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FINISCE IN MANETTE IVAN D’AMORE, POLIZIOTTO CHE NEL 2019 SI E’ CANDIDATO NELLA LISTA DI FRATELLI D’ITALIA CON LO SLOGAN: “CONTRASTO ALLA PROSTITUZIONE”

Marzo 9th, 2024 Riccardo Fucile

E COSA SI E’ SCOPERTO? CHE IL 30ENNE GESTIVA, INSIEME A UNA DONNA COLOMBIANA, TRE “ALLOGGI DEL PIACERE”, CON ALMENO 17 GIOVANI DONNE E TRANS CHE FRUTTAVANO FINO A 70 MILA EURO AL MESE

Gestivano un ricco giro di prostituzione in tre appartamenti, due nel centro storico di Treviso e uno a Martellago, in provincia di Venezia. In tutto erano almeno 17 le giovani e i trans le cui prestazioni venivano pubblicizzate on line tramite siti di incontri o nel tam tam di alcuni festini esclusivi e che fruttavano circa 60 o 70 mila euro ogni mese.§
A mettere in piedi questa piccola impresa criminale un agente di polizia di 30 anni, Ivan D’amore, residente a Preganziol, di origini siciliane e in servizio all’aeroporto veneziano di Tessera e una colombiana, da tempo residente in Italia.
Entrambi, al termine di un’indagine della squadra mobile di Treviso, sono stati arrestati per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione e ieri, venerdì 8 marzo, il loro fermo è stato convalidato dal giudice per le indagini preliminari.
ALTO TENORE DI VITA
L’indagine ha subìto una brusca accelerazione quando la donna, che probabilmente si era insospettita, ha iniziato a pianificare l’espatrio. Ivan D’amore, che in passato era stato impegnato in politica nella lista di Fratelli d’Italia a Preganziol (111 voti alle comunali del 2019), aveva già subito una sospensione dal servizio attivo per altri reati tra cui, pare, quello di accesso abusivo alle banche dati.
Ma nonostante il provvedimento disciplinare l’ex poliziotto aveva mantenuto un tenore di vita di alto livello, fatto di costose vacanze e serate nei locali più trendy della provincia e non solo. In base a quanto hanno accertato gli investigatori, coordinati dalla dirigente Immacolata Benvenuto, «gli alloggi del piacere» sarebbero stati frequentati 24 ore su 24, sette giorni su sette, in un continuo viavai che ovviamente aveva destato sospetti tra gli altri residenti.
(da Il Corriere della Sera)

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SALVINI S’AGGRAPPA AGLI ARROSTICINI:LE REGIONALI IN ABRUZZO SONO CRUCIALI PER IL DESTINO DEL LEADER LEGHISTA: SE VA SOTTO IL 10%, INIZIERA’ LA RESA DEI CONTI NEL CARROCCIO

Marzo 9th, 2024 Riccardo Fucile

I NEMICI DEL “CAPITONE” SOGNANO UN TRIUMVIRATO PER IL DOPO-SALVINI: ZAIA, FONTANA E FEDRIGA (CON LA BENEDIZIONE DI GIORGIA MELONI E GIORGETTI)

