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LA MAGGIORANZA RISCHIA DI FINIRE IN FRANTUMI SULLO IUS SCHOLAE, FORZA ITALIA VA ALLO SCONTRO CON LA LEGA E SI DICHIARA PRONTO A VOTARLO CON IL PD

Luglio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

LA LEGA HA SUBITO RIBADITO IL SUO “NO” NONOSTANTE DA FORZA ITALIA FACCIANO NOTARE CHE LA RIFORMA DELLA CITTADINANZA E’ PREVISTA NEL PROGRAMMA DELLA COALIZIONE… I DEM, SCOTTATI DAL REFERENDUM, RIFLETTONO SULL’IDEA DI INCUNEARSI NELLE CONTRADDIZIONI DELLA DESTRA. SE IL PD E IL M5S APRONO ALLA PROPOSTA TAJANI NELLA MAGGIORANZA VOLERANNO GLI STRACCI

La proposta è destinata a spaccare la maggioranza. E ad alimentare lo scontro ormai quotidiano tra Forza Italia e la Lega. La consegna a Repubblica il portavoce azzurro Raffaele Nevi, uomo di massima fiducia di Antonio Tajani.
«Se il Pd decide di chiedere la calendarizzazione dello ius scholae – ragiona davanti a un caffè alla buvette – noi siamo pronti ad approvarlo con loro. D’altra parte è un nostro progetto».
Un passo indietro, per comprendere la portata della proposta e pesarne le potenziali conseguenze politiche. È Tajani, un anno fa, a lanciare l’idea di riformare la legge sulla cittadinanza. Lo fa a dispetto della Lega, che subito si oppone. Il duello si consuma durante l’estate del 2024.
«Svegliamoci, il mondo è cambiato – dice il vicepremier in un’intervista a questo giornale – il Paese è maturo». Alla fine, è l’intero gruppo azzurro alla Camera a depositare la proposta (primo firmatario il capogruppo Paolo Barelli). A questo punto della storia, però, tutto si arresta. E il testo resta fermo per lunghi mesi a Montecitorio.
Ma cosa ipotizza lo ius scholae? Innanzitutto che un bambino nato in Italia da genitori stranieri possa ottenere la cittadinanza italiana se risiede regolarmente nel Paese e ha ultimato due cicli scolastici (i 10 anni dell’obbligo). Si tratta di uno “sconto” di almeno due anni rispetto all’attuale disposizione, che prevede la possibilità di chiedere il passaporto solo con la maggiore età. Ma non basta: la proposta di FI permetterebbe pure ai bambini stranieri entrati in Italia entro il quinto anno di vita di diventare italiani, anche in questo caso dopo la scuola dell’obbligo. Il terzo tassello è la previsione di accorciare a 18 mesi il termine massimo per ottenere il passaporto.
L’unico partito a mostrarsi disponibile a sostenere la proposta azzurra, almeno fino ad oggi, è stata Azione.
La tentazione, almeno in alcuni settori dei dem, è incunearsi nelle contraddizioni della destra e aprire una riflessione sulla possibilità di votare assieme a Forza Italia e al resto delle opposizioni il testo, anche se giudicato insufficiente.
Il nodo politico, nel centrodestra, resta la Lega.
Però, è lo stesso portavoce di FI ad ammettere che al momento «siamo gli unici nella maggioranza a sostenere il testo». Per questo, intravede una sola possibilità per approvare il progetto: votarlo con il centrosinistra. «Se il Pd chiede di calendarizzarlo, noi siamo pronti a votarlo». E d’altra parte, è stato Tajani a
aver sostenuto di recente che lo ius scholae va approvato. «Bisogna leggere il programma del centrodestra del 2022 – ha detto venti giorni fa – perché al punto 6 si prevede esattamente questo. Mi dispiace, ma è stato approvato da tutti». La Lega ha subito ribadito il suo “no”. Se il Pd e il Movimento aprono, nella maggioranza saranno scintille.

(da agenzie)

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EUTANASIA DI UNA NAZIONE, TRUMP FERMA GLI AIUTI MILITARI ALL’UCRAINA MOLLANDOLA TRA LE FAUCI DI PUTIN: L’ENNESIMO VOLTAFACCIA DI WASHINGTON E’ SOLO UN ASSIST A MOSCA

Luglio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

LA DISPERAZIONE DEGLI UCRAINI, DEVASTATI DAI BOMBARDAMENTI RUSSI: “CENTINAIA DI MORTI CIVILI SARANNO SULLA COSCIENZA NON SOLO DI PUTIN, MA ANCHE DI TRUMP” … TRA LE ARMI INTERESSATE DALLO STOP CI SONO GLI INTERCETTORI PAC-3 PER I SISTEMI DI DIFESA AEREA PATRIOT. MA ANCHE STINGER, HELLFIRE, F-16 UCRAINI, SISTEMI ANTICARRO COME IL LANCIAGRANATE AT4 COSÌ COME I GMLRS: ARMI SENZA LE QUALI TIRARE GIÙ GLI ISKANDER E GLI SHAHED È IMPOSSIBILE

