Marzo 15th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					LA NUOVA LETTERA DELLA TALPA DI MOSCA RIVELA IL CAOS E LE SPACCATURE AI VERTICI DEL CREMLINO CON UN PUTIN FRUSTRATO DALL’INSUCCESSO IN UCRAINA
 Il canovaccio è sempre lo stesso: una lettera inviata dalla presunta talpa dell’Fsb (erede del Kgb) a Vladimir Osechkin, attivista dei diritti umani in esilio, con una serie di informazioni (non verificabili) che provengono dall’inner circle di Vladimir Putin. Questa volta, però, lo scenario descritto è il peggiore possibile: secondo la talpa, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è effettivamente l’inizio della terza guerra mondiale, saranno usate armi nucleari e verrà colpito il cuore dell’Europa.
Il canovaccio è sempre lo stesso: una lettera inviata dalla presunta talpa dell’Fsb (erede del Kgb) a Vladimir Osechkin, attivista dei diritti umani in esilio, con una serie di informazioni (non verificabili) che provengono dall’inner circle di Vladimir Putin. Questa volta, però, lo scenario descritto è il peggiore possibile: secondo la talpa, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è effettivamente l’inizio della terza guerra mondiale, saranno usate armi nucleari e verrà colpito il cuore dell’Europa.
Lo scritto in questione, del resto, non è equivocabile, anche se – bene ribadirlo – i contenuti non possono essere verificati.
Fatto sta che per Mosca “la terza guerra mondiale è iniziata” e il Cremlino si preparerebbe a lanciare attacchi missilistici contro alcuni paesi vicini, anche se membri della Nato, come la Polonia e le repubbliche baltiche.
Tutto questo qualora l’Occidente non dovesse cancellare le pesanti sanzioni imposte contro la Russia e accettare l’invasione dell’Ucraina. Nel documento della presunta talpa del Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa, poi, sono delineati nel dettaglio i passi che il Cremlino sarebbe pronto a compiere davanti alle difficoltà dell’operazione ucraina e al vasto supporto fornito a Kiev.
Non solo. Nel lungo documento si anticipa la possibilità che le minacce dirette possano arrivare nel corso di una conferenza stampa del generale Igor Yevgenyevich Konashenkov, il portavoce capo del Ministero della Difesa russo e ‘volto’ delle forze armate in queste settimane.
Nell’incontro l’alto ufficiale spiegherebbe che “l’Europa e in generale tutto l’Occidente hanno dichiarato guerra alla Russia” con la loro reazione e il loro supporto, anche logistico e militare, a Kiev.
Seguirebbe un discorso di Putin, simile a quello che ha preceduto l’annuncio dell’invasione: il presidente russo spiegherebbe come oggi la guerra non si combatta solo sul campo, ma anche con gli attacchi informatici e le sanzioni. Quindi Putin chiederebbe formalmente all’Occidente di eliminare le misure contro Mosca, mentre la Nato dovrebbe assicurare di non espandersi ulteriormente, con l’adesione dell’Ucraina.
Putin chiederebbe a questo punto il sostegno di paesi amici – secondo l’autore della lettera – come Serbia, Ungheria e Cina, che a loro volta chiederebbero all’Occidente di “accettare immediatamente le giuste richieste della Russia per non spingere il mondo in una nuova guerra”.
A questo punto le due opzioni disegnate sarebbero una capitolazione più o meno esplicita dell’Occidente, magari “con la firma di un nuovo trattato internazionale di valore globale”, oppure il rifiuto di accettare il diktat.
E in questo caso – spiega la presunta fonte dei servizi – “gli obiettivi militari designati” sarebbero appunto la Polonia e le Repubbliche Baltiche, magari indicando in anticipo ‘target limitati’ per il lancio di missili così da evitare perdite fra i civili.
Il tutto mettendo in moto l’arsenale nucleare russo, così da aggiungere una dimensione ancora più preoccupante alla minaccia di Mosca.
