Destra di Popolo.net

LA DENUNCIA DEL PRESIDENTE DEI FARMACISTI: “CERCHIAMO DI CONVINCERLI A VACCINARSI, MA CI MINACCIANO”

Ottobre 22nd, 2021 Riccardo Fucile

“SARAI TROVATO CON UN COLPO ALLA NUCA”… LA SOLUZIONE E’ L’OBBLIGO VACCINALE, ALTRO CHE PAGARE I TAMPONI A DEI FUORI DI TESTA

«Prenotano il tampone, arrivano in farmacia e cominciano a minacciare». La denuncia è del segretario di Federfarma Roma e consigliere Federfarma Lazio Andrea Cicconetti che da settimane insieme ai colleghi cerca di seguire le direttive del commissario Figliuolo riguardo «l’opera di persuasione su chi non si vuole vaccinare», ricevendo però in cambio insulti e minacce.
«Non è facile, ci stiamo impegnando al massimo, ma ci chiedono l’impossibile» continua Cicconetti anche alla luce di quanto successo poche ore fa al presidente di Federfarma Marco Cossolo.
L’episodio di minacce è avvenuto su Twitter: «Il presidente di Federfarma che prende per il c… quelli che stanno arricchendo le farmacie italiane con i tamponi, sarà trovato in un viottolo di campagna con un colpo alla nuca», ha scritto un utente, con tanto di ricondivisioni e commenti a sostegno.
La Federazione dei titolari di farmacia aveva reso noto di aver «predisposto gli atti per la presentazione di denuncia alle autorità competenti» e ora, ai microfoni di Radio Cusano, Cicconetti riprende l’argomento ribadendo la difficoltà a svolgere il proprio servizio. «I costi di gestione, di smaltimento e di tempo che impieghiamo nell’inserimento dei dati sono notevoli», ha continuato il presidente Lazio, sottolineando il grande sforzo «che stanno facendo le farmacie».
A fare eco a Cicconetti anche il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri, Filippo Anelli: «Bisogna porre fine al clima d’odio contro scienza e operatori della salute» ha detto esprimendo la sua solidarietà nei confronti di Cossolo.
«Le farmacie che lui rappresenta sono un presidio importante per la salute. Devono essere ripagate con la gratitudine e non con queste intimidazioni, che veicolano sul bersaglio più facile e accessibile la rabbia che nasce dalla paura verso ciò che non si conosce. La soluzione si trova insieme con il dialogo accogliente e costruttivo», ha concluso.
(da agenzie)

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IL REPORT DI FIGLIUOLO: ANCORA 7,6 MILIONI DI ITALIANI SENZA ALCUNA DOSE

Ottobre 22nd, 2021 Riccardo Fucile

CON IL GREEN PASS POCHE PRIME DOSI TRA I 30 E I 50 ANNI… SIAMO ANCORA SOTTO L’86% DI PRIME DOSI E SOTTO L’82% DI CHI HA COMPLETATO IL CICLO VACCINALE

Solo nell’ultima settimana, in Italia, sono stati somministrati in tutto 1.269.160 vaccini anti Covid di cui 345 mila prime dosi.
Segno che il Green pass ha dato una spinta alla somministrazione dei vaccini, secondo il rapporto settimanale del commissario Francesco Paolo Figliuolo.
Spinta che però non sembra coinvolgere nel modo sperato gli italiani in età lavorativa, in particolare tra i 30 e i 50 anni.
Dall’inizio della campagna ne sono stati inoculati 88.360.760, come spiega il report settimanale del governo.
In tutto sono ancora 7 milioni e 600 mila gli italiani che non hanno fatto neanche una dose di vaccino. Le fasce 30-39 e 40-49 sono quelle che si sono immunizzate meno: tra chi ancora non ha ricevuto neanche una dose, gli under 40 sono il 17,75 per cento, mentre gli under 50 sono il 17,52.
Molto alta, invece, la percentuale di chi si è vaccinato tra i 20 e i 29 anni: l’80,53 per cento ha completato l’intero ciclo vaccinale.
Quasi due adolescenti su tre hanno fatto entrambe le dosi: la percentuale sale al 68,27 per cento per quelli che hanno fatto la prima dose. Sono in 3.041.102 tra i 12 e i 19 anni ad aver completato la vaccinazione: si tratta del 65,72 per cento della popolazione in questa fascia d’età.
(da agenzie)