«È una situazione molto spiacevole». Fedir Venislavskyi è un deputato di Servitore del Popolo, partito del presidente Zelensky, e come chiunque si trovi vicino al potere ucraino sa di non dover usare toni allarmanti quando commenta questioni che
riguardano il complicato rapporto con l’alleato statunitense. Ma già che commenti la decisione statunitense di sospendere le forniture militari, tema al di fuori della sua competenza, è molto. Può permettersi un po’ di più il primo consigliere del presidente Mikhailo Podolyak che prova a tranquillizzare: le consegne continuano ma se la fornitura dovesse essere sospesa sarebbe «disumano».
Più libera di parlare la deputata dell’opposizione Inna Sovsun, che su X si toglie i guanti e scrive: «Centinaia di morti causati da obiettivi civili saranno sulla coscienza non solo di Putin, ma anche di Trump».
Certo, Washington aveva staccato la spina già a inizio anno dopo la sfuriata tra Trump e Zelensky nello Studio Ovale salvo poi tornare sui suoi passi. Inoltre nessuno sa quanto durerà lo stop e nemmeno se Trump, come ha lasciato intendere lui stesso all’ultimo vertice Nato dell’Aja parlando a una giornalista ucraina della Bbc preoccupata, permetterà a Kiev di acquistare dei Patriot o meno. Ma nell’ultimo anno e mezzo il Paese ha vissuto solo due giorni senza attacchi missilistici e con droni russi con un incremento nel solo mese di giugno del 38 per cento.
Tra le armi interessate dallo stop figurano decine di intercettori PAC-3 per i sistemi di difesa aerea Patriot. Ma anche Stinger, Hellfire, F-16 ucraini, sistemi anticarro come il lanciagranate AT4 così come i Gmlrs, utilizzati per bersagli terrestri a lunga distanza. Tutte armi senza le quali tirare giù gli Iskander e gli Shahed è praticamente impossibile.
Ma perché Washington abbia chiuso i rubinetti proprio ora, è la domanda che rimbalza tra i corridoi della Bankova, la via del potere ucraino. La decisione di Trump — che arriva tre giorni dopo il più grande bombardamento combinato di missili e droni — è stata presa all’inizio di giugno, spiegano fonti della Difesa al Financial Times. Ma alcune spedizioni erano già in viaggio verso l’Ucraina quando sono state bloccate. E se la prima domanda non trova risposta, ce l’ha molto chiaramente la seconda: a chi giova tutto ciò? Il Cremlino sostiene che ridurre il flusso di armi verso Kiev contribuirà a porre fine al conflitto più rapidamente. Ma a crederci sono davvero pochi.

(da Corriere della Sera)

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ISRAELE HA USATO UNA BOMBA ILLEGALE CONTRO IL BAR AL-BAQA A GAZA: E’ UN CRIMINE DI GUERRA

Luglio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

SI TRATTA DEL MK-82 DI FABBRICAZIONE USA: PESA 230 CHILI E QUANDO ESPLODE SPARPAGLIA SCHEGGE… NELL’ATTACCO MORTI ANCHE BAMBINI CHE PARTECIPAVANO A UNA FESTA DI COMPLEANNO