A differenza delle lettere precedenti qui non si disegna un quadro delle divisioni all’interno dei diversi servizi russi, ma si traccia una tabella di marcia piuttosto precisa cronologicamente che sembra comunque – se ispirata a informazioni affidabili – evidenziare lo stato di estrema tensione al Cremlino, dove Putin e la sua cerchia – pur di non ammettere il fallimento della propria strategia – sarebbero pronti alla provocazione estrema, contando esclusivamente sulla ritrosia dell’Occidente a farsi coinvolgere ulteriormente nella crisi aperta dall’invasione di Kiev. La lettera è l’ultima di una serie di informazioni dall’interno dei servizi di intelligence, sotto pressione del Cremlino che li accusa di avere fornito report sbagliati in vista dell’invasione.
La missiva della presunta talpa, come detto, parla dei piani che potrebbe attuare Putin e non della situazione all’interno dei palazzi del potere del Cremlino. Che era e rimane molto tesa, almeno secondo un retroscena pubblicato sull’edizione odierna di Repubblica.
A sentire altre fonti di intelligence citate dal quotidiano di Largo Fochetti, gli errori e le difficoltà incontrate dall’esercito russo hanno letteralmente spaccato lo staff di Putin. Due le fazioni, quella del ministro della Difesa Shojgu e quella di Nikolaj Patrushev, capo dei servizi e della sicurezza: il primo vorrebbe continuare il conflitto, se possibile aumentando numero e portata degli attacchi (e per questo sarebbe stato chiesto l’aiuto di Pechino); il secondo al contrario vorrebbe fermarsi.
E Putin? Secondo la Cia e i servizi segreti Usa – citati dall’agenzia Ap – il capo del Cremlino era convinto di vincere il conflitto in due giorni, ma adesso è frustrato perché dopo quasi tre settimane non è riuscito neanche ad entrare a Kiev; per lo stesso motivo però sa che non può permettersi di perdere la guerra e per questo motivo potrebbe decidere di inasprirla, arrivando a minacciare direttamente i paesi della Nato. In tal caso sarebbe confermato il quadro descritto dalla presunta talpa al Cremlino.
Tornando all’apparato di Putin, secondo gli 007 Usa il morale delle truppe sarebbe sotto i tacchi sia per la stanchezza maturata sul campo sia per le morti di generali simbolo dell’armata, come Kolesnikov, Vitalij Gerasimov e Sukhovetskij.
E anche gli arresti ordinati da Putin all’interno dei servizi segreti dopo i clamorosi fallimenti di queste prime tre settimane di guerra avrebbero contribuito a peggiorare la situazione interna degli apparati russi.
Non solo strategie sbagliate, però. Il tutto va sommato anche al flop squisitamente militare, con l’aviazione in evidente difficoltà e le forze armate alle prese con grossi problemi di ammodernamento, anche tecnico.
A questo punto i guerrafondai di Putin avrebbero consigliato di rivolgersi ai veterani della riserva, il che però creerebbe una falla nella propaganda putiniana: le famiglie sarebbero costrette a subire la partenza degli uomini, avendo così la conferma di essere in guerra, ovvero tutto ciò che il Cremlino non vorrebbe.
Tutto ciò ha creato le spaccature all’interno del consiglio di guerra di Putin. Consiglio che potrebbe essere anche chiamato a dire la sua su scelte complesse, come l’uso di armi chimiche o nucleari. Secondo gli Usa questo porterebbe a una resa dei conti. Sul tavolo c’è il concetto stesso di potere e gli equilibri interni ed esterni al Cremlino.
(da Il Fatto Quotidiano)
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				Marzo 15th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					NELLE CHAT C’È IL PANICO: “QUA SI TORNA AL BARATTO”… LE PERSONE GIÀ INIZIANO A PERDERE IL LAVORO O NON SANNO PER QUANTO LO CONSERVERANNO… LE GUERRE COSTANO, E PUTIN NON HA LE RISORSE PER UN’OFFENSIVA A TUTTO CAMPO SULL’UCRAINA
“Tre mesi». E’ questo il termine di tempo che rimbalza tra i messaggi, nelle chat, nelle  interviste a ricercatori sui siti russi che ancora riescono a trasmettere. Tre mesi perché tutta l’economia crolli, perché il Paese vada in default, perché lo spettro degli anni Novanta torni a sedersi nelle tavole dei russi.
interviste a ricercatori sui siti russi che ancora riescono a trasmettere. Tre mesi perché tutta l’economia crolli, perché il Paese vada in default, perché lo spettro degli anni Novanta torni a sedersi nelle tavole dei russi.