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IL GIUDIZIO DEL FILOSOFO BERNARD-HENRY LEVY SU SALVINI: “E’ UN BUFFONE, NON MOLTO EVOLUTO A LIVELLO INTELLETTUALE”

Ottobre 22nd, 2021 Riccardo Fucile

“QUANDO L’HO CONOSCIUTO SONO RIMASTO SORPRESO DALLA DEBOLEZZA DELLE SUE ARGOMENTAZIONI”… “LA MELONI? NON LA CONOSCO BENE, PARLO SOLO DI CHI HO CONOSCIUTO”

Il filosofo Bernard-Henri Lévy intervistato a Piazzapulita da Corrado Formigli non le manda a dire e spiega cosa ne pensa di Matteo Salvini. E non solo.
Il conduttore di Piazzapulita chiede allo studioso: “Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Marine Le Pen, che cosa hanno in comune, e in cosa sono diversi?” Bernard-Henri Lévy risponde senza mezzi termini: “Conosco Matteo Salvini, mi sono confrontato con lui proprio sul vostro canale, e sono rimasto veramente sorpreso dalla debolezza delle sue argomentazioni. Credo che si tratti di un buffone”.
Formigli intelligentemente chiede come mai allora la Lega guidata da Salvini abbia preso così tanti voti e se sono tutti stupidi quelli che lo votano.
Il filosofo allora precisa che mentre sugli elettori si può discutere il giudizio su Salvini rimane quello: “A livello intellettuale non è molto evoluto. Non ha una forza nelle sue argomentazioni. E credo che quando lo si conosce, come ho fatto io quel giorno, lui si sgonfia come un palloncino”.
Più duro di così è difficile. E su Meloni poi aggiunge che non la conosce bene, e che parla solo di chi ha potuto conoscere.
(da agenzie)

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STORIA DEL PRIMO RIFUGIATO ELETTO CONSIGLIERE COMUNALE A TORINO: DALLO SBARCO A LAMPEDUSA ALLE 1.112 PREFERENZE

Ottobre 22nd, 2021 Riccardo Fucile

IL GIOVANE DI ORIGINI SOMALE E’ IN ITALIA DAL 2008: “PER ME E’ UN ONORE”

