Novembre 29th, 2021 Riccardo Fucile
ORA ISRAELE CONSEGNI QUEL FANATICO ALLA GIUSTIZIA ITALIANA PER RISPONDERE DEL RAPIMENTO DEL PICCOLO
Cade nel vuoto l’ultimo appello presentato da Shmuel Peleg, nonno di Eitan Biran: la
Corte suprema di Tel Aviv ha respinto il ricorso della famiglia materna stabilendo che il bimbo di sei anni dovrà tornare a vivere con la zia paterna, Aya Biran, residente in provincia di Pavia.
Nell’ultima sentenza emessa oggi, 29 novembre, la magistratura israeliana ha tenuto conto del fatto che il minore «ha vissuto in Italia quasi tutta la sua vita» e quindi non lo si può allontanare «dalla sua residenza abituale».
Peleg, secondo i giudici, non ha poi «fornito una motivazione valida per cui il ritorno in Italia possa provocare al piccolo un danno psichico o fisico».
Il rientro di Eitan in Italia è previsto entro il giorno 12 dicembre: a darne notizia è Gadi Solomon, portavoce della famiglia materna dell’unico sopravvissuto alla strage del Mottarone.
Duro il commento dei Peleg, che accusano direttamente le autorità israeliane: «Lo Stato d’Israele ha rinunciato a un bimbo ebreo indifeso e un cittadino israeliano senza che la sua voce venisse ascoltata, lasciandolo in terra straniera, lontano dalle sue radici, dalla sua amata famiglia e dal posto dove sono sepolti i suoi genitori e il fratello».
C’è invece un senso di liberazione nelle dichiarazioni dei Biran, arrivate dopo il pronunciamento della magistratura, la quale ha preso una decisione «legalmente, moralmente e umanamente corretta».
Shmuel Moran e Avi Chimi, legali della famiglia paterna, aggiungono: «Sebbene sia un sospiro di sollievo, è la fine di un episodio sfortunato, e per lo più dannoso e inutile per il piccolo Eitan che potrà ora tornare alla sua famiglia in Italia, compresi i suoi nonni, i genitori del suo defunto padre, e a tutte le strutture da cui è stato tolto: mediche, psicologiche ed educative. Speriamo che ora – dicono in riferimento ai Peleg -, in considerazione delle loro azioni e delle conseguenze penali delle loro azioni, sapranno fermare le battaglie legali».
(da agenzie)
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Novembre 29th, 2021 Riccardo Fucile
DA TRE ANNI CONVIVE CON LA SUA COMPAGNA: “SPERO DI ESSERE D’AIUTO AD ALTRE”
Ancora non è certa la sua presenza tra le venti finaliste di Miss Italia, ma Giulia Talia, 24enne romana, è già nella storia della competizione per un motivo diverso: è la prima omosessuale dichiarata a concorrere.
Nel 2020 ha vinto “Miss Cinema Roma”, oggi è alle prefinali della kermesse ed è lei stessa a spiegare con serenità la sua relazione in un video pubblicato sul suo profilo Instagram: “Grazie alla mia famiglia e ai miei amici oggi riesco a parlare senza timore della mia relazione con una donna. Oggi ho un grado di consapevolezza personale che mi ha fatto capire che non si può percorrere la propria vita rincorrendo l’accettazione di chi non lo farà mai. Con l’opportunità di Miss Italia spero di essere d’aiuto facendo arrivare questo messaggio anche a chi è anche lontano da me”.
Da quasi tre anni convive con la sua compagna, e recentemente hanno anche adottato un cane. “Ci siamo conosciute in un locale con amici – racconta Giulia – un mese dopo eravamo a Santorini per un week end e sette mesi dopo convivevamo”.
Talia, una laurea in Scenografia e un tirocinio in corso in uno studio di architettura, vicina a conseguire l’abilitazione in interior design, spiega che la scoperta della sua identità sessuale è stata graduale: “Penso di aver avuto questa consapevolezza da sempre, ma ero relegata in un angolino, inquadrata come una curiosità. Sono stata fidanzata a lungo con Andrea, che ha conosciuto i miei genitori. Poi al primo anno di università mi sono accorta che gli sguardi delle ragazze mi emozionavano di più. E allora mi sono lasciata andare”.