L’esercito israeliano ha utilizzato una bomba da 500 libbre (230 chilogrammi), «arma potente e indiscriminata che genera un’onda d’urto dirompente e sparpaglia schegge su un’ampia area», nell’attacco su un obiettivo in un affollato bar sulla spiaggia di Gaza.
Lo rivela la versione online del The Guardian, in base alle «prove» che il quotidiano britannico ha visionato. «Gli esperti di diritto internazionale hanno affermato che l’uso di tali munizioni è quasi certamente illegale e potrebbe costituire un crimine di guerra».
Il caffè al-Baqa
I frammenti dell’ordigno trovati tra le rovine del caffè al-Baqa sono stati identificati dagli esperti di armamenti come parti di una bomba multiuso MK-82 di fabbricazione statunitense. «l grande cratere lasciato dall’esplosione è un’ulteriore prova dell’utilizzo di una bomba grande e potente come la MK-82», dicono gli esperti di armamenti. L’esercito israeliano ha dichiarato che «prima dell’attacco sono state prese misure per ridurre il rischio di danneggiare i civili». Nell’esplosione al bar sono rimasti uccisi 39 palestinesi e decine di altri sono rimasti feriti. Tra le vittime un bambino di quattro anni. Tra i feriti un ragazzo di 14 e una bambina di 12. Nell’attacco è morto anche uno dei più famosi fotografi del conflitto, Ismail Abu Hatab, i cui scatti sono stati in mostra in giro per il mondo per documentare il massacro nel territorio palestinese sotto assedio.
Il bombardamento
Il bombardamento ha raso al suolo il bar e ha lasciato un enorme cratere nel terreno. Secondo il corrispondente di Al Jazeera l’attacco al bar è avvenuto senza alcun preavviso: «Quest’area funge da rifugio per molte persone traumatizzate e sfollate, offrendo un po’ di sollievo dal caldo opprimente delle tende». Tra le vittime anche alcuni bambini che partecipavano a una festa di compleanno. «Stavo andando al café per usare internet, a pochi metri di distanza, quando c’è stata una violenta esplosione. Sono corso sul posto. C’erano i miei colleghi, persone che incontro ogni giorno. La scena era orribile: corpi, sangue, urla ovunque», ha raccontato alla Bbc Aziz Al-Afifi, un cameraman di una casa di produzione locale. Sui social sono state diffuse le immagini che sembrano mostrare il momento in un cui un missile, apparentemente lanciato da un caccia israeliano, colpisce la zona della caffetteria Al-Baqa.
La Cisgiordania
Oltre a Gaza la tensione resta alta anche in Cisgiordania, dove sono proseguiti gli assalti dei coloni ai militari. Nell’ultimo
incidente è stato preso di mira il comandante della base della brigata regionale Binyamin, accusato di essere un traditore. L’ufficiale faceva parte del gruppo dei soldati aggrediti dai coloni durante un tentativo di entrare in una zona militare chiusa vicino al villaggio palestinese di Kafr Malik. Netanyahu ha condannato anche questi ultimi atti di violenza e anarchia, mentre il ministro della Difesa Katz ha convocato una riunione di tutte le agenzie di sicurezza per valutare la situazione, che era iniziata a degenerare subito dopo il 7 ottobre 2023.
Libano e Siria
Vista la situazione nei Territori palestinesi, lo Stato ebraico tenta di allentare la tensione con i paesi vicini. Il governo si è detto interessato a stipulare accordi di pace e normalizzazione con Libano e Siria, sulla scia degli Accordi di Abramo già sottoscritti con Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Marocco. Lo ha fatto sapere il ministro Saar, con la puntualizzazione che le alture del Golan rimarranno parte di Israele. Con Damasco il dialogo è già iniziato: secondo Axios, l’amministrazione Trump sta conducendo colloqui preliminari con entrambe le parti su questo dossier, mentre alla Casa Bianca sarà firmato un ordine esecutivo per mettere fine alle sanzioni alla nuova Siria di al Jolani, mantenendo quelle su Assad e i suoi collaboratori.

(da agenzie)

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ELETTRICITA’ : BOLLETTE GONFIATE PER 5 MILIARDI

Luglio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

NEL 2023-2924 MOLTI OPERATORI AVREBBERO RIDOTTO LA PRODUZIONE, APPROFITTANDO DEL CAOS PER I RIALZI DEL GAS PER LA GUERRA, PER FAR AUMENTARE I PREZZI