Non sarà il primo consigliere di origine somala a sedersi ai banchi del consiglio comunale di Torino, ma sarà il primo rifugiato politico a farlo a soli 13 anni dal suo arrivo in Italia, con un barcone a Lampedusa.
Rischiava di rimanere fuori per un pelo, ma l’elezione di Stefano Lo Russo a sindaco della città fa sì che Abdullahi Ahmed Abdullahi, nato a Mogadiscio (Somalia) l’11 ottobre 1988 e cittadino italiano dal 2016, possa trovare il suo posto nell’assemblea cittadina.
Se il candidato sindaco del Pd avesse perso al ballottaggio, Ahmed Abdullahi sarebbe rimasto fuori nonostante le 1.112 preferenze, un dato che fa di lui il candidato di origine straniera col maggior numero di voti all’ultima tornata elettorale in tutta Italia: “I miei voti non sono tutti di stranieri – spiega a ilfattoquotidiano.it – Vengo dalla società civile e per me è un onore essere eletto. Questo risultato è anche il frutto dell’impegno di chi mi ha preceduto”.
Sbarcato il 23 giugno 2008 a Lampedusa insieme ad altri somali dopo sette mesi di viaggio attraverso l’Africa, viene trasferito a Settimo Torinese, nel centro accoglienza della Croce rossa italiana.
“Il mio primo obiettivo era imparare l’italiano e mettermi a lavorare, ma pochi anni dopo sono arrivate altre persone somale”, ricorda. Allora lui, arrivato prima di loro, viene coinvolto come interprete: “Poi ho fatto il corso di mediatore interculturale. È stato l’inizio di un percorso”.
Comincia così il suo impegno per sia per favorire l’integrazione degli stranieri, sia per far conoscere la vita dei migranti agli italiani, un impegno talmente forte che nel 2014 il Comune di Settimo Torinese gli conferisce la cittadinanza onoraria, un atto simbolico per premiare “il forte senso civico che si traduce in impegno concreto svolto a favore della comunità”.
Nel 2016 ottiene la cittadinanza vera, con tutti i doveri e i diritti che ne conseguono, come votare e candidarsi. Nel frattempo collabora con l’associazione Acmos come animatore sociale negli istituti superiori e nel 2018, dopo aver promosso il Festival dell’Europa solidale e del Mediterraneo, fonda un’associazione, Generazione Ponte, composta da altri rifugiati come lui e da seconde generazioni i cui obiettivi sono lavorare per l’integrazione, rafforzare il dialogo interculturale e interreligioso, realizzare percorsi di educazione nelle scuole e diffondere politiche di buon vicinato: “Siamo in dieci, cinque ragazze e cinque ragazzi, nati in continenti differenti – dice – Il primo progetto è stato dare a cinquanta ragazzi provenienti da trenta Paesi diversi l’abbonamento ai musei di Torino, un modo per far conoscere loro il posto dove in cui vivono. Serve a sentirsi coinvolti, a non autoescludersi e a vedere un futuro. Vogliamo rendere Torino una città capace di far sentire tutti cittadini del posto”.
Il 2020 sembra l’anno in cui, dopo i dodici trascorsi in Italia, può tornare a visitare la sua famiglia e i suoi amici in Somalia, ma la pandemia ferma il suo viaggio. Tuttavia in quell’anno arrivano altre soddisfazioni: pubblica il suo libro Lo sguardo avanti (Add editore) e riceve dalla Commissione europea il premio Alterio Spinelli per la sua attività di sensibilizzazione.
Nei mesi scorsi, poi, è arrivata la decisione di candidarsi con il Pd e a settembre si è impegnato nella sua prima campagna elettorale: “Ho fatto soltanto un incontro pubblico. Per il resto, preferivo incontrare le persone sui trasporti pubblici o alle fermate. Abito nella zona nord di Torino e ho girato molto, soprattutto per Barriera di Milano e Falchera, ma anche in centro. Approfittavo dei pochi minuti di attesa. In alcune zone non è facile essere nero e dire ‘Voglio rappresentarti’, ma non ho subito razzismo. Ascoltavo i problemi e le proposte dei cittadini, ero lì e la gente si apriva. Ne ho ascoltate di tutti i colori”.
Per questo dice che vorrà impegnarsi per le periferie, le politiche giovanili e l’inclusione: “Ci sono molte case vuote e inutilizzate che potrebbero avere un utilizzo sociale con accordi tra privati e l’amministrazione; bisogna potenziare le linee che collegano i quartieri periferici, soprattutto la sera, e rendere accessibili più facilmente ad anziani e disabili alcuni tram molto vecchi”.
C’è poi un altro ambito su cui poi vorrebbe lavorare. “È il concetto che non si può essere stranieri per sempre. La composizione della nostra città è chiara: una grandissima percentuale dei residenti viene da altre città, regioni o Stati. A Torino abbiamo circa 38mila persone nate all’estero e iscritte all’anagrafe elettorale – dice – Una parte dell’astensionismo riguarda anche queste persone e i loro figli. Molti non hanno mai votato, non sanno chi votare o non conoscono gli schieramenti, oppure sono delusi dalla politica. Aumentare la loro partecipazione è uno degli obiettivi che mi pongo. È un compito difficile, ma dobbiamo lavorare molto e dare spazi di protagonismo alle associazioni di migranti e della diaspora. Ne ho già parlato col sindaco Lo Russo”.
(da agenzie)

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TRIESTE, LA BREVE PARABOLA DI PUZZER: DA EROE DEL PORTO A “VERME TRADITORE”

