Luglio 8th, 2025 Riccardo Fucile
IL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO HA DETTO A ZELENSKY DI NON ESSERE STATO LUI A BLOCCARE LE SPEDIZIONI. E RIPETE IL MANTRA: “NON SONO AFFATTO CONTENTO DI PUTIN, SONO DELUSO”
“Non sono affatto contento del presidente Putin. Se posso fermare una guerra, sapete,
perché ho la capacità di farlo… sono deluso, francamente, che il presidente Putin non si sia fermato”. lo ha detto Donald Trump rispondendo ai cronisti ad una domanda sul presidente russo durante la cena alla Casa Bianca con Benjamin Netanyahu.
“Invieremo altre armi. Dobbiamo farlo. Devono essere in grado di difendersi. Ora vengono colpiti molto duramente”: lo ha detto il presidente americano Donald Trump rispondendo ai cronisti ad una domanda sugli aiuti a Kiev, durante la cena alla Casa Bianca con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Lo riferisce la Cnn.
‘Trump ha detto a Zelensky che non ha fermato lui invio di armi’
Donald Trump ha detto a Volodymyr Zelensky di non essere responsabile del blocco delle spedizioni di armi a Kiev. Lo rivela il Wall Street Journal in esclusiva.
Venerdì, secondo il quotidiano, Trump ha informato il presidente ucraino in una conversazione telefonica di aver ordinato una revisione delle scorte di munizioni del Pentagono dopo che gli Stati Uniti avevano colpito i siti nucleari iraniani il mese scorso, ma che non aveva ordinato al dipartimento della difesa di congelare le consegne di armi, secondo fonti informate sulla conversazione.
La chiamata è arrivata poco dopo che Trump aveva pubblicamente dichiarato di essere “molto deluso” da Vladimir Putin e di “non aver fatto alcun progresso” su un accordo di pace con l’Ucraina in un’altra chiamata giovedì con il presidente russo. Trump ha assicurato a Zelensky che gli Stati Uniti invieranno tutti gli aiuti militari di cui potranno disporre, secondo le fonti del Wsj. Ma la spedizione rimane sospesa, secondo un portavoce del Pentagono.
Il Pentagono conferma che “su indicazione del presidente” americano Donald Trump il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti sta “inviando ulteriori armi difensive” a Kiev per “garantire che gli ucraini possano difendersi”.
“Mentre lavoriamo per garantire una pace duratura e la cessazione delle uccisioni, il nostro quadro di riferimento presidenziale per la valutazione delle spedizioni militari in tutto il mondo rimane in vigore ed è parte integrante delle nostre priorità di difesa ‘America first'”, aggiunge la nota del Pentagono.
Dopo che la scorsa settimana la Casa Bianca ha annunciato la sospensione di alcune consegne, Trump ha dichiarato ieri sera che gli Stati Uniti invieranno ulteriori aiuti militari all’Ucraina.
“Dovremo inviare più armi, principalmente difensive”, ha detto il tycoon aggiungendo di essere “insoddisfatto” del presidente russo Vladimir Putin. “Sono stati colpiti molto duramente”, ha aggiunto Trump riferendosi a Kiev.
(da agenzie)
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Luglio 8th, 2025 Riccardo Fucile
“L’ELEMENTO DI FORZA DEL CENTRODESTRA È LA LEADERSHIP, MA LO SCHEMA, SQUISITAMENTE POPULISTA, DELLA ‘DONNA SOLA AL COMANDO’, MOSTRA I LIMITI PROPRIO SUL TERRENO DELLA CLASSE DIRIGENTE. E COME MAI GIORGIA MELONI NON LA TROVA, QUESTA CLASSE DIRIGENTE? SEMPLICE: PERCHÉ NON LA CERCA E NON LA COSTRUISCE. SUCCEDE COSÌ, CON LA LOGICA DEL CLAN”
E il centrodestra, dov’è sulle regionali? Non pervenuto. Facciamoci un giro partendo dalla Puglia, terra cara alla destra sin dai tempi di Pinuccio Tatarella, ed eletta da Giorgia Meloni a meta del cuore delle vacanze.