Una delle ultime tappe del suo tour da ministro travestito da capopopolo (o il contrario), Matteo Salvini la fa a Gamberale, provincia di Chieti, 271 abitanti da omaggiare con una visita al cantiere della Fondovalle. L’Abruzzo, il segretario, l’ha percorso in lungo e il largo come nessun altro leader: quindici incontri in sei giorni. «Oggi c’è il sole, ci sarà il sole anche in cabina elettorale», dice l’ex Capitano che è convinto che la Lega domani avrà uno «straordinario risultato».
Parole che servono, in realtà, ad esorcizzare l’ombra di un altro flop: «Matteo ha messo le tende in Abruzzo perché sa che non può permettersi una figuraccia come quella sarda», raccontano le voci di dentro della caserma leghista, e che descrivono la tensione con cui Salvini si accosta all’appuntamento elettorale di domenica. Un voto preceduto da alcuni strappi non indolori, come l’espulsione dell’eurodeputato e storico militante del Carroccio Gianantonio Da Re, con il corroborarsi di una fronda soprattutto al Nord. E con le rinnovate critiche di Bossi.
In Lombardia, nel frattempo, l’ex ministro Roberto Castelli, uscito dalla Lega e fondatore del “partito popolare del Nord” ha stretto un accordo elettorale con il siciliano Cateno De Luca, leader di un altro movimento autonomista (“Sud chiama Nord”), con l’obiettivo dichiarato di erodere il bacino di consensi del Carroccio.
Castelli, peraltro, lavora a una confederazione di associazioni e movimenti che si richiamano proprio alla Lega degli albori. In stretto contatto con l’ex deputato, ed ex segretario della Lega lombarda Paolo Grimoldi, che oggi è uno dei coordinatori del Comitato Nord di Umberto Bossi.
«Il nostro è un partito che, senza un progetto, non ha né futuro né voti. Per raccattare consensi – dice Grimoldi – stiamo candidando Vannacci, Patriciello, esponenti dell’Mpa siciliano. Ma non si capisce più nulla: siamo con l’Udc che sostiene von der Leyen o con Afd che dice che i portatori di handicap non devono andare a scuola?».
Cosa accadrà è difficile dirlo, in un partito che dopo il boom del 2019 ha avuto un crollo ma non ha mai messo in discussione Salvini. Fra i ribelli del Veneto e della Lombardia si fa largo l’idea di un “triumvirato” costituito dai governatori Zaia, Fedriga e Fontana (in ottimi rapporti con Giorgetti), mentre Da Re indica direttamente il presidente del Friuli Venezia Giulia come successore di Salvini.
Il voto della Sardegna consegna un drammatico 3,8 per cento al Carroccio, che deve assolutamente rimontare in Abruzzo. Irraggiungibile il 27,5 per cento del 2019 ma in via Bellerio si stima come “realistico” un risultato a due cifre. Sotto il 10 per cento le frange della protesta diverrebbero ancora più ampie. Ecco perché Salvini “ha piantato le tende” nella terra di D’Annunzio. Con l’inquietudine di Umberto Bossi, quella “preoccupazione” del vecchio condottiero per l’esito della gara in Abruzzo che dà voce ai nuovi fantasmi del Nord.
(da La Repubblica)

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OLTRE 10 MILIONI DI CITTADINI PORTOGHESI ALLE URNE PER VOTARE IL NUOVO PARLAMENTO E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DOPO LE DIMISSIONI DEL SOCIALISTA COSTA

Marzo 9th, 2024 Riccardo Fucile

L’AGO DELLA BILANCA POTREBBE ESSERE IL RAZZISTA ANDRE’ VENTURA, EX COMMENTATORE DI CALCIO : L’AVVOCATO, PRETE MANCATO, HA RACCOLTO CONSENSI CON “TORMENTONI” COME “ALLE DONNE CHE ABORTISCONO TOGLIAMO LE OVAIE”

Domani potrebbe uscire di scena il governo di una «sinistra pragmatica» che si è inventato una via alternativa di crescita e ha persino battuto i partner europei nella corsa del Pil. Avere conti in ordine e, allo stesso tempo, garantire crescita economica e meno disoccupazione è stato il miracolo del premier socialista António Costa che ha salvato il Paese dalla bancarotta.
La magistratura ha intercettato un Antonio Costa corrotto, ma non era il premier. Si è scoperto tardi, quando il «vero» Costa si era già dimesso «per difendere la dignità della carica». Ora il suo partito rischia di essere superato dagli storici rivali del centro-destra. Non solo: ago della bilancia potrebbe diventare André Ventura, il primo estremista di destra nel Parlamento di Lisbona dopo mezzo secolo di democrazia.
Ventura si è scoperto popolare come commentatore di calcio. Non obbiettivo e competente, ma da tifoso scatenato. Lui, prete mancato, avvocato con specialità in Irlanda, era nello staff del Benfica, squadra di calcio della capitale, e per lavoro andava in tv a difenderne gli interessi. Pian piano si è fatto una fama accusando le potenze rivali, Porto e Sporting Lisbona, di rubare le partite. Urla, insulti. Il bell’André bucava il video, attirava anche pubblico femminile. Con tanto seguito ha tentato il salto in politica. Non ha cambiato stile e ha continuato a piacere.
«Gli zingari sono parassiti». «I deputati di colore tornino a casa loro». «Il saluto nazista? Alzavo solo una mano». «Alle donne che abortiscono togliamo le ovaie». «A pedofili e stupratori, castrazione chimica».
«L’uguaglianza tra uomini e donne non esiste proprio in natura. Eliminiamo i fondi pubblici per la parità di genere». «I migranti devono lavorare almeno 5 anni prima di chiedere servizi pubblici e se delinquono espulsione immediata. I musulmani poi proprio no, sono pericolosi».
«Capisco la Brexit — dice Ventura —. L’Europa va rifondata sulle nazioni, senza limiti da Bruxelles». La maggioranza delle sparate vengono poi ritrattate, corrette ammorbidite, ma nel frattempo hanno strappato l’applauso di chi odia il politicamente corretto. Il nome del suo partito Chega! («Basta!») è già il programma. No a quel che c’è, sì al nuovo. Cosa? Boh.
(da agenzie)