Ottobre 22nd, 2021 Riccardo Fucile

ORA I NO VAX LO ACCUSANO

«Fidatevi di me. Vi siete fidati fino adesso, fidatevi avanti. Rimanete a casa vostra». In un video di 80 secondi Stefano Puzzer ha cancellato quella che si annunciava come la più grande manifestazione contro il Green pass in Italia.
Per le 14 di oggi a Trieste erano attese oltre 20 mila persone da tutta Italia per un corteo che doveva attraversare la città.
Un corteo in cui, secondo diverse fonti, si sarebbero infiltrate anche frange violente e organizzate.
Il messaggio di Puzzer è rimbalzato nel labirinto di gruppi Telegram che sostiene il movimento dei No Green pass. E in poche ore la statua di pixel che era stata costruita dagli attivisti per Puzzer è stata abbattuta.
Dall’eroe del porto, l’uomo senza compromessi che non si è mai voltato indietro, Puzzer è diventato un “verme traditore”.
Al netto di tutto, la sensazione che l’ex leader del Clpt non abbia calcolato bene le sue mosse c’è, come conferma a Open una fonte del porto: «Puzzer quando era un sindacalista faceva così: prima accendeva un piccolo fuoco, poi andava dai capi e diceva loro “Se volete ci organizziamo per spegnerlo”. Ora ha innescato un incendio e non sa più cosa fare».
Gli insulti arrivano da più fronti.
Il canale Basta dittatura – Proteste è uno di quelli attivi da più tempo ed è sopravvissuto alla prima serie di ban di Telegram. Ha quasi 10 mila iscritti e nella sera di ieri ha ripostato il video in cui Puzzer annunciava la fine delle proteste con questo commento: «Eccolo il verme traditore. Prima aveva spostato la gente dagli ingressi del porto di Trieste a stare in piazza inutilmente, adesso vuole rovinare tutto e spegnere le proteste definitivamente».
Il canale No Green pass – Vinciamo insieme è diventato il più importante di tutta la rete: ha oltre 33 mila iscritti.
Qui il commento sull’annullamento della manifestazione di Trieste ha un tono diverso: «Dato che noi italiano non abbiamo le palle di fare mezzo passo aspettiamo le infiltrazioni dei black bloc dall’est Europa a Trieste». Sotto oltre 500 commenti: «Avete fatto di Stefano un Dio. E se fosse un falso? Io la mano sul fuoco non ce la metto». E ancora: «Un falso che ci ha messo la faccia. Possiamo comunque fare altro».
Per ora Trieste non c’è traccia dei No Green pass. Girava la voce che ci sarebbero stati dei cortei non autorizzati dalle 9, si pensava che i manifestanti convergessero in un presidio fisso in piazza Unità d’Italia, si temevano gruppi singoli in giro per la città. Invece al momento non sembra muoversi nulla.
L’attenzione resta alta, soprattutto per il primo pomeriggio, quando avrebbe dovuto tenersi il raduno. Intanto Trieste è barricata. Dal oggi al 25 ottobre biblioteche, musei e spazi culturali rimarranno chiusi.
(da Open)

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12 ANNI DALLA MORTE DI STEFANO CUCCHI NELLE VERGOGNOSE DICHIARAZIONI DI ALCUNI POLITICI

