, estremamente trasversale, dei primi cittadini è chiaro. Resta da vedere se sarà recepito.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2021 Riccardo Fucile
ASSEMBRAMENTO DI CENTINAIA DI GIOVANI SOTTO LA SEDE DELLA REGIONE TRA POLEMICHE DEGLI ABITANTI E SPREGIO DELLE NORME DI DISTANZIAMENTO E MASCHERINE
Una piazza gremita di gente festeggia per salutare il coprifuoco. Come a
Capodanno.
È quanto avvenuto a Genova dove dalle 23 di lunedì centinaia di persone si sono radunate in piazza De Ferrari per aspettare il countdown per l’arrivo della zona bianca.
L’iniziativa della campagna “Re Start Liguria”, organizzata dalla Regione, ha sollevato diverse polemiche sui social.
Un clima di festa che per alcuni utenti è sembrato inopportuno. “Già era imbarazzante solo averlo pensato… una “festa” per salutare il coprifuoco… (spiegalo ad uno di Gaza com’era duro il tuo coprifuoco…) un dj set con luci e suoni per salutare la Ripartenza….( e chi non ce l’ha fatta a ripartire? e chi ci ha rimesso la vita? ) pure la diretta TV col countdown come un triste capodanno in una Regione triste”, scrive un utente su Facebook postando il video dei festeggiamenti in piazza.
“Sono esterefatta, senza parole, no questa mi mancava”, scrive un’altra.
E ancora: “Non vorrei dire ma …c’è poco da assembrarsi…”.
Nei filmati gente che balla, si abbraccia e festeggia, mettendo da parte il distanziamento sociale. Gli stessi festeggiamenti sono stati organizzati a Savona, Imperia e La Spezia, dove alle 23 si sono accese le stesse luci per salutare l’ingresso di tutto il territorio ligure in zona bianca.
Tutto fa spettacolo per chi pensa solo ai voti.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2021 Riccardo Fucile
I RISTORATORI DEVONO SOLO PAGARLI, CONCETTO CHE A QUALCUNO RISULTA OSTICO: LA FINISCANO DI RACCONTARE CAZZATE
Non è affatto vero che manchino cuochi, camerieri, baristi.
Nelle scorse settimane alcune associazioni di categoria avevano lanciato l’allarme e molti avevano dato la colpa al Reddito di cittadinanza, ai giovani choosy, alla poca voglia di lavorare che stanno rendendo più complicata la ripartenza del settore della ristorazione.
Eppure, come spesso accade, la realtà è ben più sfaccettata: il mondo della ristorazione può disporre di un’offerta di lavoratori ampia, con esperienza, competente e soprattutto disponibile a iniziare a lavorare anche domani.
A rivelarlo sono le stime di Jobtech, la prima agenzia per il lavoro completamente digitale nel panorama italiano, che raccoglie candidature nel settore Ho.Re.Ca. in tutta Italia attraverso il suo portale verticale camerieri.it.
L’indagine, svolta interrogando un database di oltre 4.000 profili di persone alla ricerca di un lavoro nel mondo della ristorazione, ha permesso di registrare un salto enorme nella ricerca di lavoro nel comparto, con un +101% da gennaio a maggio.
Nel dettaglio, il 55% di chi sta cercando lavoro nella ristorazione è un uomo, è diplomato (lo è almeno il 75% del campione, con l’11% del totale che è laureato) e in grado di parlare lingue straniere e al 96% dei casi è disponibile a lavorare nel weekend, il 39% di notte e il 57% disposto ad accettare anche un contratto a chiamata.
“Esistono numerosi professionisti che vorrebbero essere impiegati, con le giuste tutele e i dovuti diritti, nel settore”, ha detto Angelo Sergio Zamboni, Co-founder di Jobtech.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2021 Riccardo Fucile
IL SUO IMPEGNO PER RENDERE PIU’ VIVIBILE IL QUARTIERE TOR BELLA MONICA NON PIACE AI MAFIOSI
Aggredita e minacciata da alcuni esponenti del clan Moccia. 
La vittima è Tiziana Ronzio, fondatrice dell‘associazione TorPiùBella e premiata nel 2019 Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica dal presidente Sergio Mattarella.
A denunciare l’aggressione è stata la stessa associazione tramite la pagina Facebook ufficiale. “Non si tratta di un atto isolato – si legge nel post – ma solo dell’ultimo episodio di una serie di atti intimidatori che ormai da mesi colpiscono Tiziana e chi le sta intorno. Provocazioni, minacce di morte ed intimidazioni nel palazzo e fuori di esso si susseguono ininterrottamente, anche in presenza dei carabinieri che prontamente rispondono alle nostre chiamate. Tutti questi atti sono stati documentati e portati all’attenzione delle istituzioni preposte ma ciononostante la situazione non appare migliorare”.
L’associazione TorPiùBella è nata circa sei anni fa dall’idea di Tiziana Ronzio e un gruppo di residenti del quartiere Tor Bella Monaca di Roma.