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LA ONG OPEN ARMS E LO CHEF STELLATO SFIDANO L’ASSEDIO A GAZA: UN CARICO DI AIUTI PARTE VIA MARE VERSO LA STRISCIA

Marzo 9th, 2024 Riccardo Fucile

JOSE’ ANDRES, CUOCO STELLATO DI BARCELLONA HA COLLABORATO CON LA ONG PER LA SPEDIZIONE IN PARTENZA DA CIPRO… LA ONG SEMPRE IN PRIMA LINEA PER DIFENDERE IL DIRITTO ALLA VITA

Alla popolazione di Gaza, stremata da cinque mesi di bombe e fame, arriverà un carico di aiuti anche via mare, saltando il tappo dei valichi. A organizzare la spedizione, l’ong spagnola Open Arms e lo chef stellato José Andrés, barcellonese d’origine da anni negli Stati Uniti, dove è stato più volte premiato tanto per i talenti in cucina, come per l’attività umanitaria con la sua ong World Central Kitchen.
Partenza da Lamarca
La partenza dal porto di Larnaca, a Cipro, è prevista nel giro di poche ore, al massimo in serata. A bordo della Open Arms, generalmente impegnata nelle missioni di salvataggio nel Mediterraneo, negli ultimi giorni sono stati caricati quintali di cibo, acqua potabile, farmaci, che nel giro di due giorni dovrebbero arrivare a Gaza.
Per motivi di sicurezza – fa sapere l’ong – la rotta è al momento segreta, così come riservato è il punto della costa davanti a Gaza che dovrebbe raggiungere.
Secondo le prime indiscrezioni, la nave spagnola dovrebbe ormeggiare al largo della Striscia, per poi consegnare 200 pallet di aiuti direttamente in spiaggia, dove a ricevere i carichi saranno le squadre di terra della World Central Kitchen, la ong fondata dallo chef, i cui collaboratori saranno responsabili della distribuzione del cibo.
Si tratta di un test ad alto rischio, dall’inizio delle ostilità Israele ha imposto un blocco totale della costa, impedendo anche ai pescherecci di uscire in mare. Per metterla a punto, fanno sapere dalle ong, si è lavorato “giorno e notte” per mesi e sono state necessarie lunghissime interlocuzioni con tutte le autorità coinvolte. “World Central Kitchen – dice lo chef Andrés – ha un motto semplice: nutrire gli affamati ieri. La gente del nord di Gaza è disperata. Adesso un piano a cui lavoriamo da settimane è finalmente nelle fasi finali: sbarcare sulle spiagge di Gaza con 200 bancali di aiuti. E farlo ogni giorno, aumentandone il numero”.
Prima prova
Se la spedizione avrà successo, confermano da Open Arms, “siamo pronti ad effettuarne molte altre pur di evitare il rischio di una carestia a Gaza”. Dal ponte della nave, il fondatore Oscar Camps ha lanciato un appello: “La sofferenza di milioni di persone intrappolate a Gaza è insopportabile e il rischio di morte aumenta se non ricevono aiuti umanitari immediati. Per questo abbiamo bisogno che il corridoio umanitario marittimo che stiamo aprendo sia efficace”.
L’iniziativa, fanno sapere da Open Arms, non ha nulla a che fare con l’operazione Amalthea, il canale marittimo che gli Stati Uniti hanno annunciato e cui anche l’Italia dovrebbe contribuire. “Alla luce della catastrofe in corso a Gaza crediamo sia importante aprire dei nuovi canali per far arrivare aiuti – spiega Veronica Alfonsi, portavoce italiana dell’ong spagnola – Sappiamo che è solo una goccia nel mare e la questione non è umanitaria o logistica, ma politica perché è necessario un cessate il fuoco, ma per noi è importante esserci dove c’è bisogno”.
Non è la prima volta che Open Arms e World Central Kitchen lavorano gomito a gomito. Insieme, quando la guerra in Ucraina è scoppiata, hanno organizzato la spedizione di un carico di aiuti che, a bordo della Open, ha risalito il Danubio. Adesso la stessa formula viene utilizzata per rompere l’assedio di Gaza, dove l’ong dello chef già da settimane sta spedendo tonnellate di aiuti. Ma come migliaia di altri, i camion vengono sistematicamente bloccati al valico di Rafah.
Lo chef
Due stelle Michelin, una serie di ristoranti stellati e non in curriculum, lo chef José Andres per la sua attività umanitaria nel 2019 è stato anche candidato al Nobel per la pace. Dal 2010, quando è volato ad Haiti per mettere su cucine da campo nell’isola devastata dal terremoto, ha portato le sue squadre di cuochi e i suoi “fornelli d’emergenza” in Guatemala, Porto Rico, Nicaragua, ma anche in Ucraina, dove ha messo in piedi sei cucine da campo per dare da mangiare ai profughi in fuga verso la Polonia. Da sempre politicamente impegnato, è diventato noto anche per uno scontro con Donald Trump, tracimato nelle aule dei tribunali. Nel 2015, prima dell’inizio della corsa di Trump alla Casa Bianca, lo chef avrebbe dovuto aprire un ristorante all’interno del Trump International Hotel a Washington. Progetto stracciato unilateralmente da Andrés quando il politico ha pubblicamente bollato i migranti ispanici “trafficanti di droga” e “assassini”. È finita con una citazione in giudizio, cui lo chef ha risposto con una per danni. In tribunale un accordo riservato è stato trovato, ma pubblicamente Andrés non ha mai smesso di tuonare contro l’ex presidente.
(da agenzie)