Ottobre 22nd, 2021 Riccardo Fucile

PER NON DIMENTICARE

Il suo corpo senza vita venne trovato dai medici dell’ospedale Sandro Pertini di Roma. Era il 22 ottobre del 2009 e Stefano Cucchi, dopo una settimana di sofferenze in seguito al pestaggio di due darabinieri in caserma, moriva.
Un uomo ucciso da quei rappresentanti dello Stato che dovrebbero tutelare la vita e la salute di ogni singolo cittadino.
Oggi è il 12esimo anniversario della morte del geometra romano. Dodici anni fatti di sofferenza per la famiglia, infangata da narrazioni (partite e sostenute anche da alcuni ambienti politici) che sono state smentite dai processi e dalla vera verità.
Stefano Cucchi fu fermato dai Carabinieri Francesco Tedesco, Gabriele Aristodemo, Raffaele D’Alessandro, Alessio Di Bernardo e Gaetano Bazzicalupo il 15 aprile del 2009, con l’accusa di “cessione di sostanze stupefacenti”.
Poi, una volta condotto nella caserma di Roma Casilina, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro (condannati in Appello a 13 anni per omicidio preterintenzionale) lo pestarono provocandogli profonde ferite, ben visibili fin dall’udienza per confermare il fermo in arresto avvenuta il giorno dopo. Lesioni che, una settimana dopo, provocarono la sua morte nel letto del reparto detenuti dell’ospedale Sandro Pertini.
Questa è la vera verità. Quella processuale, con tanto di condanne (dopo una serie di procedimenti che hanno ribaltato le prime “indagini”).
Poi c’è la non-verità raccontata da alcuni esponenti politici che hanno mistificato questa realtà.
Il primo fu Carlo Giovanardi – all’epoca Sottosegretario di Stato – che commentò così la storia della morte di Stefano Cucchi: “Le lesioni? La causa è la malnutrizione. Ha avuto una vita sfortunata”. L’unica sfortuna è stata l’aver incontrato l’abuso di potere da parte dei due uomini dell’arma.
L’ambiente del centrodestra, fin da subito, prese le difese dei Carabinieri.
Il leghista Gianni Tonelli, infatti, non utilizzò mezzi termini: “Se uno conduce una vita dissoluta, poi ne paga le conseguenze”.
Ma se questa dichiarazione tocca i picchi della vergogna, ancora peggio è riuscito a fare Ignazio La Russa, in grado di sentenziare senza conoscere nulla di quanto accaduto: “La cosa di cui sono certo è il comportamento corretto dei Carabinieri”. Un falso.
E poi c’è Matteo Salvini che è riuscito anche a dare il via libera a uno scontro dialettico con Ilaria Cucchi, sorella di Stefano. Il segretario della Lega, infatti, disse (tra le tante uscite fuori luogo su questo caso): “Fa schifo. Difficile pensare sia stato pestato”. E invece il pestaggio ci fu e provocò quelle lesioni che uccisero il geometra romano. Dodici anni fa.
(da NextQuotidiano)

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“MI HA STRETTO I FIANCHI E PALPEGGIATO IL SENO”: LA QUESTURA APRE UN’INCHIESTA SULLA STUDENTESSA MINORENNE CHE HA DENUNCIATO UN POLIZIOTTO

Ottobre 22nd, 2021 Riccardo Fucile

NELLE FASI DELLA ASSURDA CARICA DELLA POLIZIA AGLI STUDENTI DEL RIPETTA IL GESTO DI MOLESTIA DELL’AGENTE

L’occupazione del Liceo artistico Ripetta di Roma, nella zona di Campo Marzio, è andata avanti per alcuni giorni. Poi, nella giornata di ieri è arrivato l’intervento delle forze dell’ordine per porre fine alle proteste degli studenti.
E proprio durante lo sgombero, un poliziotto si sarebbe resto protagonista di alcuni gesti di molestia (sessuale) nei confronti di una giovane studentessa (minorenne) che, insieme ai suoi compagni di scuola, stava costituendo il cordone all’ingresso dell’Istituto.
In un video pubblicato dalla pagina Facebook “Osa Roma“, c’è il racconto di questa giovane studentessa del Liceo Ripetta di Roma che spiega davanti a una telecamere cosa le è successo nelle fasi finali dell’occupazione dell’Istituto.
All’arrivo delle forze dell’ordine la situazione sembrava essere molto tranquilla. Poi, però, le tensioni sono cresciute e ci sono stati anche alcuni scontri. E la ragazzi ha raccontato di aver subito una molestia fisica da parte di uno degli agenti intervenuti.
“Eravamo riusciti a fare squadrone, la catena, davanti ai poliziotti senza muoverci. Parlavamo e basta. Anzi, verso la fine ci siamo messi pure a parlare tranquillamente, a scambiarci idee e fumare. Però all’inizio eravamo tutti bloccati. Però, quando è iniziata l’agitazione tra le due parti, a dire che i poliziotti sarebbero andati avanti e i ragazzi che dicevano ‘non fate niente, mettetevi tutti dietro e proteggiamo i più piccoli’. Io era in prima linea davanti a questo poliziotto che ha iniziato a toccarmi i fianchi, a stringerli e a salire sul corpo e dirmi ‘piccolina, non ti fare male mi raccomando ci penso io. Forse è meglio che te ne vai. Ti fai male’. Intanto mi stringeva i fianchi e ha iniziato a salire con la mano e a mettermi una mano sul seno”.
Poi, secondo il racconto della giovane studentessa, lei è riuscita a divincolarsi dalla stretta e da quell’attenzione morbosa del poliziotto. E lì sarebbero intervenuti anche i colleghi dell’uomo che lo hanno allontanato.
Una vicenda che è arrivata, come riporta il quotidiano La Repubblica, anche sui tavoli della Questura che sta verificando l’accaduto. La ragazza dovrebbe presentare oggi la denuncia contro l’agente.
(da NextQuotidiano)

