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RYANAIR VUOLE AUMENTARE IL BONUS AI DIPENDENTI CHE SEGNALANO I PASSEGGERI CHE TRASPORTANO BAGAGLI FUORI MISURA: CHI “FA LA SPIA” POTRÀ RICEVERE FINO A 80 EURO IN PIÙ AL MESE

Luglio 23rd, 2025 Riccardo Fucile

CHI TRASPORTA VALIGIE DI UN CENTIMETRO O UN CHILO OLTRE IL LIMITE STABILITO DALLA COMPAGNIA DI VOLI LOW-COST RISCHIA UNA MULTA DI CIRCA 75 EURO

Un centimetro o un chilo di troppo possono fare tutta la differenza del mondo per chi viaggia, ma anche per il personale di terra delle low cost. Se per i passeggeri il sovrapprezzo arriva fino a circa 75 euro per un bagaglio fuori misura, la compagnia Ryanair starebbe seriamente pensando di aumentare il bonus previsto per i dipendenti a ogni segnalazione.
Al momento non c’è nessuno che paghi gli «agenti del gate» tanto quanto la compagnia irlandese: se EasyJet dà 1,40 euro a bagaglio, Ryanair ne elargisce addirittura 1,5. C’è però un caveat: il massimo a cui un operatore di terra può ambire al mese sono 80 euro di premio, catalogati come «bonus bagaglio d’ingresso». In poche parole, dato che la multa per il bagaglio fuori misura si avvicina ai 75 euro, un passeggero che violi le misure massime paga il bonus mensile di un operatore di terra.
Non bastano i prezzi stellari per i bagagli né i misuratori appositi montati a una manciata di passi dalla porta del gate. Lo scopo è «diminuire le tariffe per i bagagli in eccesso nei prossimi due anni», ha dichiarato O’Leary in un’intervista all’emittente pubblica irlandese Rte. «Stiamo volando quasi sempre a pieno carico, circa metà dei passeggeri può portare due bagagli e l’altra metà solo uno, perché è tutto quello che entra sull’aereo», ha spiegato il ceo di Ryanair, che nell’ultimo trimestre ha più che raddoppiato gli utili da 360 a 820 milioni di euro
(da Open)

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SCHLEIN RASSICURA RICCI, CHE RUGGISCE: “IO NON C’ENTRO NIENTE” … I SOSPETTI PER I TEMPI DELL’INCHIESTA (I SONDAGGI DANNO RICCI IN VANTAGGIO) E PER QUELL’USCITA DEL MELONIANO ITALO BOCCHINO CINQUE GIORNI PRIMA DELL’AVVISO DI GARANZIA

Luglio 23rd, 2025 Riccardo Fucile

IN 15 ANNI DI CARICHE ISTITUZIONALI MAI UN’OMBRA SU RICCI, ORA CHE SI CANDIDA A GOVERNATORE ED E’ IN TESTA NEI SONDAGGI ARRIVA L’AVVISO DI GARANZIA CON UN PRESUNTO REATO RIDICOLO: “CERCARE CONSENSI”