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SONO PASSATI 4 ANNI DALLA PANDEMIA, MA I REDDITI DEGLI ITALIANI CONTINUANO AD ESSERE SOTTO I LIVELLI PRE-COVID, CON UNA PERDITA COMPLESSIVA DI OLTRE 6 MILIARDI DI EURO

Marzo 9th, 2024 Riccardo Fucile

L’AUMENTO DEL REDDITO MEDIO DELLE FAMIGLIE È STATO “ANNULLATO” DALL’INFLAZIONE…CALANO ANCHE I REDDITI DA TRASFERIMENTI PUBBLICI COME PENSIONI, INDENNITÀ E ALTRI SUSSIDI

L’inflazione annulla la ripartenza dei redditi degli italiani, riportandoli – in termini reali – sotto i livelli pre-pandemia, con una perdita complessiva di oltre 6 miliardi di euro rispetto al 2019. Tra il 2019 ed il 2023, in valori nominali, il reddito medio delle famiglie italiane è passato da poco più di 38.300 euro a oltre 43.800 euro l’anno. Un salto di oltre 5.500 euro che, purtroppo, è solo virtuale, perché annullato di fatto dall’aumento dei prezzi: al netto dell’inflazione, infatti, nel 2023 il reddito reale medio per famiglia è ancora 254 euro (-0,7%) inferiore a quello del 2019.
È quanto emerge da elaborazioni sui redditi delle famiglie e sull’occupazione effettuate da Cer e ufficio economico di Confesercenti sulla base dei dati Istat, a quattro anni dall’annuncio del lockdown del 9 marzo 2020. Tuttavia non tutte le famiglie sembrano uguali. Quelle con reddito da lavoro autonomo hanno potuto arginare meglio l’inflazione e, rispetto al 2019, il reddito medio delle famiglie di imprenditori e partite Iva che, al netto dell’inflazione cioè in termini reali, nel 2023 supera i 43.600 euro, quasi 1.600 euro in più rispetto al 2019.
Variazione positiva anche per il reddito derivato da redditi da capitale, patrimoni, rendite finanziarie e altre fonti che cresce di 1.178 euro rispetto a cinque anni fa. Nello stesso periodo, il reddito medio da dipendente segna un mini-aumento di 180 euro. Calano nettamente, invece in termini reali i redditi da trasferimenti pubblici (-1.819 euro), che includono pensioni, indennità e altri sussidi. A pesare è l’adeguamento solo parziale delle pensioni al caro-vita del periodo, contestualmente al progressivo esaurimento, a partire da metà 2023, del reddito di cittadinanza.
Le ricchezze delle famiglie variano anche a secondo della regione in cui si vive. Infatti il reddito reale medio cresce solo in otto regioni quasi tutte del Nord. Valle D’Aosta maglia rosa (+2.951 euro dal 2019) seguita dalla Basilicata (+2.907 in 5 anni) fra le regioni del Sud insieme alla Sicilia (+1.007) e Puglia (+150 euro in 5 anni), in Sardegna si registra la flessione peggiore (-4.000 euro).
(da agenzie)