Inizialmente era solo un sospetto, nato da un comportamento anomalo di un operatore. Poi indagando è emerso un vasto quadro di “probabili condotte di trattenimento economico di capacità”, come le definisce l’Autorità per l’energia (Arera). In sostanza, molti produttori avrebbero alterato la formazione dei prezzi dell’energia per farli salire artificialmente, facendo gonfiare le bollette degli utenti italiani di oltre 5 miliardi nel biennio 2023-24. È il risultato di (o, se vogliamo, il sospetto avanzato da) un rapporto choc di Arera che ha analizzato il mercato elettrico, in un periodo nel quale peraltro risentiva ancora della fiammata dei prezzi energetici causata dalla guerra in Ucraina.
Si chiama “Indagine conoscitiva sul mercato elettrico del giorno prima”. Arera l’aveva avviata con una delibera a ottobre, dopo aver riscontrato alcune “anomalie”. Doveva chiudersi a marzo, poi è sparita dai radar. Due settimane fa, Arera ha respinto una richiesta di accesso agli atti avanzata dal Fatto per avere il testo licenziato dagli uffici tecnici. Magari è un caso, ma l’indagine è stata pubblicata martedì sera in sordina, senza un comunicato. Leggendo le 80 pagine, si capisce che la portata è di grande rilievo.
L’autorità ha indagato le strategie di offerta dei produttori di energia per valutarne l’impatto sui prezzi sul “mercato del giorno prima”, cioè il mercato – operato dall’ente pubblico Gestore del mercato elettrico (Gme) – dove si scambia energia elettrica all’ingrosso pianificando produzione e consumo per le diverse zone d’Italia. Si chiama così perché le contrattazioni devono avvenire, appunto, il giorno precedente. L’indagine ha
riguardato le tre tipologie di centrali determinanti per la formazione del prezzo: a ciclo combinato a gas, gli impianti eolici e quelli solari. Le prime sono le più rilevanti perché il prezzo giornaliero dell’elettricità è determinato dal costo di acquisto dell’energia più cara necessaria a soddisfare la domanda finale: di norma è quella prodotta dal gas (tecnicamente si chiama “prezzo marginale”). Per questo l’esplosione dei costi del metano, dovuta alle sanzioni alla Russia (primo fornitore della Ue) ha fatto crescere i prezzi dell’energia tra il 2022 e il 2024.
Nella sua indagine, l’Arera ha scoperto sistematici “trattenimenti di capacità” da parte delle centrali elettriche. Significa che avrebbero presentato offerte di energia sul mercato per una capacità di produzione di elettricità inferiore a quella reale dell’impianto e quindi, chiamate a produrre (secondo l’ordine di vendita), hanno prodotto meno energia di quella che avrebbero potuto, a un prezzo tendenzialmente superiore, trainato al rialzo proprio dalla scarsità di offerta. Secondo le analisi di Arera, le centrali a gas avrebbero applicato rincari medi di 106 euro al Megawattora (MWh) nel 2023 e 74 euro/MWh nel 2024, rispetto ai costi di produzione “standard” stimati dall’Autorità. Un rincaro rispettivamente dell’84% e del 69% rispetto ai costi che dovrebbero essere il riferimento in un mercato in concorrenza vera. L’aspetto impressionante è che il fenomeno si sarebbe verificato nel 54% delle ore solari di funzionamento del mercato nel 2023 e addirittura nel 58,6% delle ore nel 2024. L’impatto sul Pun (il prezzo unico nazionale dell’elettricità) sarebbe stato di 9,3 euro/MWh nel 2023 e di 8,5 nel 2024, con punte di 11,8 euro/MWh in Sicilia. Le quantità di energia “trattenute” dalle centrali a gas sarebbero addirittura cresciute tra il 2023 e il 2024 (da 54 a 61 Terawattora). Anche gli impianti eolici e solari hanno mostrato comportamenti anomali, che addirittura hanno riguardato il 100% delle ore per primi e il 60-77% per i secondi, contribuendo a maggiorazioni del Pun di 5-9 /Mwh nel 2023 e poco meno di 1 nel 2024.
L’autorità non si spinge a quantificare in totale l’aggravio, ma un ordine di grandezza lo si può ricavare moltiplicando l’impatto medio sul Pun per il consumo elettrico nazionale: si arriva a circa 5,3 miliardi di euro di extra-costi per gli utenti nel biennio. O, se vogliamo, di extra-ricavi illeciti per i produttori. Arera ipotizza anche uno scenario più prudente, nel caso in cui le centrali a gas si siano approvvigionate di metano con contratti giornalieri, circostanza però assai poco probabile.
Quelle di Arera sono simulazioni basate sul fatto che comportamenti concorrenziali “normali” avrebbero prodotto prezzi più bassi. Senza entrare in tecnicismi, va considerato che, secondo i regolamenti europei, trattenere capacità elettrica è lecito solo se c’è una ragione economica valida e spetta al produttore fornire le prove. In pratica, posso decidere di non vendere energia anche se potrei guadagnare se dimostro che mi conviene aspettare (rischiando di non avere acquirenti). Ad esempio, un impianto può trattenere energia se prevede che i prezzi saliranno, ma non può semplicemente rifiutarsi di vendere per farli salire artificiosamente. Sembra una questione di lana caprina, ma divide un comportamento lecito da uno che non lo è: nel primo caso c’è una ragione economica, nel secondo una manipolazione del mercato. Secondo le linee guida Ue, quelli emersi dall’indagine possono costituire “potenziali manipolazioni di mercato” sanzionabili ai sensi del Regolamento sulla integrità e trasparenza del mercato energetico (Remit).
Al momento quella di Arera è una (complessa) indagine conoscitiva: servono ulteriori approfondimenti tecnici, ma può fare da base all’avvio di procedure sanzionatorie. Per farlo, però, Arera deve sentire gli operatori interessati (non citati nel rapporto) che potrebbero avere spiegazioni legittime. Vistaùl’estensione del fenomeno, è difficile ipotizzare che non coinvolga molti dei grandi produttori italiani. L’Autorità, peraltro, aveva notato qualcosa che non andava già prima. Nell’ultima relazione al Parlamento, il 17 giugno, il presidente Stefano Besseghini ha ammesso che l’indagine nasce “da una prima verifica svolta su un solo operatore nel corso del 2022” che ha fatto intravedere anomalie sistemiche, ma delle verifiche su quell’anno non si è saputo più nulla. I prezzi esplosi del gas hanno reso più complesso individuare comportamenti anomali. Resta che il conto in bolletta è stato salatissimo. Le sanzioni, si vedrà.