La mattina fa tirocinio, e la sera lavora in un pub: “Nel locale sanno tutto di me e conoscono Barbara, nello studio no. Avevo paura di essere giudicata, poi ho capito che siamo tutti diversi e che ci sarà sempre qualcuno per il quale non va bene. Tanto vale vivere la vita come si vuole”.
(da agenzie)
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Novembre 29th, 2021 Riccardo Fucile
SIAMO DONNE E SIAMO PROFESSIONISTE, DEVE PREVALERE IL MERITO
Non te la prendere se ti umiliano e molestano mentre stai lavorando. Sembra questo
il messaggio che emerge osservando quando accaduto all’inviata di Toscana TV, Greta Beccaglia. Tutto si è svolto in diretta. La giornalista al termine della partita Empoli-Fiorentina si è recata allo stadio per raccogliere impressioni e commenti dei tifosi, per testimoniare le loro reazioni a caldo. Ma in risposta alle sue domande ha ottenuto insulti sessisti e palpeggiamenti.
Il giornalismo sportivo è uno di quei settori lavorativi dove il maschilismo è ancora molto presente. Le generalizzazioni lasciano il tempo che trovano: ogni luogo di lavoro è fatto di persone e sono loro a fare la differenza, tutto sta alla sensibilità di chi si incontra sul proprio cammino.
Ma innegabilmente esistono dei retaggi culturali che non sono ancora stati abbattuti del tutto. Riguarda il mondo del calcio così come la politica o la ricerca scientifica. Sono ambienti che ci hanno insegnato a guardare come ‘roba da maschi’ e dove, per questo motivo, una presenza femminile risulta ‘strana’. Una donna che scende in campo come arbitro o che dirige una multinazionale, che va nello spazio o che ha in mano le sorti di un Paese, viene da alcuni ancora percepita come fuori posto. Semplicemente perché quel posto è stato per decenni occupato solo da uomini. Ma le donne quei settori da cui sono sempre state escluse se li stanno prendendo. È questione di parità di genere, perché i meriti, le capacità, le abilità professionali, le inclinazioni non hanno sesso: non c’è nulla che una donna non possa o non sappia fare per il solo fatto di essere donna.
Nel 2021 è inaccettabile che una donna venga umiliata come persona e come professionista. Ciò che ha subito l’inviata di Toscana TV è ignobile, lo sarebbe certamente stato anche se la stessa cosa fosse accaduta a un uomo. Ma un uomo non viene palpeggiato durante una diretta tv, invece se succede a una donna è solo una bravata.
Sminuire un fenomeno come questo è gravissimo, perché si contribuisce a far sì che si ripeta ancora. Per ogni uomo che si sente in diritto di toccare il sedere di una donna per strada, ancor di più se in quel momento tra l’altro sta svolgendo la sua professione, ce ne sono cento dietro che sghignazzano e applaudono, che gli danno manforte. Non era un manichino, quello fuori allo stadio di Empoli, non era un pupazzo né una bambola: era una donna sul posto di lavoro.
(da Fanpage)
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Novembre 29th, 2021 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA FIORENTINA CHIAMA LA GIORNALISTA E LA INVITA IN TRIBUNA D’ONORE PER DOMANI
Sarebbe un 45enne residente in provincia di Ancona, secondo quanto si appreso, l’uomo identificato dalla polizia come l’autore delle molestie in diretta alla giornalista di Toscana Tv Greta Beccaglia, avvenute durante una trasmissione sportiva dopo la partita Empoli-Fiorentina di sabato scorso.
L’uomo, tifoso della Fiorentina, è stato individuato dagli agenti del commissariato di Empoli, che si sono avvalsi, tra l’altro, delle immagini riprese dalla stessa emittente e di quelle dell’impianto sportivo. Le telecamere hanno permesso di riprenderlo nel passaggio ai tornelli di uscita dallo stadio Castellani.
La giornalista ha denunciato ad un commissariato di polizia quanto subito. Subito dopo il commissariato di Empoli, nelle scorse ore, avrebbe identificato l’autore del gesto. Nel frattempo l’Associazione stampa toscana ed il gruppo Toscana giornalisti sportivi sono pronti a costituirsi parte civile, mentre il presidente della Fiorentina, Rocco Commisso, ha invitato Greta Beccaglia domani in tribuna autorità al Franchi.
