Luglio 1st, 2022 Riccardo Fucile
“GIUSEPPI” È DIVENTATO UNA SPECIE DI MR.HYDE DI SE STESSO, CON MOVENZE CHE RICORDANO TANTO IL MATTEO SALVINI CHE SI AVVICINAVA PERICOLOSAMENTE AL PAPEETE
Racconta nelle ultime ore un ministro dei suoi vecchi governi, che gli è rimasto affezionato e con cui si sente spesso, che «il problema di Conte non è Draghi ma Grillo».
Racconta che «Draghi è finito in mezzo» a una faida politica tra omonimi, Giuseppe contro Beppe e viceversa; che «se Grillo avesse dato il via libera al terzo mandato dei parlamentari, le nuove tensioni tra il M5S e il governo sarebbero riesplose semmai dopo l’estate»; insomma, che «tenere sulla corda il presidente del Consiglio e l’esecutivo, a cui Grillo tiene tantissimo, è l’ultima strada per provare ad avere finalmente mani libere da capo politico».
Che abbia tutte le ragioni del mondo, come sostengono gli amici, oppure che non ne abbia neanche mezza, come ripete la pletora di nemici, il Giuseppe Conte delle ultime settimane abbandona la strada di quel «governismo dolce» quasi oltre i limiti del buonismo, che ne aveva accresciuto gli indici di popolarità prima, durante e anche dopo l’esperienza di Palazzo Chigi; e veste i panni del barricadero socio di una maggioranza di governo che passa il tempo a tenere l’esecutivo sul filo del rasoio, minacciando dietro le quinte l’appoggio esterno salvo poi smentirlo (ieri), ventilando voti contrari che all’ultimo minuto diventano a favore (nell’ultima risoluzione sull’Ucraina), appiccando politicamente incendi che forse si spengono e forse no, di certo lasciano cenere e macerie.
Del cinquantenne bonario autoproclamatosi «avvocato del popolo italiano», di quel «Giuseppi» che evocava tenerezza anche se evocato da una personalità come Donald Trump, del compagnone che davanti a una birra raccontava l’Italia a un’Angela Merkel che lo ascoltava assorta, del presidente del Consiglio che annunciava i lockdown accarezzando con le parole i titolari dei «negozi di prossimità» e promettendo loro «i ristori che arriveranno», di tutto questo resta adesso poco o nulla.
Avvicinatosi più per vocazione umana che per professione di fede politica a uno stile che faceva gridare all’avvento del messia di una nuova Democrazia cristiana — con ex dc devoti come Gianfranco Rotondi e Bruno Tabacci che sognavano di costruire attorno a lui uno Scudo crociato nuovo di zecca — Conte è diventato una specie di Mr.Hyde di se stesso, con movenze stilistiche che ricordano tanto il Matteo Salvini che si avvicinava pericolosamente al Papeete e poco, pochissimo, il morigerato uomo di fede che di fronte alle insistenze di Bruno Vespa («Vogliamo vederla questa immagine?», «Andiamo proprio sul personale, allora?») tirava fuori dal taschino della giacca l’immaginetta di Padre Pio, perché «io ho una via personale religiosa e quindi prego anche, e penso spesso a Padre Pio».
Quella strana sintesi tra l’ultra-cristiano dovere di porgere l’altra guancia e l’ultra-laico approccio da chi il pugno di ferro lo riveste saggiamente con un guanto di velluto, un mix che era stato la sua fortuna, cede terreno al rancore che l’ex presidente del Consiglio ha riversato pubblicamente su Draghi, a quello «sconcerto per le parole che ha rivolto contro di me» nella vicenda della presunta richiesta del presidente del Consiglio a Grillo di togliergli i galloni di capo politico del M5S.
La circostanza è stata smentita da Palazzo Chigi e da Beppe Grillo, confermata dal sociologo Domenico De Masi al Fatto quotidiano e da Conte stesso ma, vera o falsa che sia la storia, il punto è forse un altro: l’uomo che a ragione o a torto era stato baciato da un gradimento che evocava cose grandi ed epocali come «pandemia» ma anche «vaccini», «sacrifici» ma anche «ristori», «chiusure» ma anche «riaperture di massa», adesso rischia di diventare una maschera che rimanda a questioni piccole come possono esserlo terzi mandati di parlamentari e consiglieri regionali, deroghe a statuti, cavilli, regolamenti, governi sostenuti a metà, appoggi esterni
È l’universale che si fa particolare, il senso di una storia grande che si fa cronaca piccolissima, in fondo l’opposto del Conte che sceglieva la piccola storia dei migranti tenuti a Malta nel gennaio del 2019 e che rispondeva a Salvini, suo ministro dell’Interno, con una grande lezione di umanità: «Se lui tiene i porti chiusi, vorrà dire che andrò a prenderli io con l’aereo».