Un po’ è panico, un po’ è vox populi, un po’ no, perché c’è già chi comincia a perdere il lavoro, chi non riesce a trovarlo, chi non sa per quanto riuscirà a conservare il proprio. Le immagini di code ai negozi che chiudono – l’ultimo McDonald, l’ultimo piumino Uniqlo, l’ultimo scaffale Ikea – fanno pensare che sarà il settore del commercio quello a mietere le maggiori vittime: ieri nella chat Telegram «l’amante insanguinata» (il riferimento è all’Ucraina) ci si chiedeva se siano pronti i tempi per tornare al baratto.
«Vestiti e scarpe, metteremo quelli che abbiamo», si sente già dire dai russi più anziani.
Per adesso le riserve nei centri commerciali ancora sono disponibili, anche se è chiaro che le merci si stanno assottigliando, le persone avranno meno soldi da spendere, i prezzi stanno già crescendo e la popolazione si prepara a uno «scenario iraniano» (altra espressione ricorrente).
Ma i settori più a rischio di pesanti ricadute occupazionali sono quelli industriali: quello automobilistico in primo luogo, nel segmento chiave dell’assemblaggio.
I produttori se ne stanno andando, la regione di Kaluga e di Kaliningrad hanno già fatto sapere che cercheranno di assorbire la fuga dei marchi tedeschi senza licenziare ma con un salario minimo: fra breve, hanno lasciato intendere, non ci sarà nulla da assemblare.
Anche Ford ha chiuso lo stabilimento di Vsevolozhsk, regione di Pietroburgo, e se Hyundai e Toyota ancora resistono, il problema sono i componenti, che arrivano da società occidentali che hanno fermato le forniture.
L’altro settore colpito è l’aviazione: gli unici a essere effettuati saranno i voli nazionali perché le compagnie straniere hanno interrotto l’invio di pezzi di ricambio e del necessario per la manutenzione.
«Non soffriranno solo gli equipaggi e i complessi legati ai servizi aeroportuali – spiega la ricercatrice di San Pietroburgo Natalia Zubarevich – ma avremo tutti paura di volare». Stesse difficoltà per il petrolchimico: «Le attrezzature per la modernizzazione delle raffinerie sono in gran parte importate dall’Europa – dice ancora – e al momento non è chiaro come possano funzionare senza».
I giovani economisti moscoviti fanno ipotesi, guardando sempre ai famigerati anni Novanta. Uno di loro, Vladimir Gimpelson, esperto di mercato del lavoro alla Scuola di Studi Economici di Mosca, sostiene che si assisterà a un congelamento della forza lavoro. «Congelare la forza lavoro significa sempre gestire shock temporanei – dice – ma non appena diventa chiaro che lo shock è permanente, i datori di lavoro semplicemente tagliano i costi e tolgono ciò che possono togliere. In un’economia in cui ci sono molti disoccupati, questo è, ovviamente, un disastro».
Insieme a «tre mesi» e «scenario iraniano», l’altra parola che circola come un mantra è «nazionalizzazione». I russi al fondo sperano in una pioggia di rubli che metterà a posto le cose.
Ma non funziona così: «I posti di lavoro sono creati da un’azienda a seconda di quanto e quali prodotti questa azienda produrrà – spiega Gimpelson -. Se un’impresa viene nazionalizzata, la prima domanda è: cosa produrrà? Per chi? E chi la gestirà? Se queste domande non trovano risposta – e in molti casi non ci sarà risposta – allora non capisco davvero cosa porterà la nazionalizzazione».
Alle professioni tradizionali, per cui gli scenari benché disastrosi si prestano a essere analizzati con le lenti del passato, si affiancano oggi quelle per cui gli anni Novanta non rappresentano alcun orizzonte di senso.
