Giugno 21st, 2021 Riccardo Fucile
LE FORMAZIONI STORICHE SI PRENDONO LA LORO RIVINCITA
Le radici ancorate al territorio, così come la storia che si ha alle spalle, contano. E, a dispetto dei sondaggi, alle elezioni locali e regionali premiano. I risultati delle elezioni regionali in Francia – dove i repubblicani e i socialisti, considerati ormai a un passo dallo spirare appena alle scorse elezioni, hanno avuto la meglio – è indice di una tendenza che, dove più dove meno, soffia nel cuore dell’Europa.
Nonostante le ondate di populismo abbiano lambito a più riprese il Vecchio Continente, nonostante i soggetti politici più estremi – dal Rassemblement National di Le Pen in Francia a Vox in Spagna – nei sondaggi abbiano raggiunto percentuali importanti, sui territori perdono. In Francia, così come in Spagna e in Germania.
Oltralpe, in verità, gli sconfitti sono due. Oltre a Marine le Pen – che secondo i sondaggi poteva vincere addirittura in quattro regioni e invece non l’ha spuntata neanche in un caso – ad essere preoccupato per il suo futuro è il presidente Macron. La sua popolarità è a picco e la risalita del consenso per i Repubblicani non è certo per lui, e per la sua République en marche, una buona notizia.
Ma il caso francese non è isolato, dicevamo.
E per capirlo basta buttare uno sguardo al recentissimo passato. In Germania la Cdu – il partito della cancelliera Merkel, che certamente non sta vivendo i suoi tempi migliori – ha vinto alle elezioni regionali in Sachsen-Anhalt.
Era l’ultima tornata elettorale delle elezioni federali del 26 settembre e il 36.2% ottenuto dai cristianodemocratici è andato non solo molto oltre le aspettative – si prospettava un testa a testa con gli estremisti di Alternative für Deutschland, che invece si è “fermata” al 22% – ma anche oltre il risultato ottenuto cinque anni fa.
Ora, se questa vittoria non basta a cancellare le difficoltà della Cdu, né il risultato scarno del partito guidato da Armin Laschet in Renania-Palatinato e Baden-Württemberg, certamente sancisce un punto fermo: non bastano i venti del populismo a spazzare i partiti storici, ma ci vuole ben altro.
Le elezioni Federali cristallizzeranno il vero stato di salute della Cdu, e anche della Csu. Ma attenzione a dare le formazioni storiche per moribonde, perché così non è.
E se gli esempi di Francia e Germania non dovessero bastare, dalla Spagna arriva la prova del nove.
Nel 2019, mentre la storica formazione di sinistra – il partito socialista – teneva e vinceva le elezioni, con Pedro Sanchez che formava il governo con Podemos, i Popolari guadagnavano appena 66 seggi. Un tracollo senza precedenti.
La novità di quell’anno era l’ingresso dell’estrema destra di Vox in Parlamento. A distanza di un anno e mezzo, i Popolari si sono presi la loro rivincita. Nella comunità autonoma di Madrid, infatti, a inizio maggio hanno superato tutti con un sorprendente 45%. A un pelo dalla maggioranza assoluta.
Per raggiungerla, tre giorni fa, il Pp ha avuto però bisogno di Vox. Se da un lato la necessità del sostegno dell’estrema destra – fosse anche nelle forme dell’astensione – potrebbe complicare la vita alla confermata presidente Isabel Díaz Ayuso, dall’altro questo 45% sancisce una nuova stagione per i popolari spagnoli. Quale sarà il seguito è tutto da vedere.
Le elezioni di Madrid sono state un giro di boa anche per Podemos, la formazione in cui alcuni hanno ravvisato il populismo di sinistra. Il suo leader e fondatore, Pablo Iglesias, dopo il risultato insoddisfacente registrato nella comunità madrilena ha deciso di lasciare la politica. Una stagione, breve, che finisce a fronte di altre che attraversano i decenni e, pur tra alti e bassi, continuano.
(da Huffingtonpost)
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Giugno 21st, 2021 Riccardo Fucile
SONO GUARDIE DELL’ATTUALE GOVERNO LIBICO… L’ITALIA CONTINUA A FINANZIARE QUESTI CRIMINALI CON FIOR DI MILIONI, DIVENTANDO COMPLICE DEI RESPINGIMENTI ILLEGALI
Cinque adolescenti somale, tra i 16 ed i 17 anni, riportano di aver subito violenze
sessuali da parte delle guardie libiche. Stanno supplicando di essere rilasciate dal centro di detenzione di Shara al-Zawiya, uno dei centri gestiti dal Dipartimento per la lotta all’immigrazione illegale della Libia (DCIM), sostenuto dall’Unione europea nella sua lotta ai flussi migratori.
