Destra di Popolo.net

FRATELLI D’ITALIA CERCA UN NOME ALTERNATIVO ALLA MELONI

Aprile 2nd, 2022 Riccardo Fucile

“WASHINGTON NON GRADISCE UN SOVRANISTA A PALAZZO CHIGI“… CERCASI QUALCUNO DI PRESENTABILE

Giorgia Meloni lo sa: anche se il centrodestra vincesse le elezioni e il suo fosse il primo partito della coalizione potrebbe non sedere l’anno prossimo sulla poltrona di palazzo Chigi.
Perché è questa la notizia che comincia a circolare negli ambienti di Fratelli d’Italia più vicini alla leader.
I motivi sono due: da un lato la paura di “bruciarsi”, di fare la fine di Silvio Berlusconi messo alla porta dall’Unione Europea a colpi di spread.
Dall’altro lato il “niet” nei suoi confronti che, al di là dei tanti incontri di accreditamento fatti negli ultimi tempi, ancora permane da parte di Washington e Bruxelles.
Insomma, ai piani alti di Fratelli d’Italia stanno seriamente pensando che anche in caso di vittoria potrebbe essere meglio stare fermi un giro e procurarsi un piano B.
In futuro si vedrà, magari quando e se ci sarà di nuovo un repubblicano alla Casa Bianca. Perché è proprio questo il più grande ostacolo: il democratico Joe Biden.
Il dipartimento di Stato non ne vuol sapere di ritrovarsi in un Paese sempre più fondamentale per l’alleanza Atlantica come l’Italia un sovranista a palazzo Chigi dopo aver sconfitto Trump negli Stati Uniti.
Tanto più con i venti di guerra che soffiano dall’Ucraina.
D’altra parte che i rapporti con Washington e con l’Europa siano ai minimi termini lo dimostrano anche le recenti parole pronunciate da Giorgia Meloni: “Joe Biden si sta dimostrando del tutto inadeguato” mentre “sono inutili e inesistenti i vertici dell’Ue“
Decisamente non il modo migliore per accreditarsi da parte di un potenziale presidente del consiglio italiano.
Così ai piani alti di Fratelli d’Italia comincia a prendere piede l’ipotesi di trovare un candidato condiviso con gli altri partner di centro-destra, un “papa straniero” da presentare agli elettori prima delle elezioni.
Insomma, meglio fare un passo indietro per il bene della coalizione piuttosto che andare a palazzo Chigi e poi ritrovarsi a governare senza il benestare di Washington e Bruxelles. Cosa che non ha mai portato fortuna a chi ci ha provato.
(da TPI )

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SONDAGGIO TECNE’: TESTA A TESTA TRA MELONI E LETTA

Aprile 2nd, 2022 Riccardo Fucile

FDI 21,8% , PD 21,7%, LEGA 15,8%, M5S 12,5%

Sondaggi politici, continua la ‘fuga’ dell’estrema destra di Fratelli d’Italia e del partito democratico, mentre continua la crisi di Salvini.
Il partito di Giorgia Meloni resta primo col 21,8% delle preferenze, mentre i democratici salgono dello 0,1 rispetto a sette giorni fa e si assetano al 21,7. E’ quanto emerge dal sondaggio Dire-Tecnè realizzato l’1 aprile su un campione di mille persone.
Perde lo 0,1 la Lega, terza col 15,8%.
Il M5S recupera uno 0,2 e sale al 12,5%.
Per la seconda settimana di seguito resta ferma al 10,7% Forza Italia.
Seguono Azione e +Europa al 4,7%; Italia Viva al 2,6%; Europa Verde al 2,3%: tutte e tre perdono lo 0,1. Sinistra italiana ferma al 2%.
(da agenzie)

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GLI 007 RUSSI SMASCHERATI DA UN DIPENDENTE DEL GIGANTE DEL FOOD DELIVERY RUSSO, YANDEX FOOD