Lì la sinistra governa da vent’anni e, con l’aria che tira, continuerà a farlo, nonostante gli scandali e gli acciacchi della giunta di Michele Emiliano.
Ebbene, il centrodestra, non trova un valido sfidante ad Antonio Decaro, il mister preferenze alle Europee.
Il plenipotenziario Marcello Gemmato, noto alle cronache per le sue tesi sul Covid ai limiti del negazionismo, si è già sfilato. Pare che, alla fine, si sacrificherà o Mauro D’Attis o Andrea Caroppo, entrambi di Forza Italia.
Il ragionamento è questo: meglio perdere con un politico, che poi lascia il posto a un altro in lista; un civico, invece, ti resta sul groppone.
Passiamo in Campania. Stesso andazzo, complice il pronostico, Fico o non Fico: AAA cercansi candidati che mettano la faccia sulla sconfitta.
Fulvio Martusciello, l’uomo forte di Forza Italia, ha annunciato che non si candiderà, dopo l’arresto per corruzione della sua assistente.
Il nome che gira, dentro FdI, è quello del sempreverde Edmondo Cirielli, viceministro agli Esteri.
C’è pure chi, nel Palazzo, si crogiola con scenari molto fantasiosi, immaginando che possa candidarsi il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
Già l’ipotesi suona come assai ardita perché dovrebbe lasciare il Viminale per poi schiantarsi nelle urne.
Ancora più ardito il prosieguo secondo cui, senza fare i conti con Matteo Salvini, al Viminale, dopo le sue bombastiche performance all’Agricoltura, andrebbe Francesco Lollobrigid lasciando così il suo ministero a Luca Zaia. Una ricompensa dopo avergli impedito il terzo mandato. Ma, vedrete, alla fine si sacrificherà Cirielli.
È abbastanza sorprendente: dopo tre anni di governo, tutto sommato senza intoppi e di consenso stabile quasi al trenta per cento, Giorgia Meloni non è competitiva in nessuna regione del Sud, dove tutti governatori di centrodestra – in Campania, Basilicata e SicilChi invece è stato scelto sulla base del criterio esclusivo della fedeltà e dell’appartenenza rischia, come nel caso di Francesco Acquaroli nelle Marche. Mentre a Nord è la premier è riuscita solo a incasinare, e non poco, la partita veneta.
Udite udite, per la prima volta Luca Zaia, che quota una sua lista al 40 per cento, ha dichiarato, testuale: «Vediamo se il centrodestra la vuole valorizzare o no, dopo capiremo cosa faremo».
Un avvertimento vero. Che tradotto significa: o accetti la mia lista dentro il perimetro del centrodestra e, con essa, il mio potere di condizionamento, o liberi tutti.
Insomma, le due coalizioni sono l’una lo specchio rovesciato dell’altra. Da un lato la forza del centrosinistra, e soprattutto del Pd, è la classe dirigente diffusa, mentre i problemi, di leadership e linea, sono a monte. Del resto, è più facile mettersi d’accordo su Napoli e Bari che su Kiev.
Dall’altro, l’elemento di forza del centrodestra è la leadership, ma lo schema, squisitamente populista, della “donna sola al comando”, mostra i limiti proprio sul terreno della classe dirigente.
Manca del tutto il senso di una novità, sia al Sud che al Nord, dove Zaia è stato fatto fuori per legge e non con un vero sfidante. E come mai Giorgia Meloni non la trova, questa classe dirigente? Semplice: perché non la cerca e non la costruisce. Succede così, con la logica del clan
(da agenzie)
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Luglio 8th, 2025 Riccardo Fucile
L’ALTRA VERSIONE È CHE STAROVOIT, EX GOVERNATORE DELLA REGIONE DI KURSK, SI SIA SUICIDATO DOPO AVER SAPUTO DEL SUO “LICENZIAMENTO”
Il ministro dei Trasporti russo Roman Starovojt è stato trovato senza vita. Si indaga per
suicidio. Canali Telegram vicini ai servizi di sicurezza raccontano che stesse tenendo una riunione quando è arrivata la notizia che il presidente Vladimir Putin lo aveva destituito per decreto e che la procura lo stava indagando per corruzione.