Questa la notizia venuta fuori grazie all’inchiesta dell’Associated Press.
Le violenze all’ordine del giorno
Tra loro una diciassettenne, che riferisce che le violenze sessuali sono continuate, solo che ora sono perpetuate dalle guardie del centro gestito dal governo libico a Tripoli.
“Anche se non è la prima volta che subisco attacchi sessuali, questo è più doloroso perché è stato fatto dalle persone che dovrebbero proteggerci”, ha detto la ragazza parlando con Renata Brito, giornalista dell’AP, usando un telefono cellulare contrabbandato.
“Devi offrire qualcosa in cambio per andare in bagno, per chiamare la famiglia o per evitare le percosse. È come se fossimo trattenuti dai trafficanti”.
I contrabbandieri e i trafficanti in Libia – molti dei quali membri delle milizie – sono stati a lungo noti per aver brutalizzato i migranti. I gruppi per i diritti e le agenzie delle Nazioni Unite, però, dicono che gli abusi avvengono anche nelle strutture ufficiali gestite dal DCIM.
“La violenza sessuale e lo sfruttamento sono diffusi in diversi centri di detenzione (per migranti) in tutto il paese”, ha riferito Tarik Lamloum, un attivista libico che lavora con la Belaady Organization for Human Rights.
L’agenzia dell’ONU per i rifugiati ha documentato centinaia di casi di donne violentate durante la detenzione del DCIM o nelle prigioni dei trafficanti.
Alcune sono state addirittura ingravidate dalle guardie e hanno partorito durante la detenzione, ha affermato Vincent Cochetel, l’inviato speciale dell’agenzia per il Mediterraneo centrale.
Il racconto dell’orrore
Il racconto è molto crudo. Una notte di aprile, verso mezzanotte, la ragazza ha chiesto a una guardia di lasciarla andare in bagno. Quando ha finito, la guardia l’ha attaccata e le ha afferrato il seno con forza, ha ricordato. “Ero pietrificata e non sapevo cosa fare”, ha detto ad AP. La guardia ha toccato il resto del suo corpo, comprese le parti intime, poi si è slacciato i pantaloni e ha cercato di spogliarla nel tentativo di violentarla. Ha continuato la sua aggressione mentre lei piangeva, lottava e lo supplicava di lasciarla andare.
“Si è fermato solo quando ha finito”, ha detto. “Sono stata fortunata poiché ha finito in fretta”. La guardia le ha poi ordinato di pulire i vestiti che erano stati coperti dal suo liquido seminale, ha ricordato, scoppiando in lacrime. Terrorizzata, è tornata nella sua cella e ha raccontato ad una delle altre ragazze quello che era successo. Ha imparato presto che non era l’unica vittima. Tutte le ragazze, dai 16 ai 18 anni, avevano subito abusi simili o peggiori da parte delle guardie libiche.
Una sedicenne nella stessa cella ha detto all’AP che ha iniziato a subire molestie sessuali pochi giorni dopo essere arrivata al centro. Quando ha supplicato una guardia di chiamare la sua famiglia, lui le ha dato un telefono e l’ha fatta uscire dalla cella per chiamare sua madre. Una volta che lei ha riattaccato, lui si è messo dietro di lei e le ha afferrato i seni. Lei ha rimosso le sue mani e ha iniziato a piangere. La guardia si è fermata solo dopo aver capito che altri impiegati erano al centro. “Ogni giorno fanno questo. Se resisti, sarai picchiata o privata di tutto”.
Le conseguenze
Almeno due delle ragazze hanno tentato di uccidersi alla fine di maggio in seguito a presunti pestaggi e tentativi di stupro, secondo il gruppo per i diritti locali Libyan Crime Watch e le agenzie delle Nazioni Unite.
Una di loro, una quindicenne, è andata in ospedale il 28 maggio ed ha ricevuto le cure di Medici Senza Frontiere (MSF) solo per essere riportata al centro di detenzione.
Maya Abu Ata, una portavoce di MSF Libia, ha confermato che il personale del gruppo ha curato le due nella sua clinica. I team di Medici senza frontiere “hanno fatto pressioni su diversi interlocutori per il loro rilascio dalla detenzione ma questi tentativi non hanno avuto successo”, ha riportato la ragazza. Il governo libico, al momento, non ha risposto alle richieste di commento sulle accuse rivolte alle guardie libiche.