Aprile 2nd, 2022 Riccardo Fucile

E’ RIUSCITO A VIOLARE LA BANCA DATI DEL SITO DI CONSEGNA DEL CIBO ED E’ RIUSCITO A RISALIRE A QUELLI ARRIVATI DA AGENTI DEI SERVIZI SEGRETI E MILITARI RUSSI DIRETTAMENTE NEI LORO UFFICI …I FIANCHEGGIATORI DELL’EX PRESIDENTE FILORUSSO DELL’UCRAINA, YANUKOVICH, AVREBBERO TENTATO DI ROVESCIARE IL GOVERNO CON UN’UNITA’ DI SABOTATORI

L’intento del governo di Kiev è pure quello di smantellare possibili reti di fiancheggiatori dell’ex presidente filo-russo Yanukovich, che può tuttora contare su alti funzionari in settori vitali dello Stato e aspetta soltanto il momento di rientrare nella capitale, sostenuto dalle truppe di occupazione, per prendere il posto di Zelensky.
In tutto il Paese, sarebbe stato sventato il tentativo di rovesciare le autorità locali attraverso un’azione coordinata di unità di sabotatori filo-russi. Epurazioni sono avvenute del resto anche in campo russo, con defenestrazioni al vertice sia dei servizi d’Intelligence esterni con competenza sull’area ex Urss, accusati di aver sottovalutato le forze ucraine, sia nella Rosgvardia, la Guardia nazionale creata da Putin e attiva in questi giorni nell’invasione dell’Ucraina.
È di ieri la notizia, rilanciata e confermata dai segugi del sito Bellingcat, anche dell’arresto di un dipendente del gigante del food delivery russo, Yandex Food, che sarebbe riuscito a violare la banca dati del sito di consegna del cibo ripercorrendo gli ordini arrivati addirittura da agenti dei servizi segreti e militari russi direttamente nei loro uffici. In questo modo era possibile, oltre a conoscerne i gusti culinari, recuperare i molto più importanti dati personali, compresi gli indirizzi di casa e le targhe delle automobili, e in alcuni casi il traffico telefonico. Quindi l’attività spionistica.
(da agenzie)

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MACRON CHIUDE LE PRESIDENZIALI CON UN MEGA-COMIZIO, FISCHI CONTRO PUTIN

Aprile 2nd, 2022 Riccardo Fucile

“CI BATTIAMO PER LA PACE, QUI NON SI FISCHIA NESSUNO“

Nell’ultimo weekend della campagna elettorale prima delle elezioni presidenziali francesi, Emmanuel Macron ha tenuto il suo primo – e unico – comizio nel Palasport della Défense Arena di Nanterre, alle porte di Parigi, davanti a 35.000 persone entusiaste, che hanno intonato la Marsigliese prima del suo ingresso.
Il presidente francese ha esordito parlando della guerra russa in Ucraina, contro «chi bombarda la democrazia a poche ore da Parigi», riferendosi a Vladimir Putin. Subito dopo, alcuni fischi si sono levati dalle gradinate del Palasport.
Ma il leader di En Marche ha placato il pubblico, tentando di frenare i fischi che piovevano dalle gradinate: «Tutti i giorni ci battiamo per la pace, ma qui siamo tutti insieme e non si fischia nessuno». Un riferimento implicito ai comizi dei suoi avversari, in particolare a quelli di Marine Le Pen, già avversaria nella corsa all’Eliseo nel 2017 e attualmente seconda nei sondaggi, dietro il presidente francese.
(da agenzie)