(da ilfattoquotidiano.it)

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FESTA ALL’AMBASCIATA USA, DA TREMONTI A FICO: SALSE, CARNE E CHIPS, ASSALTO AL BARBECUE

Luglio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

LA VOCAZIONE DI ESSERE SUDDITI DEGLI USA… PER FORTUNA DISERTANO ALMENO IL PD E PAOLO MIELI

“Arriva in elicottero?”, “sì, atterra all’aeroporto dell’Urbe”; “quindi è vero che dorme al porto di Ostia, sul suo yacht, perché qui non gli piace…”. Niente da fare, non è vero. “Bullshits”, esclamano ridendo dallo staff di villa Taverna a Roma, dove l’ambasciatore americano, Tilman Fertitta, ha la residenza. Dicono ci sia rimasto male per queste dicerie. “Non vive qui perché ha i lavori in casa. Chi vivrebbe col trapano che gli perfora le orecchie da mane a sera?”. Allora è vero che sta modificando i suoi alloggi, non gli piacciono nemmeno quelli: “come tutti quelli che sono passati da qui, ma non è che può stravolgere la struttura”. Sovrintendenza batte gusto estetico 1-0.
La fila per stringergli la mano è già di decine di metri alle sette di sera. Sono attesi circa 3 mila ospiti. L’umidità non dà tregua: nemmeno è cominciato il party che alcuni ospiti gocciolano dalla fronte. “Tieni, ho il ventaglio”, “e che ce faccio, pare de sta’ naa giungla”. Uomini stoici, chiusi nei loro completi, non levano la giacca nemmeno al quarto colpo di calore.
“Prego, se volete andare a salutare l’ambasciatore”, fa segno una gentile fanciulla, indicando la fila di astanti stipati come acciughe sotto sale dietro un cordone di passamaneria bordeaux. I controlli di sicurezza vanno lunghi, tutto slitta di un’ora. Il barbecue ha aperto le danze: sale la colonna di fumo, spuntano i primi piatti ricolmi di carne, salse e patate fritte. Tra chi sta mangiando, il commento: “guarda che pezzi di antiquariato, sembra la prima Repubblica”. Passano Giulio Tremonti, Laura
Ravetto concentrata a non affondare coi tacchi a spillo. Roberto Fico, l’ex ministro Marco Minniti, Licia Ronzulli, Ivan Scalfarotto, Galeazzo Bignami; Rocco Casalino con il suo accompagnatore il cui aspetto lo fa assomigliare a un discusso parrucchiere socialite. Avvistato anche Giuseppe Conte.
Donna con veletta all’orizzonte: non avrà caldo? La ministra Eugenia Roccella con una veloce occhiata fa l’esame al primo segmento del buffet, l’aria è un po’ sdegnata, non deve amare i formaggi né i piatti troppo elaborati. “Ma quello è quel politico…”, chiede la signora in azzurro Tiffany al suo consorte, mentre aspetta di prendere da bere servita dai camerieri dell’Associazione romana sommelier. “No, non c’entra un cazzo…”, “Scusa amó, mi confondo”.
Lo aveva annunciato e ha mantenuto fede alla promessa: assente Paolo Mieli, in segno di protesta contro l’attuale presidenza americana. “Buonasera, notaio”; “Buonasera, dottore”; “Buonasera, direttore”. È un profluvio di pubbliche relazioni. La fanfara dei bersaglieri; Meloni-Tajani-Salvini sul palco; le coriste che intonano gli inni nazionali; i militari, di ogni grado e reparto, sull’attenti: poco prima hanno lasciato i loro cappelli sui tavoli all’entrata, contrassegnati da post-it colorati, per non confonderli al ritiro. Monica Setta in total white.
Stelle e strisce su orecchini, ventagli, scarpe, bidoni dell’immondizia, magliette. In cassa Stevie Wonder, Tina Turner, Black Eyed Peas e si canticchia quando John Denver intona “Take me home, country road”. Una sola cosa certa in queste occasioni: la furia cieca sul rinfresco ha sempre la meglio sugli obblighi diplomatici.