I numeri
Il caso delle adolescenti di Shara al-Zawiya ripropone le domande sul ruolo dell’UE nel ciclo di violenza che intrappola migranti e richiedenti asilo in Libia.
L’UE addestra, equipaggia e sostiene le guardie libiche per intercettare le persone che cercano di attraversare il Mediterraneo centrale verso l’Europa. Almeno 677 persone sono morte o scomparse prendendo questa rotta su barche inaffondabili quest’anno. Dall’inizio dell’anno la guardia costiera libica ha intercettato 13.000 uomini, donne e bambini, un numero record. E la maggior parte si trova ora in centri gestiti dal DCIM.
(da TPI)
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Giugno 21st, 2021 Riccardo Fucile
L’EX PREMIER SI TIENE ALLA LARGA DAL VOTO, NIENTE SUPPLETTIVE A PRIMAVALLE
Enrico Letta e Giuseppe Conte aspirano a diventare leader di due partiti gemelli, ma restando comunque diversi. Anche nelle scelte personali.
Il segretario del Pd è fortemente indiziato di candidatura per le elezioni suppletive a Siena, un territorio tutto sommato facile per un capo della sinistra, per poter rientrare in Parlamento e guidare da dentro il Palazzo il proprio partito.
Il leader in pectore del Movimento 5 stelle è orientato a seguire la strada esattamente opposta. Già, perché anche per l’ex premier ci sarebbe la possibilità di fare per la prima volta il suo ingresso alla Camera, se ne è parlato, lui ha traccheggiato, ma c’è ora c’è da prendere una decisione.
La 5 stelle Emanuela Del Re, sottosegretaria al ministero degli Esteri, è stata ufficialmente nominata Rappresentante speciale dell’Unione europea per il Sahel, incarico che la porterà a lasciare il proprio seggio da deputata nella zona di Primavalle, Roma.
Un seggio che spetta “di diritto” ai 5 stelle nella logica di coalizione giallorossa, e sulla candidatura di Conte nessuno avrebbe da ridire, anzi. Tranne Conte.
L’ex premier si era già cautamente sfilato un paio di settimane fa con un’intervista al Corriere della Sera: “Mi farebbe davvero molto piacere restituire quello che Roma mi ha dato. Ma non posso assumere con i romani impegni che non potrei mantenere. Devo dedicarmi a tempo pieno alla ripartenza del Movimento”.
Ma in casa pentastellata la questione è tornata spesso a fare capolino nei conciliaboli, e anche l’entourage del neo leader non ha scartato a priori la possibilità, conscio che una traversata fino al 2023 senza un podio parlamentare e completamente fuori dal Palazzo sarà molto dura.
Conte negli ultimi giorni, in vista delle dimissioni della Del Re, ha ribadito il suo no grazie. C’è la volontà di occuparsi a tempo pieno della macchina M5s, certo, ma c’è anche un legittimo e ponderato calcolo politico.
Roma non è Siena, e le possibilità di insuccesso sono da tenere seriamente in conto. In particolar modo nella stanza dei bottoni dei 5 stelle si osservano con preoccupazione i sondaggi di Virginia Raggi, essendo le suppletive coincidenti con il primo turno delle amministrative. Dal Campidoglio si spande ottimismo, ma realisticamente la situazione è complicata.
Distante nei sondaggi dal centrodestra, le possibilità di ballottaggio al momento sono nel caso superasse il duo Gualtieri/Calenda. Ed è qui che subentra il ragionamento di opportunità: “L’ondata di centrodestra nei sondaggi è indiscutibile – spiega un dirigente pentastellato – e i nostri alleati in coalizione sono gli stessi che in città combatteremo”. Le previsioni poco rosee si mescolano al fatto che la coalizione che a Primavalle si presenterebbe compatta, nel resto della città se le sarà date per mesi di santa ragione, rendendo ancora più volatile e incerto il risultato.
Un deputato ironizza: “Se si fosse candidato avrebbe dato un segnale, così è come dire che sa che la Raggi perderà”.
L’ex premier in realtà vuole tirare la volata alla sindaca uscente, anche perché dopotutto sa che Roma è tra gli scenari meno foschi delle prossime comunali, come sa perfettamente che il risultato delle urne gli verrà addebitato sul proprio conto personale, soprattutto in caso di raccolto magro. Un’eventuale Caporetto è assorbibile, e dopotutto c’è la speranza di un futuro Piave, due contemporaneamente prefigurerebbero un colpo dal quale sarebbe molto complicato rialzarsi.