Tipo quella di Vladi, tatuatore che vende i suoi lavori su Instagram: «Era la mia principale piattaforma di lavoro, perderò tutti i clienti, che già non riescono più a trovarmi». O quella di Sveta, responsabile in un reparto marketing di un centro estetico a Vladivostock: «Ho 10 persone nel mio team, cinque delle quali sono impegnate nella produzione di contenuti e nelle vendite su Instagram. Da lunedì, tutte perderanno il loro principale strumento di guadagno, e di lavoro».
(da la Stampa)
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				Marzo 15th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					DA UN ACCOUNT TWITTER NON VERIFICATO A LEI INTESTATO QUALCUNO SCRIVE A SUO NOME: “AFFRONTERO’ LE CONSEGUENZE COME UN DISTINTIVO D’ONORE”
 Marina Ovsyannikova, la donna russa che ieri ha interrotto in diretta il telegiornale più seguito del paese per denunciare la guerra in Ucraina, è stata subito arrestata e da allora è scomparsa. I suoi avvocati hanno detto che non hanno idea di dove si trovi e che non gli è stato permesso di incontrarla.
Marina Ovsyannikova, la donna russa che ieri ha interrotto in diretta il telegiornale più seguito del paese per denunciare la guerra in Ucraina, è stata subito arrestata e da allora è scomparsa. I suoi avvocati hanno detto che non hanno idea di dove si trovi e che non gli è stato permesso di incontrarla.
Le autorità russe stanno ora preparando un procedimento penale contro la donna, e potrebbero condannarla a 15 anni di carcere dopo l’introduzione delle leggi speciali per l’Ucraina che puniscono «la diffusione pubblica di informazioni false».
Su Twitter un account non verificato, che dice di essere la Ovsyannikova, ha scritto di essere agli arresti domiciliari e che affronterà le conseguenze delle sue azioni «come un distintivo d’onore», ma non si sa se l’account è controllato dalla donna o da qualcuno che le è vicino oppure no.
I sostenitori di Putin chiedono la reclusione di Ovsyannikova, e il direttore delle trasmissioni di Russia Today vorrebbe che la manifestante venisse incarcercata per dieci anni.
La Ovsyannikova è riuscita nella sua protesta grazie al suo status di caporedattore televisivo senior presso la stazione, e quindi era autorizzata ad avere accesso al centro di trasmissione e non è stata fermata da guardie armate.
(da agenzie)
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				Marzo 15th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					SONO TUTTI GIOVANISSIMI, SPEDITI AL FRONTE SENZA SAPERE IL PERCHE’…
UN COMANDANTE RUSSO PRIGIONIERO: “CI ERA STATO DATO L’ORDINE DI BOMBARDARE I CIVILI“
Molti di loro sono giovani. Giovanissimi. Hanno finito da poco le scuole e si sono ritrovati  nel bel mezzo di una guerra, operando dalla parte dell’aggressore su ordine del Cremlino.
nel bel mezzo di una guerra, operando dalla parte dell’aggressore su ordine del Cremlino.
Molti di loro non sapevano neanche di esser stati spediti a un fronte creato da Putin in un Paese straniero. Molti di loro sono – come poi confessato dopo aver negato inizialmente il fatto – militari di leva spediti come un pacco postale (imbottito di armi e munizioni) in Ucraina per combattere un nemico inesistente.
Lontani dalle famiglie, i soldati russi che arrestati nel Paese ucraino ora chiedono scusa e lanciano appelli alle loro madri.
“Mamma se vedi questo video. Se ti dicono che va bene non crederci. La Russia ha già commesso questo crimine. Sono vivo, potrebbero uccidermi ma mi proteggono. L’unica cosa per cui posso morire, mamma, è per l’attacco dei nostri aerei”.