L’oramai ex ministro cinquantatreenne avrebbe salutato tutti e sarebbe andato via. Forbes Russia, invece, scrive che si sarebbe tolto la vita il giorno il giorno prima del suo licenziamento. Quel che è certo è che Starovojt è stato trovato senza vita nella sua auto, una Tesla, accanto alla pistola che aveva ricevuto come onorificenza nel 2003.
«Oggi, nel distretto urbano di Odintsovo, il corpo dell’ex ministro dei Trasporti è stato trovato nella sua auto personale con una ferita da arma da fuoco», si legge nel rapporto delle forze di polizia. Un suicidio, sostiene il Comitato investigativo
russo. Il primo di un ministro in era post-sovietica, nonché il primo legato alle inchieste sui fondi spesi, o meglio sperperati, per l’Operazione militare speciale in Ucraina.
Il decreto di Putin non menzionava le ragioni della sua rimozione, ma il futuro di Starovojt era in discussione da quando era stata aperta un’indagine sulla corruzione nella regione di Kursk, al confine con l’Ucraina, che aveva guidato per cinque anni come governatore prima di essere nominato a capo del ministero dei Trasporti nel maggio 2024. Il suo successore ed ex vice Aleksej Smirnov non era durato in carica neppure un anno.
Lo scorso dicembre era stato sostituito e lo scorso aprile era stato arrestato e accusato di essersi appropriato di almeno un miliardo di rubli, circa 11 milioni di euro, dei 19,4 miliardi stanziati nel 2022 per costruire fortificazioni difensive, tra cui i cosiddetti “denti di drago”, lungo il confine con l’Ucraina.
Tre mesi dopo la promozione di Starovojt a ministro, le truppe ucraine avevano attraversato il confine e occupato oltre mille chilometri quadrati ed erano state respinte soltanto lo scorso maggio grazie anche all’aiuto della Corea del Nord. Stando a diverse fonti, Smirnov avrebbero testimoniato che anche Starovojt era coinvolto nell’appropriazione indebita che aveva reso la regione di Kursk vulnerabile alla più grande incursione nemica in territorio russo dalla Seconda Guerra Mondiale. […]
A inizio luglio era stato condannato a 13 anni di carcere l’ex viceministro della Difesa Timur Ivanov, soprannominato dai media russi il “generale glamour” per il suo stile di vita sfarzoso: anch’egli accusato di appropriazione indebita. Il suo arresto nell’aprile 2024 aveva dato il via a una “purga” nella Difesa che aveva portato all’arresto o processo di almeno dieci funzionari e generali ed era culminata con la rimozione di Sergej Shojgu dal vertice del dicastero
Il suicidio di Starovojt arriva in un momento di sfide significative per il settore dei trasporti russo. Il settore aeronautico russo è a corto di pezzi di ricambio. Le Ferrovie Russe, principale datore di lavoro del Paese, sono alle prese con l’impennata dei costi perché gli elevati tassi di interessi necessari per frenare l’inflazione esacerbata dal conflitto si fanno sentire. E i droni ucraini a lungo raggio costringono spesso gli aeroporti russi a sospendere le loro attività per motivi di sicurezza, causando talvolta gravi disagi.
Al posto di Starovojt è stato nominato Andrej Nikitin, ex governatore della regione di Novgorod, che, incontrando Putin, si è affrettato a promettere che digitalizzerà il settore dei trasporti russo per garantire flussi di merci più fluidi.
(da agenzie)
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Luglio 8th, 2025 Riccardo Fucile
IL MESSAGGIO È STATO ELIMINATO DOPO LE POLEMICHE
Paolo Cappuccio, chef stellato e volto noto della ristorazione d’élite italiana, è finito al centro di una polemica virale per un post pubblicato sul proprio profilo Facebook. L’annuncio, destinato alla selezione di personale per un hotel in Val di Fassa, ha sollevato critiche per i suoi toni considerati discriminat
Nelle righe del messaggio, poi rimosso, lo chef escludeva candidati “comunisti”, “con problemi di orientamento sessuale” e “fancazzisti”. Non è la prima volta che Cappuccio si esprime in questi termini: già nel 2020 era stato segnalato un suo annuncio per la stagione estiva a Caorle, dai toni altrettanto offensivi. Anche in quell’occasione, gli utenti social avevano denunciato la natura discriminatoria del messaggio.
Il messaggio, pubblicato l’8 luglio su Facebook, cercava uno chef, tre capi partita e un pasticcere per la stagione invernale. Lo stipendio proposto andava dai 2.000 ai 4.000 euro. Tuttavia, a far discutere non è stato l’aspetto economico, bensì il tono e le esclusioni contenute: “Sono esclusi comunisti/fancazzisti. Master chef del cazzo ed affini. Persone con problemi … di orientamento sessuale”.
Il post è stato rapidamente rimosso, ma ormai era già stato diffuso in rete. A contribuire alla viralità sono stati diversi commenti di utenti e giornalisti. Il giornalista Luca Bottura ha ironizzato sul tono “illeggibile”, mentre Simone Alliva ha sottolineato i profili discriminatori, definendo il contenuto “una violazione delle leggi sul lavoro”.
La difesa dello chef: “Uno sfogo, non un attacco”
Cappuccio non ha negato l’autenticità del post, ma ha cercato di contestualizzarne il contenuto. Ecco come si è difeso parlando con il Corriere della Sera: “Ero esasperato dopo l’ennesima esperienza negativa. Non ne posso più di collaboratori che si mettono in malattia, bruciano il pesce o non lavorano. Ho diritto a scegliere chi entra nella mia cucina”. Lo chef ha anche tentato di chiarire il passaggio sull’orientamento sessuale: “Ho amici gay, non è quello il punto. Ma se sul posto di lavoro si ostenta in modo eccessivo, si creano problemi nella brigata. Voglio solo che ci sia rispetto e disciplina”.
(da agenzie)
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Luglio 8th, 2025 Riccardo Fucile
INDAGATO ANCHE IL 30ENNE ENRICO FORZESE, EX RESPONSABILE GIOVANILE DI FRATELLI D’ITALIA A TORINO
C’è il nome di un ex esponente di Fratelli d’Italia nell’elenco dei 17 indagati dalla Dda del
Piemonte nel procedimento per la presunta “esaltazione del fascismo” che oggi ha portato i carabinieri del Ros a mettere sotto sequestro un locale utilizzato come punto di ritrovo fredde dei militanti di ‘Avanguardia Torino’.
Si tratta di Enrico Forzese, 30 anni, ex responsabile giovanile del partito nel capoluogo piemontese. Secondo gli inquirenti è tra i promotori del gruppo, e presenziava alle riunioni in cui venivano prese decisioni fondamentali per il suo funzionamento. Da Fratelli d’Italia risulta essersi allontanato da qualche anno.
Uno dei figli di un assessore regionale del Piemonte compare nell’elenco dei 17 indagati nell’inchiesta della Dda e dei carabinieri del Ros sulla presunta “esaltazione del fascismo” che oggi ha portato alla messa sotto sequestro di un locale utilizzato come punto di ritrovo dagli attivisti di un gruppo chiamato avanguardia Torino. Si tratta di Carlo Vignale, 21 anni. Il padre, Gian Luca, è assessore al patrimonio ed è stato eletto con la lista ‘Cirio presidente’.
(da agenzie)
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Luglio 8th, 2025 Riccardo Fucile
L’APPUNTATO SCELTO È STATO CONDANNATO A 1 ANNO E 4 MESI DI RECLUSIONE PER FALSO E A 9 MESI PER OMISSIONE DI ATTI DI UFFICIO: AVEVA COMMESSO, CON “ATTEGGIAMENTO DI SERVILISMO”, UNA SERIE DI FALSI PER AGEVOLARE DIRIGENTI, FUNZIONARI E CONDUTTRICI DEL BISCIONE
Nei cassetti del suo ufficio in caserma aveva pratiche inevase e refurtiva da restituire mentre su computer e telefonino conservava scambi di messaggi per favorire personaggi famosi e vip di Mediaset per denunce o identificazioni.
Sulla carta tali denunce risultavano raccolte in presenza al Comando dei carabinieri e invece erano fatte a domicilio negli uffici dell’emittente televisiva o predisposte in anticipo, a volte anche non da un pubblico ufficiale, e firmate solo successivamente da chi di dovere.
Per questi fatti un appuntato scelto 48enne della Tenenza dei carabinieri di Cologno Monzese è stato condannato dal Tribunale di Monza a 1 anno e 4 mesi di reclusione per falso e a
9 mesi per omissione di atti di ufficio. Pena sospesa e non menzione della sentenza
A scoperchiare il pentolone nel 2019 era stato un furto avvenuto nell’abitazione del presidente di Mediaset Fedele Confalonieri a cui, dopo la denuncia, erano state fatte inviare alla Tenenza le chiavette con le videoregistrazioni, che però erano andate perse. Da lì la perquisizione a tappeto in tutta la caserma per ritrovarle.
Al processo la Procura di Monza ha parlato di “un atteggiamento di tale servilismo da indurre l’imputato a commettere sistematicamente tutta una serie di falsi per agevolare quel tale dirigente, quella tale funzionaria, quella tale conduttrice”. Mentre secondo l’avvocata Manuela Cacciuttolo, che difende l’appuntato scelto, il 48enne “non era al servizio di Mediaset, non esiste il dolo e si tratta di falso innocuo perché il contenuto delle denunce vuoi in caserma, vuoi fuori caserma, era vero”.
(da agenzie)
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Luglio 8th, 2025 Riccardo Fucile
SOLO DOPO LA FIGURA DI MERDA, IL PRESIDENTE LEGHISTA FUGATTI PROMETTE DI ESENTARLO
Era intervenuto per prestare soccorso in un incendio sul Lago di Garda, si era poi sentito
male, e il pronto soccorso gli aveva chiesto di pagare 50 euro per il ticket sanitario. È successo a un volontario dei vigili del fuoco all’ospedale di Arco, in provincia di Trento. Sabato 28 giugno l’uomo, residente nel comune
dell’Alto Garda, era stato portato al pronto soccorso dall’ambulanza, in codice verde, dopo essersi sentito male a seguito di un intervento per spegnere un incendio a Palazzo Marchetti, nel centro di Arco. Lo riporta il Corriere.
Il pagamento del ticket
La sera di venerdì 27 giugno l’uomo era intervenuto con altri volontari della squadra per spegnere un rogo nell’azienda di legname dei fratelli Santoni, in località Ceole, poco a nord del lago di Garda. La mattina di sabato 28, poi, l’uomo era stato impegnato in un altro intervento, a Palazzo Marchetti, in centro ad Arco. Poco dopo aver terminato l’operazione, aveva iniziato a lamentare stanchezza, affanno e giramenti di testa. Una volta portato in ospedale in ambulanza, il volontario è stato sottoposto ad alcuni controlli, che hanno confermato che il suo stato di salute non era grave. I sintomi erano probabilmente dovuti alla stanchezza accumulata dai due interventi ravvicinati e dal caldo degli ultimi giorni, aggravato anche dalla pesante divisa dei pompieri che prevede alcuni sistemi di sicurezza. Al termine delle visite in ospedale, tuttavia, gli è stato chiesto di pagare 50 euro per il ticket.
La reazione indignata delle autorità
«Se davvero la Provincia tiene ai suoi volontari – ha affermato il comandante dei pompieri Stefano Bonamico, ai microfoni del Tg3 – è opportuno che prenda delle misure contro un sistema di burocrazia e burocrati che, invece, sembra non capire. Il bollettino, sia chiaro, lo pagherà il Comandante con i suoi soldi ma ovviamente questa storia lascia tutti esterrefatti». Non ha tardato ad arrivare la risposta del presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, che, sentendosi chiamato in causa, ha assicurato che il regolamento sanitario verrà modificato: «Non ci sarà più il ticket per chi tra i volontari della protezione civile effettua servizi d’emergenza». Ora resta solo
da aspettare che il provvedimento per l’esenzione del ticket sanitario per tutti i volontari della protezione civile a causa di malori, lesioni e ferite riportate durante i servizi di aiuto venga effettivamente firmato da Fugatti.
(da Open)
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Luglio 8th, 2025 Riccardo Fucile
L’INCHIESTA CONTESTA I REATI DI ASSOCIAZIONE A DELINQUERE FINALIZZATA ALL’ODIO RAZZIALE
C’è anche il figlio di un assessore piemontese nell’inchiesta su neofascisti e neonazisti a Torino. I pm Manuela Pedrotta e Davide Pretti hanno chiesto e ottenuto dalla gip Paola Odilia Meroni il sequestro del locale in cui si riunivono. 17 gli indagati
di Avanguardia Torino. Per i reati di «associazione finalizzata alla propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa». Ma hanno anche aggredito quattro cittadini marocchini ai Murazzi. Il locale ha anche ospitato un raduno di neonazisti europei tra il 15 e il 16 giugno 2004.
Gli indagati
La giudice Meroni non ha dubbi: «È un’associazione con una struttura gerarchica». L’accusa individua come indagati di spicco Enrico Forzese, ex Fratelli d’Italia, Mattia Borsella (fermato dalla polizia francese il 25 novembre 2023 durante una manifestazione a Roman sur Isere) e Matteo Marzorati. Tra i militanti anche Matteo Vignale, figlio dell’assessore regionale al Patrimonio e Personale Gian Luca Vignale (non indagato). La Stampa parla con Umberto Ruggiero, ovvero il proprietario del locale al piano terra affittato dai neonazi. «Quando hanno sequestrato il mio locale ho provato un senso di liberazione. Io sono comunista. Come pensa che mi sia sentito, a sapere che dentro al mio immobile c’erano i fascisti?», dice il 71enne ex Carc iscritto al Partito Comunista da mezzo secolo.
L’affittuario
Ruggiero dice che non sapeva che i suoi locatari fossero nazisti: «No. L’ho saputo poco tempo fa. La richiesta di affitto del locale mi era stata fatta da parte di Emanuele Picone, un ragazzo titolare di una società, che mi aveva spiegato, insieme ad altri tre ragazzini, che avevano bisogno di un luogo per studiare la storia. Mi sembrava un buon proposito». Ha capito che gli avevano mentito «quando all’ultima riunione di condominio alcuni vicini del palazzo a fianco si sono lamentati, giustamente, dopo aver visto appesa fuori una bandiera del Terzo Reich. Ma l’amministratore rispose che non si poteva fare nulla». Ha provato a contattare un avvocato: «Mi disse che non potevo
cacciare quei ragazzi, visto che pagavano regolarmente l’affitto. Ma avrei dovuto aspettare la scadenza del contratto, nel 2026. Ecco perché ieri mattina, quando i carabinieri mi hanno chiamato per avvisarmi della messa dei sigilli, sono stato contento».
Il sequestro
Per questo ora è felice del sequestro: «Sono iscritto al partito da quando sono maggiorenne. Da quando c’era Berlinguer. Sono stato anche nei Carc, partito per il governo di blocco popolare. Sono un militante vero. Questa sera vado a una riunione con il Pci, Potere al popolo e tutti i molti rappresentanti in cui la sinistra si è sfaccettata. Ho partecipato a molte manifestazioni. Seguo la causa palestinese, per Gaza». E sul fascismo dei ragazzi, dice, «da buon comunista, io credo che non ci sia molto da stupirsi, visto che il fascismo è frutto dell’imperialismo e del capitalismo, quando sono in difficoltà. È proprio quella la fase in cui i fascisti riemergono».