(da Huffingtonpost)
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Giugno 21st, 2021 Riccardo Fucile
NELLA VALUTAZIONE TUTTE A E UN VOTO B PER I COSTI
È un via libera: la Commissione europea, secondo le prime indiscrezioni raccolte
dall’Ansa, ha valutato positivamente il Piano nazionale di ripresa e resilienza consegnato dal governo italiano.
L’approvazione definitiva da parte di tutti i commissari avverrà entro il 22 giugno, e sarà poi consegnata alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e al premier Mario Draghi nel pomeriggio.
Intanto, si conosce già qual è il punto debole del programma presentato dall’Italia: il costo per la realizzazione del Pnrr, che ha ottenuto il voto “B”. Tutte “A”, invece, per il resto delle voci.
Sarà stanziato, grazie alla valutazione positiva, il 13% del finanziamento totale previsto dal Recovery Fund per l’Italia.
Il piano, si legge nella pagella di Bruxelles, «contribuisce ad affrontare in modo soddisfacente» le raccomandazioni specifiche della Ue.
Nello specifico, il Pnrr italiano è stato considerato «ben allineato» al Green Deal europeo, con il 37% delle misure indirizzate alla transizione climatica.
In questo campo rientrano i progetti di efficientamento energetico degli edifici (tra cui il Superbonus), quelli per favorire la concorrenza nel mercato del gas e dell’elettricità. Apprezzata anche l’attenzione al digitale, al quale l’Italia ha destinato il 25% delle risorse del piano con misure per la digitalizzazione delle imprese, incentivi fiscali per la transizione 4.0, la banda larga e il sostegno a ricerca e innovazione.
(da agenzie)
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Giugno 21st, 2021 Riccardo Fucile
E MONACO VUOLE COLORARE LO STADIO DI ARCOBALENO IN PROTESTA CON ORBAN
Il capitano di “Der Mannschaft” Manuel Neuer con la fascia arcobaleno al braccio, ma anche l’Allianz Arena di Monaco illuminato con i colori simboli dei diritti Lgbt.
La Germania si prepara ad accogliere in Baviera l’Ungheria per l’ultima partita del gruppo F degli Europei, in programma mercoledì 23 giugno alle ore 21.
Più delle questioni calcistiche, sulla stampa tedesca è diventato un caso la richiesta avanzata dal consiglio comunale di Monaco, che vuole illuminare l’esterno dello stadio con i colori dell’arcobaleno: una risposta alla legge approvata martedì scorso dal Parlamento ungherese, che limita il diritto all’informazione dei giovani sotto i 18 anni in materia di omosessualità, equiparandola alla pornografia e alla pedofilia.
Un provvedimento fortemente voluto dal primo ministro Viktor Orban, che da quando è al governo ha sempre avuto un atteggiamento ostile nei confronti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali.
La certezza è che il portiere Neuer scenderà nuovamente in campo – come nelle prime due partite contro Francia e Portogallo – con al braccio la fascia arcobaleno. Se l’Uefa, l’organo di autogoverno del calcio europeo, vieta ai giocatori di fare slogan politici, la Federcalcio tedesca ha replicato che il suo capitano promuove semplicemente la diversità.
“È un segno della squadra a favore del pluralismo e viene valutato come una good cause“, ha scritto su Twitter ieri la Dfb.
Sulla vicenda è intervenuto anche il portavoce del governo di Angela Merkel, Steffen Seibert, spiegando che “i colori dell’arcobaleno simbolizzano il fatto che vogliamo vivere con rispetto senza discriminare le minoranze”.
Ora però l’Uefa dovrà decidere su un’altra richiesta, quella arrivata da Monaco di Baviera, sede della partita, che vuole appunto un’Allianz Arena tutta arcobaleno. Il consiglio comunale ha già inviato la lettere, con la richiesta messa nero su bianco.
La città “è impegnata nella diversità, nella tolleranza e nella reale uguaglianza nello sport e nella società nel suo insieme”, ha scritto il sindaco socialdemocratico Dieter Reiter.
Al suo appello, però, l’Uefa risponderà solamente mercoledì, il giorno della partita tra Germania e Ungheria. Il settimanale tedesco Der Spiegel in un articolo online fa notare come uno dei vicepresidenti dell’organizzazione (nonché della Fifa) sia l’ungherese Sandor Csanyi, un uomo legato a Orban. Difficilmente, dicono da Monaco, l’Uefa vorrò andare contro il premier ungherese.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Giugno 21st, 2021 Riccardo Fucile
SI’ DEI PEDIATRI ALLA VACCINAZIONE DEGLI UNDER 19
Quasi 638mila casi e 26 decessi. È il bilancio della pandemia di Covid in Italia per i
bambini e gli adolescenti.