(da ilfattoquotidiano.it)

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M5S, SI’ AI CENTRISTI SENZA SIMBOLO

Luglio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

VIA LIBERA DEL CONSIGLIO M5S AD ACCORDI CON I PROGRESSISTI

Unitari, sempre di più. Per l’avvocato ormai la rotta dei Cinque Stelle è quella, allearsi ovunque sia possibile con i progressisti, e perfino con un campo (più) largo. Anche perché Giuseppe Conte ne è certo, e lo ha anche detto ai dirigenti del Movimento nel Consiglio nazionale di venerdì scorso: Italia Viva non correrà
con il suo simbolo nelle varie liste per le Regionali d’autunno, togliendo così d’imbarazzo i Cinque Stelle, proprio come avvenuto nelle Comunali di Genova dello scorso maggio. Mentre Carlo Calenda, cioè Azione, si è già sfilato nelle Marche, e sembra sempre più distante dal centrosinistra.
Quindi, via libera alla coalizione progressista, con il Consiglio che ha dato la sua approvazione votando all’unanimità. Però la linea non comporta accordi obbligatori, ovunque.
Tradotto: si valuterà comunque in base ai contesti locali. Perché la Toscana era e resta una rogna, soprattutto dopo il crollo rovinoso della giunta giallorosa di Prato, causa dimissioni della sindaca dem Bugetti, indagata per corruzione. E anche se nella riunione del Consiglio Conte non ha chiuso a un accordo pure nella regione rossa, dal Movimento precisano: “Un’intesa si può chiudere solo se Elly Schlein trovasse un candidato alternativo al presidente uscente Eugenio Giani”. Ipotesi remota. Ergo, è molto probabile che i 5Stelle alla fine andranno da soli: anche se la legge elettorale toscana in caso di corsa in solitaria obbliga a mettere assieme almeno il 5 per cento per entrare in Consiglio.
Quota che a oggi sembra fuori portata per il M5S, che nelle province toscane veleggia di media tra il 3 e il 4 per cento. Ragionamenti e calcoli per Conte, che venerdì è stato chiaro con i suoi: “Le Regionali saranno fondamentali in vista delle Politiche”.
Ergo, i progressisti devono vincerle e il Movimento deve stare nella coalizione data per favorita in gran parte delle regioni, con l’obiettivo di prendere percentuali accettabili, anche per poter chiedere poi assessorati di peso. Ma prima bisogna risolvere i vari nodi sul tavolo. Per esempio chiudere l’intesa sulla Campania, dove Roberto Fico è il candidato da tempo scelto da Conte e Schlein.
Di mezzo però c’è sempre Vincenzo De Luca, che come condizione per un’intesa senza spargimento di sangue (politico)
con i progressisti pretende di imporre il suo no all’ex presidente della Camera. Un trofeo simbolico, dopo il quale sarebbe disposto – dicono certi dem – anche a deglutire un altro candidato del M5S. Ma dal Movimento negli ultimi giorni lo hanno informalmente ribadito al Pd: l’unico nome resta quello di Fico, descritto come “più che tranquillo” sulla sua candidatura da diversi 5Stelle.
Tradotto, niente piani B come Federico Cafiero de Raho, che pure un pezzo del Pd continua a soffiare da settimane. Poi, ovviamente, ci saranno da calibrare le liste, ovunque. Ma al M5S quello dei centristi sembra un problema in via risoluzione. “Renzi vuole stare dentro il centrosinistra, in qualunque forma, mentre Calenda si sta mettendo fuori da solo” ragiona un big contiano.
Nel Movimento assistono con curiosità al profluvio di nuovi progetti centristi a livello nazionale, tra cui quello lanciato dall’assessore al Turismo del Campidoglio, Alessandro Onorato, “benedetto” da un confidente di Conte, Goffredo Bettini. Anche per questo, raccontano, l’ex premier non è sorpreso dall’operazione, e non sembra preoccupato: ovvero, non teme la concorrenza sul piano elettorale. “Lasciamoli fare” è la linea che filtra dal M5S. Anche perché, è la riflessione, in vista delle Politiche servirà un contenitore dove ospitare Renzi, e magari sfumarne il peso con altri nomi, civici e non.
E comunque nel famoso centro di cui tutti (stra)parlano, un po’ di voti bisognerà andarli a prendere. Allargare la coalizione è necessario, riconoscono in via di Campo Marzio. Da dove giurano che Conte non sia “ossessionato” dal tornare a Palazzo Chigi. Ma nel contempo, l’ex premier non ne vuole sapere di lasciare campo libero a Schlein, che invece ritiene naturale la sua candidatura alla presidenza del Consiglio. E questo sarà uno snodo faticoso, per i progressisti: con o senza centristi.