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SI COMPLICANO LE EURO-AMBIZIONI DI GIORGIA MELONI, CHE SOGNA DI ESSERE DETERMINANTE PER LA RIELEZIONE DELLA VON DER LEYEN: LO SCENARIO E’ CAMBIATO PERCHE’ E’ LA STESSA URSULA A RISCHIARE LA PELLE

Marzo 9th, 2024 Riccardo Fucile

NON SOLO IL MALESSERE NEL PPE, CON 200 DELEGATI CHE HANNO VOTATO CONTRO DI LEI O NON HANNO PARTECIPATO AL VOTO, MA ANCHE FRANCIA E GERMANIA HANNO MESSO NEL MIRINO LA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE, SENZA CONTARE LE CRITICHE ARRIVATE DAL PARTITO SOCIALISTA EUROPEO

Criticata dal commissario francese Breton e dal ministro tedesco Lindner, oltre che dal più prevedibile Orban, Ursula Von der Leyen parte in salita nel percorso per succedere a se stessa come presidente della Commissione Europea. Benché sia stata designata “Spitzenkandidat”, come voleva, nella votazione finale del congresso di Bucarest quasi metà degli 801 delegati si sono trasformati in franchi tiratori: un segnale preoccupante.
Per capire questo risultato bisogna riflettere su come la presidente s’é mossa per ottenere la designazione. Non ha fatto mistero della sua recente amicizia con Meloni, leader dei Conservatori europei: da lei spera di ottenere i voti che le mancheranno per rimpiazzare la crisi di socialisti e liberali; ha lasciato intuire che, con i risultati che si aspettano nella prossima legislatura dell’Europarlamento sarà indispensabile rivolgere attenzione in quella direzione; non ha detto con chiarezza, come i Popolari avevano fatto fino a qualche tempo fa, che rifiuterebbe per la rielezione i voti delle formazioni più radicali; ha sostituito il Green Deal, la sua bandiera, rimasta a sventolare per aria, con un piano di Difesa comune da dettagliare.
E con questo programma si è avviata al congresso in cui appunto i franchi tiratori l’hanno bersagliata superando anche le previsioni più negative. Senza affatto dubitare delle capacità della presidente uscente occorre ricordare che anche dopo le elezioni del 2019 lo spitzenkandidat Weber, la cui candidatura sembrava fortissima, non fu eletto. A tirar fuori dalla manica il nome di VdL fu la Merkel, in uscita dal ruolo di Cancelliera ma ancora in grado di determinare un accordo. VdL fu eletta per soli 7 voti con l’aiuto del Movimento 5 stelle e del (poi vituperato) partito Legge e giustizia polacco.
BORDATE DA BERLINO E PARIGI, VON DER LEYEN E’ IN BILICO
Tra Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen il rapporto è ormai consolidato, con interessi diversi, ma reciproci, l’una per contare in Europa, l’altra per restare alla guida della Commissione. Ma l’operazione ora rischia di essere stata precoce, almeno in prospettiva, visto che le sorti della presidente sembrano precarie.
Se fino a pochi giorni fa la candidatura di von der Leyen per il bis alla Commissione sembrava aver bisogno di un “puntello” alla sua destra, già individuato nei voti di una parte dei Conservatori e in particolare nella delegazione di Fratelli d’Italia, nelle ultime 48 ore lo scenario è cambiato. Perché la riconferma della presidente della Commissione è ora messa seriamente in discussione all’interno di quella che dovrebbe essere la sua coalizione e questo renderebbe inutile un appoggio esterno del partito di Meloni.
La questione ha un risvolto italiano. La Lega partecipa volentieri al sabotaggio di von der Leyen, con l’obiettivo di far fallire l’avvicinamento dei Conservatori (Ecr) guidati da Meloni al Ppe. La strategia quindi è quella di attaccare l’attuale presidente, sperando di non essere esclusi da una soluzione alternativa, magari resuscitando l’idea di un gruppo unico dei sovranisti, scaricando i tedeschi di AfD. Un progetto di cui Meloni non vuol sentir parlare.