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MAXIM LEVIN, IL FOTOREPORTER UCRAINO UCCISO DAI RUSSI

Aprile 2nd, 2022 Riccardo Fucile

DOCUMENTAVA LE CONSEGUENZE DELL’AGGRESSIONE RUSSA

Levin, che lavorava per la testata Lb.ua, si era recato a Guta Mezhyhirsk per documentare le conseguenze dell’aggressione russa. Non si avevano sue notizie dal 13 marzo.
Raccontare la guerra sul campo ha un valore altissimo, ma ha anche un caro prezzo. Maxim Levin, il fotoreporter ucraino scomparso da giorni è stato trovato morto a pochi chilometri da Kyiv.
A riportare la notizia del ritrovamento del cadavere è stata la Lb.ua, testata per cui Levin lavorava.
Il giornalista, accompagnato da Oleksiy Chernyshov, militare in servizio ed ex fotografo, era andato lo scorso 13 marzo a Guta Mezhyhirsk per documentare le conseguenze dell’aggressione russa in Ucraina. I due, lasciata la macchina, si erano diretti verso il villaggio di Moshchub, un’area interessata da intensi combattimenti.
Secondo le informazioni preliminari rese note dall’ufficio del Procuratore generale di Kiev, il documentarista sarebbe stato ucciso da due colpi di arma da fuoco sparati dai soldati russi. Sulla sua morte è stato aperto un procedimento penale per omicidio.
Il caso è oggetto di indagine per violazione delle leggi e dei costumi di guerra (articolo 438 del codice penale ucraino), visto che Levin era disarmato ed è stato colpito mentre svolgeva il suo lavoro di fotoreporter.
Le indagini preliminari sono in corso, si stanno adottando misure per stabilire tutte le circostanze del reato, si legge nella nota.
Dall’inizio del conflitto, molti altri giornalisti hanno perso la vita. Tra di loro Yevheniy Sakun, cameraman ucraino di LIVE TV, ucciso il 1 marzo durante un attacco missilistico alla torre della TV a Kiev; Brent Renaud, giornalista statunitense ucciso da colpi di arma da fuoco a Irpin, il 13 marzo; Pierre Zakrzewski, operatore della telecamera di Fox News, e la giornalista ucraina Oleksandra “Sasha” Kuvshynova, uccia il 14 marzo a Horenka. Viktor Dedov, poi, è morto l’11 marzo a Mariupol a causa del bombardamento del suo appartamento. Dedov era uno degli operatori più importanti della stazione televisiva ucraina Sigma-TV.
(da agenzie)

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DOPO AVERCI PENSATO UN MESE BERLUSCONI CONDANNA L’AGGRESSIONE DELLA RUSSIA, MA NON CITA MAI PUTIN

Aprile 2nd, 2022 Riccardo Fucile

LA PELOSA SOLIDARIETA’ A SCOPPIO RITARDATO

Quella di Silvio Berlusconi è una posizione scomoda per commentare la guerra in Ucraina: da un lato c’è la necessità di Forza Italia di seguire la maggioranza orientata su posizioni atlantiste fin dal giorno dell’invasione, mentre dall’altro c’è un profondo legame di amicizia che lo lega a Vladimir Putin.
Il suo partito ha sempre votato coerentemente con le indicazioni del governo, e oggi dal Congresso di “Verde è Popolare” di Gianfranco Rotondi l’ex cav prende apertamente posizione contro quella che definisce “un’aggressione militare inaccettabile”.
“Una crisi – ha spiegato Berlusconi – di fronte alla quale abbiamo un duplice dovere: quello di lavorare per la pace e quello di fare la nostra parte con l’Alleanza Atlantica, con l’Occidente, con l’Europa”. Sono le prime parole di Berlusconi sulla guerra in un discorso pubblico, anche se non ha mai menzionato Putin.
A preoccuparlo sono anche gli effetti delle tensioni sul nostro Paese e sugli alleati: “Insieme sosteniamo il governo Draghi, che noi abbiamo voluto e che deve durare fino alla fine della legislatura, per completare il buon lavoro fatto finora e per fronteggiare i disastrosi effetti della crisi ucraina sul mercato dell’energia e delle materie prime”.
A Rainews, il coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani conferma che “Berlusconi ha fatto tutto quello che poteva per far cessare la guerra e non ci sono tentennamenti con la partecipazione alla Nato e all’Occidente”.
Il direttore della rivista italiana di geopolitica Limes Lucio Caracciolo aveva rivelato a Otto e mezzo qualche giorno fa di una telefonata dell’ex premier al presidente della Federazione russa: “Ma dall’altra parte, nessuno gli ha risposto”.
(da agenzie)

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DAGLI URALI ALLA SIBERIA: ECCO I SOLDATI VENTENNI DELLA GENERAZIONE PUTIN MANDATI A MORIRE AL FRONTE