“Sono psicologicamente provata – ha detto a La Stampa la Beccaglia -, la notte scorsa non ho quasi chiuso occhio. Se nel 2021 continuano a esserci episodi del genere, significa che tante persone devono ancora capire molte cose. È inaccettabile, nessuno può permettersi di alzare le mani in questo modo, è intollerabile. Conosco tanti tifosi che mi hanno sempre rispettato ma ci sono anche soggetti di questo tipo. Tra l’altro, proprio nella giornata calcistica che si è da poco conclusa, il mondo del pallone si è mobilitato contro la violenza alla donne: i giocatori vengono spesso presi come punto di riferimento dai tifosi, ma in questo caso occorre evidentemente ancora lavorare parecchio e in profondità”.
(da agenzie)
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Novembre 29th, 2021 Riccardo Fucile
COSA SAREBBE SUCCESSO SE LA GIORNALISTA FOSSE STATA SCIPPATA IN DIRETTA TV?
Se la giornalista Greta Beccaglia fosse stata scippata in diretta tv, al termine della
partita Empoli-Fiorentina, le tante persone presenti cosa avrebbero fatto? Facciamo un conto approssimativo: su dieci, cinque avrebbero urlato “Ehi, che ca**o stai facendo?”; due si sarebbero messi a inseguire lo scippatore; uno avrebbe ripreso la scena col telefonino; due avrebbero fatto finta di niente.
Certo il giornalista anziano in studio, in collegamento con Beccaglia, avrebbe detto qualcosa del tipo: “Ma è pazzesco, chiama subito la polizia, per fortuna abbiamo il viso dello scippatore in video”. Poi si sarebbe rivolto agli spettatori di “A tutto gol” per commentare: “Inconcepibile, avete visto cosa è accaduto, siamo indignati per l’impudenza di questo gesto in diretta”, e roba del genere.
Ma la giornalista Greta Beccaglia non è stata scippata. È stata “soltanto” molestata in diretta tv: un tizio è passato e al volo l’ha palpeggiata, come se fosse la cosa più ovvia e naturale del mondo. E possiamo farlo subito, il conto approssimativo delle reazioni dei presenti: su dieci, sapete quanti hanno urlato, o inseguito il molestatore? Zero. E l’anziano collega da studio, invece di urlare a sua volta e manifestare il suo sconcerto, a lei e agli spettatori, ha ripetuto a Beccaglia: “Non te la prendere, dai, non te la prendere”.
Tanto che la giornalista, che pure aveva cercato di dire al molestatore “Ehi, non puoi fare questo” (e nel frattempo erano passati altri due bei soggetti che non si capisce cosa le avessero detto, ma a occhio non erano commenti calcistici), continua a fare il suo lavoro. Sola.
Calcisticamente, questo sarebbe uno schema. Il solito schema. Chiamiamolo “catenaccio”: tutti i maschi presenti (fuori dallo stadio e dentro lo studio tv) compatti – come un sol uomo, verrebbe da dire – a ignorare quel gesto, non considerarlo, normalizzarlo. L’unica donna, la vittima, da sola. A dover continuare anche lei, come se niente fosse accaduto, perché le è stato chiaramente fatto comprendere che “non è accaduto niente”. Più o meno come negli ultimi diecimila anni: a tutto catenaccio.
E invece quello che pensavamo – che ingenue, noi donne, e che ingenui con noi pure quei maschi che si sarebbero indignati come noi (perché ci sono: il maschilismo è una piaga per femmine e maschi assieme, da combattere assieme, e non lo combattono soltanto le donne) – era che, in questi casi, non dovrebbe scattare uno schema ma un sistema. Quello che scatta con immediatezza appena viene commesso un reato, appena si percepisce una violenza, un sopruso che qualcuno ha commesso su qualcun altro. Indignazione-reazione.
Inseguire il colpevole, marcarlo a uomo, e sostenere la vittima. Magari non tutti avrebbero inseguito uno scippatore, o un feritore, ma tutti si sarebbero resi conto di aver assistito a un sopruso e a una violenza. E a nessuno sarebbe venuto in mente di dire “Eh, non prendertela” (che, per inciso, è una frase che si può dire a qualcuno a cui hanno soffiato un parcheggio, non a qualcuna che è stata molestata pubblicamente e pure in diretta tv).