Per questo, la Società italiana di Pediatria, è indispensabile procedere con la vaccinazione degli under 19. La Sip ha redatto un documento – sulla scorta dei dati dell’Istituto Superiore di Sanità – sulla strategia vaccinale Covid-19 per la fascia pediatrica e adolescenziale.
Nel dettaglio, sul totale dei casi positivi il 5,5% (231.338) con 11 decessi, riguarda la fascia di età 0-9 anni, mentre il 9,6% (406.460) con 15 decessi riguarda la fascia di eta’ 10-19 anni.
“Anche se la fascia pediatrica dai 12 anni in su – si legge – risulta essere tra quelle meno colpite dal SARS-CoV2, recenti evidenze scientifiche hanno dimostrato in tale fascia di età la presenza di gravi complicanze renali o di complicanze multisistemiche, anche al di là della ben codificata MIS-C, conseguenti ad un’infezione pauci- o asintomatica da SARS-CoV-2, come sta emergendo per l’adulto.
“A questo, indicano ancora i pediatri, si aggiunge che, in termini di sanità pubblica, “la fascia di età pediatrica e adolescenziale può fungere da serbatoio per la diffusione del virus nell’intera popolazione. Per questo, seppur l’obbiettivo primario della vaccinazione è quello di non sviluppare la malattia, l’opportunità di implementare un’offerta vaccinale universale aiuterà notevolmente a ridurre non solo la circolazione dello stesso virus, ma soprattutto il rischio di generare varianti potenzialmente più contagiose o capaci di ridurre l’efficacia degli stessi vaccini in uso”.
Inoltre, aggiunge il documento dei pediatri, “la tempestività del raggiungimento delle alte coperture vaccinali nelle fasce pediatriche ed adolescenziali permetterà anche di beneficiare di una prossima apertura dell’anno scolastico in sicurezza”.
Per quanto attiene “la strategia dell’implementazione dell’offerta vaccinale Covid-19 limitata solo a pazienti pediatrici con malattie pregresse”, la Società Italiana di Pediatria, “pur condividendo la priorità vaccinale per tali tipologie di categorie a rischio, non ritiene tale approccio valido ed efficace per contrastare l’attuale pandemia, che necessita piuttosto di un intervento vaccinale globale, in tutte le età e in tutti i Paesi del mondo”.
I pediatri, in conclusione, raccomandano: “in linea con le vigenti raccomandazioni ministeriali, la vaccinazione Covid-19 per tutti i bambini e gli adolescenti di età pari o superiore a 12 anni privi di controindicazioni per gli specifici vaccini autorizzati per età; l’utilizzo di qualsiasi vaccino Covid-19 (purché approvato da EMA e da AIFA), secondo i tempi e le modalità di somministrazione previsti per le specifiche fasce di età; la somministrazione del vaccino Covid-19 anche senza attenersi a specifici intervalli di tempo rispetto ai vaccini previsti dal vigente Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale, se non quelli minimi necessari per valutare eventuali eventi avversi (15 giorni)”.
“Nel caso di minore con anamnesi di pregressa infezione da SARS-CoV-2 – si legge ancora nel documento dei pediatri -, un intervallo di almeno 90 giorni tra la diagnosi di infezione o la somministrazione di eventuali anticorpi monoclonali e la prima somministrazione del vaccino Covid-19; di non prescrivere farmaci finalizzati alla prevenzione degli eventuali eventi avversi postvaccinici; di guidare gli adolescenti e le loro famiglie verso un percorso vaccinale libero e consapevole; di informare i genitori circa le modalità per la gestione dei più frequenti segni e sintomi postvaccinici, ma soprattutto in merito alle tempistiche per contattare il proprio medico di riferimento per beneficiare di ulteriori specifiche informazioni; di ribadire con forza agli adolescenti ed alle loro famiglie il valore del continuo e costante rispetto delle norme per il contenimento e la diffusione del SARS-CoV-2, anche dopo vaccinazione e fino a quando non verranno formalizzate specifiche indicazioni da parte degli Enti regolatori nazionali”.
(da agenzie)
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Giugno 21st, 2021 Riccardo Fucile
CENSIS: LA PANDEMIA HA ACCRESCIUTO IL “RISENTIMENTO NAZIONALE”
Che paura per gli anziani nel 2020-21, l’anno del Covid. Quanti malati, quanti ricoverati, quanti morti. Però per gli anziani che non hanno preso la malattia o l’hanno superata e ora sono nella maggior parte vaccinati, l’anno trascorso – se si guarda all’indietro – non è poi stato così orribile, e anzi se la sono cavata meglio degli adulti e dei giovani nella gestione di queste improvvise e inedite difficoltà.