Non tornerà a essere «il punto di riferimento dei progressisti», com’era stato salutato anche nel Pd, e forse rischia una fine politica da Totò Schillaci nei Mondiali di calcio del ’90, eroe indiscusso di una grande partita finita male. Nel suo presente c’è lo strano destino del personaggio tormentato della vecchia canzone di Tonino Carotone, «vita intensa / felicità a momenti /e futuro incerto». Domani chissà.
(da il Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 1st, 2022 Riccardo Fucile
IL MOTIVO PRINCIPALE È LA MANCANZA DI COMPONENTI IMPORTATI DALL’OCCIDENTE… GAZPROM HA ANNUNCIATO CHE NON DISTRIBUIRÀ DIVIDENDI E IL TITOLO DEL COLOSSO DEL GAS È CROLATO DEL 30%
Due fabbriche su 20 rimaste aperte, 3.700 vetture prodotte nel mese di maggio, il 97% in meno dell’anno scorso (erano più di 108mila in febbraio). Secondo i dati dell’Istituto ufficiale di statistica Rossat le sanzioni contro la Russia iniziano a mordere.
E uno dei settori più connessi all’economia globale, quello automobilistico, si avvicina a grandi passi alla paralisi.
Le vendite di Lada, il modello più popolare, sono crollate dell’84%, in compenso i prezzi sono saliti del 30%. Non solo. I camion usciti dalle catene di montaggio sono diminuiti del 40%, del 60% i frigoriferi, le lavatrici, le locomotive.
Sulla tenuta dell’economia russa si è ormai acceso un dibattito dottrinale: non ci sono segnali di panico finanziario e il rublo, anziché perdere valore, si è rivalutato (anche perché ormai non c’è un mercato su cui scambiarlo).
Le crepe, però, si fanno più evidenti. Ieri per la Borsa di Mosca è stato un giorno difficile. Gazprom ha annunciato che non distribuirà dividendi per il 2021, lo stesso ha fatto la prima banca del Paese, Sberbank. Il colosso del gas ha perso il 30% del suo valore.
Il futuro dipende da una parola sola che a Mosca è ormai entrata nel gergo politico-economico: «sostituzione». Riuscirà l’economia russa a «rimpiazzare» le mancate importazioni dai Paesi occidentali?
Il tema è così presente nel dibattito pubblico che nel corso del recente summit economico di San Pietroburgo, Margarita Simonyan, direttrice dell’ex Russia Today (oggi Rt), tra le più note propagandiste del regime, ha mostrato a Putin una confezione di succo di frutta dal look vagamente anni Cinquanta: «Mancano l’inchiostro per la stampa e le macchine per renderla più moderna. Riusciremo a farcela?», ha chiesto. Putin ha tagliato corto esprimendo certezze, per poi concentrarsi sui suoi temi preferiti: la storia e l’identità russe.
Il problema è che le certezze del presidente non sono condivise dalla gran parte degli economisti del Paese. E capita perfino che membri autorevoli del suo partito, come Andrey Klishas, senatore e presidente del Comitato per la legislazione costituzionale, si lascino sfuggire l’indicibile: «Il programma di sostituzione delle importazioni è un completo fallimento».
Una docente di geografia economica dell’Università statale di Mosca, Natalya Zubarevich, è diventata popolare su Youtube, per la semplicità (e il coraggio) con cui esprime le sue tesi: finite le scorte, già nei prossimi mesi, le sanzioni finiranno per paralizzare l’economia reale, che non è in grado di «sostituire» i prodotti tecnologici che contano, nemmeno con le importazioni parallele attraverso accomodanti Paesi terzi.