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SCONTRO FINALE IN FORZA ITALIA, TRABALLA IL RUOLO DI TAJANI. CARFAGNA E BRUNETTA D’ACCORDO CON LA GELMINI

Ottobre 22nd, 2021 Riccardo Fucile

SOTTO ACCUSA LA GESTIONE FALLIMENTARE DEL PARTITO

Mentre Silvio Berlusconi si fa ritrarre sorridente e rilassato sul suo aereo privato in volo verso Bruxelles per partecipare al Summit del Ppe, in casa sua continua la guerra fra bande.
La difficoltà è innegabile, ammette ieri Renato Brunetta, che con Mara Carfagna e Maria stella Gelmini appartiene ai cosiddetti “governisti” che vorrebbero salvare il salvabile e non morire salviniani: non a caso l’obiettivo ormai evidente è quello di sostituire il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, grande sponsor della federazione col Carroccio che, nell’ottica dei tre ministri, sarebbe più opportuno definire “fusione a freddo” se non addirittura “fagocitazione” da parte del leader leghista.
L’elezione a capogruppo a Montecitorio di Paolo Barelli – fedelissimo del numero due azzurro – in sostituzione di Roberto Occhiuto divenuto presidente della Regione Calabria non è stata altro che la goccia che ha fatto traboccare il vaso, il detonatore di un malessere che, come ha spiegato la Gelmini, covava da tempo (“Sono qui da tanti anni e mi sento di essere profondamente berlusconiana, ma l’ultima stagione del berlusconismo non mi rappresenta e non rappresenta neanche Berlusconi”, ha commentato durissima la ministra). Anche perché – è bene sottolinearlo – nell’organigramma dei partiti il capogruppo è colui che mette mano alle liste elettorali, non una cosetta da poco.
Nonostante il Cavaliere provi a minimizzare con una certa stizza i dissidi interni e le critiche alla gestione del partito, (“In Forza Italia non succede niente, adesso torno indietro io – ha affermato al termine del pre vertice a Bruxelles – Sono veramente sereno al 100%. Non so cosa gli è preso a questi qua”), le polemiche certo non tendono a smorzarsi. Anzi.
“Inutile ignorare quanto accaduto ieri (mercoledì, nel corso dell’infuocata riunione per scegliere il nuovo capogruppo ndr) tra persone che ambiscono solo a rilanciare FI, che ha un’occasione da cogliere ma vive un momento di difficoltà innegabile” rilancia Brunetta facendo riferimento a quanto denunciato dalla ministra per gli Affari regionali, a cui fa eco anche la Carfagna: “Non si è trattato di uno sfogo della ministra Gelmini, è stata una denuncia politica che riguarda la gestione del partito e che è largamente condivisa da molti parlamentari, da molti dirigenti, da molti amministratori e, evidentemente, da molti elettori. Mi trovo in un contesto dove si ragiona in termini di risultati e di fatturato. Quando un’azienda dimezza proprio fatturato si riunisce il Cda e si ragiona sulle azioni da intraprendere perché altrimenti l’azienda fallisce. Ecco, forse ci si aspettava questo, e questo non è accaduto”.
E ancora: “Berlusconi parla di dichiarazioni fuori dalla realtà? Evidentemente ha ragione la Gelmini quando dice che al presidente viene rappresentata solo una parte della realtà”.
Il riferimento è al “cerchio magico”, a chi “sussurra” a Silvio: del resto è evidente che il gioco dell’ala più “vicina” a Salvini (leggi la responsabile dei rapporti con gli alleati Licia Ronzulli) e la posizione dello stesso coordinatore Tajani reo, nelle parole della ministra per il Sud, di “aver rinunciato a rappresentare una linea moderata, europeista, con cultura di governo” sia quello di isolare i tre che, conseguentemente agiscono uniti e compatti.
Ma l’ala filo draghiana può anche contare sul sostegno di un gruppo di parlamentari non esattamente di poco conto: dal vicecapogruppo vicario a Montecitorio Valentino Valentini ai i due vicecapogruppo Claudia Porchietto e Paolo Russo, da Massimo Mallegni a Giusy Versace e lo stesso Sestino Giacomoni, in predicato anch’egli per il ruolo di capogruppo, che ha poi preferito fare un passo indietro per non acuire ulteriormente le tensioni.
Tutte persone che auspicano che Forza Italia resti il fulcro moderato del centrodestra e non vogliono finire fagocitati dalle politiche sovraniste di Salvini e Giorgia Meloni e neanche fra le braccia di Renzi e Calenda
La convinzione comune è, comunque, che quando sarà chiusa definitivamente la partita del Colle anche Berlusconi – quando non ci sarà più nulla da perdere – si convincerà della necessità di cambiare rotta dentro Forza Italia. Sperando che non sia troppo tardi.
(da agenzie)