A parlare è uno dei soldati russi arrestati e fatti prigionieri nel corso delle prime due settimane di questa guerra. Nel video diffuso da Nexta, si vedono cinque ragazzi molto giovani. Tutti con il volto emaciato dal freddo e con gli occhi arrossati dalle lacrime. E da lì, da quel media centre ucraino, hanno lanciato tutti degli appelli per tentare di spiegare il motivo per cui si siano ritrovati nel bel mezzo di un conflitto.
Come riporta Il Corriere della Sera, il primo pensiero di molti di questi giovanissimi soldati russi è stato rivolto alle madri e ai loro familiari che non hanno più notizie di loro da giorni.
Anche perché, come testimoniato dal gesto della redattrice di Channel One Marina Ovsyannikova, chi vive in Russia sa poco (quasi nulla) di quel che sta accadendo in Ucraina. Colpa dei media di Stato che, nelle rare volte in cui si parla dell’argomento, parlano di “operazione speciale”. Ma è una guerra, come sottolineato da uno dei militari arrestati in Ucraina:
“Chiedo perdono: a tutta l’Ucraina. Perdonatemi per essere venuto qui, mi vergogno profondamente. Putin ha detto solo menzogne, ci hanno costretto a venire qui. Voglio chiedere perdono a tutta l’Ucraina per essere venuto qui”.
Parole pronunciate con il capo chino e che vengono ripetute anche dagli altri soldati presenti a quella conferenza stampa. Nelle loro parole e nei loro occhi appare evidente quel senso di “impotenza” davanti alle decisioni del Cremlino e di “vergogna” per essersi trovati in Ucraina. A invadere un Paese provocando morte e distruzione.
Il Corriere della Sera riporta anche i racconti di altri militari russi prigionieri in Ucraina. Con parole agghiaccianti sul loro destino. E non per colpa di chi li ha arrestati: “Ho potuto chiamare i miei genitori. I miei dicono che mi hanno già organizzato il funerale. Se rientriamo come prigionieri scambiati, a spararci saranno i nostri connazionali, per la vergogna”.
Ma poi c’è anche chi entra nel dettaglio dell’operazione di guerra voluta dal Cremlino, facendo nomi e cognomi. Oltre agli ordini ricevuti: “L’ordine di prendere Kharkiv in tre giorni è venuto direttamente da Putin. Ci era stato ordinato di bombardare civili”.
Parole di un comandante russo arrestato cinque giorni fa in Ucraina.
(da NetQuotidiano)
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				Marzo 15th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					D’ACCORDO SULLE SANZIONI, DIVISI SULL’INVIO DI ARMI, CONTRARI A COMBATTERE
 La percezione di quel che sta accadendo alle porte dell’Unione Europea è molto importante per capire quale sia la consapevolezza dei cittadini italiani in merito al conflitto bellico in corso.
La percezione di quel che sta accadendo alle porte dell’Unione Europea è molto importante per capire quale sia la consapevolezza dei cittadini italiani in merito al conflitto bellico in corso.
Spesso ci si trova davanti ai rumori provenienti dai social, ma tutto ciò rappresenta solamente una fetta (seppur a tratti cospicua) della reale impressione di ciò che viene quotidianamente raccontato.
E per capire il vero “sentiment” degli italiani, vediamo gli ultimi sondaggi sulla guerra in Ucraina fatti da SWG.
Il primo, quello più didascalico, dà l’esatta misura della percezione di quel che sta accadendo: il 44% degli intervistati (un campione di mille persone residenti in Italia) è convinto che la guerra sia tra la Russia e tutto l’Occidente. Il 18%, invece, estende il raggio di azione, sostenendo che il conflitto della Russia sia il resto del Mondo nella sua totalità.
Un punto percentuale in meno, invece, vede coinvolte nella guerra in Ucraina solamente due Nazioni (Russia e Ucraina). E oltre al 9% che non si è espresso sul tema, c’è il 12% degli italiani convinto che questa guerra sia della Russia contro l’Europa.
Ma tra i sondaggi guerra in Ucraina fatti da SWG per il Tg di La7 ce n’è anche un secondo che va più in profondità e riguarda le sanzioni (non solamente quelle economiche).