Quindi sì, care tutte e cari tutti (ma sappiamo di non poter davvero dire “tutti”), c’è da lavorare assai, e rifarli completamente, questi schemi e sistemi. E chi dice che nella nostra società “ormai” non esistono significative dissimmetrie e ingiustizie sessiste abbia la decenza di tacere. E di non prendersela.
(da agenzie)
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Novembre 29th, 2021 Riccardo Fucile
“NERO DI MERDA” E LA SQUADRA SE NE VA PER SOLIDARIETA’ CON IL VENTENNE ARRIVATO A LAMPEDUSA CINQUE ANNI FA CON UN BARCONE
Episodio di razzismo nel calcio, questa volta su un campo di periferia di Bologna, nel campionato di Terza Categoria, girone A.
A riportarlo è il quotidiano ‘il Resto del Carlino’, che racconta l’uscita dal campo del Saragozza, che ospitava il Real Basca a seguito di un’offesa che sarebbe stata rivolta ad un avversario a un calciatore dello stesso Saragozza.
Secondo la ricostruzione, il fatto è avvenuto nel secondo tempo, quando un giocatore del Real Basca ha rivolto un’offesa a sfondo razziale -‘nero di m…”- a un avversario, scoppiato poi in lacrime.
L’arbitro non ha sentito e preso provvedimenti e il Saragozza ha deciso di lasciare il campo a 20’ dalla fine per solidarietà nei confronti del compagno.
Si attende ora la decisione del giudice sportivo sull’accaduto.
((da agenzie)
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Novembre 29th, 2021 Riccardo Fucile
SUL SUO PROFILO SOCIAL POST CONTRO IL GOVERNO, IL DDL ZAN E LA STRATEGIA VACCINALE
Continua a sfogarsi sui social e mantenere le sue posizioni. Nonostante le
contestazioni, nonostante le critiche, nonostante il provvedimento disciplinare.
«Solo nel nostro sciagurato Paese può accadere che una dirigenza scolastica arrivi a sostenere esplicitamente lo sciopero degli studenti contro un docente (il sottoscritto) della stessa scuola, che essa, al di là di ogni dissenso, avrebbe il dovere di tutelare e difendere».
A parlare su Facebook è Martino Mora, professore del liceo scientifico Bottoni a Milano. La querelle che lo vede protagonista inizia venerdì 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne e di genere.
Per quella occasione alcuni ragazzi decidono di fare lezione con la gonna o vestiti di rosso. Uno di loro indossa il tutù. Un altro ha smalto rosso sulle unghie.
Troppo, per Mora, che su Facebook esterna spesso contro donne, gay, chiesa, stampa, governo, vaccini e green pass. Si rifiuta di fare lezione.
Finendo così al centro di un provvedimento disciplinare e sulle pagine dei giornali. «Quando sono arrivata a scuola è venuto nel mio ufficio dicendomi che non avrebbe fatto lezione con ‘dei travestiti’», racconta a ilfattoquotidiano.it la preside dell’istituto, Giovanna Mezzatesta. «A quel punto l’ho invitato a tornare in classe perché in quel modo avrebbe violato il diritto allo studio degli studenti». Lui si rifiuta. Lei si vede costretta ad avviare un procedimento disciplinare.
Ma la vicenda non finisce qui. Due giorni dopo, sabato 27 novembre, la quarta “D” abbandona la classe appena il docente vi mette piede per fare lezione.
I ragazzi e le ragazze escono e si siedono in corridoio, studiando per l’ora successiva. Un gesto salutato con favore anche da altri docenti del liceo. E dalla preside stessa. Mora non ci sta. E invoca il “martirio”, pronto a «pagar il prezzo» della sua battaglia. «Per la dirigenza in questione è meglio che gli studenti boicottino le lezioni di filosofia e storia, per una pura contesa ideologica, piuttosto che frequentarle», attacca il professore in queste ore su Facebook. «Essa fa così l’involontario ma esplicito elogio dell’ignoranza. Siamo all’invito del liceo Bottoni a sostenere “la lotta degli studenti”, cioè a boicottare lezioni che si tengono nello stesso Bottoni, e per pure motivazioni ideologiche che nulla c’entrano coi contenuti didattici».