(da agenzie)

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PAROLA D’ORDINE: EVITARE L’EFFETTO “CAPPOTTO”. SI VOTERÀ IN ORDINE SPARSO, COSÌ DA TRASFORMARE UN’EVENTUALE SCONFITTA IN PIÙ DI UNA REGIONE IN PICCOLE SBERLETTE DISTANZIATE L’UNA DALLE ALTRE

Luglio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

SI PARTE A SETTEMBRE CON LE MARCHE, DOVE IL MELONIANO ACQUAROLI RISCHIA GROSSO CON IL DEM MATTEO RICCI UN MESE DOPO TOCCHERÀ A TOSCANA E PUGLIA, A NOVEMBRE CI SARANNO VENETO E CAMPANIA

C’è chi parla di scadenza “entro luglio”. Chi addirittura non esclude si possa arrivare “a settembre”. Dopo il flop della trattativa sul terzo mandato dei governatori, il centrodestra cerca di allentare le tensioni e riprende ‘fiato’, allungando i tempi e magari ‘spacchettando’ la trattativa tra alleati per arrivare all’individuazione dei candidati alle prossime regionali d’autunno.
Esclusa ormai la possibilità di un election day, sembra ormai assodato che le Regioni andranno al voto in ordine sparso a partire da settembre: prima le Marche, dove corre l’uscente meloniano Francesco Acquaroli, poi la Toscana e la Puglia, a seguire probabilmente Veneto e Campania a novembre.
Ed è qui che si apre la possibilità, forse caldeggiata da Fratelli d’Italia, di agevolare il raggiungimento di un accordo di coalizione separando i dossier, affrontando i nodi Regione per Regione.
Una possibilità che non è detto Lega e Forza Italia accolgano vista la volontà mostrata nelle scorse settimane di mettere sul piatto anche altri dossier, come le candidature alle amministrative del 2027, o temi divisivi come ius scholae e fisco.
Quanto al Veneto, esclusa la ricandidatura del leghista Luca Zaia per il limite dei due mandati, non dovrebbe tenersi questa settimana il vertice tra Giorgia Meloni, Antonio Tajani, Matteo Salvini e Maurizio Lupi per sciogliere il nodo del candidato a Palazzo Balbi.
I leader della maggioranza sembrano non avere fretta. “Il Veneto
non è ‘merce di scambio’ da mercato e il buongoverno della Lega e di Zaia sono riconosciuti da tutti”, fa sapere il partito di via Bellerio, in una nota diffusa per smentire i retroscena di stampa secondo cui Salvini avrebbe pronto un piano B che prevederebbe la candidatura di Giancarlo Giorgetti a sindaco di Milano come eventuale compensazione nel caso in cui dovesse cedere a FdI la candidatura alla presidenza della Regione Veneto.
Ora dobbiamo scegliere i “candidati migliori” è il mantra che si sente da giorni scandire da FdI e FI. Segno che i nomi avanzati dalla Lega per il Veneto forse non soddisfano gli alleati.
Nelle scorse settimane si è parlato della possibilità di una corsa del vicesegretario leghista Alberto Stefani, unico nome emerso finora oltre a quello di Zaia. Non è esclusa la possibilità che FdI torni a rivendicare la candidatura, mentre in Veneto fa discutere l’autocandidatura del leghista Roberto Marcato, assessore regionale da tempo in rotta di collisione con Salvini, in cerca di visibilità (per questo da anni allontanato anche da Zaia).
Certo, il primo nodo da sciogliere per il centrodestra dovrebbe essere quello del Veneto, anche perché’, in assenza di un nome forte, occorre avere il tempo di costruire la candidatura.
Per quanto riguarda le altre Regioni al voto, la coalizione attende le decisioni degli avversari. In Campania è pronto ai nastri il viceministro di FdI Edmondo Cirielli, ma si vuole aspettare la decisione del centrosinistra, che deve cercare unità nel post De Luca e concludere la trattativa con il governatore uscente.
In Toscana, dove per il centrosinistra corre per la riconferma Eugenio Giani, il centrodestra dovrebbe trovare l’accordo sul sindaco di Pistoia, Alessandro Tomasi, mentre la coalizione è ancora in alto mare in Puglia, dove il centrosinistra dovrebbe candidare Antonio Decaro.
Per quanto riguarda Milano, la Lega esclude una eventuale
candidatura di Giorgetti, che allo stato, sottolinea, “fa benissimo il ministro dell’Economia”. Nel capoluogo lombardo si voterà nella primavera del 2027, forse in coincidenza con le politiche, sicuramente con Roma.
E appare più naturale che FdI ambisca a esprimere la candidatura a sindaco della capitale e lasci agli alleati la piazza milanese (dove comunque, nei sondaggi, il centrodestra è sotto di venti punti rispetto al centrosinistra). Ma non è certo che sia affidata alla Lega.
Nelle scorse settimane il presidente del Senato Ignazio La Russa aveva espresso gradimento per una eventuale corsa di Maurizio Lupi. Mentre Tajani afferma da tempo la necessità di candidare un civico di area forzista.
Tra i civici che la Lega gradirebbe si fa il nome dell’ex rettore Ferruccio Resta. Sarebbe quindi, allo stato, esclusa, anche da FdI, una eventuale candidatura di Giorgetti (“Meloni non se ne priverebbe mai”, è il commento che si fa ai piani alti di via della Scrofa), come non sarebbe in alcun modo sul tavolo il nome di Daniela Santanchè.