Nel corso degli anni l’associazione si è ampliata, attirando numerosi cittadini che hanno voluto dare il proprio contributo per l’organizzazione di attività finalizzate a rigenerare il quartiere e renderlo più vivibile. “Quando abbiamo fondato Tor Più Bella – prosegue il post pubblicato dall’Associazione – l’idea che guidava il nostro agire era riconnettere le persone nella riscoperta del proprio quartiere. Tutto il quartiere è casa per chi lo abita”.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2021 Riccardo Fucile
IN VISTA DELLE ELEZIONI, LA SOLUZIONE E’ TAPPARE LA BOCCA A CHI NON VOTA PER LUI: OTTIMO ESEMPIO DI SOVRANISMO
Delle pressioni che la Russia sta esercitando negli ultimi mesi sulle big tech companies occidentali siamo tutti a conoscenza.
Tra le multe a Google Russia e le multe a Twitter Russia per la mancata rimozione di contenuti bollati come vietati e Youtube e TikTok che – subite le pressioni – hanno ceduto, il piano del governo russo in vista del voto parlamentare entro fine anno in Russia si fanno sempre più chiari.
E, almeno finora, sta funzionando senza particolari intoppi. Fai agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te, insomma, considerato che il paese di Putin ha interferito con le scorse elezioni Usa facendo disinformazione in rete e sfruttando proprio quei social sui quali oggi sta facendo pressione per evitare che vengano utilizzati dagli oppositori politici per fare critica nei mesi prima delle elezioni Russia 2021, previste per il prossimo settembre.
Sin dall’inizio di quest’anno in Russia il governo ha cominciato a fare pressioni per il voto che dovrebbe tenersi a fine anno. Una vera e propria serie di norma anti-dissenso hanno cominciato ad essere approvate, dalle radicali restrizioni per le proteste politiche alla censura dei social media.
Sulle piattaforme social le pressioni vanno sempre più aumentando mano a mano che si va avanti – come sottolinea anche il Wall Street Journal – e i social che dalla Russia vengono utilizzati per influenzare l’estero ora sono sotto scacco
Numero crescente di post classificato come illegale
Un numero sempre maggiore di post su tutti i grandi social network – a partire da Twitter, Youtube e TikTok – viene etichettato dal governo russo come illegale e non in linea con le leggi del paese. Successivamente viene fatta una richiesta di rimozione dei contenuti in questione e, finora, ha sempre funzionato.
I contenuti che vengono etichettati sono tutti quelli antigovernativi che vanno contro Putin: Youtube ha rimosso temporaneamente i collegamenti a determinati contenuti dell’opposizione, TikTok ha rimosso o cambiato alcuni video che criticavano il governo e incitavano alle proteste e Twitter si è detto pronto a lavorare per rimuovere determinati contenuti bollati come illegali.
Internet è e rimane il luogo più difficile da controllare ma, tramite questa opera di pressione sui social network la manipolazione di Putin potrebbe essere estremamente incisiva. Tanto dipenderà dalla risposta dei colossi social chiamati in causa e da quanto sceglieranno di essere condiscendenti rispetto ad atteggiamenti di questo tipo.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2021 Riccardo Fucile
L’EX CAPO MILITARE SERBO BOSNIACO E’ COLPEVOLE DEL GENOCIDIO DI SREBRENICA E ALTRI CRIMINI CONTRO L’UMANITA’… IL CRIMINALE, DIVENTATO UN MITO PER I SUPREMATISTI, MORIRA’ IN GALERA
Ventisei anni dopo il massacro di Srebrenica – in cui le truppe serbo bosniache
trucidarono oltre 8.000 musulmani bosniaci – i giudici dell’Aja confermano la condanna all’ergastolo per genocidio e crimini contro l’umanità a carico di Ratko Mladic, ex capo militare serbo bosniaco noto come “il macellaio di Bosnia”. La sentenza è definitiva, senza ulteriori possibilità di ricorsi.
Nel 2017 l’ex capo militare, oggi 78enne, era stato condannato all’ergastolo in primo grado per il genocidio di Srebrenica – il peggior massacro sul suolo europeo dalla Seconda guerra mondiale, perpetrato davanti agli occhi dei soldati olandesi della missione Onu – e per altri crimini commessi durante la guerra in Bosnia tra il 1992 e il 1995, inclusi persecuzione e sterminio.
Sotto la sua guida fu consumato l’assedio di Sarajevo – il più lungo nella storia bellica della fine del XX secolo – in cui morirono circa 10mila persone.
Su 11 capi d’accusa, i giudici lo hanno ritenuto colpevole di 10, assolvendolo da una seconda accusa di genocidio legata a una campagna per cacciare i non serbi da diverse città all’inizio della guerra. I pm hanno impugnato l’assoluzione, ma oggi la giuria dell’Aia ha respinto anche il loro ricorso, oltre a quello in appello di Mladic.