I precedenti di Martino Mora
Sarebbe, per il professore – che le cronache raccontano, scrive La Stampa oggi, come non nuovo a episodi criticabili (a una studentessa avrebbe detto in passato «prova a leggere questo testo, ammesso che voi donne sappiate leggere»; in un incontro dad con Liliana Segre gli sarebbe scappato «uff, della Segre non se può più!» – la conferma dell’«impazzimento della scuola italiana».
«Se il sottoscritto deve essere la pietra della scandalo perché qualche nodo della situazione ormai insostenibile del sistema scolastico venga finalmente al pettine, ebbene ben venga. Se il sottoscritto deve pagare un prezzo per tutto questo – il prezzo dell’isolamento e dell’ingiustizia – ebbene è disposto a pagarlo».
Sul suo profilo social, aperto anche a chi non ha con lui collegamenti, ce l’ha, da ben prima della vicenda che lo vede al centro di contestazioni on e off line, con il mondo del giornalismo nostrano, che in queste ore promette a vario titolo di querelare. «Malvagità», assicura. «Basti pensare alla malcelata soddisfazione, all’entusiasmo, alla gioia maligna appena trattenuta con la quale gli stessi grandi giornali (il Corsera, la Repubblica, la Stampa) che criminalizzano i renitenti al siero magico della multinazionali del farmaco, che trattano come untori e potenziali assassini, stanno esprimendo per il primo caso di “suicidio assistito” cioè eutanasia, che avverrà in Italia», dice.
Mario Draghi per lui è il «tiranno»: «Siamo in attesa che il tiranno – cioè l’ex banchiere dei banchieri -decida come punire i non vaccinati». Ce l’ha anche con Matteo Salvini, per le sue parole dopo l’affossamento del ddl Zan.
“Aumentare le pene per chi discrimina, offende o aggredisce in base all’orientamento sessuale? Per me si può votare anche domani, tanto che esiste una proposta di legge a mia firma in Senato” (Matteo Salvini)», scriveva il docente il 20 novembre scorso. «Quindi vuole i reati di opinione, color arcobaleno. Quando agitava il Rosario, faceva solo scena. Giurava sul Cuore Immacolato di Maria. Evidentemente spergiurava. Diceva un vecchio proverbio: scherza coi fanti, ma lascia stare i santi. Salvini non conosce la serietà, la corenza (sic!), la dignità», scrive il professore. «Solo LA FIAMMA non tradisce», commenta un suo contatto.
(da Open)
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Novembre 29th, 2021 Riccardo Fucile
RISULTATI ANALOGHI: DUE ITALIANI SU TRE FAVOREVOLI
Un’ampia maggioranza degli italiani è favorevole al Green pass, un italiano su dieci è dubbioso e uno su quattro è manifestamente contrario al suo impiego sul luogo di lavoro.
Lo rileva un sondaggio condotto da Swg, una società che progetta e realizza ricerche di mercato, di opinione, istituzionali, studi di settore e osservatori.
Come si può vedere dai dati elaborati, il 65% dei votanti ha risposto di essere “favorevole”, il 25% “contrario” e il 10% ha risposto “non saprei”.
Tra i motivi maggiormente citati da chi è contrario al Green Pass sul luogo di lavoro: “Non è giusto imporre le vaccinazioni o i tamponi ai lavoratori”, “discrimina i lavoratori”, “è poco utile ora che l’emergenza è in gran parte passata”.
Il risultato di un eventuale referendum italiano sul Green Pass, dunque, non sarebbe molto diverso da quello svizzero. L’elettorato elvetico, infatti, si era espresso per il 60% favorevole al Green Pass, per il 38% contrario e l′1% restava indeciso.
Risultati del tutto simili a quelli rilevati dal sondaggio.
La ricerca ha inoltre messo in luce che la maggior parte dei contrari al Green pass è comunque vaccinata e preoccupata per la pandemia, ma mentre tra i favorevoli sono più diffuse emozioni positive di speranza e fiducia, i no Green pass sono dominati da sentimenti di rabbia e di tristezza.
Il tema chiave appare essere quello della interpretazione del concetto di libertà e del rapporto tra Stato e cittadino.