Prima di postare il video col quale ha dato notizia dell’avviso di garanzia, Matteo Ricci ha fatto due telefonate. La prima a Elly Schlein, la segretaria del suo partito. La seconda a Giuseppe Conte, capo del Movimento Cinquestelle: l’alleato necessario.
A entrambi ha detto più o meno la stessa cosa. Quella che poi ripeterà nella registrazione pubblicata sui social: «Sono sorpreso e amareggiato, ma sereno. Io non c’entro niente con questa storia, non mi sono mai occupato personalmente di affidamenti pubblici di lavori, mi sono sempre fidato dei miei collaboratori. E ho già chiesto alla procura di essere ascoltato, spero di farlo il prima possibile».
Dovrebbe avvenire mercoledì prossimo, fra una settimana esatta: una data spartiacque. Servirà a tutti, non soltanto a lui, per decidere se proseguire la campagna o battere in ritirata. Quest’ultima ipotesi presa subito in considerazione, anche se significherebbe cambiare cavallo in corsa, ricominciare tutto daccapo, a meno di due mesi dalle elezioni regionali. Comunque vada, una gara con handicap per il centrosinistra
«Insieme a Ricci, che si è dichiarato estraneo ai fatti, stiamo affrontando la vicenda passo passo», trapela dal Nazareno. Schlein avrebbe rassicurato il “suo” candidato, all’insegna dell’aspettiamo e vediamo.
Sebbene di tempo ne sia rimasto davvero poco.
Certo è che nelle Marche, fra i sostenitori della compagine progressista, è l’ora dei sospetti. A balzare agli occhi non è solo la tempistica: un’indagine iniziata più di un anno fa che esplode, coinvolgendo Ricci — dato testa a testa nei sondaggi con il presidente uscente di stretta fede meloniana — giusto il giorno dopo l’indizione dei comizi elettorali che hanno fissato la data del voto.
E poi quelle dichiarazioni sibilline di Italo Bocchino, il direttore editoriale del Secolo spedito dai vertici di FdI a consigliare Francesco Acquaroli nella caccia a un difficile bis. «Ha governato bene e i cittadini non cambieranno la guida», aveva affermato il prezzemolino tv venerdì scorso, presentando il suo libro sulla destra a Pesaro, nella sede della provincia: «Affidopoli è una vicenda nella quale la condanna politica è forte e sicura».
Un riferimento chiaro all’inchiesta che, cinque giorni dopo, ha colpito l’avversario.
Congetture inconfessabili, tuttavia. Mentre l’intero centrosinistra è schierato a difesa della magistratura contro la riforma del governo sulla separazione delle carriere, nessuno può permettersi di gettare ombre. Né avanzare dubbi sull’operato dei pm. Non resta che sperare in un chiarimento
veloce. Contando sul fatto che in 15 anni di amministrazione, un mandato come presidente della provincia e due da sindaco a Pesaro, Ricci non è stato mai neppure sfiorato da un’accusa penale.
Anche per questo né il Pd, né il M5S gli hanno finora chiesto di fare un passo indietro. E tutto sommato, al netto della sofferenza per quella che ritiene un’ingiustizia, anche Ricci è tranquillo: male che vada resterà a fare il parlamentare europeo. Convinto che questa inchiesta finirà in una bolla di sapone.
(da agenzie)

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L’ORA DELLA VERITÀ PER LA “PALAZZOPOLI” MILANESE, INIZIATI GLI INTERROGATORI DAVANTI AL GIP DI SEI INDAGATI “CHIAVE” NELL’INCHIESTA SULL’URBANISTICA A MILANO

Luglio 23rd, 2025 Riccardo Fucile

LE DECISIONI DEL GIP SARANNO UN “BANCO DI PROVA” PER LA TENUTA DELL’IMPIANTO ACCUSATORIO: SE IL GIUDICE NON ACCOGLIERÀ LE RICHIESTE DEI PM (CARCERE O DOMICILIARI PER GLI INDAGATI), LA BUFERA PERDERÀ FORZA

