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MIGRANTI, SBARCATA A SALERNO LA NAVE DEI BAMBINI: DECINE DI MINORENNI IN MARE SENZA I GENITORI”

Luglio 14th, 2024 Riccardo Fucile

SULLA GEO BARENTS 41 BAMBINI E 12 BAMBINE, DI CUI 37 NON ACCOMPAGNATI

Hanno subito abusi, violenze fisiche, psicologiche. Alcuni di loro sono piccoli, piccolissimi e la loro vita è stata già segnata da una traversata in mare, da soli, senza genitori, e da ogni sorta di violenza. E’ la nave dei bimbi quella che è arrivata stamattina a Salerno: 99 persone sulla Geo Barents, 41 bambini e 12 bambine, di cui 37 non accompagnati.
«Già il salvataggio – ha detto Fulvia Conte, responsabile per la ricerca e soccorso – è stato molto complicato. Come abbiamo pubblicato e denunciato, siamo stati ostacolati da una motovedetta libica intervenuta durante il soccorso, causando la caduta in mare di una trentina di persone. Siamo riusciti a recuperarli tutti e portarli a bordo. C’erano tantissimi minori e bambini, moltissimi anche al di sotto di un anno, al di sotto dei quattro e dieci anni. Molti viaggiavano non accompagnati. La stragrande maggioranza dei migranti ha subìto situazioni allucinanti. In Libia, anche alcuni minori hanno subito torture, violenze fisiche e sessuali e abusi. Parliamo di violenze fisiche e psicologiche. Sono tutti molto vulnerabili. Molte famiglie sono state separate nel deserto o in acqua. Adesso lo sbarco è solo un passaggio. Finalmente sono arrivati in una terra sicura. Adesso hanno bisogno di cure particolari».
«Al momento del recupero – ha specificato – si trovavano su un gommone sovraffollato, senza nessun giubbotto di salvataggio. Sono stati trovati in acque internazionali a 26 miglia dalla Libia. Durante l’intervento dei libici, molti sono caduti in acqua. Appena i soccorritori si sono avvicinati, la prima cosa che hanno fatto, è stata quella di alzare con le braccia in aria i bimbi piccoli, affinché venissero salvati prima di tutti. Ci sono alcune donne incinte. Le informazioni a riguardo sono delicate. Ma comunque anche tra le donne c’è chi ha subito violenze. Tra le storie che più colpiscono, c’è quella dei minori che viaggiano senza nessuno. Sono stati messi su mezzi diversi rispetto a quelli dove viaggiavano i genitori nel deserto. In queste traversate nel deserto, dove muoiono più persone rispetto a quanti perdono la vita in mare, sono stati separati dai genitori. Questi piccoli si sono trovati su un pick up dove viaggiava una donna con il figlio e lei si è presa cura di loro, dal deserto, poi sul gommone, fino alla traversata che li ha condotti a Salerno oggi».
Alla fine dello sbarco, dopo un lungo e liberatorio applauso, si sono tutti diretti verso i pulmini, spaesati, in silenzio e tra le mani solo una busta con qualche indumento è nulla più.
(da la Stampa)

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INSULTI ALL’ARTISTA ROSK PER IL MURALES CON LA BIMBA DI COLORE SU UN PALAZZO A NICHELINO: LUI DENUNCIA

Luglio 14th, 2024 Riccardo Fucile

E’ TRA GLI AUTORI DEL GRANDE DIPINTO CON FALCONE E BORSELLINO CHE CAMPGGIA SUL GOLFO DI PALERMO… “QUELLA BAMBINA IO L’HO CONOSCIUTA E RAPPRESENTA UN SIMBOLO DI EQUITA'”

«Inaccettabile che nel 2024 ci sia ancora qualcuno che faccia differenze in base al colore della pelle. Lavoreremo costantemente affinché queste persone rimangano la minoranza».
Sono le parole dello street art Giulio Rosk, 36 anni, che ieri si è visto arrivare sul suo profilo social personale un attacco razzista da parte di una presunta cittadina di Nichelino.
Criticava pesantemente la sua opera del 2022 sul muro di un palazzo di via Dei Martiri che raffigura Rejoice: bimba originaria del Senegal diventata il modello del murale più grande della città e tra i maggiori dell’intera regione.
«Va bene che lei è un artista di strada – il testo del messaggio razzista – ma che diamine c’entra una bambina nera gigante dipinta sul muro di una casa a Nichelino? Che guarda il libro della Palazzina di caccia di Stupinigi? Non era più consona una bambina bianca? Vada in Sicilia dipingere il ricambio etnico, nella nostra città non è benvenuto e chiunque l’abbia foraggiato rappresenta il male odierno».
Messaggio che Rosk e l’assessore del Comune, Fiodor Verzola hanno voluto diffondere e condannare: «Un gravissimo atto di intolleranza razziale contro la bambina rappresentata sul murale a tema di inclusione e tradizione della città – dice Verzola -, noi costruiamo una società basata su equità e tolleranza».
Rosk, originario di Caltanissetta, è un professionista della street art a livello internazionale. È uno degli artisti che ha contribuito a creare il famoso murale di Falcone e Borsellino che si affaccia sul golfo di Palermo.
Il Comune lo ha portato qui in città due anni fa per il progetto dell’arte di strada, che vide la nascita di cinque murales legati alla rigenerazione urbana. Un modo per far rinascere muri grigi, porzioni di città degradate.
Il murale in questione vede Rejoice guardare verso la città, mentre legge un libro sulla palazzina di Caccia di Stupinigi. Sotto, spighe di grano per rappresentare anche prodotti locali: il grano di Stupinigi per l’appunto. Insomma, un lavoro pensato per collegare un messaggio interculturale al territorio.
«Rejoice è una bambina che ho avuto il piacere di conoscere durante un progetto a Palermo – ha spiegato Giulio Rosk, descrivendo la sua opera -, non parla ancora bene l’italiano, per questo sembra aver imparato a comunicare con lo sguardo».
Occhi profondi, che vanno oltre gli insulti.
(da la Stampa)

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MILANO COMMUOVE TAYLOR SWIFT: “NESSUNO E’ MAI STATO COSI’ GENTILE CON ME. NON TORNAVO DA 13 ANNI, PROMETTO CHE NON FARO’ PIU’ PASSARE TANTO TEMPO”

Luglio 14th, 2024 Riccardo Fucile

PERFETTO LO SPETTACOLO, PERFETTO IL PUBBLICO, PERFETTE LE TRE ORE

Chissà se Taylor Swift si aspettava tutta quella magia dalla data del 13 luglio a Milano, città dove non si esibiva da 13 anni. Un numero che per la cantante ha il potere di un amuleto e che – quando è apparso sul grande orologio del countdown della prima tappa italiana del The Eras Tour – ha portato i fan ad applaudire e a urlare di gioia.
Il nostro viaggio verso il concerto dell’anno è iniziato in metropolitana, dove una moltitudine colorata e tempestata di brillantini si preparava all’arrivo a San Siro intonando “Taylor, Taylor, Taylor” di fermata in fermata.
E se è vero che in un giorno qualunque affrontare la calca di un mezzo pubblico è un incubo, oggi è stato quasi un bel sogno. Incrociare gli sguardi degli altri significava ricevere timidi sorrisi e braccialetti di perline fatti a mano sulla scorta della canzone You’re on your down, Kid che recita: “Allora fate dei braccialetti dell’amicizia”.
Così, quando questa marea di persone – diverse tra loro per provenienza ed età – arriva alle porte dello stadio, si ha la sensazione che a muoversi sia un gruppo di amici di lunga data. Provate poi ad immaginare l’emozione di vedere Taylor Swift imbracciare la chitarra e scatenarsi sulle note di Lover mentre accanto a voi c’è una fan che si accarezza il pancione e canticchia a bassa voce.
O pensate alla gioia di guardare due ragazze che si sciolgono in un pianto quando la star della serata confessa: “Non vengo qui da tredici anni, prometto che non farò più passare così tanto tempo. Non vedevo l’ora di far festa con voi italiani!”.
Il concerto è un immersione nelle “ere” di Taylor Swift e come tutti i viaggi memorabili, ogni tappa ha una storia a sé. Dall’album Fearless si passa al frizzante Red, con la cantante che durante l’esecuzione di 22 – come da tradizione – regala il suo cappello a una giovanissima spettatrice nella commozione generale.
Il mood, però, cambia presto. Quando Swift intona: “We are never ever going back together” avvicina il microfono a un corista che, in un italiano invidiabile, aggiunge: “Col caz*zo”. E sì, in quel frangente è chiaro che i fan stranieri non abbiano idea dell’importanza di un momento del genere, destinato a diventare meme e memoriale. Nuovo cambio di atmosfera. L’abito e le scenografie con i serpenti segnano l’arrivo della Reputation Era. Gli spettatori, più o meno consapevolmente, assumono lo stesso atteggiamento fiero di Taylor, che dal palco si muove sensuale prendendosi la sua rivincita con i brani scritti contro le ingiustizie subite all’epoca.
È difficile restare lucidi in questo turbinio di emozioni sonore e sfumature visive. Poco dopo è il turno della canzone Champagne Problems ma gli applausi e le ovazioni sono assordanti. Taylor, che fino a quel momento si era fermata solo per asciugarsi la fronte imperlata di sudore (a testimonianza che, contrariamente a ciò che sembri, è umana) si blocca. Il viso è sorpreso, gli occhi lucidi. Alza le braccia e ringrazia: “Nessuno è mai stato così gentile con me. Vi amo”. Altri applausi, altre urla.
Durante Blank Space e Shake It Off le coreografie dei ballerini, le piattaforme mobili o le macchine del fumo regalano uno show coinvolgente quasi quanto quello che si tiene sugli spalti o sotto al palco, dove ognuno si scatena in una sorta di videoclip personale. Quando tocca al ritornello del brano Bad Blood, dagli angoli di San Siro si alzano colonne di fuoco e ci si sente un po’ davanti all’artista più conosciuta del globo, un po’ davanti a Daenerys Targaryen con il suo “Dracarys” in una puntata di Game of Thrones.
Gli ultimi atti del concerto sono dedicati ai brani cantati in versione acustica, non previsti nella scaletta. Non è solo Taylor a sorprendere gli spettatori, perché anche lei, quando il pubblico le intona “Sei bellissima”, appare visibilmente stupita. Poco dopo inizia a tossire, scusandosi per aver inghiottito un moscerino. Non è la prima volta che le succede e potrebbe trattarsi di una gag preparata, ma di certo non c’è niente di falso nella sua commozione.
Dal palco tiene sempre gli occhi fissi sulla platea e se con i testi della sua musica ci è già riuscita, sembra che stasera voglia avvicinarsi fisicamente ai più di centomila spettatori. È quasi la fine. C’è chi ha perso la voce e sui volti il make up è ormai sciolto. Midnights Era e poi l’ultima canzone, il suo inno, Karma. Forse Taylor Swift se l’aspettava tutta questa magia dalla serata del 13 luglio a Milano. Perfetto lo spettacolo, perfetto il pubblico, perfette le tre ore. Per dirla come la cantante, tutto è andato All too well.
(da Fanpage)

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STATI UNITI, UNA LUNGA SCIA DI SANGUE, LA VIOLENZA POLITICA NEGLI USA HA COLPITO VARIE VOLTE L’INQUILINO DELLA CASA BIANCA

Luglio 14th, 2024 Riccardo Fucile

QUATTRO DEI 46 PRESIDENTI AMERICANI SONO STATI ASSASSINATI: IL PRIMO FU ABRAMO LINCOLN NEL 1865, POI TOCCÒ A JAMES GARFIELD NEL 1881, SEGUITO DA WILLIAM MCKINLEY NEL 1901. MA QUELLO CHE HA SCOSSO DI PIÙ L’AMERICA È STATO SICURAMENTE L’UCCISIONE DI JOHN KENNEDY IL 22 NOVEMBRE DEL 1963… IL FALLITO ATTENTATO A REAGAN

La violenza politica negli Usa ha colpito varie volte l’inquilino della Casa Bianca prima di Donald Trump. Quattro dei 46 presidenti americani sono stati assassinati: il primo fu Abramo Lincoln nel 1865, poi toccò a James Garfield nel 1881, seguito da William McKinley nel 1901.
Ma quello che ha scosso di più l’America è stato sicuramente l’uccisione di John Kennedy il 22 novembre del 1963, mentre attraversava con il corteo presidenziale Dealey Plaza a Dallas, in Texas. Un delitto che spense le speranze di un mondo diverso diventando un “mistero infinito”, l’assassinio più indagato del secolo, ancora avvolto da numerose teorie complottistiche in contrasto con la conclusione ufficiale che ad uccidere il 35esimo presidente degli Stati Uniti fu solo Lee Harvey Oswald.
Neppure la recente desecretazione di quasi tutti gli atti ha dissolto completamente i dubbi. Cinque anni dopo, il 5 giugno del 1968, toccò anche al fratello Robert Francis Kennedy nel bel mezzo di una trionfale campagna presidenziale. Fu eliminato dopo un comizio nella ballroom dell’Ambassador Hotel di Los Angeles. L’allora senatore passò per la cucina, indicatagli come scorciatoia per la sala stampa, e fu colpito tre volte da Sirhan Sirhan, un 24enne palestinese che sparò con un revolver calibro 22.
Altre cinque persone rimasero ferite. Il 30 marzo 1981, a poco più di due mesi dall’inizio del suo mandato presidenziale, fu la volta di Ronald Reagan: stava lasciando l’Hilton Hotel di Washington, dove aveva parlato con 5.000 membri del sindacato Afl-Cio, quando uno squilibrato, John Hinckley Jr, fece fuoco contro il neo presidente perforandogli con un proiettile il polmone sinistro. Reagan rimase ferito quando uno dei proiettili rimbalzò sulla limousine, colpendolo sotto l’ascella.
Anche l’addetto stampa James Brady, l’agente del Secret Service Timothy McCarthy e il poliziotto Thomas Delahanty furono colpiti durante l’attentato. Le ferite di Reagan non furono notate finché non iniziò a tossire sangue. Fu poi portato al George Washington University Hospital e sottoposto ad intervento chirurgico. Secondo i medici rischiò di morire durante l’operazione. Prima di finire sotto i ferri, Reagan trovò la forza di scherzare con l’equipe medica: “Spero che siate tutti repubblicani”.
Fu dimesso una decina di giorni dopo. Hinckley Jr. fu accusato di tentato omicidio ma giudicato non colpevole per incapacità di intendere e di volere. E’ uscito due anni fa dal manicomio criminale di St. Elizabeth a Washington. All’epoca disse che voleva uccidere Reagan per far colpo sull’attrice Jodie Foster, di cui si era infatuato dopo averla vista in “Taxi Driver”. Altri presidenti americani sono sfuggiti per un pelo a tentativi di assassinio: Franklin Delano Roosevelt, Harry Truman, Theodore Roosevelt e Gerald Ford.
(da agenzie)

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MA DOV’ERA LA SICUREZZA QUANDO MARK CROOKS, L’ATTENTATORE DI TRUMP, SI MUOVEVA INDISTURBATO CON UN FUCILE E UNA SCALA SOTTOBRACCIO?

Luglio 14th, 2024 Riccardo Fucile

NEI MINUTI SUCCESSIVI AGLI SPARI È SPUNTATA L’IMMAGINE DI UNA SCALA DIRETTA VERSO UN TETTO: UN TESTIMONE HA DICHIARATO ALLA BBC DI AVER AVVISTATO UN UOMO SUL TETTO ALCUNI MINUTI PRIMA DEGLI SPARI E DI AVER AVVERTITO LA POLIZIA

L’America è sotto choc: l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha subito un attentato durante un comizio a Butler, in #Pennsylvania. Le sue condizioni sono buone: Trump è stato molto fortunato.
Per quanto le informazioni sulla dinamica dell’accaduto siano ancora incomplete, la visione dei filmati e le informazioni provenienti dal Secret Service ci consentono di tracciare una prima analisi dei fatti e di delineare ciò che potrebbe succedere nelle prossime ore e nei prossimi giorni.
Di tutti i video fin qui diffusi dai media americani ce n’è uno che più degli altri fornisce informazioni sul tentato assassinio di Donald Trump.
Ma partiamo con ordine: chi ha sparato al leader dei Repubblicani? E da dove? L’immagine qui sotto fornisce un quadro chiaro. Gli agenti delle forze dell’ordine hanno recuperato dalla scena del crimine un fucile semiautomatico di tipo AR-15: ad imbracciarlo un uomo di carnagione bianca. Il Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives (ATF) ha avviato una procedura di tracciamento di emergenza dell’arma ritrovata per cercare di risalire all’identità dell’attentatore. La polizia crede sia questione di poche ore prima di ottenere le conferme necessarie.
l Secret Service ha chiarito che il tiratore ha aperto il fuoco dal tetto di un edificio posto all’esterno del perimetro di sicurezza. Siamo in presenza di una prima falla nella protezione dell’ex Presidente. L’azione di “bonifica” delle aree circostanti è la più importante tra quelle che precedono un raduno di massa avente come protagonista un ex inquilino della Casa Bianca. Il fatto che il cecchino abbia aperto il fuoco da circa 120-150 metri non è una giustificazione ma un’aggravante.
Nei minuti successivi agli spari è spuntata sui social l’immagine di una scala diretta verso il tetto: si confermerebbe l’esistenza di una fase di pianificazione. Ciò che è più grave: un testimone ha dichiarato alla BBC di aver avvistato un uomo sul tetto alcuni minuti prima degli spari e di aver avvertito la polizia. Secondo l’autore della segnalazione, la risposta delle forze dell’ordine non è stata abbastanza pronta: è probabile vi sia stato un ritardo di comunicazione con gli agenti del Secret Service responsabili della protezione di Trump. Alla vista di un uomo sul tetto, l’ex Presidente avrebbe dovuto essere messo immediatamente in sicurezza, allontanato seduta stante dal palco.
(da Dagoreport)

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CHI E’ THOMAS MATTHEW CROOKS, IL 20ENNE CHE AVREBBE SPARATO A DONALD TRUMP

Luglio 14th, 2024 Riccardo Fucile

TRUMP VITTIMA DEL FUOCO AMICO: L’ATTENTATORE ISCRITTO TRA I REPUBBLICANI NEI REGISTRI ELETTORALI

Si chiamava Thomas Matthew Crooks la persona che ha sparato durante il comizio di Donald Trump a Butler, in Pennsylvania.
L’Fbi ha confermato l’identità dell’attentatore, che secondo gli inquirenti aveva intenzione di uccidere l’ex presidente Usa, rimasto ferito all’orecchio destro. Il ragazzo è stato ucciso da un cecchino del Secret Service, dopo che era riuscito a sparare diversi colpi verso Trump. In diversi video sui social viene mostrato il corpo del 20enne immobile sul tetto di un capannone a meno di 150 metri dal palco. Crooks indossava una mimetica grigia e avrebbe avuto con sé un fucile tipo Ar-15.
Thomas Matthew Crooks aveva 20 anni e viveva a Bethlel Park, in Pennsylvania. Il sospetto attentatore di Trump risultava attualmente registrato per il voto nel suo Stato come un repubblicano.
Quando aveva 17 anni – nel 2021 – Crooks fece una donazione di 15 dollari tramite ActBlue, una piattaforma usata dai democratici per la raccolta fondi, al Progressive Turnout Project, iniziativa di sinistra. Studente modello, Crooks si è diplomato nel 2022 alla Bethel Park High School, ricevendo un premio pari a 500 dollari dalla National Math and Science Initiative.
Il ragazzo, residente a Bethel Park non aveva precedenti penali in Pennsylvania. Gli inquirenti stanno setacciando la sua casa a Sud di Pittsburgh, a circa un’ora di auto dal raduno trumpiano. Intanto, sta circolando online un filmato della cerimonia di diploma di Crooks: lo si vede attraversare il palco tra qualche applauso dopo essere stato nominato dal presentatore. Nel video, si presenta come un giovane longilineo, con gli occhiali e una toga nera a coprire gli altri vestiti.
(da agenzie)

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