Aprile 2nd, 2022 Riccardo Fucile

CARNE DA MACELLO SENZA ADDESTRAMENTO MANDATI AL MASSACRO DA UN CRIMINALE IMPERIALISTA

Nella loro vita hanno conosciuto un unico uomo al potere nel loro Paese, la Russia: Vladimir Vladimirovich Putin.
Sono i giovani militari russi, neanche ventenni, mandati a combattere in Ucraina nelle fila dell’Armata della Federazione. E a morire. E’ la cosiddetta Generazione Putin. Giovanissimi, dunque, “alcuni di leva e in prima linea senza addestramento, per lo più provenienti dai posti più sperduti del Paese”, si legge nei reportage de Il Corriere della Sera e sui media britannici, che hanno raccolto le testimonianze nelle città d’origine, in Siberia, ai piedi degli Urali o al confine con la Mongolia.
Paesi spesso sperduti dove non tutti torneranno, forse, neppure in una bara, per una degna sepoltura.Tra i più giovani caduti finora identificati, c’è David Arutyunyan, da Kyakhta, a sud del lago Bajkal, nato l’8 marzo 2003 e morto nella regione del Donbass, colpito da una scheggia.
E come David, che prestava servizio a Pskov, quartier generale dei paracadutisti d’élite russi e il cui convoglio è stato colpito dall’artiglieria ucraina, ci sono, o meglio, c’erano Yegor Pochkaenko, Ilya Kubik, Khusinbai Masharipov, Anatoly Torsunov, Denis Fesenko… e la lista si allunga con decine e decine di nomi. Ragazzi con spesso alle spalle appena un anno di leva, inesperti e impreparati ad affrontare una guerra vera. Carne da macello.
Pochkaenko, per esempio, era stato inviato dalla sua casa di Belogorsk, nella Russia orientale, in Ucraina, per morire il giorno prima del suo diciannovesimo compleanno, all’inizio delle ostilità.
Yegor Melnikov, 18 anni, residente nella città di Belogorsk, regione dell’Amur, è morto nel Donbass il 24 febbraio, il giorno dopo avrebbe compiuto 19 anni.
Postumo, gli è stato consegnato un premio statale per il coraggio e papà Eduard lo ha celebrato su Instagram come un eroe. “Questo è mio figlio Yegor Eduardovich – ha scritto pubblicando un’immagine del ragazzo in divisa. – Sono orgoglioso di lui, non mi vergogno! Morto durante il servizio militare in Ucraina il 24.02.22.
Ilya Kubik, 18 anni, dopo la leva, aveva firmato come soldato a contratto. Morto in guerra, è stato sepolto il 23 marzo nella sua città natale di Bratsk, in Siberia.
Stessa sorte per Khusinbai Masharipov, 19 anni, seppellito nel suo villaggio natale di Safakulev, e per Anatoly Torsunov, 19 anni, di Kungur, nella regione di Perm, che nella vita faceva il saldatore.
Al soldato Denis Sergeevich Fesenko, 19 anni, morto il 23 marzo con la divisa di assistente artigliere, era stato messo in mano un lanciagranate.
Dalla stessa città degli Urali, Magnitogorsk, provenivano Alexey Kuzmin, 19 anni, sepolto il 21 marzo, e il coetaneo Alexander Bondarev.
Alexey Martynov, anche lui 19 anni, proveniva dalla Buriazia, regione buddista della Siberia, gravemente falcidiata di giovanissimi morti in Ucraina. Martynov era entrato all’Ulan-Ude College, quando, chiamato alla leva, aveva prestato inizialmente servizio come marine sulla costa del Pacifico.
E ancora dalla Siberia, Sergey Cherepov, 20 anni, di Morozovka, regione di Novosibirsk, morto il 27 febbraio, sepolto quasi un mese dopo, quando i suoi resti sono tornati al suo villaggio.
Ivan Garbuzov, 20 anni, caporale della guardia nazionale, di Markov, nella regione di Irkutsk, faceva il chierichetto nella chiesa ortodossa della sua città; è stato ferito a morte da un frammento di mina mentre prestava servizio come autista di veicoli da combattimento di fanteria. E il caporale Yuri Lebedev, 20 anni, proveniva dalla stessa regione di Irkutsk ed è morto combattendo a Chernihiv.
Il più anziano dei caduti in guerra nati all’inizio del primo mandato presidenziale di Putin, in base alla lista aggiornata pubblicata dall’ Evening Standard, era Zorigto Khotsaev, 21 anni, dalla Buriazia.
(da agenzie)