Anche se tutti oggi guarderanno al VII piano del Tribunale di Milano gli «interrogatori preventivi» dei 6 indagati (compresi il dimissionario assessore all’Urbanistica Giancarlo Tancredi e lo sviluppatore immobiliare Manfredi Catella) per i quali la Procura sta chiedendo l’arresto al gip Mattia Fiorentini per ipotesi di corruzione, induzione indebita e falso nelle dichiarazioni sui conflitti di interesse, in realtà la vera notizia della giornata potrebbe arrivare sempre al VII piano ma da un’altra poco distante stanza di un’altra giudice: quella che dovrà decidere se rinviare a giudizio o prosciogliere altri 6 indagati per l’ipotesi di lottizzazione abusiva delle «Park Towers» a Crescenzago, due torri di 23 e 16 piani alte 81 e 59 metri, uno stabile alto 10 metri, 113 appartamenti, 50 box e 50 posti auto, sulle ceneri di due demoliti fabbricati di soli due piani e un piano.
Banco di prova per i pm In passato già tre cantieri più piccoli hanno passato la fase del rinvio o della citazione diretta a giudizio, ma oggi l’importanza della decisione sta nel fatto che
la gup Alessandra Di Fazio dovrà affrontare quasi tutte le maggiori questioni che punteggiano anche il filone più recente (e più “politico” per il riverbero che ha avuto sul coindagato sindaco Beppe Sala): la nozione di ristrutturazione contrabbandata per i pm per autorizzare in realtà nuove costruzioni, il ricorso (per i pm illegittimo) a una «Scia – Segnalazione certificata di inizio attività» sostitutiva di un permesso di costruire, la lamentata assenza di piani attuativi e di valutazioni dell’aggravio di carico urbanistico (parchi, strade, fognature, acqua, luce, gas, asili), l’impropria o corretta monetizzazione degli standard.
Dunque uno stop brusco a tutte le varie inchieste urbanistiche dei pm se ci sarà proscioglimento, un forte rinforzo alle iniziative giudiziarie ambrosiane se ci sarà rinvio a giudizio.
Tra le due vicende c’è anche un punto di contatto nell’indagato costruttore delle «Park Towers», Andrea Bezziccheri, destinatario della richiesta di arresto nell’altro fascicolo nel quale davanti al gip Fiorentini avrà oggi l’«interrogatorio preventivo» (introdotto dalla legge Nordio) al pari del dimissionario assessore Tancredi, dell’imprenditore Catella, dell’ex presidente della Commissione Paesaggio comunale Giuseppe Marinoni, dell’architetto Alessandro Scandurra, e dell’imprenditore Federico Pella (che ieri ha dismesso incarichi nella società «J+S»).
E proprio la posizione di Bezziccheri mostra quante sfrangiature possa avere la ricerca del contenitore giuridico entro il quale racchiudere la realtà fotografata dalle indagini della GdF
milanese.
La Procura, infatti, nel contestare all’architetto Scandurra, membro della Commissione Paesaggio, di non essersi astenuto in 9 occasioni nelle quali sarebbe stato in (non dichiarato) conflitto di interessi per incarichi ricevuti da costruttori di cui concorreva a esaminare i progetti in Commissione, addita 5 mancate astensioni su progetti di Bezziccheri, dal quale Scandurra ha avuto parcelle per 279.000 euro (e 205.000 da uno studio di architettura collegato): piazza Aspromonte, Salomone 77, Grazioli 59, Park Towers, East Town.
Tuttavia nel capo d’accusa (dove la datazione «nelle sedute del» resta appesa senza le specifiche date, e dove un refuso ingarbuglia anche il complessivo riferimento finale «Milano, fino dal 2019 fino al 31/12/2024») si coglie una contraddizione tra quanto la Procura indica a pagina 18 sul progetto East Town a Lambrate (Scandurra «ometteva di astenersi») e quanto invece ricostruisce a pagina 386 («si asteneva nella seduta del 5 maggio 2022») e a pagina 392 («si asteneva nella seduta del 23 febbraio 2023»).
(da Corriere della Sera)

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“DÀ FASTIDIO CHE IO POSSA PARLARE DI FISICA QUANTISTICA E INTANTO AVERE LE TETTE”: LA FISICA GABRIELLA GREISON REPLICA AI COMMENTI SESSISTI CHE HA RICEVUTO DOPO CHE SI È PRESENTATA A TAORMINA, A UNA CERIMONIA DELL’UNIVERSITÀ DI MESSINA, CON UN VESTITO SCOLLATO

Luglio 23rd, 2025 Riccardo Fucile

“PER QUALCUNO UNA DONNA CHE PARLA DI MECCANICA QUANTISTICA DEVE PER FORZA ASSOMIGLIARE A UN UOMO” … I SOLITI DEMENTI COMPLESSATI CHE SCARICANO SUL PROSSIMO LA LORO VITA DI MERDA