Il 69% degli intervistati è d’accordo con il fatto che anche l’Italia impartisca sanzioni economiche a Mosca. Il 19% degli italiani, invece, non è d’accordo con questa mossa (il restante 12% non si è espresso).
C’è, invece, un maggiore equilibrio per quel che riguarda l’invio di armi all’Ucraina: il 44% è contrario, il 42% è a favore.
E questo disallineamento prosegue nel successivo quesito, quello più delicato sull’invio dei soldati italiani per combattere al fianco dell’esercito ucraino contro la Russia: il 69% dice no, mentre solo il 15% è favorevole.
(da agenzie)
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				Marzo 15th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					FDI 21,9%, PD 21,3%, LEGA 16,2% , M5S 13%
Quella figuraccia internazionale ha prodotto una serie infinita di polemiche e ironie  (anche se è sempre molto difficile utilizzare questo termine parlando di una guerra in atto). Ma la politica – in termini di consenso – è fatta anche di questo e a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Ed è quanto si evince dai sondaggi politici di oggi, quelli realizzati nel corso della settimana successiva alla figura barbina fatta da Matteo Salvini in Polonia.
(anche se è sempre molto difficile utilizzare questo termine parlando di una guerra in atto). Ma la politica – in termini di consenso – è fatta anche di questo e a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Ed è quanto si evince dai sondaggi politici di oggi, quelli realizzati nel corso della settimana successiva alla figura barbina fatta da Matteo Salvini in Polonia.
Il riferimento, ovviamente, è a quanto avvenuto lo scorso mercoledì (9 marzo) tra il leader del Carroccio e il sindaco della città polacca di Przemyśl, la città al confine con l’Ucraina. Il primo cittadino aveva, infatti, consegnato al segretario della Lega quella famosa maglietta indossata da Salvini (solo qualche anno prima) al Parlamento Europeo – nell’Aula di Strasburgo – e anche durante le sue visite in Russia. Un gesto che ha avuto una eco mediatica non solo in Italia, ma in tutto il mondo.
E anche in sondaggi politici oggi confermano la portata di questa figuraccia epocale. Secondo l’ultima rilevazione fatta da SWG per il Tg di La7, la Lega ha perso lo 0,8% nelle intenzioni di voto degli italiani (scendendo al 16,2%).
Le posizioni ondivaghe (tra il passato e il presente) di Salvini su Putin – e la Russia – stanno facendo pagare il conto al Carroccio.
Cresce ancora – anche rosicchiando parte della perdita di consensi della Lega – Fratelli d’Italia che si conferma primo partito andando a sfiorare il 22%.
Ma nel computo totale, la coalizione di Centrodestra perde punti (in calo, seppur di poco, anche Forza Italia).
Il Partito Democratico cresce di poco (dello 0,1%) rimanendo stabile rispetto all’ultima rilevazione della scorsa settimana, mentre il MoVimento 5 Stelle, dopo settimane di caduta libera, rialza la testa tornando al 13%.
(da agenzie)
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				Marzo 15th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					DICE DI ESSERE PRONTO A PARTIRE PER IL DONBASS “PER DIFENDERE I VALORI CRISTIANI“… BRAVO, MA VAI IN PRIMA LINEA A MARIUPOL O KIEV CHE I VERI PATRIOTI SAPRANNO COME ACCOGLIERTI
 Dice di non essere putiniano, ma crede alla narrazione del Cremlino su acclarati bombardamenti contro i civili (come quello contro il reparto maternità dell’Ospedale di Mariupol).
Dice di non essere putiniano, ma crede alla narrazione del Cremlino su acclarati bombardamenti contro i civili (come quello contro il reparto maternità dell’Ospedale di Mariupol).
Si dice pronto per partire in direzione Donbass perché lui è un “identitario”. Forse prova solamente a cancellare dal suo curriculum gli unici due eventi che, finora, lo hanno resto “celebre” davanti agli occhi degli italiani: gli insulti a Mattarella e l’aver avuto seri problemi nella pronuncia di “Limes“.
Lui è Vito Comencini, il deputato leghista filorusso che sostiene che ci sia da ascoltare anche la versione russa del bombardamento all’ospedale di Mariupol.