(da AGI)

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LA SALUTE DI UN LAVORATORE VALE 20 CENTESIMI. GLOVO HA VARATO UN “INCENTIVO” PER I SUOI RIDER CHE SA DI PRESA PER IL CULO: UN “BONUS CALDO” CHE CRESCE CON L’AUMENTARE DELLE TEMPERATURE

Luglio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

SI TRATTA DI UN “AUMENTO” DEL 2% TRA I 32 E I 36 GRADI, DEL 4 TRA I 36 E I 40, E DELL’8% PER TEMPERATURE SUPERIORI AI 40 GRADI… TRADOTTO IN SOLDINI, FANNO DAI CINQUE AI VENTI CENTESIMI PER GLI ORDINI MINIMI. CON IL RISCHIO DI RIMANERCI SECCHI IN BICICLETTA PER IL CALDO

L’aumento delle temperature come incentivo per i lavoratori. Sembra assurdo ma è così. Glovo ha introdotto bonus economici legati alle temperature, che salgono con l’aumentare del caldo.
Lo segnala la Nidil Cgil, dicendo che ai rider è arrivata una comunicazione che contiene un “messaggio implicito” e cioè “rischia di trasformare un pericolo per la salute in un incentivo economico”.
I bonus sono del 2% tra i 32 e i 36 gradi, del 4% tra i 36 e i 40, dell’8% per temperature superiori ai 40 gradi. Il sindacato ha scritto a Glovo sottolineando che “nessun compenso può giustificare il lavoro in condizioni di rischio estremo”.
Percentuali che, rapportate all’ordine minimo standard di 2,5 euro, si traducono in cinque centesimi fino a 36 gradi, dieci centesimi fino a 40 gradi fino ad arrivare a 20 centesimi oltre il 40 gradi, come lamenta il sindacato.
Per fare un altro esempio, per un ordine di 10 euro, il bonus sarà di 20 centesimi tra i 32 e i 36 gradi, di 40 centesimi tra i 36 e i 40 e fino a 80 centesimi oltre i 40 gradi. Non solo: il contributo “bonus caldo luglio e agosto” verrà erogato “con la fattura del 21 settembre”, ossia tra tre mesi

(da agenzie)

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IMPERIA, SCAJOLA INDAGATO DALLA PROCURA EUROPEA SUL FINANZIAMENTO PNRR AL BIOGESTORE DI TAGGIA

Luglio 3rd, 2025 Riccardo Fucile

AVREBBERO CERCATO DI OTTENERE 6,4 MILIONI DI EURO ATTRAVERSO DICHIARAZIONI FALSE

La Procura europea ha avviato un’indagine per tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche in concorso, concentrando l’attenzione su un presunto tentativo di ottenere oltre 6,4 milioni di euro attraverso dichiarazioni false.
L’inchiesta vede coinvolti figure di spicco del territorio imperiese: il presidente della Provincia di Imperia, Claudio Scajola, l’amministratore delegato della società Avalon Srl,
Riccardo Demicheli e l’ex dirigente provinciale Michele Russo.
Al centro dell’ipotesi di accusa vi è la domanda di finanziamento presentata nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per la realizzazione del biodigestore di Taggia. Secondo l’accusa, nella documentazione presentata al ministero dell’Ambiente sarebbe stato dolosamente omesso il collegamento dell’impianto a una discarica di servizio.
Questa omissione avrebbe avuto lo scopo di ingannare i funzionari ministeriali, portandoli a concedere il finanziamento sulla base di informazioni incomplete o fuorvianti. La vicenda ha già avuto importanti ripercussioni.
A seguito della revoca del finanziamento da parte del Ministero, la Provincia di Imperia ha prontamente annullato l’incarico affidato ad Avalon Srl e ha ottenuto la restituzione della prima tranche di pagamento già versata.
Le indagini sono attualmente in corso per ricostruire dettagliatamente l’accaduto e accertare ogni responsabilità. Non si escludono nuovi sviluppi in questa inchiesta che tocca da vicino importanti progetti infrastrutturali e la gestione dei fondi pubblici nel territorio.

(da agenzie)

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