Secondo il Censis, la grande maggioranza di loro, il 69,3 per cento esattamente, non ha sofferto di un forte stress psico-fisico nella pandemia.
È andata peggio ad adulti (soltanto il 34,1 per cento ha detto di non aver sofferto per questo motivo) e ancor più ai giovani (23,3 per cento).
Sembra incredibile ma è così: la ricerca “La silver economy nell’anno più nero”, presentata oggi da Giuseppe De Rita, presidente del Censis, mostra che chi ha i capelli bianchi è riuscito a resistere meglio. “Coriacei nel sostenere le inattese difficoltà del Covid-19 – si legge – pronti a riprendersi la vita attiva con una rinnovata cura per se stessi, relazioni, consumi, viaggi: ecco gli anziani proiettati oltre clausure, restrizioni, solitudini forzate in questi 16 mesi d’emergenza”.
Insomma, anziani più resistenti di adulti e giovani. Questi ultimi, in particolare, sono stati colpiti più duramente: “la vita claustrofobica, l’amputazione relazionale, il bando dei tanti piaceri da luoghi pubblici” hanno svuotato in modo clamoroso le loro vite. Non solo.
Dal punto di vista economico gli anziani, il cui reddito arriva perlopiù dalla pensione fissa, hanno accresciuto la loro ricchezza: il 67,8 per cento di loro, quindi oltre due terzi, sostiene che sia migliorata (avendo risparmiato durante la pandemia), contro il 53,5 per cento del resto della popolazione.
“Del resto – si legge nella ricerca – nell’emergenza il grado di certezza del reddito ha discriminato tra chi ha subito colpi e chi no, e gli anziani percettori di reddito sono nel girone buono.
In definitiva, la pandemia ha allargato ancora di più il solco tra i vecchi, percepiti come “ricchi” se non altro perché non hanno perso nulla dei loro redditi, e i giovani, molti dei quali hanno perso il lavoro, o hanno aumentato la loro precarietà.
Di conseguenza è aumentato il “risentimento generazionale”: il “54,3 per cento dei giovani pensa che si spendano troppe risorse pubbliche per gli anziani, ed erano il 35 per cento l’anno scorso”, si legge nella ricerca. E non basta: il 74,1 per cento dei giovani ritiene che ci siano troppi anziani in posizione di potere, “dall’economia alla società fino ai media. Gerontocrazie che rendono lividi i giovani”, chiosa chi ha stilato lo studio.
Al contrario, gli anziani vedono se stessi – con la loro ricchezza stabile, non scalfita dal Covid, e dunque di fatto rafforzata – come un bancomat per figli e nipoti.
Ben l’88,7 per cento di loro ne è convinto. Il bello è che anche il 67 per cento degli adulti lo riconosce e persino il 50,8 per cento dei giovani lo ammette. Da qui il paradosso: “Le pensioni – si legge nello studio – sono, in moltissimi casi, un finanziamento a fondo perduto in incognito per i giovani: sono risorse che partono dalla previdenza sociale, transitano sui conti correnti degli anziani e arrivano a destinazione sui conti correnti di figli e nipoti.
La perdurante contrapposizione vecchi-giovani è però il segnale che la “ferita intergenerazionale è ancora lì sul piano sociale e non si è rimarginata, anzi si è approfondita”.
Eppure, nonostante tutto, i giovani non sono insensibili alle esigenze degli anziani. Per il 76,8 per cento di loro gli anziani non autosufficienti dovrebbero poter restare, con opportuni aiuti pubblici, nella propria casa. Fra gli adulti la percentuale arriva all’85 per cento e fra gli anziani all’88,4 per cento.
Per tutti infatti c’è grande sfiducia nelle residenze per anziani e l’eventualità di accrescere la qualità di queste strutture non è vissuta da nessuno come una soluzione proponibile: né per gli anziani (ci crede soltanto l’11,6 per cento) né per gli adulti (14,6 per cento) né per i giovani (23,2 per cento).
Tutti, insomma, vorrebbero che chi è colpito da disabilità da vecchio possa rimanere a casa propria ma – avvertono gli autori dello studio – “nel lungo periodo la tenuta delle reti familiari al livello attuale è altamente improbabile, vista la tenaglia fra l’incremento del numero di anziani non autosufficienti e l’assottigliamento dei nuclei familiari”. Al momento, però, “è ancora decisivo il ruolo delle badanti, e ben 7 italiani su 10 sono favorevoli a erogare sussidi agli anziani la cui assistenza è affidata a una badante”.