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ADDIO SOVRANISTI, IL CENTRODESTRA NON PUO’ ESSERE UN ESERCITO DI SBANDATI

Ottobre 22nd, 2021 Riccardo Fucile

PERCHE’ HA RAGIONE BRUNETTA

Qualcosa si muove. Finalmente. E si muove per il verso giusto. L’intervista di Renato Brunetta di oggi su Repubblica ha proprio questo merito: rimettere le cose a posto e far uscire la politica italiana dalla grande menzogna di un centrodestra a trazione sovranista spacciato come alleanza strategica e, ancora peggio, come blocco sociale.
Brunetta (era ora) ha avuto il coraggio di svelare la grande truffa tutta italiana e pochissimo europea di un bipolarismo muscolare che pretende di spaccare gli italiani in due in una sorta di guerra civile utile solo a qualche vecchio generale che non vuole perdere il ruolo e a qualche colonnello pazzoide che ha sognato di conquistare il potere con la scorciatoia di una cattiva politica fatta solo di propaganda populista.
In fondo quando Brunetta esorta tutti a “tornare ai fondamentali”, alle grandi famiglie politiche che hanno costruito l’Europa e le sue istituzioni nel dopoguerra: la famiglia dei popolari, quella liberale e quella socialista, dice proprio proprio questo: facciamola finita con il vizio tutto italiano e (va detto) molto berlusconiano, di tenere tutti insieme pur che sia, in un esercito di sbandati che raccatta la feccia della feccia pur di vincere la prossima battaglia.
Quando Berlusconi vola in Europa a difendere l’alleanza con i sovranisti (sono ragazzi…) smentisce schizofrenicamente il Berlusconi che in questi mesi si è sempre più allontanato dalla gazzarra estremista e antieuropea.
Ecco, le due cose non stanno più insieme, per fortuna. Non è più possibile appiccicare pezzi di due puzzle diversi come se potessero formare la stessa immagine.
Ancora ieri le truppe europee di Salvini e Meloni applaudivano insieme a Orban agli strappi secessionisti dei polacchi. Ma perché mai la buona destra popolare e liberale dovrebbe inseguire queste posizioni? Perché mai dovrebbe (solo in Italia) fargli da stampella?
L’unica risposta possibile è una: “I numeri”. Sento purtroppo il vociare profondo di una destra troppo pigra per alzare la testa con orgoglio, troppo stanca per combattere l’ennesima battaglia, troppo impaurita per uscire dal guscio protettivo di un’alleanza che si raccontava invincibile.
Ma è proprio questa risposta, “i numeri”, a contraddire l’essenza stessa dello stare a destra, un’essenza che dovrebbe raccontare di una grande battaglia della qualità contro la quantità, dei valori contro l’opportunismo, della gerarchia contro l’omologazione, del merito contro la propaganda, dei doveri contro gli interessi, del futuro contro il presente.
È la battaglia che la buona destra diffusa dovrebbe dichiarare contro ogni forma di promiscuità con i sovranisti che, come dice Brunetta, ha solo un finale possibile: quello di portare l’Italia a sbattere. In nome di un eterno nulla.
Filippo Rossi
(da Huffingtonpost)

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