La premier si è detta interessata a un bis di von der Leyen Secondo Meloni, infatti, il rapporto stretto con la presidente della Commissione è servito per due aspetti: favorire il negoziato sul Pnrr e ottenere il sostegno europeo alla cosiddetta “dimensione esterna” dell’immigrazione. Meloni però dovrà fare i conti con un contesto cambiato. Tutto è iniziato nel momento in cui von der Leyen ha ricevuto l’investitura ufficiale da parte del Ppe, che l’ha incoronata “Spitzenkandidatin”.
Tra giovedì e ieri sono arrivati due segnali che l’entourage di von der Leyen, nonostante le dichiarazioni di facciata, considera allarmanti. Al congresso di Bucarest – dove correva come unica candidata – ben 89 delegati hanno votato contro, altri 10 hanno infilato nell’urna una scheda nulla e quasi cento tra quelli regolarmente registrati al congresso hanno scelto di non votare. Secondo una fonte presente al congresso, il regista occulto dei franchi tiratori sarebbe stato Manfred Weber, il presidente del Ppe, che cinque anni fa fu sacrificato per far posto a von der Leyen. A pesare sul risultato di Bucarest è stata la decisione di Weber di evitare l’elezione per acclamazione, preferendo un voto segreto che nascondeva insidie.
Ma le preoccupazioni più grandi riguardano le due bordate arrivate da Parigi e da Berlino che potrebbero mettere in discussione persino il sostegno in Consiglio e non solo il successivo voto in Parlamento. Thierry Breton, commissario al Mercato Interno dell’esecutivo von der Leyen, non ha perso nemmeno un attimo per infilare il coltello nella piaga di Bucarest e sottolineare con un post sui social network che la tedesca «è stata messa in minoranza dal suo stesso partito». E quindi, si è chiesto: «È possibile affidare nuovamente la gestione dell’Europa al Ppe per altri cinque anni, vale a dire 25 anni consecutivi?».
Le parole di Breton hanno un significato particolare perché l’ex ministro è molto vicino a Macron ed è considerato “l’uomo del presidente” all’interno di Palazzo Berlaymont. Per questo la sua entrata a gamba tesa è stata letta nei circoli di Bruxelles come un “pizzino” di Macron alla von der Leyen – suo principale sponsor cinque anni fa – per dire che questa volta il suo sostegno è tutt’altro che scontato.
Ma a colpire la candidata è stata anche un’altra bordata, arrivata questa volta dal governo del suo Paese. Il ministro delle Finanze Christian Lindner, liberale, ha atteso la nomina del Ppe per sparare a zero sulla sua connazionale e in particolare sulla sua linea in merito alla messa al bando dei motori termici per le auto.
«Come presidente della Commissione – ha scritto anche lui in un post su “X” – Ursula von der Leyen è a favore della burocrazia, del paternalismo e dei divieti tecnologici. L’Europa ha bisogno di meno von der Leyen e di più libertà». Se a questo si aggiungono i dubbi e le critiche arrivate dal campo socialista, di cui fa parte il cancelliere Scholz, ecco che “l’incrollabile” sostegno di Parigi e Berlino al secondo mandato oggi è chiaramente in discussione. Come se non bastasse, ieri è salito al volo sul carro dei detrattori anche Viktor Orban.
(da La Stampa)

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IL MINISTRO IMPROVVISAMENTE NON VA DA RENZI: ALLA LEOPOLDA SCOPPIA IL “CASO NORDIO”

Marzo 9th, 2024 Riccardo Fucile

ANCORA STAMANE AVEVA CONFERMATO LA PRESENZA POI LA RETROMARCIA… LA BOSCHI ATTACCA: “HA AVUTO PRESSIONI POLITICHE PER ANNULLARE LA SUA PARTECIPAZIONE”… ORA LA MELONI DECIDE PURE GLI OSPITI