Ma questo è il futuro, più o meno prossimo.
Al momento la ricerca fotografa, all’indomani della fase più acuta della pandemia, una ritrovata gioia di vivere di questi anziani indistruttibili, rafforzati, secondo la ricerca, da un’infanzia e un’adolescenza contraddistinte da scarsità e sofferenze: il 43,4 per cento di loro dichiara di voler curare adesso di più l’aspetto fisico.
Mentre il 66,4 per cento è pronto a fare almeno un viaggio o vacanza in Italia, il 38,4 per cento vuole far lo stesso ma recandosi all’estero. Il 57,3 per cento dichiara che trascorrerà almeno un weekend in Italia con pernotto in hotel, il 29,7 per cento almeno un fine settimana all’estero.
E “il 46,3 per cento correrà a sedersi ai tavolini di ristoranti, trattorie, osterie, enoteche e altri servizi pubblici”. Chiosano infine gli autori del report: “ecco il furore di vivere degli anziani che annuncia, anche per loro, una rivincita dei piaceri, della relazionalità e dei consumi”. Saranno anche la silver economy, ma per loro è ancora una golden age.
(da Huffingtonpost)
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Giugno 21st, 2021 Riccardo Fucile
“SI RISCHIANO MOLTI MORTI”
La variante Delta del Covid preoccupa sempre di più gli esperti, i quali si dicono
convinti che presto diventerà dominante in Italia con uno scenario simile a quello che si sta registrando in questi giorni nel Regno Unito dove si sta verificando un aumento dei contagi.
Intervistati dal Corriere della Sera, sia l’immunologo Guido Forni che il virologo Fabrizio Pregliasco si dicono certi che, tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, si registrerà un aumento dei contagi a causa della variante del Covid che ha avuto origine in India.
Se Pregliasco afferma di aspettarsi un aumento “contenuto delle forme più gravi di Covid”, Guido Forni, invece, lancia l’allarme per quei “circa 2,8 milioni di over 60 che ancora non si sono immunizzati per niente”.
Entrambi, infatti, concordano sul fatto che i vaccini risultano essere efficaci anche contro questa variante del virus, ma solo per chi ha completato il ciclo vaccinale, ricevendo quindi entrambe le dosi.
“Mi aspetto un incremento dei contagi verso fine estate, quando la variante Delta sarà più diffusa, anche se il ‘liberi tutti’ è ormai una realtà e per questo l’impennata potrebbe arrivare anche prima” dichiara Pregliasco.
“Credo che ci attenda un’estate abbastanza tranquilla. Il fatto di trascorrere più tempo all’aria aperta e i raggi ultravioletti che neutralizzano il virus sono due fattori che ancora una volta ci aiuteranno. Rispetto allo scorso anno abbiamo inoltre un’arma in più, i vaccini. Tuttavia temo che potremo andare incontro a una situazione simile a quella che sta vivendo la Gran Bretagna” aggiunge il virologo.
“Mi aspetto che, come è già successo nel Regno Unito e negli Stati Uniti, diventi presto dominante anche da noi. Per questo tutti dobbiamo mantenere alta la guardia. Secondo i bollettini di questi giorni ci sono circa cento mila persone positive, ma sappiamo che potrebbero essere il doppio, forse il triplo” conclude, quindi, l’esperto.
Parole condivise anche dall’immunologo Guido Forni che si dice “molto preoccupato” per la variante Delta del Covid. “Si sta cercando di controllarla. Chi è vaccinato con due dosi è piuttosto protetto. Mi preoccupano quei circa 2,8 milioni di over 60 che ancora non si sono immunizzati per niente. Se la Delta si diffondesse, il numero di morti potrebbe essere elevato”.
Secondo Forni, inoltre, è “improbabile” che la variante non diventi dominante in Italia. “È già in Gran Bretagna, dunque vicina, a differenza delle varianti sudafricana e brasiliana, rimaste piuttosto confinate. Siamo col fiato sospeso. Se prende il largo i casi saliranno a meno che non ci facciamo trovare tutti vaccinati”.
(da agenzie)
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Giugno 21st, 2021 Riccardo Fucile
CALL CENTER MISTERIOSI, TECNICI CHE RIVENDONO LA CHIAMATA, PREZZI QUADRUPLICATI
La denuncia arriva da Federconsumatori e Adiconsum, che insieme chiedono un intervento della politica, perché c’è chi, per un banale intervento di spurgo della rete fognaria, durato appena 25 minuti ha dovuto sborsare 976 euro. Il caso è capitato a Modena.
