A MOLTI COMMERCIANTI NON VA BENE IL POS: OVVIO, ALTRIMENTI COME FANNO A EVADERE IL FISCO?
DA IERI E’ OBBLIGATORIO, LA MULTA E’ RIDICOLA, OCCORRE CHIUDERE I NEGOZI CHE SI RIFIUTANO DI ACCETTARE I PAGAMENTI CON LA CARTA
Le sanzioni per i commercianti che non accettano i pagamenti con il Pos sono diventate effettive ieri, 30 giugno.
Come stabilito dal decreto legge numero 36, entrato in vigore due mesi fa, si comporranno di un fisso di 30 euro da sommare al 4 per cento della transazione negata.
La nuova norma vale anche per i professionisti, quindi dovranno dotarsi di un sistema per i pagamenti elettronici anche avvocati, notai, commercialisti e medici.
L’obiettivo della misura è combattere l’evasione fiscale, data la tracciabilità della moneta elettronica che permette di monitorare le transazioni. Ma nonostante siano passate poco più di 24 ore dal cambio di rotta, le proteste degli esercenti sono già innumerevoli. Ritengono che le multe siano inique, e chiedono una riduzione delle commissioni e dei costi.
Le lamentele attraversano il Paese, e da Nord a Sud uniscono le figure interessate in una compatta levata di scudi: «Non posso permettere a un cliente di pagare un limone con la carta. Ci rimetto e non ne ho intenzione», lamenta per esempio Hassan, un ambulante del mercato di Porta Palazzo a Torino, intervistato da La Stampa. Per utilizzare il bancomat, aggiunge, «La spesa dev’essere almeno superiore ai cinque euro. Mi conviene prendere una multa che pagare ogni volta le commissioni». Fa eco la titolare di un bar a Napoli: «Esistono i No Vax? Beh, io sono no Pos, per un euro non accetto carte. Voglio vedere se mi fanno la multa!».
I suoi concittadini, secondo quanto raccontato sul quotidiano, vanno più per il sottile: dicono di non saper usare la apposita macchinetta, o di non averla mai ricevuta dalla banca.
Un esperimento del il Resto del Carlino ha sondato l’umore degli esercenti bolognesi. Il risultato è che tre negozi su dieci hanno rifiutato il pagamento elettronico.
In Veneto si stima che gli «irriducibili» arrivino a sfiorare le 4 mila attività: «Sì alla modernità, ma non sulle spalle delle imprese», commenta Patrizio Bertin, presidente regionale di Confcommercio.
A Genova, la Repubblica racconta la crociata ideologica di Giacomo Rossignotti, 60 anni, titolare dello storico bar pasticceria Mangini in piazza Corvetto. «Sono contro un sistema che ha trasformato quello che era un servizio, l’utilizzo delle carte, in un obbligo senza cambiare le regole del gioco».
La rabbia di Rossignotti è rivolta allo «Stato», che «non può affidare quest’obbligo a un unico gestore privato». «Se la carta viene parificata al contante i costi di gestione e per le transazioni devono essere annullati», conclude. «Sono stufo di lavorare per ingrassare le banche», è il grido di dolore di un autista milanese che dice di aver finito «il rotolino di carta per stampare la ricevuta».
Tuttavia, racconta il Corriere della Sera, nel capoluogo lombardo i commercianti sembrano più rassegnati alle transazioni elettroniche, nonostante qualche borbottio. «A Milano il problema non è mai stato il Pos, che è anche uno strumento di sicurezza, bensì i suoi costi, e cioè le commissioni sui piccoli importi che riducono la marginalità degli esercenti», spiega Marco Barbieri, segretario locale di Confcommercio. Che lancia un appello alle banche: chiede di agevolare «le piccole realtà, non solo i colossi che hanno più potere contrattuale per i maggiori volumi».
(da agenzie)
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