SONDAGGISTI CONCORDI: LA FEDERAZIONE DI CENTRODESTRA PRENDEREBBE MENO VOTI DI QUELLI CHE HANNO ORA I SINGOLI PARTITI: DAL 24% AL 28%
SERVE SOLO A SALVINI PER EVITARE IL SORPASSO DELLA MELONI E CONTINUARE A SPACCIARSI PER LEADER, A BERLUSCONI PER PUNTARE AL QUIRINALE CON IL VOTO DEI RENZIANI: LA SQUALLIDA MANOVRA E’ TUTTA QUA
Ancora non c’è ma già divide. Si dibatte sulla federazione del centrodestra: la Lega spinge, mezza Forza Italia frena, i partiti più piccoli soppesano pro e contro, i parlamentari già vedono le liste, e i sondaggisti calcolano. In prospettiva ovviamente.
Da via Bellerio fanno filtrare un sedicente sondaggio per cui la federazione (compresi i centristi) si attesta al 31,6% con possibilità di aumento.
Una prospettiva da avanti tutta. Che però, al momento, non fa proseliti.
Le cifre non convincono Roberto Weber: “Sono sciocchezze – dice il fondatore di Ixé a HuffPost – Parliamo di numeri ridicoli. Le percentuali dei partiti non si sommano: staranno sotto il 30%. Storicamente dal Dopoguerra in poi le fusioni tra partiti sono sempre state in deficit. Fa eccezione il Pdl, ma Salvini non è il Berlusconi di quei tempi. Nel 2006 Berlusconi sfiorò il pareggio con Prodi, ma erano due leader super-forti, uno con le tv private e uno con la Rai dalla propria parte, alla guida di partiti super-forti”.
Secondo Weber : “Vedo piuttosto una piccola fuoruscita dei sovranisti dalla Lega in via di “moderatizzazione”, mentre non penso che elettori della Meloni potrebbero votare una forza nata in contrapposizione a Fdi”.
La federazione è quindi “un’operazione politica della Lega per diventare azionista di maggioranza nel governo e non un’operazione di consenso”
La posizione di Renato Mannheimer: “la federazione sarebbe il primo partito italiano in vista delle prossime elezioni, in Italia con le fusioni spesso accade che si possa perdere un po’. Si arriverebbe al 27, 28%”
Ancora meno convinto è Roberto D’Alimonte: “Di sicuro la federazione starebbe sotto il 30%. Mancano i dati ma non l’esperienza: la federazione non sarebbe il Pdl (che comunque univa Fi e An, non la Lega) e Fi non è quella di un tempo”.
Non ci sarebbe neppure un effetto traino? “E perché un’aggregazione dovrebbe funzionare meglio di due partiti? Senza un leader diverso o un altro cambiamento forte manca la novità. Di per sé, la federazione non scalda certo i cuori degli elettori moderati”.
Anzi, avvisa D’Alimonte: “Il rischio, se l’operazione non viene presentata bene, è far disamorare parte degli elettori e scendere al 24%…”.
Perché rischiare, allora? La risposta è politica: “Far nascere un “polo europeo” all’interno della più ampia coalizione di centrodestra per consentire a Salvini di rivendicare Palazzo Chigi. A quel punto non solo avrebbe un voto in più sulla Meloni ma anche le credenziali europee adeguate”.
(da Huffingtonpost)
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