Intervistato dal quotidiano la Repubblica, il deputato leghista eletto nel 2018 per la prima volta (ed ex consigliere al Comune di Verona), ha annunciato la sua prossima partenza – ora si trova a San Pietroburgo – in direzione Donbass per difendere “i valori della civiltà classico cristiana in Europa”.
Il controsenso geografico è servito, ma questo non è l’unico elemento paradossale delle sue parole. Perché la vetta, purtroppo, si tocca parlando dell’attacco missilistico contro l’ospedale di Mariupol:
“Quello che vedo e sento in tv lo prendo con le pinze. Tante volte è il frutto di una propaganda mediatica. Qui le tv locali denunciano fake news. Ho ascoltato le opinioni dell’una e dell’altra parte. E ho parlato con amici russi, che sollevano dubbi, basandosi su elementi oggettivi ed evidenti”.
Elementi oggettivi ed evidenti che, in realtà, sono mere bufale messe in circolazione anche dai profili istituzionali delle ambasciate russe in giro per il mondo (e per la rete). Perché è stato dimostrato come quell’attacco contro i civili all’Ospedale di Mariupol sia stato reale. Con vittime annesse.
Ma lui non vuole essere definito putiniano, nonostante nel corso di tutta la sua intervista ripeta continuamente ed esclusivamente la versione russa di questa storia fatta di guerra, aggressioni, invasioni, bombardamenti e sangue dei civili sparso per le strade.
E Vito Comencini sostiene che lui la pensa esattamente come i russi. Perché sono i suoi conoscenti russi a dirglielo. Gli stessi che non hanno accesso a fonti di informazione alternativa a quella finanziata e consentita dal Cremlino. Come la classica storia: “Oste, com’è il vino?”.
(da NetQuotidiano)
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				Marzo 15th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					LUNGHE FILE NEI NEGOZI
Mentre si vuole far percepire una situazione sotto controllo in tutta la Russia, le immagini che arrivano dai supermercati di Mosca mostrano lunghe code e resse per acquistare i prodotti alla base dell’alimentazione.
 che arrivano dai supermercati di Mosca mostrano lunghe code e resse per acquistare i prodotti alla base dell’alimentazione.
In particolare, nelle ultime ore stanno circolando alcuni video e alcune immagini che mostrano una vera e propria “lotta” in mezzo agli scaffali per accaparrarsi confezioni di zucchero.
Il filmato è stato girato in uno dei supermercati Mosca. Si vedono decine di persone in coda, assembrate in mezzo ai corridoi del negozio, nel tentativo di accaparrarsi un pacco di zucchero. Altre testimonianze che si rincorrono da giorni, invece, mostrano il razionamento delle scorte.
In molti supermercati (ma questo sta avvenendo anche in Italia) è stato fissato un limite nel numero delle confezioni acquistabili da ogni singolo cittadino russo. Il governo, si legge in quel cartello, ha imposto questa misura per “limitare il mercato nero e l’inflazione”. Ma gli scaffali, in molti casi, sono completamente vuoti.
rate.
(da NetQuotidiano)
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				Marzo 15th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					PENE FINO A 15 ANNI DI GALERA PER UNA PATRIOTA VERA
 Il video della sua incursione in diretta a Channel One è diventato un piccolo grande capitolo che fa parte del tragico romanzo di questa guerra in Ucraina.
Il video della sua incursione in diretta a Channel One è diventato un piccolo grande capitolo che fa parte del tragico romanzo di questa guerra in Ucraina.
Marina Ovsyannikova, la redattrice di Channel One (il primo canale delle televisione di stato russa), è diventata protagonista di quel coraggioso gesto di protesta contro l’invasione russa voluta da Cremlino. Quel messaggio scritto su un cartellone (“Fermate la guerra. Non credete alla propaganda. Vi stanno mentendo. I russi sono contrari alla guerra”), è solo uno degli aspetti della storia di questa donna, che aveva registrato – prima del suo arresto – un video-messaggio che è ancora più potente di quella esposizione mediatica.