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IL GIALLO DELLO ZAR MALATO: «35 VISITE IN QUATTRO ANNI»

Aprile 2nd, 2022 Riccardo Fucile

L’OPINIONE DEI MEDICI

Il Capo sta bene per definizione, soprattutto quando indossa l’armatura del condottiero in una guerra come quella in Ucraina. E allora il Cremlino si affretta, per bocca del portavoce Peskov, a smentire la notizia diffusa in rete da Proekt, una testata d’inchiesta messa al bando dal regime russo ma accessibile col sistema VPN, che rivela «il più gran segreto del Cremlino».
Putin è malato, «ha un tumore alla tiroide» e ovunque vada, soprattutto nel buen retiro di Sochi, lo seguono stuoli di medici tra cui spiccano, guarda caso, un esperto endocrinologo e un otorinolaringoiatra. Ma in un passato recente, anche équipe di neurochirurghi probabilmente impegnati a curarne i postumi di una caduta da cavallo che lo indusse a dire «non mi reggo in piedi». Adesso si tratterebbe di qualcosa di molto più serio.
IL GONFIORE
Il pronunciato gonfiore della faccia e la straniante immagine del leader che incontra Macron, Scholz e i propri stessi generali e collaboratori a distanza di metri a un tavolo lungo come una limousine, oltre all’azzardo dell’invasione in Ucraina, si spiegherebbero con la malattia e le terapie a base di ormoni.
Per Rocco Bellantone, direttore del centro di chirurgia endocrina e metabolica del Policlinico Gemelli di Roma dove si operano 2mila tiroidi l’anno, «ci sono vari tipi di carcinoma, ma si guarisce in una percentuale superiore al 90 per cento». Quanto a sintomi ed effetti, in genere quel che si vede è «un rigonfiamento al collo oppure, in uno stadio avanzato, una difficoltà a parlare, respirare e ingoiare. Ma di solito è un tumore asintomatico».
Significativo il fatto che «con la crisi di Chernobyl ci sia stato un aumento spaventoso di tumore alla tiroide in Ucraina, Russia e Bielorussia». Non è indicata la chemioterapia, ma eventualmente una terapia radiometabolica, conclude Bellantone. In ogni caso, per Putin niente più foto di caccia alla tigre in Siberia, galoppate a torso nudo, tuffi nell’acqua gelata per l’Epifania ortodossa e muscoli scolpiti dagli esercizi delle arti marziali.
Adesso i servizi occidentali fanno trapelare che avrebbe un problema a una gamba per un piccolo ictus, e un tremore alla mano per il Morbo di Parkinson.
Proekt avrebbe visionato i documenti degli alberghi di Sochi e appurato che il chirurgo oncologo Evgeni Selivanov ha visitato il Capo a Sochi 35 volte in 4 anni, battuto solo dal chirurgo otorinolaringoiatra Alexei Shcheglov. Molti i dettagli. «Abbiamo promesso di svelarvi il segreto principale del Cremlino», annuncia Proekt.
«Stiamo parlando della salute di Vladimir Putin. Proekt ha trovato un elenco di medici di fiducia che scortavano il presidente russo nei suoi viaggi». Il prossimo 7 ottobre, lo Zar compirà settant’ anni. «Stalin aveva già avuto un secondo ictus a questa età, Breznev aveva perso la capacità di lavorare, Andropov a settant’ anni non ci è arrivato, Eltsin si dimise perché malato».
Stando alle immagini diffuse alla Tv, Putin a differenza dei predecessori «fa sport, cammina nella Taiga e si ammala al massimo di un raffreddore, non gli sarà difficile guidare la Russia fino al 2036, come gli consente la Costituzione che ha modificato». È davvero così? Secondo gli inchiestisti di Proekt, sin dall’inizio il Cremlino ha nascosto informazioni sulla salute di Putin.
Ma dallo scorso autunno voci sempre più insistenti negli ambienti moscoviti hanno acceso i riflettori su un intervento chirurgico alla schiena che avrebbe subìto a fine novembre 2016, quando 12 dottori volarono da lui a Sochi, compreso il luminare di neurochirurgia Oleg Myshkin e uno specialista in riabilitazione.
Secondo i fogli inglesi Daily Star e Daily Telegraph, il capo del Cremlino soffrirebbe addirittura di un cancro all’intestino. E il dolore che prova sarebbe una delle concause della scellerata decisione di invadere l’Ucraina senza valutare in modo realistico le conseguenze.
L’ISOLAMENTO
L’isolamento parossistico a cui si è sottoposto durante il Covid e anche di recente, pure quello avrebbe come spiegazione fragilità e problemi di salute.
E a un certo punto è circolata la voce che avesse contratto il virus. Un retaggio della sua fiducia nei rimedi alternativi è l’abitudine, suggeritagli a quanto pare dal ministro della Difesa Shoigu, a immergersi in bagni con corna di cervo non ancora ossificate, raccolte in primavera quando sono piene di sangue. E nell’agosto 2017, sei medici sarebbero andati a Sochi restandovi otto giorni (tra loro anche Selivanov e Shcheglov).
In diverse occasioni Putin avrebbe «dimostrato interesse per il problema del cancro alla tiroide». Altri indizi arrivano dalla ricostruzione dei periodi in cui il presidente russo non è apparso in pubblico.
Qualche settimana fa gli 007 dei Paesi anglofoni (Five Eye) avevano a loro volta adombrato l’eventualità che Putin fosse in cura per tumore, in base a «uno strano pallore e un gonfiore sospetto, soprattutto del collo e del viso». §
nquietanti, infine, il ricorso ad assaggiatori di corte per i cibi e la «paranoia» di guardare a ripetizione il video del linciaggio di Gheddafi. Segni di una possibile instabilità di mente o della razionale paura di un golpe?
(da agenzie)