Alla Leopolda scoppia il caso Nordio. Previsto e pluriannunciato, anzi ritenuto l’unico vero evento mediatico dell’edizione 12, il ministro della Giustizia del governo Meloni alla fine salta. Doveva partecipare ad un dibattito con Matteo Renzi sulla giustizia e il caso del dossieraggio e fino a ieri era tutto confermato, ma fonti di via Arenula hanno alla fine spiegato che Carlo Nordio non ci sarà né in presenza né in video collegamento.
E i renziani si rivoltano: «Alle 10 di questa mattina il ministro Nordio mi ha confermato personalmente la sua partecipazione alla Leopolda – racconta la deputata Maria Elena Boschi – È ovvio che ha avuto pressioni politiche per annullare. Dispiace soprattutto purché questa Leopolda, forse la più partecipata di sempre, lo avrebbe accolto con piacere. E rifiutare un confronto civile – conclude Boschi- non è nello stile di Nordio. Peccato».
Alla Leopolda stamani prima del caso era intervenuto padre Paolo Benanti, presidente del Comitato per l’intelligenza artificiale della Presidenza del Consiglio: “Per l’intelligenza artificiale uso la metafora dell’automobile. Quando abbiamo sviluppato la macchina e abbiamo visto che andava più veloce dell’uomo abbiamo capito che c’era il pericolo di incidenti. Per questo abbiamo creato il codice della strada per il bisogno di di evitare gli incidenti. Il vuoto di regole è il diritto del più forte. Abbiamo bisogno di guardrail, di targhe per rendere riconoscibili le auto. Abbiamo bisogno della stessa cosa per l’intelligenza artificiale” ha detto.
(da agenzie)

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DONNE LAUREATE IN FUGA VERSO L’ESTERO: NEGLI ULTIMI 20 ANNI L’ITALIA HA PERSO 70.000 TALENTI FEMMINILI

Marzo 9th, 2024 Riccardo Fucile

HANNO LASCIATO IL PAESE 138.386 LAUREATE

In Italia l’emorragia di donne laureate verso l’estero è un fenomeno in continua crescita. A certificarlo è lo Svimez, secondo cui il picco delle partenze femminili è stato raggiunto nel 2020, quando sono state registrate 15.282 donne che hanno lasciato l’Italia, dirette verso una destinazione estera, un valore dieci volte superiore ai livelli del 2002 (in cui le partenze erano pari a 1.431).
Secondo l’analisi diffusa oggi in occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale dei diritti delle donne, complessivamente, nel periodo 2002-2021, hanno lasciato l’Italia 138.386 laureate (98.987 dal Centro-Nord e 39.999 dal Mezzogiorno): una perdita netta (al netto dei flussi in entrata provenienti dall’estero) di -71.606 “talenti” femminili, il 47% della perdita netta di laureati italiani.
L’impennata delle migrazioni femminili qualificate si osserva a partire dal 2015: +15% rispetto all’anno precedente. Fatta eccezione per una contrazione osservata nel 2021 per effetto della pandemia (11.830 partenze in totale), il ritmo di crescita medio annuo dei flussi migratori qualificati verso l’estero per la componente femminile si attesta al +10,4%.
A cambiare nel tempo anche la composizione per regione di provenienza delle laureate che lasciano il Paese: la quota delle laureate meridionali, sul totale emigrate dall’Italia, passa dal 20% dei primi anni 2002 all’oltre 30% dell’ultimo triennio.
A conferma della scarsa capacità di “assorbimento” del mercato del lavoro femminile nelle regioni del Sud ci sono i dati allarmanti sulle migrazioni verso il Centro-Nord, destinazione scelta da oltre 739.869 donne. In media, ogni anno circa 36.993 donne meridionali si trasferiscono in una regione centro-settentrionale, un flusso rimasto piuttosto costante negli anni.
In crescita invece la migrazione femminile da Sud verso l’estero, con valori quasi raddoppiati rispetto ai primi anni 2000. Il fenomeno registra un’intensificazione particolarmente significativa tra il biennio 2015-2016 (+18,7%), fino al picco dl 2019 di 15.476 partenze verso una destinazione estera.
Nel tempo la migrazione è diventata poi sempre più selettiva. Tra il periodo 2002 – 2010, delle migranti italiane (considerando sia i flussi interni che quelli verso l’estero), 1 su 4 era in possesso di un titolo di laurea: una quota sensibilmente superiore a quella riferita alla componente maschile, inferiore al 20%.
Il divario di genere nella presenza di laureati tra i migranti si amplia dopo il 2013, fino ad arrivare al 42% per donne nel 2021, +9 p.p. rispetto all’analogo dato degli uomini. L’effetto “selettivo” delle migrazioni interessa in misura maggiore le donne solo per i flussi provenienti dal Mezzogiorno, dove nel 2022 la quota di laureate sul totale emigrate ha raggiunto il 46% contro il 37% del Centro-Nord, anche maggiore della quota di laureati uomini che hanno lasciato il Centro-Nord (il 45%).
(da Fanpage)