Nel 2021 la percentuale di medicine comprate all’estero è stata del 67% e anche per quelle prodotte in Russia, ha scritto Kseniya Kirillova, ricercatrice del Cepa di Washington, «gran parte delle componenti e dei macchinari di produzione sono occidentali». La situazione non è diversa negli altri settori. «La Russia», diceva il senatore repubblicano John McCain, sfidante di Obama nel 2008, «è un distributore di gas e benzina che fa finta di avere un’economia».
La dipendenza tecnologica arriva al punto che, secondo un altro report del già citato Cepa, perfino i missili russi Iskander, hanno usato fino al 2017 componenti elettronici fabbricati in America. E le difficoltà nell’approvvigionare di armi sofisticate l’esercito russo sarebbe legata proprio all’incapacità di produrre le parti hi-tech in quantità significative.
Armi a parte, l’andamento del prodotto interno di maggio reso noto ieri era pari a -4,3%. Le previsioni per la fine dell’anno vanno dal -7,8% della banca centrale russa al -15% dell’IIf (Institute of International finance). Ma c’è chi si spinge a prevedere un doloroso -30%.
(da il Giornale)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 1st, 2022 Riccardo Fucile
LA SOLUZIONE? NON METTERCI PIEDE COME FACCIAMO NOI DA 40 ANNI, COSI’ FINISCE LA PACCHIA
Il progetto ha due parole d’ordine: prenotazione e contributo d’accesso. Venezia
non vuole il turismo di massa , quindi si parte dai vaporetti: da agosto il biglietto passerà da 7,5 a 9,5 euro ma chi prenoterà con un mese di anticipo continuerà a pagare il vecchio prezzo e risparmierà 5 euro di parcheggio.
Dall’inizio del prossimo, la svolta: scatta il ticket. Tutti i turisti che arrivano da fuori regione e non pernottano dovranno pagare un contributo, che varierà in funzione dell’anticipo con il quale si prenota e dell’afflusso previsto.
Nelle giornate da bollino nero o rosso la tariffa naturalmente aumenta (chi pernotta non versa nulla in più perché paga già la tassa di soggiorno). «Sia chiara una cosa: non esiste il numero chiuso», si affrettano a precisare in Comune, dove oggi presenteranno il progetto dopo l’approvazione da parte della giunta del regolamento del contributo.
Tutti potranno comunque entrare a Venezia ma la tassa da pagare in alcuni giorni caldi, come a Pasqua, Redentore e Regata Storica, è finalizzata a sconsigliare la visita (dai 3 ai 10 euro a persona).
Nel 2023 dovrebbero tornare in funzione anche i tornelli alla stazione ferroviaria, cioè i varchi d’accesso alla città dove il turista dovrà passare il codice un po’ come allo stadio.
Il sistema sarà governato dalla Control Room già attiva all’isola del Tronchetto, un po’ il Grande Fratello tecnologico che vigila su Venezia attraverso un centinaio di grandi monitor capaci di restituire le immagini di 360 telecamere e 40 contatori di persone piazzati su ponti, calli, canali e campielli.
La presenza dei turisti viene rilevata anche attraverso l’accesso alle celle telefoniche. «Sia chiaro che non possiamo identificare le persone», hanno prudentemente precisato i responsabili della struttura pensando forse al garante della privacy.
Il sindaco Luigi Brugnaro, che si prepara a lanciare la «città prenotabile», ha già spiegato le ragioni del cambiamento: «A preoccupare sono i vacanzieri giornalieri che arrivano in maniera improvvisa la mattina e se ne vanno la sera e creano spesso intasamento… Abbiamo studiato questo sistema premiante: chi prenota potrà beneficiare di un risparmio evidente anche sul contributo d’accesso».
E Venezia assomiglia sempre di più a Disneyland.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 1st, 2022 Riccardo Fucile
E QUESTO SAREBBE UNO DEI MASSIMI MAGISTRATI CHE DECIDONO SULLA VITA DELLE DONNE AMERICANE
Clarence Thomas, che aveva annunciato “correzioni” anche sulla contraccezione e sulle unioni gay, ricorre a una vecchia storia sulle linee cellulari. Naturalmente falsa
Il giudice della Corte Suprema Clarence Thomas ha sostenuto in un documento ufficiale che i vaccini contro Covid-19 siano fabbricati usando «feti abortiti».