(da Open)
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Luglio 8th, 2025 Riccardo Fucile
PER OVVIARE, LO STATO E’ COSTRETTO A RIVOLGERSI A SOCIETA’ PRIVATE CON ELICOTTERI MENO CAPIENTI E COSTI MOLTO PIU’ ELEVATI
Mentre l’estate porta con sé un’escalation di incendi boschivi, tra i peggiori degli ultimi
anni, i più potenti elicotteri antincendio d’Europa sono fermi a terra per motivi burocratici. È quanto sta accadendo agli Erickson S64F dei vigili del fuoco, veri e propri colossi del cielo capaci di riversare 10mila litri d’acqua in meno di un minuto. Eppure, dal 26 giugno, sono tutti indisponibili. Motivo? Una dicitura che lascia sgomenti: «Indisponibilità per causa burocratica». Come riporta il Corriere della Sera, il centro operativo di Ciampino (Coan), punto nevralgico del dispositivo aereo antincendio italiano, è attualmente inattivo. E a bloccare gli elicotteri non è un
problema tecnico o una carenza di personale, ma un pasticcio amministrativo legato al mancato rinnovo delle abilitazioni di volo da parte di Enac, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile.
Il nodo delle licenze
Tutto ha origine da un cambiamento normativo risalente al 2012, con l’entrata in vigore di un regolamento europeo che ha imposto la patente Easa (l’ente europeo per la sicurezza aerea) per i piloti di velivoli civili. Il S64F, pur usato dai vigili del fuoco, non è classificato come “velivolo di Stato” e quindi rientra nelle regole Easa. Nel 2019, proprio per regolarizzare la situazione, Enac aveva predisposto un percorso formativo su misura per i piloti dei vigili del fuoco sprovvisti dei requisiti richiesti.
L’ente interrompe i rinnovi per «mancanza di requisiti»
Per cinque anni, tutto sembra filare liscio: le abilitazioni vengono regolarmente rinnovate. Ma il 31 gennaio 2024, senza preavviso, l’ente cambia linea: nessun rinnovo, ma una semplice trascrizione in un registro secondario, l’Appendice nazionale, con la motivazione che «mancano i requisiti». Quegli stessi requisiti, però, erano stati alla base del percorso speciale autorizzato dallo stesso Enac anni prima. Un cortocircuito normativo. E intanto i piloti scoprono improvvisamente che le loro licenze non sono mai state pienamente valide.
Il ricorso di uno dei piloti
Dopo un incidente sospetto e crescenti dubbi, uno di loro decide di fare ricorso. Il ricorso del pilota è ora nelle mani del Consiglio di Stato, che ha chiesto chiarimenti urgenti a Enac. Di fatto, però, l’intero sistema è congelato. Nessuno vuole rischiare di far volare mezzi così complessi senza una copertura legale chiara. L’Enac e il Viminale, da parte loro, avevano inizialmente minimizzato: si poteva continuare a volare con la “patente limitata”. Ma ora, con il ricorso in atto, anche questa possibilità
è svanita. .
«È incredibile che in piena emergenza climatica e incendi, i migliori mezzi a disposizione siano bloccati da cavilli amministrativi», denuncia Mario Cicchetti, legale del pilota ricorrente, che chiede un «tempestivo pronunciamento del Consiglio di Stato». La questione, infatti, non è più solo tecnica o legale, ma urgente e politica: ogni giorno di ritardo può significare ettari di bosco persi, rischi per vite umane e un aggravio dei costi pubblici.
La necessità di appoggiarsi a società private
Il risultato? Nessuno S64F è operativo, proprio nel momento in cui sarebbero più necessari. Per ovviare, lo Stato è costretto a rivolgersi a società private, con elicotteri meno capienti (come i Canadair, che portano la metà dell’acqua) e costi molto più elevati. Basti pensare che un pilota del Corpo nazionale guadagna 3.000 euro al mese, mentre per ogni pilota privato lo Stato spende fino a 1.800 euro al giorno.
(da editorialedomani.it)
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