GERMANIA, FRANCIA, SPAGNA: I PARTITI TRADIZIONALI VINCONO, I SOVRANISTI SCONFITTI
LE FORMAZIONI STORICHE SI PRENDONO LA LORO RIVINCITA
Le radici ancorate al territorio, così come la storia che si ha alle spalle, contano. E, a dispetto dei sondaggi, alle elezioni locali e regionali premiano. I risultati delle elezioni regionali in Francia – dove i repubblicani e i socialisti, considerati ormai a un passo dallo spirare appena alle scorse elezioni, hanno avuto la meglio – è indice di una tendenza che, dove più dove meno, soffia nel cuore dell’Europa.
Nonostante le ondate di populismo abbiano lambito a più riprese il Vecchio Continente, nonostante i soggetti politici più estremi – dal Rassemblement National di Le Pen in Francia a Vox in Spagna – nei sondaggi abbiano raggiunto percentuali importanti, sui territori perdono. In Francia, così come in Spagna e in Germania.
Oltralpe, in verità, gli sconfitti sono due. Oltre a Marine le Pen – che secondo i sondaggi poteva vincere addirittura in quattro regioni e invece non l’ha spuntata neanche in un caso – ad essere preoccupato per il suo futuro è il presidente Macron. La sua popolarità è a picco e la risalita del consenso per i Repubblicani non è certo per lui, e per la sua République en marche, una buona notizia.
Ma il caso francese non è isolato, dicevamo.
E per capirlo basta buttare uno sguardo al recentissimo passato. In Germania la Cdu – il partito della cancelliera Merkel, che certamente non sta vivendo i suoi tempi migliori – ha vinto alle elezioni regionali in Sachsen-Anhalt.
Era l’ultima tornata elettorale delle elezioni federali del 26 settembre e il 36.2% ottenuto dai cristianodemocratici è andato non solo molto oltre le aspettative – si prospettava un testa a testa con gli estremisti di Alternative für Deutschland, che invece si è “fermata” al 22% – ma anche oltre il risultato ottenuto cinque anni fa.
Ora, se questa vittoria non basta a cancellare le difficoltà della Cdu, né il risultato scarno del partito guidato da Armin Laschet in Renania-Palatinato e Baden-Württemberg, certamente sancisce un punto fermo: non bastano i venti del populismo a spazzare i partiti storici, ma ci vuole ben altro.
Le elezioni Federali cristallizzeranno il vero stato di salute della Cdu, e anche della Csu. Ma attenzione a dare le formazioni storiche per moribonde, perché così non è.
E se gli esempi di Francia e Germania non dovessero bastare, dalla Spagna arriva la prova del nove.
Nel 2019, mentre la storica formazione di sinistra – il partito socialista – teneva e vinceva le elezioni, con Pedro Sanchez che formava il governo con Podemos, i Popolari guadagnavano appena 66 seggi. Un tracollo senza precedenti.
La novità di quell’anno era l’ingresso dell’estrema destra di Vox in Parlamento. A distanza di un anno e mezzo, i Popolari si sono presi la loro rivincita. Nella comunità autonoma di Madrid, infatti, a inizio maggio hanno superato tutti con un sorprendente 45%. A un pelo dalla maggioranza assoluta.
Per raggiungerla, tre giorni fa, il Pp ha avuto però bisogno di Vox. Se da un lato la necessità del sostegno dell’estrema destra – fosse anche nelle forme dell’astensione – potrebbe complicare la vita alla confermata presidente Isabel Díaz Ayuso, dall’altro questo 45% sancisce una nuova stagione per i popolari spagnoli. Quale sarà il seguito è tutto da vedere.
Le elezioni di Madrid sono state un giro di boa anche per Podemos, la formazione in cui alcuni hanno ravvisato il populismo di sinistra. Il suo leader e fondatore, Pablo Iglesias, dopo il risultato insoddisfacente registrato nella comunità madrilena ha deciso di lasciare la politica. Una stagione, breve, che finisce a fronte di altre che attraversano i decenni e, pur tra alti e bassi, continuano.
(da Huffingtonpost)
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