L’affermazione di Thomas è presente in una dissenting opinion a proposito di un ricorso legale (non accolto) di un’associazione di infermieri di New York. Che chiedeva l’esenzione dalla vaccinazione contro il Coronavirus per motivi religiosi.
Thomas, nominato nel 1991 da George W. Bush, è considerato il membro più conservatore della Corte.
«Si oppongono per motivi religiosi a tutti i vaccini COVID-19 disponibili perché sono stati sviluppati utilizzando linee cellulari derivate da bambini abortiti», ha detto Thomas riguardo gli appellanti. Nei giorni scorsi dopo la decisione della Corte Suprema sull’aborto e sulla Roe v. Wade ha parlato di «decisioni da correggere» a proposito della contraccezione e delle unioni gay.
La dissenting opinion di Clarence Thomas sui vaccini fatti con i feti abortiti è una bufala ricorrente della narrazione No vax. Come ha spiegato in più occasioni Open, la narrazione che gira attorno ai vaccini creati con feti abortiti ruota attorno a una vicenda storica ben precisa. Ovvero sull’uso di linee cellulari umane, come la WI-38, derivate dalla donazione libera di un feto da parte di una donna svedese nel 1962. Lei non era stata costretta da nessuno e non era rimasta incinta per fornire un feto alla scienza, ma semplicemente non voleva altri figli. L’aborto, effettuato nel 1962 in un ospedale svedese, fu del tutto legale. Queste cellule attualmente possono moltiplicarsi ed essere distribuite nei laboratori, senza che vi sia necessità di provocare aborti ovunque.
Esistono inoltre altre linee cellulari derivate dagli animali, come le cellule Vero. Ne consegue che nessuno dei vaccini contro Covid-19 si è sviluppato con aborti o con feti abortiti.
La narrazione No vax di solito aggiunge alla storia dei vaccini fatti con feti abortiti anche quella del “Dna mutante”. In realtà, come abbiamo spiegato, le colture cellulari servono in fase pre-clinica per isolare il virus in modo da studiarlo, per ottenere vaccini e farmaci efficaci.
Alcuni come quelli di Pfizer e Moderna non usano nemmeno vettori virali, ma direttamente frammenti di RNA messaggero. Nell’appello gli avvocati dello Stato di New York hanno ricordato che i tecnici hanno utilizzato le cellule coltivate in laboratorio anche per testare il vaccino contro la rosolia. La Corte Suprema ha in ogni caso respinto l’appello degli infermieri.
Chi è Clarence Thomas
Thomas, nato nel 1948 in Georgia, è il secondo afroamericano entrato a far parte della Corte. Attualmente è il membro più a lungo in servizio. Nel 1991 l’avvocata e docente universitaria Anita Hill, convocata nelle audizioni prima della sua nomina, affermò che il giudice l’aveva ripetutamente molestata sessualmente dopo il rifiuto di lei ad andare a cena con lui. Secondo Hill, Thomas le parlava abitualmente delle dimensioni del suo organo sessuale e di film pornografici con scene di sesso di gruppo o con animali.
Quattro testimoni che avrebbero dovuto confermare le affermazioni di Hill non sono state mai ascoltate. I conservatori accusarono la donna di parlare per invidia o per vendetta. Anche grazie alla clamorosa debolezza dell’allora capo-commissione democratico, l’allora senatore del Delaware Joe Biden, alla fine l’accusa cadde. La polemica andò avanti anche dopo che la nomina divenne effettiva e venne immortalata nella canzone Youth against fascism dei Sonic Youth nel verso: «Black robe and swill / I believe Anita Hill / Judge will rot in hell / it’s the song I hate, it’s the song I hate».
(da Open)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 1st, 2022 Riccardo Fucile
IN PARLAMENTO SONO PER LE BATTAGLIE PIU’ RETRIVE, POI NEL PRIVATO SONO UBRIACHI E MOLESTATORI
Ancora scandali a Downing Street. Chris Pincher, vicecapogruppo del Partito
Conservatore alla Camera dei Comuni, ha rassegnato le sue dimissioni nelle ultime ore.
Una decisione obbligata, dopo che i tabloid britannici hanno scoperto e rivelato la sua notte brava di qualche sera fa.
Il politico, ubriaco, avrebbe «palpato due uomini» in un club privato, il Cotton Club di Londra. Al momento non risulta sia stato denunciato dai due uomini coinvolti nei fatti e non è stato colpito da provvedimenti disciplinari.