Anche l’ex leader politico di Mladic, Radovan Karadzic, era stato condannato per gli stessi crimini e sta scontando l’ergastolo.
Mladic era presente in aula e ha seguito con le cuffie della traduzione la lettura del lungo dispositivo della sentenza. In giacca scura e cravatta azzurra, affiancato da due agenti della sicurezza, l’ex generale è apparso in condizioni di salute discrete, accigliato e perplesso per tutte le accuse confermate a suo carico.
Ad ascoltare il verdetto in aula c’erano anche le vedove e le madri delle vittime. La giuria – composta da cinque giudici – era guidata dalla presidente dello Zambia, Prisca Matimba Nyambe. La sentenza nel processo d’appello chiude quasi tutti i procedimenti delle Nazioni Unite per i crimini commessi in una guerra che ha ucciso più di 100.000 persone e ha lasciato milioni di sfollati.
In Bosnia-Erzegovina era grande l’attesa per la sentenza. Tutti nella Federazione croato-musulmana, a cominciare dai parenti delle vittime, si aspettavano una conferma del carcere a vita per l’ex generale. Allo stesso tempo, resta l’amarezza per il fatto che ci siano voluti 26 anni perché, almeno nel suo caso, sia stata fatta giustizia.
La sentenza ha disatteso le speranze di quanti avrebbero voluto, per l’ex generale, altre condanne future per genocidio: oltre a Srebrenica, secondo l’accusa, fu genocidio in altri sei comuni della Bosnia – Foca, Vlasenica, Kljuc, Sanski Most, Kotor-Varos e Prijedor. “Tutto ciò che rientra nel concetto di genocidio – ha commentato Halida Konjo-Uzunovic, presidente dell’associazione Foca 92-95 – è stato commesso anche a Foca, o a Prijedor, e in altre città: stupri sistematici, provati grazie alle testimonianze di 16 donne coraggiose, campi di concentramento, persecuzioni, la distruzione di 17 moschee di Foca e la cancellazione di ogni traccia dell’esistenza dei bosgnacchi in questa città”.
Per questo, ha detto Konjo-Uzunovic, “ci aspettiamo che i giudici dell’Aja dicano a tutto il mondo che il genocidio è stato perpetrato, oltre che a Srebrenica, anche in altre città: solo così si può impedire che si ripeta il male che si sta preparando con la glorificazione dei criminali di guerra e la comparsa dei loro murales in diverse città”, mentre cresce sempre di più il problema della negazione dei crimini di guerra, a cominciare dallo stesso genocidio di Srebrenica.
Mladic e la sua eredità, di fatto, dividono ancora la Bosnia.
L’ombra di Mladic e di Karadzic, in verità, si estende ben oltre i Balcani: entrambi sono stati onorati da sostenitori dell’estrema destra all’estero per le loro campagne sanguinose contro i bosniaci musulmani.
L’australiano che nel 2019 sparò contro decine di fedeli musulmani a Christchurch, in Nuova Zelanda, si ritiene si sia ispirato ai leader serbo-bosniaci dei tempi della guerra. E lo stesso vale per Anders Breivik, il suprematista bianco norvegese responsabile dell’uccisione di 77 persone nel 2011 a Oslo e Utoya, in Norvegia.
Mladic fu incriminato per la prima volta nel luglio 1995. Dopo la fine della guerra in Bosnia, si nascose per essere poi arrestato nel 2011 e consegnato al Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia dall’allora governo filo-occidentale della Serbia.
Da allora il tribunale delle Nazioni Unite ha chiuso i battenti. L’appello di Mladic e altre questioni legali lasciate dal tribunale sono state trattate dal Meccanismo internazionale residuale per i tribunali penali delle Nazioni Unite, che è ospitato nello stesso edificio dell’ormai defunta corte per l’ex Jugoslavia.
Mladic ha denunciato il tribunale, definendolo un figlio delle potenze occidentali. I suoi avvocati hanno sostenuto che era lontano da Srebrenica quando è avvenuto il massacro. Il verdetto arriva dopo 25 anni di processi presso il tribunale ad hoc delle Nazioni Unite per i crimini di guerra per l’ex Jugoslavia che ha condannato una novantina di persone.
Il procuratore delle Nazioni Unite Serge Brammertz ha sottolineato l’importanza della sentenza per le vittime che vivono quotidianamente con il trauma del conflitto degli anni ’90. “Se parli ai sopravvissuti, le madri (di Srebrenica) che hanno perso i loro mariti, i loro figli, tutto questo è evidente: le loro vite si sono davvero fermate nel giorno del genocidio”, ha detto ai giornalisti prima del verdetto.
Un verdetto che è arrivato, appunto, dopo 26 anni, trovando in Mladic un uomo anziano, in condizioni di salute comunque precarie. Solo un’ombra del generale spietato che con le sue atrocità diventò il “boia di Bosnia”.
(da agenzie)
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