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LIDO DI OSTIA, I DETRITI DEGLI STABILIMENTI BALNEARI DA MESI SULLA SPIAGGIA: LA RABBIA DEI CITTADINI

Marzo 9th, 2024 Riccardo Fucile

“DEVONO ESSERE SMALTITI DAI CONCESSIONARI, NON CON SOLDI PUBBLICI”

“Long live erosion, sweep them all away” (lunga vita all’erosione, spazzali via tutti). Questa scritta è apparsa pochi giorni fa sui muri di un noto stabilimento balneare del lido di Ostia, a poche decine di metri dalla battigia e ben visibile dal marciapiede del lungomare Lutazio Catulo.
Qualcuno per farla ha dovuto scavalcare un cancello, come se fosse un ladro che entra in una proprietà privata e vergarla di notte. Di nascosto. Questo graffito la dice lunga sul brutto clima, non solo dal punto di vista metereologico – da novembre ad oggi almeno tre mareggiate hanno distrutto parte del litorale – che scende sulla costa del Municipio X quando si parla di concessione balneari, di cementificazione dell’arenile e di libertà di accesso al mare.
Succede ogni anno, ad ogni fine ed inizio stagione. Non è una novità ma è un argomento che consuma, come l’erosione del mare sulla spiaggia romana, sia i concessionari degli stabilimenti sia chi ha un’altra idea del bene pubblico.
E c’è anche chi, davanti alle telecamere di Fanpage.it, ha preferito declinare gentilmente un’intervista sul tema temendo di esporre mediaticamente troppo sé e la propria famiglia. In una frazione di terra che conta tra i 50 e i 60 mila abitanti, dove l’economia è prettamente legata la mare, chi gestisce da decenni le spiagge ha anche il potere decisionale su chi far lavorare e chi no.
Il processo di cementificazione della spiaggia
Da novembre 2023 ad oggi, una parte delle spiagge del lido di Ostia ricorda, se guardata da una certa angolazione e con le dovute precauzioni del caso, l’isola di Haiti dopo il terremoto del 2010. Detriti e distruzione
“C’è stato proprio un processo di cementificazione della spiaggia – dichiara a Fanpage.it Danilo Ruggiero, presidente dell’associazione Mare libero – che va arrestato a tutti i costi. Queste cabine distrutte che finiscono i mare, non sono soltanto un pericolo per le piccole imbarcazioni che vanno in mare (la zona disastrata è interdetta da un ordinanza della Capitaneria di Porto nel raggio di 50m dalla costa), ma anche per la fauna e la flora marina perché, ad esempio, le vernici delle porte e delle pareti sono fortemente inquinanti”.
L’associazione mare libero: “Mare e spiaggia sono di tutti”
L’associazione Mare libero è un piccolo angolo di libero accesso al mare tra i tanti chilometri di cancelli di stabilimenti a pagamento. I cittadini che fanno parte di Mare Libero riconoscono che l’argomento nel municipio X non fa molta presa sulla popolazione. Loro comunque ci provano a sensibilizzare i più. Lamentano una scarsità di liberi accessi e di spiagge pubbliche. Quelle che ci sono dicono “sono dei carnai indecenti, con pochi servizi per molte persone”. Ogni 14 luglio dal 2018, con una pausa covid inevitabile, sono gli ideatori a livello nazionale della Presa della Battigia. Evocando la Rivoluzione francese del 1789, irrompono a pieno titolo di legge, la 296 del 2006 e la n 217 del 2011, passando preferibilmente attraverso le strutture degli impianti balneari, e si prendono simbolicamente la battigia “per riaffermare il principio che il mare e la spiaggia sono beni pubblici e la loro funzione come tali è di essere fruibili ai cittadini”.
“Non siamo contro gli stabilimenti balneari – ci tengono a precisare – noi siamo contrati ad un’impresa, ad una società e a delle attività economiche che trasformino la spiaggia in un luogo privato e in un’area edificabile.”
Per quanto riguarda i detriti che da mesi occupano le spiagge della costa, sono pronti a impegnarsi con determinazione nei prossimi mesi affinché i resti di quelle cabine, che non sarebbero dovute esistere, vengano smaltiti, come previsto dalla legge, con risorse economiche degli stessi concessionari dei bagni e non con soldi pubblici, come temono.
(da Fanpage)

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