Tra chi non si sente libero, la percentuale di contrari al Green pass è quasi quattro volte superiore a quella dei favorevoli e tra favorevoli e contrari si registrano visioni opposte su come lo Stato possa regolare e limitare la libertà individuale.
Dal punto di vista politico, i no Green pass mostrano di identificarsi maggiormente con i leader che in questi mesi hanno offerto maggiore ascolto alle loro istanze.
Tra i messaggi diretti di chi ha votato contro c’è chi sperava “che ci fosse più rispetto per le idee delle persone”.
“Adesso le decisioni vengono prese in maniera generica senza analizzare le situazioni e questo crea insicurezza e dubbi sull’efficacia delle decisioni che vengono prese. A chi dirlo non saprei, in questo momento non ritengo di individuare una persona che mi possa ispirare fiducia”.
“Vorrei l’abolizione del Green pass sul luogo di lavoro e basta. Oppure, rimanendo un po’ più sul realistico, tamponi gratuiti per chi non vuole farlo e ovviamente una durata congrua, anche 72 ore per tutti i tamponi”.
Favorevoli e contrari hanno visioni lontane del ruolo dello Stato e una percezione molto diversa del proprio livello di libertà. I contrari considerano le leggi dello stato un limite alle libertà, mentre i favorevoli ritengono giusto che la legge metta dei confini alle libertà individuali.
Sul rapporto tra Green Pass e vaccini, infine, i contrari hanno le idee chiare: “Mettere l’obbligo del Green pass è come mascherare il fatto di mettere il vaccino obbligatorio, allora mi viene il dubbio sul perché non mettere il vaccino obbligatorio, con le dovute esenzioni per chi effettivamente potrebbe avere dei problemi, ma a questo punto mi sembra una mancata assunzione di responsabilità da parte dello Stato”.
(da agenzie)
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Novembre 29th, 2021 Riccardo Fucile
“DA ME REAZIONE FISICA E VIOLENTA: COLPI DI MICROFONO SULLE PALLE”
“Vorrei essere accanto a lei, darle forza, farle sentire la mia vicinanza. Chi è vittima di
violenze non deve mai provare solitudine. Che è una nuova violenza” spiega la giornalista di Dazn a Repubblica.
“Noi donne dobbiamo imparare a fare squadra – aggiunge l’ex Mediaset e Sky -. A volte, purtroppo, ancora non succede. Non voglio fare esempi, basta leggere un po’ i giornali: allusioni, invidie, parole usate come coltelli. E invece se molestano te, stanno molestando anche me, anzi tutte noi. Per me è chiarissimo. Non facciamoci del male tra noi, non ce n’è veramente bisogno”
“Non ci hanno aiutato i social, che spesso sono solo apparentemente moderni – chiosa la Rossi -. Troppi commenti cattivi, spietati, gratuiti: ti usano come comodissimo bersaglio. Ti metti una gonna? Stai provocando, ti approfitti della tua bellezza. Un look più maschile? Non sei vestita bene, sei sciatta. Ma perché? Perché? Ti senti trattata come un oggetto, umiliata. E smettiamola di dire che quelle sono solo parole. La violenza verbale può far molto male, anche a chi, come me, lavora tanto ma crede di non dover dimostrare nulla”.
La cronista, domenica pomeriggio inviata dallo Stadio Olimpico di Roma per il pre e post partita tra i giallorossi e il Torino, ha detto che lei non avrebbe avuto una reazione “morbida” nei confronti di quel tifoso, ma anche di non esser mai stata oggetto di molestie di quel tipo: “L’avrei fatto finire non so dove, quell’animale. Reazione fisica, violenta. Un colpo ben assestato, magari col microfono, dove può fare molto male. E mi sono spiegata, credo”.
Ma la sua riflessione va oltre, sottolineando il suo essere conscia di aver scelto di affrontare la sua vita professionale in un ambiente prettamente maschile e maschilista, quello del giornalismo sportivo: “Ho scelto di vivere in un mondo in cui, inutile negarlo, c’è ancora tanto maschilismo. Ne ero consapevole, sapevo fin dall’inizio che mi sarebbero serviti competenza e artigli. Ho affilato sia l’una che gli altri”.
(da agenzie)
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