Tuttavia Pincher, in una lettera rivolta al presidente Boris Johnson, ha ammesso «di aver bevuto troppo». «Ho imbarazzato me stesso e altre persone», ha aggiunto: «È l’ultima cosa che voglio fare e per questo chiedo scusa a te e agli interessati».
Pincher ha concluso la lettera assicurando che continuerà a offrire il suo «pieno appoggio», seppure dalle «panchine posteriori». Il governo non ha ancora commentato le accuse sul suo comportamento.
Una fonte di Downing Street ha tuttavia ammesso che il politico si è comportato «molto male».
Polemiche e biasimo sia dalla maggioranza che dall’opposizione: mentre alcuni colleghi di governo hanno suggerito una sua imminente sospensione dai ranghi del gruppo Tory, dalle fila laburiste hanno colto la palla al balzo per tornare all’attacco di Johnson e sollecitare le dimissioni di Pincher anche da deputato.
Anche se quest’ultima ipotesi appare al momento fuori discussione, Johnson ha chiesto un’ulteriore indagine interna sul comportamento dell’ex vicecapogruppo.
Non è la prima volta né per il partito né per Pincher. Negli ultimi mesi i parlamentari Tory sono stati coinvolti in altri scandali di natura sessuale. Lo stesso Pincher si era dimesso da capogruppo junior nel 2017, a causa di alcune «avance indesiderate» che avrebbe rivolto a un ex atleta, olimpico di canottaggio e potenziale candidato tory. Questo aveva sollevato dubbi e polemiche rispetto alla decisione di BoJo di promuoverlo a vicecapogruppo del Partito Conservatore alla Camera dei Comuni.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 1st, 2022 Riccardo Fucile
DA IERI E’ OBBLIGATORIO, LA MULTA E’ RIDICOLA, OCCORRE CHIUDERE I NEGOZI CHE SI RIFIUTANO DI ACCETTARE I PAGAMENTI CON LA CARTA
Le sanzioni per i commercianti che non accettano i pagamenti con il Pos sono diventate effettive ieri, 30 giugno.
Come stabilito dal decreto legge numero 36, entrato in vigore due mesi fa, si comporranno di un fisso di 30 euro da sommare al 4 per cento della transazione negata.
La nuova norma vale anche per i professionisti, quindi dovranno dotarsi di un sistema per i pagamenti elettronici anche avvocati, notai, commercialisti e medici.
L’obiettivo della misura è combattere l’evasione fiscale, data la tracciabilità della moneta elettronica che permette di monitorare le transazioni. Ma nonostante siano passate poco più di 24 ore dal cambio di rotta, le proteste degli esercenti sono già innumerevoli. Ritengono che le multe siano inique, e chiedono una riduzione delle commissioni e dei costi.
Le lamentele attraversano il Paese, e da Nord a Sud uniscono le figure interessate in una compatta levata di scudi: «Non posso permettere a un cliente di pagare un limone con la carta. Ci rimetto e non ne ho intenzione», lamenta per esempio Hassan, un ambulante del mercato di Porta Palazzo a Torino, intervistato da La Stampa. Per utilizzare il bancomat, aggiunge, «La spesa dev’essere almeno superiore ai cinque euro. Mi conviene prendere una multa che pagare ogni volta le commissioni». Fa eco la titolare di un bar a Napoli: «Esistono i No Vax? Beh, io sono no Pos, per un euro non accetto carte. Voglio vedere se mi fanno la multa!».
I suoi concittadini, secondo quanto raccontato sul quotidiano, vanno più per il sottile: dicono di non saper usare la apposita macchinetta, o di non averla mai ricevuta dalla banca.
Un esperimento del il Resto del Carlino ha sondato l’umore degli esercenti bolognesi. Il risultato è che tre negozi su dieci hanno rifiutato il pagamento elettronico.
In Veneto si stima che gli «irriducibili» arrivino a sfiorare le 4 mila attività: «Sì alla modernità, ma non sulle spalle delle imprese», commenta Patrizio Bertin, presidente regionale di Confcommercio.
A Genova, la Repubblica racconta la crociata ideologica di Giacomo Rossignotti, 60 anni, titolare dello storico bar pasticceria Mangini in piazza Corvetto. «Sono contro un sistema che ha trasformato quello che era un servizio, l’utilizzo delle carte, in un obbligo senza cambiare le regole del gioco».