«Mi piaceva quel vestito verde chiaro. Era così allegro, adatto a una giornata estiva. Ero anche felice di partire per Taormina. Mi avevano invitata come madrina alla cerimonia di laurea dell’università di Catania ed ero rimasta sveglia tre notti per preparare al meglio il discorso. Sono una secchiona».
Gabriella Greison anche al telefono ha la voce brillante che contraddistingue i suoi spettacoli teatrali, dedicati alla divulgazione della fisica quantistica e alla storia della scienza. Lunedì mattina, prima di partire per il teatro greco di Taormina da Milano, l’attrice e scrittrice, laureata in fisica, ha pubblicato sui social un video da Linate
Sulla sua passione però la rete ha subito versato il suo odio. Del vestito verde indossato nel filmato non ha mancato di notare il décolleté, ridendo a battute come “che poppe quantistiche”, insultando — “occhio che senza impalcatura ti cadono le tette” — e grondando astio: “L’età che avanza inesorabile costringe alcune donne a sparare gli ultimi fuochi d’artificio”. Molti dei messaggi erano scritti proprio da donne.
Come ha risposto?
«Con un cuore a chi ha apprezzato il mio discorso a Taormina. Con l’ironia a chi mi ha insultato. Uso sempre l’ironia, anche nei miei spettacoli. Mi piace il pensiero laterale, permette di aprire un varco perfino con chi insulta sui social. Ho spiegato ad
esempio: quello che vi ha turbato non è il vestito. È il fatto che una donna possa parlare di fisica quantistica senza ricordare un uomo, e quindi senza chiedere il permesso. Che possa salire su un palco, spiegare la funzione d’onda e Schrödinger, e intanto avere le tette. Ops».
Quel vestito verde significa qualcosa per lei?
«Sono abituata a vestirmi così. In Sicilia erano previsti 47 gradi e il giorno prima avevo mandato le foto dell’abito ai miei amici. Mi avevano risposto che era fantastico e sono partita felice. Il bello è che arrivata in Sicilia, prima della cerimonia, mi sono cambiata e ho indossato un vestito rosso ancora più scollato. Dopo il discorso sono venuti tutti a scattare foto e stringermi la mano, incluso un cardinale in prima fila».
Nel mondo reale insomma nessun problema?
«Nessuno, ho avuto l’impressione di essere scissa, come avviene nella fisica con il dualismo onda e particella. Nel mondo reale ero una particella e mi sono sentita benissimo, in quello dei social mi sono trasformata in un’onda e sono stata travolta dagli insulti».
(da agenzie)

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VENDEVA ROSE ALLE COPPIETTE PER STRADA, MULTATO PER 5.000 EURO E PER “ROSARIO” PARTE LA COLLETTA DEGLI ABITANTI DI MOGLIANO IN VENETO

Luglio 23rd, 2025 Riccardo Fucile

IL DELIRIO DI UNA AMMINISTRAZIONE SOVRANISTA CHE MULTA UN POVERO CRISTO PERCHE’ INDIANO CHE CERCA DI GUADAGNARE QUALCHE EURO PER MANGIARE… “LA LEGALITA’ VA RISPETTATA” ? PRIMA VIENE L’UMANITA’, CONCETTO A VOI SCONOSCIUTO

C’è chi ha proposto di fare una colletta per aiutare l’uomo originario dell’India. Il caso ha colpito anche i commercianti della zona, soprattutto per l’entità della multa che è sembrata a tanti esagerata
Un venditore ambulante di origine indiana, di quelli che si aggirano per i locali e vendono fiori ai clienti, si è visto comminare una maxi-multa da 5 mila euro dalla Polizia locale in una piccola cittadina del Veneto, Mogliano, al confine tra le province di Treviso e Venezia.
«Rosario», come lo conoscono in tanti nella zona, stava prendendo uno dei fiori dal suo mazzo per darlo ad una coppia davanti alla caffetteria Goppion in via Don Bosco, quando si è avvicinata una pattuglia della municipale. Secondo quanto riferito dal vicesindaco leghista Leonardo Muraro al Gazzettino, l’uomo non era in possesso di alcuna certificazione fiscale: «Può dispiacere per la persona – ha dichiarato – ma la legalità va rispettata. Il vigile ha agito correttamente».
Il vicesindaco: «Qui si parla di legalità, è un venditore abusivo»
Il venditore ambulante di rose è una presenza fissa, tutti in Paese lo conoscono. E proprio l’entità della multa ha creato sconcerto tra i commercianti e i cittadini di Mogliano: alcuni hanno espresso solidarietà all’uomo, altri hanno proposto sui social di avviare una colletta. L’episodio è avvenuto sabato sera, verso la fine del turno di pattuglia della Polizia locale. Ieri – lunedì 21 luglio – della multa si sarebbe discusso anche in un incontro a porte chiuse nel comune trevigiano. «Alla polizia urbana – ribatte il primo cittadino Muraro – erano già arrivati altri solleciti sulla questione. Il “fastidio” ha una logica fino ad un certo punto: qui si parla di legalità, è un venditore abusivo». Per il vicesindaco, «il poliziotto ha fatto un ottimo lavoro –
conclude – Per avere un’attività bisogna essere a norma e lui non aveva nessuna certificazione fiscale. È una persona conosciuta, capisco che possa dispiacere, ma la legalità deve essere mantenuta».
(da agenzie)

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GAZA, LA DENUNCIA DELLE ONG SULLA CARESTIA DI MASSA: “21 BAMBINI MORTI DI FAME”

Luglio 23rd, 2025 Riccardo Fucile

“LE PERSONE CHE AIUTIAMO STANNO SCOMPARENDO, ISRAELE SPARA A CERCA DI ACCEDERE AGLI AIUTI”

La carestia di massa è in rapida espansione nella Striscia di Gaza. Dove gli aiuti umanitari non arrivano. E il cibo scarseggia. Alla fine di maggio, le autorità israeliane hanno parzialmente attenuato il blocco totale imposto a Gaza due mesi prima. Una misura che aveva acuito drasticamente la carenza di
cibo, medicinali e altri beni di prima necessità. «Mentre una carestia di massa si diffonde nella Striscia di Gaza, i nostri colleghi e le persone che aiutiamo stanno scomparendo», hanno dichiarato in un comunicato congiunto. Tra le firmatarie figurano Medici Senza Frontiere, diverse sezioni di Medici del Mondo, Caritas, Amnesty International e Oxfam International.
La carestia nella Striscia
Le organizzazioni umanitarie chiedono un cessate il fuoco immediato, l’apertura di tutti i varchi terrestri e la garanzia di un flusso libero degli aiuti umanitari. L’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha accusato l’esercito israeliano di aver ucciso più di mille persone a Gaza dalla fine di maggio, mentre queste cercavano di accedere agli aiuti umanitari. La maggior parte delle vittime si trovava nei pressi dei centri della Gaza Humanitarian Foundation (GHF), un’organizzazione sostenuta da Stati Uniti e Israele attraverso finanziamenti la cui trasparenza è stata messa in discussione. Israele invece accusa il movimento islamista Hamas di strumentalizzare le sofferenze dei civili. Arrivando a sottrarre il cibo destinato alla popolazione per rivenderlo a prezzi esorbitanti o aprendo il fuoco contro le persone in attesa di assistenza.
I bambini
Anche la GHF attribuisce ad Hamas la responsabilità della crisi umanitaria. Ricordando come l’attacco senza precedenti sferrato sul suolo israeliano il 7 ottobre 2023 abbia innescato l’attuale conflitto. Le autorità israeliane affermano regolarmente di
consentire l’ingresso di ingenti quantitativi di aiuti. Ma le ONG denunciano la persistenza di numerose restrizioni. «Appena fuori Gaza, nei magazzini – e anche all’interno – tonnellate di cibo, acqua potabile, forniture mediche, materiali per l’alloggio e carburante rimangono inutilizzati, con le organizzazioni umanitarie che non possono accedervi o consegnarli», lamentano le organizzazioni umanitarie. Un ospedale di Gaza ha reso noto martedì che 21 bambini sono deceduti a causa della malnutrizione o per fame nell’arco di 72 ore.
(da agenzie)

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SALVINI HA TROVATO QUALCUNO CHE LO PREMIA: UN GOVERNO CRIMINALE

Luglio 23rd, 2025 Riccardo Fucile

IL SOVRANISTA RICEVE IL PREMIO FEDELTA’ DA ISRAELE, LUI SI SUPERA “ISRAELE REALTA’ PACIFICA”… LE OPPOSIZIONI: “COMPLICE DEL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE”

Matteo Salvini ha trovato qualcuno che lo premia. Certo, lasciamo perdere chi: anzi, parliamone. Ieri la Camera ha concesso per un’intera giornata le stanze di vicolo Valdina, location di pregio per un convegno in cui esponenti di spicco della Lega si sono mescolati a generali, ambasciatori e lobbisti legati al governo di Netanyahu.
Tra questi anche rappresentanti dell’Idsf (Israel Defense and Security Forum), il think tank israeliano di estrema destra che sostiene l’espansione delle colonie illegali e la deportazione dei palestinesi da Gaza.
Il capogruppo della Lega Molinari ha chiesto e ottenuto di poterli ospitare alla Camera. Anche perché il cuore dell’evento, poche ore dopo che i carri armati dell’Idf avevano fatto strage sparando sulle tende degli sfollati a Gaza, era la premiazione del vicepremier nonché ministro leghista Salvini. Che ha subito festeggiato, con un’ironia inversamente proporzionale a quella degli italiani in attesa dei treni: “Grazie a questo premio avrò ancora migliore stampa rispetto a quanto già dicono e scrivono di me. Ormai mi resta lo spaccio di droga, come fattispecie a me imputabile…”. Per poi aggiungere, restando serio: “Il cessate il fuoco dipende solo da Hamas. Israele è una realtà democratica pacifica”. Manna dal cielo per l’ambasciatore di Israele in Italia (e San Marino), Jonathan Peled: “Se c’è una persona che merita
di veder riconosciuto il suo sforzo nell’impegno per i legami strategici tra Italia e Israele, quella persona è proprio Matteo Salvini, la sua amicizia è qualcosa che ci onora e di cui gli siamo riconoscenti”. Prosit.
Purtroppo però all’intergruppo parlamentare per la pace tra Palestina e Israele, che conta un’ottantina di parlamentari, è toccato guastare la festa con una lettera al presidente leghista della Camera, Lorenzo Fontana: “L’impegno di Salvini nel rafforzare le relazioni tra Italia e Israele coincide con il sostegno incondizionato a un governo che continua a violare sistematicamente il diritto internazionale e i diritti umani del popolo palestinese. Il vicepremier non ha esitato a stringere la mano insanguinata di Netanyahu, ritenuto responsabile di crimini di guerra e gravi abusi. Ricevere un premio in questo contesto non è un merito, ma una vergogna. Ed è molto grave che ciò avvenga in una sala della Camera”.
Nel pomeriggio, la nota di Montecitorio: “Per quanto riguarda la gestione delle sale, da sempre, la Camera non risponde dei contenuti e degli ospiti delle iniziative richieste da gruppi o deputati”. Tradotto: non ci coinvolgete. Ma il caso è lontano dall’essere chiuso. Così se il ministro degli Esteri Antonio Tajani si smarca – “non commento i premi a Salvini, la posizione del governo è chiara” – a Montecitorio Pd, M5S e Avs chiedono che il governo riferisca in aula.
(da Il Fatto Quotidiano)

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AGGIUNGI UN POSTO NELLO STAFF: I MINISTERI CONTINUANO A GONFIARSI DI COLLABORATORI, COMANDATI E DISTACCATI

Luglio 23rd, 2025 Riccardo Fucile

VICINI AL POTERE, AVANZANO IN CARRIERA NELLE AMMINISTRAZIONI DI PROVENIENZA

Che in Italia ci siano troppi dipendenti pubblici è una mezza bufala. Il loro numero continua a diminuire, tanto che siamo ormai in fondo alla classifica europea per il rapporto fra
impiegati nella pubblica amministrazione e altri occupati. L’Istat dice che dal 15,4 per cento del 2001 quel rapporto è sceso oggi al 13,5 per cento, e il calo non si arresta. Tranne che in qualche anfratto dell’apparato.
Il ministero della Salute di Orazio Schillaci, per esempio, si appresterebbe a portare il personale degli «uffici di diretta collaborazione», cioè gli staff di ministri e sottosegretari, a 130 unità. C’è scritto nella bozza del decreto del presidente della Repubblica che fissa il nuovo regolamento di quegli «uffici», pubblicato dal Quotidiano sanità con la precisazione che prima erano 120. Appena?
Ma l’onda viene da lontano. Un anno e mezzo fa, prima di restare orfano di Gennaro Sangiuliano, il ministero della Cultura aveva portato lo staff a 100 persone. Imitando il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, capace di innalzare per decreto il numero magico dei collaboratori da 75 a 100: grazie anche a un supplemento finanziario di un paio di milioncini l’anno.
E quando L’Espresso, a giugno del 2024, aveva pubblicato le spese sempre più sorprendenti degli staff ministeriali, il ministero della Giustizia aveva sentito il bisogno di spiegare pubblicamente che la somma di 51,9 milioni (11 milioni e mezzo in più rispetto all’anno precedente) comprendeva anche il fabbisogno dell’ispettorato composto da 145 persone. Ma pure quello dell’ufficio legislativo, dove ce ne sono altri 60 (sessanta?). Poi quelli che si occupano del mitico Pnrr: ancora 30 (trenta?). Il tutto con 80 (ottanta?) magistrati fuori ruolo.
Cioè, se si spende di più un motivo c’è sempre.
Una precisazione lapalissiana adattabile anche al nuovo regolamento del ministero della Salute. Se lo staff si gonfia è perché si gonfia anche il dante causa. Al ministero ci sono ora un ministro, Schillaci, e un sottosegretario, Marcello Gemmato. Ebbene, secondo la bozza del dpr resa nota da Quotidiano sanità dovrebbe arrivare anche un viceministro. O meglio, secondo le voci non dovrebbe proprio arrivare, perché viceministro sarebbe promosso Gemmato. Con l’innesto di un nuovo sottosegretario nella persona di Andrea Costa per Noi Moderati, la quarta gambetta della maggioranza.
L’estate è il momento più propizio per queste iniziative. Il caldo aiuta a soffocare le inevitabili polemiche, e le ferie fanno il resto. L’ideale, per condurre in porto operazioni altrimenti assai rumorose, come la nomina alla guida dell’Aci di Antonino Geronimo La Russa, figlio del presidente del Senato. O l’invenzione di un nuovo sottosegretario alla presidenza con delega al Sud nella persona di Luigi Sbarra. È l’ex segretario generale della Cisl, il sindacato più morbido nei confronti del governo Meloni. Il che la dice lunga sull’attenzione per il Sud dell’esecutivo, nel quale nessuno di fatto si era ancora occupato.
Gemmato ha smentito l’ipotesi di ritrovarsi viceministro, ma i chiacchieroni insistono. Per non parlare dei maligni che non cessano di ricordare l’infortunio del sottosegretario: socio di un’azienda sanitaria, Therapia srl, che invitava sul sito internet a utilizzare i propri servizi privati per evitare le lungaggini della sanità pubblica.
Se però si considera l’evoluzione delle competenze del ministero della Salute, e nella fattispecie del sottosegretario Gemmato, farmacista di professione e per una scelta politica piuttosto singolare con delega ministeriale ai farmaci, è comprensibile la necessità di irrobustire il ponte di comando e il relativo staff.
Nei mesi scorsi il ministero ha emanato una direttiva che consente l’impiego di un antivirale destinato agli esseri umani per curare i gatti affetti da fip, la peritonite infettiva felina. «D’ora in poi anche i veterinari potranno prescrivere il farmaco a esclusivo uso umano utilizzato per il trattamento del Covid 19. Basterà presentare la ricetta elettronica veterinaria per acquistare il farmaco salvavita», informa un servizio del Tg1 andato in onda un annetto fa. Corredato con una dichiarazione del sottosegretario («politico, farmacista, marito, padre di due gemelle e custode di un gatto», dice il suo profilo su Istagram): «La fip causa il 96 per cento di mortalità dei gatti che la contraggono. Il Remdesivir per uso veterinario offre un’alternativa farmacologica per salvarli».