Il racconto
A raccontarlo nei dettagli dalle due associazioni con un comunicato: «É mercoledì, sono le ore 18, Roberto ha un problema legato alla fognatura della propria abitazione, che deve essere risolto con urgenza. Cerca sul proprio smartphone un idraulico di Modena, digitando nel motore di ricerca le parole “idraulico” e “Modena”.
Appaiono diversi siti con le due parole assieme, e chiama un numero verde del sito “Pronto intervento idraulico Modena”. Qui gli confermano che invieranno un idraulico alla sua abitazione, e che il costo di chiamata era fissato in 100 euro, ai quali sarebbe stato aggiunto il costo orario dell’intervento.
Nella tarda serata si presentano due soggetti a casa di Roberto; uno soltanto si occupa dello spurgo, mentre l’altro attende nei pressi.
L’intervento dura 25 minuti, e mentre il tecnico si allontana Roberto scopre che l’altro soggetto, giunto in auto, non è altro che l’esattore, che gli presenta l’incredibile conto di 976 euro da pagarsi immediatamente sul POS.
Alle rimostranze di Roberto il soggetto dichiara che non se ne sarebbe andato prima del pagamento, cosa che effettivamente fa».
L’azienda era partita da Reggio Emilia
La prima cosa che Roberto nota è che nonostante avesse contattato una ditta che si dichiarava di Modena, scopriva solo in quel momento che l’intervento era stato fatto da una azienda reggiana (così indicata sulla fiancata dell’autospurgo), e che il nome sulla ricevuta era quello di un soggetto di Fidenza (Pr).
I toni si inaspriscono, l’esattore fa una proposta di riduzione del conto a 600 euro, con pagamento in contanti, senza ricevuta.
Roberto rifiuta, e posto in una condizione di «minorata difesa» (aveva due figli piccoli in casa, e l’ora era tarda) paga l’intera somma.
Il giorno dopo chiama il numero del fantomatico «Pronto intervento idraulico Modena», che dichiara di essere estraneo ai fatti, e di non essere altro che un call center che si occupa di trovare un soggetto per l’intervento richiesto.
Il call center anonimo
«Un call center peraltro privo di indirizzo, di un numero di telefono fisso – recita il comunicato – del quale è ignoto se operi in Italia o dall’estero, gestore di centinaia di pagine web dove alle parole idraulico, elettricista e fabbro si aggiungono quelli delle province italiane, a volte anche di centri minori.
Un call center che poi si occupa, in cambio di una cifra fissa (probabilmente i 100 euro del cosiddetto diritto di chiamata) di vendere ad altri soggetti la chiamata. Soggetti che, come in questo caso, a loro volta rivendono a propria volta la chiamata, quasi sempre a tecnici di scarso o nullo spessore professionale, ma assolutamente spudorati e alquanto ben organizzati»
«Il costo corretto era 250 euro»
«Come calcolare, all’incirca, il costo dell’intervento?» chiariscono le due associazioni: «Se viene applicato il diritto di chiamata questo assorbe ogni altra cifra, ad eccezione delle ore lavorate e degli eventuali ricambi. Nel caso dello spurgo di una piccola abitazione è improprio attribuire altri costi fantasiosi. Quindi Roberto doveva pagare una cifra non superiore ai 200/250 euro»
Le altre storie
A Roberto si aggiunge S., che per far aprire una porta con un tesserino di plastica ha pagato 600 euro, o E. che per far sgorgare un lavandino ha speso altrettanto, sempre con soggetti di scarsa consistenza, provenienti da fuori provincia, sempre rintracciati tramite un call center che millantava una presenza nel Comune, a volte anche utilizzando un rassicurante quanto falso prefisso 059, generato da un software.
Le modalità sono simili, e costante la proposta di uno sconto a fronte del pagamento illecito, ovvero in nero; ma anche quando la ricevuta viene fornita raramente segue l’emissione di una regolare fattura.
L’appello alla politica
Federconsumatori e Adiconsum di Modena chiedono «su questo tema l’attenzione della politica; per parte nostra riteniamo che debba essere interrotta la possibilità di “vendere” il contatto con una persona in difficoltà, in emergenza, in una catena dove le illegalità sono numerose quanto implicite in un sistema di questo tipo, che ha come premessa la menzogna di una presenza millantata nel territorio.
Sono comportamenti che non danneggiano soltanto i consumatori, ma anche quella grande maggioranza di operatori che si comportano nel rispetto delle regole».
(da il Corriere di Bologna)
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