La rabbia di Rossignotti è rivolta allo «Stato», che «non può affidare quest’obbligo a un unico gestore privato». «Se la carta viene parificata al contante i costi di gestione e per le transazioni devono essere annullati», conclude. «Sono stufo di lavorare per ingrassare le banche», è il grido di dolore di un autista milanese che dice di aver finito «il rotolino di carta per stampare la ricevuta».
Tuttavia, racconta il Corriere della Sera, nel capoluogo lombardo i commercianti sembrano più rassegnati alle transazioni elettroniche, nonostante qualche borbottio. «A Milano il problema non è mai stato il Pos, che è anche uno strumento di sicurezza, bensì i suoi costi, e cioè le commissioni sui piccoli importi che riducono la marginalità degli esercenti», spiega Marco Barbieri, segretario locale di Confcommercio. Che lancia un appello alle banche: chiede di agevolare «le piccole realtà, non solo i colossi che hanno più potere contrattuale per i maggiori volumi».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 1st, 2022 Riccardo Fucile
DURANTE IL DISCORSO DI URSULA VON DER LEYEN TRA APPLAUSI TRIONFALI
“Fino a cinque anni fa era inimmaginabile la vostra candidatura. Non ci
riposeremo fino alla vittoria. Il cammino europeo e la ricostruzione andranno di pari passo”: mentre la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen pronunciava queste parole in videocollegamento con la Rada, il Parlamento ucraino, una bandiera dell’Unione europea veniva portata in aula e sistemata accanto a quella dell’Ucraina. L
a cerimonia era accompagnata dal battito trionfale delle mani dei deputati di Kyiv.
“Oggi – ha precisato Von der Leyen – la comunità internazionale si sta mobilitando per sostenere i vostri sforzi per ricostruire il vostro bellissimo Paese. Ricostruzioni e riforme dovranno andare di pari passo”. La presidente della Commissione ha poi indicato la road map che dovrebbe portare il Paese nel gruppo dei 27: “Le riforme richiedono sempre tempo. È così che tutta la nostra democrazia funziona. Hanno bisogno di impegno e dedizione costanti. Per esempio, nessuno si aspetta che l’Ucraina riempia tutti i posti nelle nuove istituzioni mentre tanti della vostra generazione migliore e più brillante stanno combattendo al fronte. Ma la democrazia ucraina deve essere mantenuta sulla strada giusta. Avete già mostrato che potete approvare leggi importanti anche se la guerra infuria ancora, e fate contare ogni giorno”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 1st, 2022 Riccardo Fucile
MENTRE IL CRIMINALE DEL CREMLINO NEGAVA L’EVIDENZA, I SUOI DELINQUENTI UCCIDEVANO ALTRI INNOCENTI
Almeno 20 persone sono state uccise dopo che due missili russi nelle prime ore del giorno hanno colpito un condominio a più piani e un centro ricreativo nella città portuale meridionale di Odessa.
Le forze armate ucraine hanno emesso un avviso esortando i residenti a cercare riparo dopo che tre esplosioni e allarmi di raid aerei sono stati sentiti poco prima dell’una di notte, ora locale.
Il missile sarebbe stato lanciato da un aereo proveniente dal Mar Nero. Ci sono decine di feriti, che potrebbero aggravare il bilancio delle vittime nelle prossime ore.
L’edificio si trova precisamente nel centro di Bilhorod-Dnistrovskyi, a pochi chilometri da Odessa, e sarebbe stato distrutto intorno all’una di notte, secondo una nota diffusa dal Ministero delle Emergenze in una nota. Come conseguenza del bombardamento in un negozio a pochi metri dal condominio è scoppiato un incendio
Sono ancora in corso le operazioni di salvataggio e di evacuazione, come sottolineato alla tv di stato ucraina da Serhiy Bratchuk, portavoce dell’amministrazione regionale di Odessa. Un altro missile avrebbe colpito una struttura vicina, uccidendo almeno tre persone tra cui un bambino e ferendone un’altra.
L’attacco arriva pochi giorni dopo il bombardamento con missili da crociera russi X-22 di un centro commerciale della città di Kremenchuk, pieno di civili al momento dell’esplosione.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »