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TRUMP HA FIRMATO UN ORDINE ESECUTIVO PER LIMITARE I FONDI PUBBLICI A NPR E PBS, DUE MEDIA PUBBLICI INDIPENDENTI ACCUSATI DI PRODURRE “COPERTURE GIORNALISTICHE DI PARTE”

Maggio 2nd, 2025 Riccardo Fucile

NELLO STESSO GIORNO, SECONDO LA CLASSIFICA DI “REPORTER SENZA FRONTIERE”, GLI USA SONO SCESI AL 57ESIMO POSTO, TRA
SIERRA LEONE E GAMBIA. È IL DATO PEGGIORE DI SEMPRE

Nelle scorse ore il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che mira a limitare i fondi pubblici a Npr e Pbs, due organizzazioni giornalistiche pubbliche indipendenti. L’ordine esecutivo è stato firmato dal presidente a porte chiuse a bordo dell’Air Force One e annunciato dalla Casa Bianca intorno a mezzanotte, riferisce Politico.
Il documento afferma che Npr e Pbs producono “coperture giornalistiche di parte” e chiede alla Corporation for Public Broadcasting, un’azienda privata verso cui il Congresso stanzia oltre 500 milioni di dollari all’anno, di “annullare i finanziamenti diretti esistenti nella misura massima consentita dalla legge e… rifiutarsi di fornire finanziamenti futuri” a tali organizzazioni giornalistiche.La libertà di stampa negli Stati Uniti ha raggiunto il livello più basso mai registrato, secondo l’ultimo World Press Freedom Index pubblicato annualmente da Reporter senza frontiere.
Perché è importante: per anni, la libertà di stampa americana era generalmente considerata “soddisfacente” . A partire dallo scorso anno, è invece classificata come “problematica”.
La libertà di stampa negli Stati Uniti si allinea ora a quella di paesi in via di sviluppo come Gambia, Uruguay e Sierra Leone.
Il quadro generale: sebbene le minacce fisiche ai giornalisti siano spesso un chiaro segnale di erosione della libertà di stampa, RSF individua nelle difficoltà economiche il principale motore del declino a livello globale.
Ciò è particolarmente vero nei paesi autocratici come Nicaragua, Bielorussia e Iran, così come in democrazie instabili come Turchia e Ungheria.
Tra le righe: la pressione economica è sempre più legata agli sforzi dei governi per minare finanziariamente i media critici o indipendenti.
Reporters Without Borders cita, come esempio di questa tendenza, gli sforzi dell’amministrazione Trump per tagliare i finanziamenti ai media pubblici come Voice of America e Radio Free Europe/Radio Liberty.
Vengono inoltre segnalati fattori non governativi come minacce alla sostenibilità economica del giornalismo, ad esempio il dominio delle grandi piattaforme digitali sul mercato pubblicitario
Queste restrizioni hanno portato a una concentrazione senza precedenti dei media a livello globale, con una proprietà editoriale sempre più concentrata o sotto controllo statale.
Negli Stati Uniti, le difficoltà economiche colpiscono in particolare i media locali, generando un numero senza precedenti di deserti dell’informazione in un paese comunque tra i più potenti al mondo.
La dismissione dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID), si legge, ha gettato “centinaia di testate in uno stato critico di instabilità economica, costringendone alcune alla chiusura — in particolare in Ucraina”.

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“ZUPPI FA COSE”, VEDE GENTE: PARLA DOMENICO PAPALEO, 50ENNE CHE CURA UNA PAGINA SU FACEBOOK IN CUI OMAGGIA IN MANIERA IRONICA LA QUOTIDIANITÀ DI UN UOMO DI CHIESA “STRA-ORDINARIO”

Maggio 2nd, 2025 Riccardo Fucile

“QUANDO ARRIVÒ A BOLOGNA FUI MOLTO COLPITO DAL FATTO CHE SI MISE SUBITO A PRENDERE CONTATTO CON TUTTO CIÒ CHE ERA BOLOGNA. A QUASIASI ORA LO SI VEDE IN QUALCHE PARTE DELLA CITTÀ”

Non è una parodia. Tutt’altro. Un omaggio ironico, col sorriso, ma anche tanto affetto in giornate cruciali per il suo futuro. Da dieci anni “Zuppi che fa cose” racconta su Facebook con scatti evocativi e una manciata di parole la quotidianità di un uomo di Chiesa stra-ordinario.
Zuppi che assaggia lo stufato della Casa della carità. Che viaggia sul risciò con la Befana, mentre Lepore pedala. Che sale sul palco con Cesare Cremonini. Che dà il gomito all’ex sindaco Merola ma anche a Mattarella (era l’epoca delle mascherine e del distanziamento). Che mostra magliette di calcio (Zuppi n°1, ovviamente), che firma autografi su stoffa.
Che va in tv da Fabio Fazio ma anche a cena fra i migranti. Che incontra Guccini sul binario, che siede accanto a papa Francesco.
“Quando Matteo Zuppi arrivò a Bologna fui molto colpito dal fatto che in quattro e quattr’otto si mise subito a voler conoscere e prendere contatto con tutto ciò che era Bologna. E’ nata questa pagina dallo spirito ironico per il fatto che ogni giorno a qualsiasi ora lo si poteva vedere da qualche parte in città, a parlare con qualcuno, un’organizzazione, in mezzo a qualche comunità.
E volevo riportare l’idea di uomo del fare e dello stare in mezzo alla gente, instancabile”. Lo spiega Domenico Papaleo – cinquantenne, un passato in politica, “ora lavoro in un’azienda come impiegato commerciale” – che da dieci anni cura questa pagina Facebook che è arrivata a 10mila follower e che raccoglie immagini e gesti quotidiani dell’arcivescovo di Bologna, “che rintraccio tramite i motori di ricerca, i quotidiani bolognesi, ma anche siti delle parrocchie e pagine Facebook di realtà ecclesiastiche”.
Una foto, vera. Accompagnata da un testo inventato, che gioca sull’ironia, cifra stilistica dello stesso protagonista. “Proprio vedendo la sua affabilità, prendendo ispirazione dalle foto, le abbino a frasi chiaramente inventate, in cui cerco di rendere il suo approccio empatico, posato e anche molto vicino alle
persone”.
I numeri della pagina, racconta Papaleo, “sono aumentati una prima volta quando don Matteo è diventato presidente della Cei, e di nuovo nei giorni scorsi da quando Zuppi è entrato nella rosa dei papabili. C’è un avvicinamento ulteriore a lui”.
La pagina, spiega Papaleo, è seguita “a Bologna e in tutto il mondo in realtà: ho commenti e like anche da Francia, Argentina, Brasile, Germania… Devo dire la verità, in questi anni ho fatto anche un po’ fatica perché non pensavo che arrivassero tantissimi messaggi privati di persone che non capivano subito che non si trattasse di un tributo: pensavano fosse la sua pagina ufficiale”.
Ma Zuppi sa che esiste questa pagina-tributo? «Immagino di sì, non essendo Bologna una New York. Io un po’ per timidezza non mi sono mai voluto palesare: chissà se ci sarà l’occasione di conoscersi dal vivo. Una cosa bella è che poi nel corso degli anni mi sono arrivate tante foto scattate da parte di persone che si trovavano in eventi cui lui partecipava”.
Quale immagine le è rimasta più impressa di questi dieci anni di omaggi a Zuppi? “Una fotografia che venne pubblicata da un giornale a marzo 2020 all’inizio della pandemia, con Zuppi che camminava solo sotto il portico di San Luca. Non so nemmeno se fosse stata scattata in quel momento, ma quell’immagine con don Matteo con lo sguardo basso, risultava molto intimista”.
E la frase che l’ha colpita di più? “La mia pagina racconta anche avvenimento del quotidiano, ma Zuppi fa davvero cose di sostanza: la gestione dell’eredità Faac, l’impegno contro la disoccupazione. Ma anche dal punto di vista di rapporti internazionali: il lavoro che lui ha fatto per riportare a casa i bambini ucraini rapiti è stato qualcosa di molto concreto e fondamentale. L’immagine di lui con Zelensky dell’altro giorno andava assolutamente messa”. Manca la foto dal balcone di San Pietro. “Ma queste sono cose al di fuori della nostra portata”, sorride scaramanticamente Papaleo.
(da agenzie)

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GERMANIA, DOPO SETTE ANNI SE NE SONO ACCORTI: IL PARTITO SOVRANISTA AFD E’ STATO DICHIARATO UN PERICOLO PER LA DEMOCRAZIA

Maggio 2nd, 2025 Riccardo Fucile

LA RELAZIONE DEI SERVIZI SEGRETI CERTIFICA QUELLO CHE TUTTI SAPEVANO, PRA IL PARLAMENTO POTREBBE CHIEDERNE LO SCIOGLIMENTO… NEI PAESI NORMALI IL PROBLEMA DEI GRUPPI EVERSIVI SI RISOLVE IN UNA NOTTE

Venerdì in Germania l’Ufficio federale per la Protezione della Costituzione, in tedesco Bundesamt für Verfassungsschutz (BFV), ovvero i servizi segreti interni del paese, hanno designato il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) come un’organizzazione estremista che mette in pericolo la democrazia.
I servizi segreti hanno citato come causa della decisione le posizioni xenofobe di AfD, considerate dall’agenzia discriminatorie verso interi segmenti della popolazione.
Alle elezioni di febbraio il partito era stato il secondo più votato, dopo la CDU di centrodestra e prima dell’SPD, di centrosinistra, i due partiti che costituiranno il nuovo governo.
La stessa decisione era già stata presa per alcune sezioni del partito, fra cui la sua ala giovanile e quelle dei tre stati federali di Turingia, Sassonia e
Sassonia-Anhalt. La valutazione del BFV non costituisce di per sé una richiesta né un ordine di scioglimento del partito, ma il parlamento tedesco potrebbe usarla per chiederlo. La richiesta dovrebbe poi essere confermata dalla Corte costituzionale. È molto difficile che questo accada effettivamente: per esempio la stessa richiesta era stata ripetutamente negata dalla Corte per lo scioglimento di un partito neonazista molto più piccolo.
È probabile che la designazione come organizzazione estremista comporterà un allargamento dei criteri che regolano la possibilità dei servizi segreti di controllare le attività del partito, per esempio permettendo le intercettazioni dei suoi membri o l’uso di informatori al suo interno.
La valutazione del BFV è basata su un rapporto di oltre mille pagine,di cui al momento non è prevista la pubblicazione.
Secondo quanto riferito dall’agenzia, le posizioni manifestate dal partito e dai suoi funzionari, anche durante l’ultima campagna elettorale, indicano che AfD vuole escludere le persone immigrate in Germania e i loro discendenti dalla piena partecipazione alla società, assegnare loro uno status legale inferiore rispetto al resto della popolazione e sottoporli a discriminazioni che violano le norme costituzionali.
L’anno scorso c’erano state vaste manifestazioni contro il partito in moltissime città tedesche, in reazione a un’inchiesta giornalistica che aveva rivelato lo svolgimento di una riunione segreta fra membri di AfD e di movimenti neonazisti tedeschi per discutere di un piano di espulsioni su larga scala delle persone richiedenti asilo, di immigrati con permesso di soggiorno e anche di cittadini tedeschi di origine straniera.
La ministra dell’Interno uscente, Nancy Faeser (del Partito Socialdemocratico), dal cui ministero dipende il BFV, ha chiarito che il rapporto è stato redatto in modo imparziale senza alcuna influenza politica. Diversi esponenti dei partiti di sinistra e centrosinistra hanno accolto positivamente la decisione.
(da agenzie)

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SEA WACHT CON 104 MIGRANTI A BORDO, TRA CUI UN BIMBO DI TRE MESI, DEVE NAVIGARE FINO AL PORTO DI LIVORNO

Maggio 2nd, 2025 Riccardo Fucile

COSI’ IL GOVERNO “CRISTIANO” OBBLIGA I MIGRANTI A INUTILI ORE DI SOFFERENZE IN MARE… IN 10 ORE ARRIVATI A LAMPEDUSA IN 670 (MA IL GOVERNO NON LO DICE)

La nave Sea-Watch5 ha soccorso un barcone con 104 persone a bordo, nella giornata del 30 aprile nel Mediterraneo. Ancora una volta all’imbarcazione umanitaria è stato assegnato un porto lontano, quello di Livorno, costringendo i migranti, già stremati, a inutili ore di navigazione.
Dopo aver effettuato il salvataggio, l’Ong ha incrociato sul percorso una motovedetta della cosiddetta Guardia costiera libica. Per paura di subire un respingimento illegale, ed essere riportati indietro, cinque migranti si sono gettati in mare. Gli operatori della Ong sono riusciti a salvarli e a recuperarli, prima che annegassero. Ora però il viaggio che li aspetta è ancora lungo.
La stessa Ong ne ha dato notizia ieri: “La nostra nave Sea-Watch5 ha soccorso un barcone con 104 persone a bordo. Dopo qualche ora abbiamo visto una motovedetta della cosiddetta guardia costiera libica a circa due miglia, cinque persone si sono buttate in acqua per fuggire e non tornare nell’inferno libico. Per fortuna siamo riusciti a metterle in salvo. Adesso su Sea-Watch 5 ci sono 109 persone a bordo, tra loro donne e bambini, il più piccolo è un lattante di tre mesi. Le autorità italiane hanno avuto la bella idea di assegnarci a Livorno come porto di sbarco, obbligando queste persone fragili a giorni di inutili ulteriori sofferenze e di mare aperto”
Gli sbarchi continuano a Lampedusa
A Lampedusa non si fermano gli sbarchi. Sono 670 i migranti approdati sull’isola nella giornata del 30 aprile, nell’arco di una decina di ore. Dieci i barconi, partiti dalla Libia, che sono stati soccorsi dalle motovedette di Capitaneria, Guardia di finanza e Frontex. Uno, invece, salpato da Monastir in Tunisia, con a bordo 49 sedicenti guineani, sudanesi e nigeriani è riuscito ad arrivare direttamente a Cala Galera. A bloccare il gruppo sono stati i carabinieri della tenenza, che non hanno scoperto l’imbarcazione utilizzata per la traversata che, secondo i racconti dei profughi, è costata 500 euro a testa.
L’hotspot di contrada Imbriacola, da dove sono stati trasferiti 580 persone, è sovraffollato: il numero di migranti ospitati è cresciuto, arrivando a 765.
(da agenzie)

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CRIMINALI ISRAELIANI IN AZIONE: COLPITA NELLA NOTTE LA NAVE CHE PORTA AIUTI UMANITARI A GAZA DRONI ATTACCANO ANCHE IN ACQUE INTERNAZIONALI, FIAMME A BORDO, IN SALVO I COMPONENTI DELL’EQUIPAGGIO

Maggio 2nd, 2025 Riccardo Fucile

NETANYAHU, L’UNICO CRIMINALE AL MONDO CHE GODE DI IMPUNITA’

Gli organizzatori della Freedom Flottiglia, l’organizzazione internazionale che sfida l’assedio israeliano a Gaza, denunciano che una loro imbarcazione è stata presa di mira da un drone durante la notte due volte in acque internazionali vicino a Malta. Gli attacchi, attribuiti da più parti a Israele, hanno provocato un incendio a bordo e una breccia nello scafo che ora sta affondando.
A bordo ci sono 30 attivisti, ha dichiarato alla Cnn l’addetto stampa della coalizione, Yasemin Acar, aggiungendo: “C’è un buco nella nave in questo momento e sta affondando”. Afferma che a quanto pare l’obiettivo erano i generatori nella parte anteriore della nave, e che non hanno più accesso all’elettricità.
Secondo quanto riportato dalla CNN la nave battente bandiera di Palau è la Conscience.
L’attacco è avvenuto alle 00:23, afferma la Freedom Flotilla. Aggiunge di aver inviato un segnale di SOS. Malta sostiene di aver risposto, di aver inviato un rimorchiatore e che le persone a bordo, 16 in totale (gli attivisti parlano di 30), sono tutte salve.
(da agenzie

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PUTIN RIABILITA LA FIGURA DI STALIN: L’AEROPORTO GUMRAK DI VOLGOGRAD VERRÀ RINOMINATO “STALINGRADO”. E NON È DA ESCLUDERE CHE LA STESSA CITTÀ RIPRENDERÀ LO STESSO NOME

Maggio 2nd, 2025 Riccardo Fucile

IN RUSSIA SPUNTANO COME FUNGHI LE STATUE DEDICATE ALL’UOMO D’ACCIAIO CON SOMMO GODIMENTO DI PUTIN CHE PUÒ USARE LA FIGURA DEL DITTATORE PER GIUSTIFICARE LE SUE PORCATE

«La loro parola è legge per me». Vladimir Putin ha annunciato che l’aeroporto Gumrak di Volgograd verrà rinominato in «Stalingrado». E subito dopo ha aggiunto che non sarebbe contrario a fare la stessa cosa anche per la città, perché come ha detto il governatore della regione Andrei Bocharov, molti residenti, a cominciare dai reduci dell’attuale guerra, sentono il bisogno di un nome «vero, orgoglioso, coraggioso, eroico».
È una necessità abbastanza sentita nella Russia di questi ultimi anni, a giudicare dal numero di statue erette di recente a Josif Stalin, il dittatore sovietico la cui memoria a lungo è stata espulsa dal bagaglio culturale dell’ultima Urss e della nuova Russia, prima di conoscere una rivalutazione che si manifesta anche attraverso il ritorno dei monumenti dedicati a Koba il terribile.
Nel corso degli ultimi dodici mesi se ne sono contati sette, non più installati nelle piazze o nelle strade centrali della città, ma in spazi circoscritti, come nel caso di Vologda, dove quest’inverno il monumento all’Uomo d’acciaio è stato inaugurato in un angolo del giardino pubblico vicino alla casa dove Stalin trascorse alcuni mesi di esilio. In precedenza, c’era stata qualche sommessa discussione sull’opportunità della scelta fatta dalla municipalità di Mednoye, nella regione di Tver, che ha installato un busto di Stalin insieme a quelli di altri leader sovietici nello spazio antistante il cimitero dove riposano le vittime locali delle purghe staliniane.
Negli anni Novanta vennero eretti solo cinque monumenti dedicati a Stalin, a opera di nostalgici comunisti e su terreni privati. A partire dal terzo mandato di Putin, anno di grazia 2012, ne sono sorti 117, con un ritmo di costruzione più
che raddoppiato a partire dall’invasione della Crimea del 2014, come fa notare una inchiesta del sito indipendente The Insider . Le prime regioni in questa particolare classifica sono l’Ossezia del nord, che conta 25 statue di Stalin sul proprio territorio, seguita dal Daghestan (9) e dalla Jacuzia (8).
Ma in un Paese che ha reinventato la propria percezione di sé attraverso una nuova lettura della propria storia, appare quasi normale che di essa non si butti via niente. Neppure della cronaca, del resto.
La rinascita «monumentale» di Stalin è diretta conseguenza del modo in cui quasi tutti i politici russi hanno smesso di parlare del dittatore sovietico come di un tiranno o dell’ideatore delle tremende repressioni degli anni Trenta del Novecento, per esaltarne invece il carattere carismatico e le doti da condottiero durante la Grande Guerra Patriottica. Che poi è un modo per dire che in fondo il Piccolo Padre ha fatto anche cose buone. Se Putin elogia e in fondo riduce la sua figura a quella di «un manager di Stato molto efficiente», sostenendo che è stato oggetto di una «eccessiva demonizzazione»
L’uso politico e la rilettura del passato per modificare il presente fanno parte della Russia di oggi. I primi a spiegare questo fenomeno furono quelli di Memorial, l’organizzazione non governativa vincitrice nel 2022 del Premio Nobel per la pace e oggi messa al bando. «Putin non vuole certo diventare Stalin» dice il suo fondatore Oleg Orlov dall’esilio di Berlino. «Ma lo usa, leggendo ogni suo atto con la lente dello stato di necessità, per giustificare se stesso e le sue azioni».
(da agenzie)

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RIARMO, L’ITALIA NON È TRA I DODICI STATI MEMBRI DELL’UE A CHIEDERE L’ATTIVAZIONE DELLA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA SULLA DIFESA, CHE PERMETTEREBBE UNA DEROGA DELL’1,5% DEL PIL PER AUMENTARE LE SPESE DELLA DIFESA

Maggio 2nd, 2025 Riccardo Fucile

IL POSSIBILE STIGMA SUL MERCATO E LA DECISIONE CHE ARRIVERÀ DOPO IL VERTICE NATO DI GIUGNO… AD’ALTRONDE I SOVRANISTI SI ARRENDEREBBERO AL PRIMO SIBILO DI CERBOTTANA, CHE NECESSITA’ C’E’ DI ARMARSI PER DIFENDERE I CONFINI, QUELLI VERI?

Sono dodici i Paesi Ue che hanno chiesto alla Commissione di attivare le deroghe sui vincoli del Patto di Stabilità con la clausola nazionale di salvaguardia per aumentare le spese nella Difesa. Si tratta di Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Lettonia, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia.
L’esecutivo Ue aveva chiesto le domande entro oggi e ne attende ulteriori “in una fase successiva”, poiché diversi stati hanno espresso interesse.
L’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale fornisce agli Stati membri uno spazio di bilancio aggiuntivo – fino all’1,5% del Pil – per aumentare la spesa per la difesa, pur rimanendo all’interno delle norme fiscali dell’Ue, in linea con il documento pubblicato dalla Commissione nell’ambito del pacchetto ReArm Europe Plan/Readiness 2030.
La Commissione valuterà ora le richieste presentate dagli Stati membri al fine di presentare raccomandazioni al Consiglio per attivare la clausola nazionale nell’ambito del prossimo pacchetto semestrale europeo della primavera 2025.
L’Italia, era filtrato lunedì dal Mef, deciderà su una eventuale richiesta di attivazione della clausola dopo l’assemblea nato di Giugno. Il ministro delle Finanze spagnolo Carlos Cuerpo ha affermato nel pomeriggio che l’attivazione sarà decisa dalla Spagna “nei prossimi mesi”. Nelle scorse settimane il ministro delle Finanze francese Eric Lombard aveva espresso il timore che un aumento del debito sia insostenibile per la Francia, escludendo in prima battuta l’opzione.
Tra i frugali, ad oggi risulta abbiano escluso l’attivazione i Paesi Bassi. E l’attesa è anche che la Svezia possa aumentare la spesa nella Difesa in deficit, senza far scattare la clausola di salvaguardia.
La richiesta della comunicazione della Commissione sull’attivazione delle clausole nazionali di salvaguardia era quella di farle pervenire in modo coordinato entro fine Aprile, anche per evitare che fughe in avanti di singoli Paesi attirassero uno stigma sul mercato con timori sulla sostenibilità fiscale.
Sulla scadenza “soft” c’è comunque una tolleranza di qualche giorno, aveva già chiarito la Commissione: l’obiettivo dell’esecutivo di Bruxelles ora è quello di dare il proprio parere con il pacchetto di primavera del semestre europeo il 4 aprile, in modo da raccomandare poi l’attivazione al consiglio ue e poter procedere al voto dei 27, ragionevolmente entro Luglio.
Oltre ai potenziali 650 miliardi di investimenti per maggiori spese nella Difesa dai paesi Ue, il piano Rearm, poi rinominato Readiness 2030 (‘prontezza 2030’), ha anche previsto per aumentare la spesa nella difesa i prestiti dello strumento safe per 150 miliardi di euro
L’attivazione della clausola dovrebbe esentare dal conteggio del deficit
l’aumento delle spese nella Difesa, considerate straordinarie alla luce del mutato contesto geopolitico.
“La guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina e la sua minaccia alla sicurezza europea costituiscono circostanze eccezionali, che esercitano una pressione significativa sulle finanze pubbliche degli Stati membri a causa dell’urgente necessità di rafforzare le loro capacità di Difesa”, ricorda la Commissione nel comunicato diffuso questa sera.
Per salvaguardare la sostenibilità fiscale, la deviazione sarà limitata – aveva già chiarito la Commissione – a un aumento della spesa solo per la Difesa, prendendo come punto di partenza la categoria statistica ‘Difesa’ nella classificazione delle funzioni dello Stato (‘Cofog’). Sarà possibile solo fino a un massimo dell’1,5% del Pil speso ogni anno di attivazione della clausola di salvaguardia nazionale, e per un periodo massimo di quattro anni.
Un primo conteggio esatto dell’ammontare di spesa sbloccato realmente nel 2025 potrebbe arrivare solo nel 2026, quando in primavera verranno presentati dai Paesi Ue i report di avanzamento dei piani fiscali strutturali di Bilancio (psb), ed emergeranno le cifre sulle commesse e i costi effettivamente affrontati nel 2025. E’ comunque possibile che già tra poche settimane con il pacchetto del Semestre europeo, la Commissione riesca a dare prima una previsione dell’importo (Bruxelles ha intanto fissato le previsioni di primavera per venerdì 16 maggio).
Per mobilitare le spese nella Difesa, soprattutto per commesse importanti, sono tipicamente necessari tempi lunghi.
(da agenzie)

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COSA C’E’ NELL’ACCORDO SULLE TERRE RARE TRA STATI UNITI ED UCRAINA

Maggio 2nd, 2025 Riccardo Fucile

LE CONDIZIONI PER KUEV ORA SONO PIU’ FAVOREVOLI

Un accordo «davvero equo». Che crea opportunità per investimenti significativi in Ucraina. Il presidente Volodymyr Zelensy celebra così la firma del trattato sulle terre rare di Kiev con gli Stati Uniti. Il documento era stato oggetto di difficili negoziati nelle scorse settimane. Il testo, composto di tre documenti, prevede l’accesso delle aziende americane all’estrazione di minerali rari, petrolio e gas in Ucraina. E la creazione di un fondo d’investimento congiunto tra i due paesi. Le condizioni sono più favorevoli per Kiev rispetto alla versione precedente, che aveva causato tensioni con Washington.
L’accordo
La firma dell’accordo è rimasta incerta negli ultimi giorni, ha fatto sapere Politico, spiegando che «l’Ucraina si era rifiutata di firmare il patto economico principale e due accordi tecnici collaterali». Un funzionario statunitense ha confermato che le parti hanno firmato tutti e tre gli accordi dopo che l’Ucraina ha richiesto alcune modifiche dell’ultimo minuto e il Tesoro statunitense ha cercato di tenere il punto. « L’accordo è cambiato significativamente durante il
processo di preparazione. Ora è un accordo veramente equo che crea opportunità per investimenti significativi in ​​Ucraina», ha detto Zelensky. L’accordo non prevede di conteggiare gli aiuti Usa già forniti come un debito dell’Ucraina nei confronti degli Usa, come voleva Donald Trump.
Le garanzie che mancano
«Si tratta di un lavoro congiunto con l’America e a condizioni eque», ha spiegato il presidente. Firmato nella notte tra mercoledì 30 aprile e giovedì primo maggio, l’accordo non prevede garanzie di sicurezza nei confronti di Kiev. Le tensioni per l’accordo erano culminate nella lite alla Casa Bianca tra i due presidenti nello Studio Ovale. Una prima bozza del testo era stata respinta da Kiev. Secondo diverse stime l’Ucraina oggi possiede il 5% delle risorse minerarie mondiali. Ma non tutte sono facilmente sfruttabili. Alcune delle terre si trovano in zone occupate da Mosca o minacciate dalle forze russe. L’accordo dovrebbe essere una tappa fondamentale nell’avvicinamento tra Russia e Ucraina per chiudere la guerra cominciata tre anni fa.
La pace tra Russia e Ucraina
« Tocca a loro trovare un accordo e porre fine a questo brutale conflitto», ha detto il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance a Fox News. «Ma non sono pronti a fermarsi», ha aggiunto. Da parte sua, il segretario di Stato americano Marco Rubio ha minacciato che gli Stati Uniti potrebbero gettare la spugna nei confronti di Kiev e Mosca. «Abbiamo così tanti problemi – e direi anche più grandi – in tutto il mondo», ha detto sempre a Fox News. «Direi che ciò che accadrà con la Cina sarà più importante a lungo termine per il futuro del mondo», ha aggiunto. Intanto i bombardamenti continuarono su entrambi i lati del fronte. Quattordici persone sono rimaste ferite il primo maggio a sera in un attacco russo a Zaporizhzhia. Nove di loro sono state ricoverate in ospedale, ha annunciato Ivan Fedorov, governatore della regione.
Gli attacchi
Alcune ore prima, due persone erano state uccise in un attacco con drone su una zona residenziale di Odessa, nell’Ucraina meridionale, secondo quanto dichiarato dal governatore regionale Oleg Kiper. I servizi di emergenza ucraini hanno denunciato un «massiccio attacco russo». In risposta, Zelensky ha chiesto che «vengano esercitate ulteriori pressioni sulla Russia» per «costringerla (…)
negoziare». Mosca ha accusato l’esercito ucraino di aver condotto un “doppio attacco”, una tattica di cui Kiev ha ripetutamente accusato l’esercito russo, che consiste nel lanciare un secondo attacco nello stesso luogo poco dopo il primo, per colpire coloro che erano accorsi in aiuto delle vittime.
Il cessate il fuoco dell’8 maggio
Mentre i negoziati separati avviati dagli americani con russi e ucraini per porre fine al conflitto sembrano essere giunti a un punto morto, Vladimir Putin ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale dall’8 al 10 maggio. Il 9 maggio, la Russia terrà una grande parata militare a Mosca per commemorare l’80° anniversario della vittoria sulla Germania nazista. Parteciperanno circa 20 leader, tra cui il cinese Xi Jinping. Un primo cessate il fuoco di 30 ore era stato dichiarato da Putin ad aprile in occasione della Pasqua. Entrambe le parti si sono accusate a vicenda di averlo violato.
(da agenzie)

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ITALIA GIU’ NELL’INDICE MONDIALE DELLA LIBERTA’ DI STAMPA: “C’ENTRA IL GOVERNO MELONI”

Maggio 2nd, 2025 Riccardo Fucile

NEL NUOVO WORLD PRESSE FREEDOM INDEX 2025 L’ITALIA SCENDE AL 49° POSTO: “IL GOVERNO MELONI HA CONTRIBUITO AL DETERIORAMENTO DELLA LIBERTA’ DEI MEDIA”

Non era un semplice inciampo. Era uno scivolamento profondo: scende ancora più in basso, l’Italia del governo Meloni, nell’Indice mondiale della libertà di stampa che Reporters sans frontières ha appena diffuso e che Domani ha visionato in anteprima.
Sempre più in basso
In una scala fatta di 180 gradini, in una gamma che va dalla prima posizione della Norvegia – eccellenza quindi della libertà di stampa – fino all’Eritrea, ultima in classifica, l’Italia galleggia adesso nella 49esima posizione. Ma la situazione non è statica: nello spazio di un anno, siamo scesi di tre posizioni.
E già nel 2024, quando il World Press Freedom Index ci fotografava al 46esimo posto, l’Italia era scivolata cinque posizioni più in basso rispetto all’indice 2023. Eravamo diventati così l’unico paese dell’Europa occidentale a entrare nella “zona arancione”, cioè quella ritenuta «problematica», in cui si trova l’Ungheria. Non a caso Rsf parlava di «orbanizzazione» dell’Ue sul fronte della libertà di stampa.
Ora la situazione è persino peggiorata. «Ci sono paesi che restano stabili in termini assoluti, ma che dato il miglioramento degli altri scivolano in basso
nell’indice. Non è il caso dell’Italia: rispetto all’anno precedente è peggiorata sia in termini assoluti (nello “score”, il punteggio) che come posizione (la 49esima)», spiega a Domani Pavol Szalai che è a capo dell’ufficio Ue di Reporters sans frontières. «L’Italia scivola quindi di tre gradini, sempre nel gruppo dei paesi ritenuti problematici in termini di libertà di stampa. Tra i grandi paesi dell’Ue, è l’ultima».
Se si scorre l’indice, si troverà che persino la Slovacchia – che ha subìto gravi deterioramenti nell’èra di Robert Fico, lo stesso premier travolto in precedenza dallo scandalo per l’omicidio del giornalista Ján Kuciak e che oggi replica il modello Orbán – pur essendo peggiorata di ben 9 posizioni in un anno resta sopra l’Italia (38esima posizione nell’indice globale). Siamo più giù della Macedonia del Nord e persino sotto al regno polinesiano di Tonga (che è in posizione 46, dove l’Italia si trovava un anno fa).
C’è di peggio, certo: l’Ungheria – sempre nel gruppo dei “problematici” dove è finita l’Italia di Meloni – è in posizione 68, peggiora di una. Del resto quello ungherese di Orbán «è l’anti-modello di libertà di stampa», dice Szalai.
Il «fattore Meloni»
Come mai proprio l’Italia è diventata «l’ultima tra i grandi paesi Ue»? «Per le crescenti pressioni politiche sulla Rai e per le “slapp” (querele bavaglio, attacchi legali abusivi) rivolte contro testate critiche verso il governo tra le quali proprio Domani», spiega Pavol Szalai a nome di Rsf.
E spiega anche che «tutto ciò avviene a dispetto delle nuove regole europee, cioè in direzione contraria allo European Media Freedom Act e alla legge Ue anti slapp: in teoria la Commissione dovrà chieder conto di queste violazioni, anche se finora non ha fatto abbastanza per frenare il deterioramento della libertà dei media in Italia».
Ad allarmare particolarmente Reporters sans frontières è anche il fatto che la confidenzialità delle fonti giornalistiche – architrave della professione e della libertà dei media – sia «a rischio estremo, in Italia: lo si è visto sia dai tentativi di minarla per via legislativa, sia dai casi recenti di giornalisti vittime di sorveglianza». Il caso Cancellato e lo spionaggio sono tra gli elementi che segnalano l’ulteriore peggioramento rispetto a prima: casi simili «si erano visti in Ungheria o in Grecia, adesso anche in Italia, il che può ulteriormente indurre
i cronisti ad autocensurarsi».
Ma è lecito attribuire lo scivolamento verso il basso al governo Meloni? «Sì. Questo governo ha contribuito in modo cospicuo al deterioramento della libertà dei media. Per quanto potessero esserci pressioni anche prima, questo esecutivo ha attivamente peggiorato la situazione, arrivando a sfruttare le vulnerabilità già presenti nel panorama mediatico per aumentare la presa sui media».
L’indice del 2025 registra per la prima volta «una situazione difficile per la libertà di stampa» a livello globale – con l’esasperarsi di pressioni politiche ed economiche – e il caso italiano esemplifica (in negativo) questa tendenza.
(da agenzie)

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