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“LA RUSSIA POTREBBE PRENDERSI PARTE DEL TERRITORIO UCRAINO, ACCETTARE UN CESSATE IL FUOCO IN ATTESA DI PIANIFICARE UNA SECONDA FASE DEL CONFLITTO”

Aprile 2nd, 2022 Riccardo Fucile

L’ANALISTA RICHARD WEITZ: “E’ GIA’ ACCADUTO IN SIRIA, LA RUSSIA SI ASSESTA, POI LANCIA NUOVI ATTACCHI. AI RUSSI SONO MANCATI GLI UFFICIALI DI MEDIO LIVELLO E QUESTO HA COSTRETTO I GENERALI A FARE LA SPOLA FRA IL COMANDO E LE PRIME LINEE. È LA RAGIONE PER CUI MOLTI DI LORO SONO STATI UCCISI”

«Quel che è difficile è un’azione degli ucraini che respinga i russi fuori dai territori finora conquistati». Non si tratta però, secondo Richard Weitz, direttore del centro studi militari dell’Hudson Institute, di attribuire con questo criterio il successo o meno della resistenza di Kiev dinanzi all’invasione russa giunta al 38esimo giorno.
Gli scenari mentre si combatte a Kiev e il Cremlino fa trapelare l’idea di concentrare gli sforzi a Est, sono tutti in divenire. E da quelli si può, concede Weitz, fare un bilancio degli sforzi bellici.
Siamo nella quinta settimana di conflitto, le forze ucraine non solo resistono, ma reagiscono e conquistano posizioni. Kiev può vincere la guerra?
«Diciamo che dipende dall’obiettivo che fissiamo, se è quello di riconquistare tutti i territori ora in mano ai russi, direi che è difficile. Ma certamente gli ucraini sono riusciti a impedire alla Russia di conseguire i suoi di obiettivi. Almeno finora».
Che scenari prevede in base a quanto succede sul terreno?
«Non escluderei una situazione di stallo per ora, con la Russia capace di prendersi parte del territorio ucraino e accettare quindi un cessate il fuoco in attesa di pianificare una seconda fase del conflitto. È uno scenario che abbiamo già visto, pensiamo alla situazione fra Armenia e Azerbajian: si sfidano, si fermano e poi riprendono il conflitto. Ma non è l’unica opzione».
Quali sono le altre?
«Guardiamo alla Siria, ci sono stati brevi momenti di cessate il fuoco. In quelle finestre la Russia si assesta, poi lancia nuovi attacchi e si muove. Quindi si ottiene un altro cessate il fuoco in una sorta di perenne movimento fra tregue e combattimenti».
Ritiene invece possibile il ripetersi su tutto il territorio ucraino la situazione che da otto anni si vive in Donbass?
«Assolutamente sì, c’è un conflitto dal 2014 con alti e bassi. Per adesso il conflitto in Ucraina prosegue poiché i russi stanno ancora cercando di capire cosa è andato storto nella prima fase. Ma si stanno assestando e continueranno ad aggiustare la loro strategia finché non andrà bene. Gli ucraini dal canto loro hanno acquisito fiducia, sono più solidi rispetto a un mese fa e continueranno a combattere al meglio».