Lei è una donna russa, dipendente (ormai ex) della televisione di Stato russa. Lavorava proprio per quel telegiornale di Channel One, dove la propaganda del Cremlino è il solo terreno fertile per la narrazione della guerra (che non viene mai definita tale) in Ucraina.
Ma oltre a quel messaggio sul cartellone, la parte fondamentale di quel suo gesto simbolico arriva proprio da quel video pre-registrato in cui racconta la sua storia che è quella di molti altri cittadini russi. In quel filmato, infatti, Marina Ovsyannikova parla di sé. E non solo
“Quello che sta accadendo in Ucraina è un crimine. E la Russia è l’aggressore qui. E la responsabilità di questa aggressione ricade sulla coscienza di un solo uomo: Vladimir Putin. Mio padre è ucraino. Mia madre è russa. E non sono mai stati nemici. E questa collana che indosso è un simbolo del fatto che la Russia deve porre fine immediatamente a questa guerra fratricida. E i nostri popoli fraterni potranno ancora fare la pace”.
E quella collana indossata mentre registrava quel video-messaggio, rappresenta i colori delle bandiere dei due Paesi: il bianco, rosso e blu della Russia (suo Paese natìo) e il gialloblù dell’Ucraina. E la sua storia prosegue nel corso di quel breve messaggio rivolto a tutti i russi e a tutti coloro che hanno imparato a conoscerla solamente oggi, proprio per quel coraggioso gesto eclatante e simbolico.
“Sfortunatamente, ho passato molti degli ultimi anni lavorando per Channel One, facendo propaganda al Cremlino, e me ne vergogno profondamente. Mi vergogno di aver permesso che le bugie provenissero dallo schermo della TV. Mi vergogno di aver permesso la zombificazione del popolo russo. Siamo rimasti in silenzio nel 2014 quando tutto questo era appena iniziato. Non abbiamo protestato quando il Cremlino ha avvelenato Navalny. Abbiamo semplicemente osservato in silenzio questo regime antiumano all’opera. E ora il mondo intero ci ha voltato le spalle”.
Perché questo è un tema fondamentale. Buona parte dei cittadini russi (quelli che si informano – o possono informarsi – solamente attraverso i media finanziati e autorizzati dal Cremlino) non è a conoscenza di quel che i soldati russi stanno facendo in Ucraina, macchiando di sangue la storia contemporanea della Russia.
Aloni che già erano presenti sul bianco vestito russo nel recente passato, come spiegato da Marina Ovsyannikova citando il caso Crimea e l’avvelenamento del maggiore oppositore di Vladimir Putin. Ma nel Paese se ne parla poco, quasi per nulla. Proprio per colpa di quei media condizionati dallo stato russo.
“E le prossime 10 generazioni non laveranno via la macchia di questa guerra fratricida. Noi russi siamo persone intelligenti e intelligenti. È solo in nostro potere fermare tutta questa follia. Vai a protestare. Non aver paura di niente. Non possono rinchiuderci tutti”.
Il suo messaggio si conclude così. Con un appello. Perché se tutti iniziassero a fare la propria parte, i muscoli mostrati (anche in patria) da Putin si sgonfierebbero dopo esser stati resi vigorosi quasi esclusivamente dagli anabolizzanti mediatici di Stato. Per questo il suo gesto è coraggioso.
Cosa rischia
E anche per le conseguenze. Perché Marina Ovsyannikova era conscia del suo destino. Era consapevole che pochi istanti dopo quel gesto simbolico sarebbe stata arrestata. E ora sarà incriminata per aver violato la nuova legge definita “sulla disinformazione” approvata nel corso delle scorse settimane in Russia. Una norma che punisce tutti i media (molti, infatti, sono stati già censurati), con una pena massima di 15 anni. Perché, secondo il Cremlino, chi parla di “guerra in Ucraina” racconta fake news. Anzi, chi usa la parola “guerra” merita la censura e il carcere. E chi chiede la pace, rischia lo stesso tipo di condanna. Come in un loop infinito di percezione condizionata di quel che sta accadendo.
(da NetQuotidiano)
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