Quindi non ritiene che Mosca stia veramente riducendo la portata degli attacchi? O magari cambiando obiettivi spostando le truppe a Est?
«Quando è iniziato il conflitto, i russi pensavano sarebbe stato facile. Consideravano di potersi sbarazzare rapidamente degli ucraini così come nel 2014 in Crimea. Non è andata così. Hanno quindi lanciato offensive simultanea da quattro parti, ma nel Nord sono rimasti in stallo e hanno fatto progressi, non troppi, nel Sud e a Est. Poi lo stop.
Ora Mosca sta rivendendo la sua strategia.
Ed è proprio quella di concentrare gli sforzi a Est e mi sembra che abbia senso continuare anche a fare degli attacchi altrove per impedire agli ucraini di spostare gli uomini. Dovesse funzionare, i russi avrebbero due opzioni: la prima lanciare nuovi attacchi; la seconda, dichiarare vittoria in attesa di altre iniziative».
La Nato è stata al fianco di Kiev da subito, crede potrebbe o dovrebbe fare di più? E nel caso cosa servirebbe per cambiare la dinamica del conflitto?
«La Nato ha avuto un successo straordinario. Tutti temevamo che dopo l’Afghanistan, Nato e Stati Uniti non sarebbero più stati in grado di addestrare truppe straniere. Gli afghani si sono sciolti rapidamente, ma gli ucraini – che da anni beneficiano degli aiuti degli Alleati e dei loro dispositivi militari – hanno dimostrato di saper e voler combattere. Le migliaia di missili e altri equipaggiamenti forniti dall’inizio del conflitto sono stati determinanti».
Serve altro?
«Non ci sarà il coinvolgimento diretto della Nato, questo escludiamolo. L’Alleanza è soddisfatta di quanto fatto. Potranno arrivare a Kiev missili anti-nave o altri droni e nuovi armamenti. Ma quanto consegnato finora più l’addestramento sono stati sufficienti per fermare i russi. E si andrà avanti con questa strategia».
Le batterie anti-missilistiche hanno creato una sorta di no fly zone. Basterà agli ucraini? O servono anche gli aerei?
«Mosca attacca con missili lanciati dalle navi o da terra o da aerei nei cieli russi. Quindi le batterie anti-missili sono efficaci. Più che aerei e no fly zone gli ucraini hanno bisogno di più artiglieria e forse batterie anti-navali».
La catena di comando russo ha mostrato il fianco. Perché?
«Sin dall’inizio è sembrata confusa, le truppe sembravano divise con gruppi non coordinati fra loro. Ai russi sono mancati gli ufficiali di medio livello e questo ha costretto i generali a fare la spola fra il comando e le prime linee. È la ragione per cui molti di loro sono stati uccisi».
(da la Stampa)

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