Encomiabile, un ministero della Salute che si occupa anche della salute dei felini. Servirà forse ad alleviare il travaglio di molti loro proprietari, alle prese con l’enorme problema irrisolto delle liste d’attesa chilometriche e con una sanità pubblica in difficoltà sempre più gravi che costringe i contribuenti a migrare verso il privato. Secondo un sondaggio Doxa elaborato per Assalco, almeno il 22 per cento delle famiglie italiane, compresa evidentemente quella del sottosegretario, ha un gatto.
Ma forse anche quella direttiva è un altro sintomo di un sistema letteralmente alla deriva. Dove la gestione del potere e del consenso ormai fa premio su tutto il resto. E gli staff dei ministeri ne sono lo specchio, obesi fino all’inverosimile e nei quali talvolta non mancano le figure chiave, emanazione diretta di chi nel governo comanda davvero. A capo della segreteria del ministro Schillaci, già rettore dell’università Tor Vergata senza un riferimento politico univoco nell’attuale maggioranza, c’è per esempio la potentissima Rita di Quinzio. Che ha meritato anche un posto nel consiglio di amministrazione di Sport e Salute guidato da Marco Mezzaroma, grande amico delle sorelle Giorgia e Arianna Meloni.
Ma il loro rapporto con Rita Di Quinzio, come del resto con il sottosegretario Gemmato, è più che una semplice amicizia. Legame forte è una lunga militanza politica. Cementata anche negli uffici pubblici. Prima di laurearsi, informa il curriculum, l’attuale capo segreteria di Schillaci lavora all’Alleanza sportiva italiana, associazione nata dal Centro nazionale Fiamma dell’Msi di Pino Romualdi poi diventata l’Asi oggi guidata dal sottosegretario ex missino Claudio Barbaro. Quindi entra al Comune di Roma, e quasi subito passa in comando al Consiglio regionale del Lazio, dove Arianna Meloni lavora con contratti a tempo determinato nella segreteria del gruppo di An e poi di Fratelli d’Italia. L’affinità è profonda, dice chi conosce bene la loro storia.
Nel 2021 Rita Di Quinzio è alla segreteria generale del Consiglio, mentre Arianna Meloni diventa responsabile della segreteria della presidente di una commissione, consigliera regionale di Fdi. Si chiama Chiara Colosimo, è un pezzo da Novanta del mondo meloniano e da lì a un anno sarà la nuova presidente della commissione parlamentare Antimafia per investitura diretta di Giorgia (e Arianna? Boh…). Suo braccio destro a palazzo San Macuto è Nicoletta Pimpinella, collega in consiglio regionale di Rita Di Quinzio. La conquista del potere da parte della loro destra ha aperto a entrambe nuovi scenari. Che però possono essere anche ulteriormente allargati.
L’occasione è un concorso per sette funzionari esperti, riservato al personale di ruolo del Consiglio regionale, che profila un non trascurabile futuro avanzamento di carriera e di stipendio. In quel momento Di Quinzio e Pimpinella sono distaccate altrove: la prima al ministero della Salute, la seconda all’Antimafia. Mentre è ovvio che il concorso è destinato al personale in servizio, perché poi dovrebbe assumere negli uffici regionali le funzioni previste dalla promozione. Ma tant’è. Entrambe partecipano ed entrambe risultano vincitrici. Rita Di Quinzio è prima, Nicoletta Pimpinella seconda. È agosto del 2024. Nel gran caldo qualcuno storce il naso, inutilmente.
Il potere, diceva uno che la sapeva lunga, logora chi non ce l’ha.
Sergio Rizzo
(da lespresso.it)

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CAMERA, LA PROPOSTA “NASCOSTA” DI FRATELLI D’ITALIA: ALZARE DI 1.000 EURO LO STIPENDIO DEI DEPUTATI PER EQUIPARARLO A QUELLO DEI SENATORI

Luglio 23rd, 2025 Riccardo Fucile

CHE TRISTE FINE, RAMPELLI: DALL’ALTERNATIVA AL SISTEMA AI TEMPI DEL MSI A DIFENSORE DALLA CASTA

Ultimo punto all’ordine del giorno del bilancio interno di Montecitorio, presentato poco prima del confronto in aula di giovedì mattina, è il 6/77 a firma di Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e uomo di peso di FdI: vi si legge la proposta “a valutare l’opportunità di intensificare il confronto con i competenti organi del Senato della Repubblica, al fine di superare eccessive differenziazioni nella disciplina di istituti comuni ai due rami del Parlamento”. Tradotto dal burocratese: equiparare le indennità. E considerato che oggi la Camera è quella che nel confronto ci perde, la proposta a rigor di logica è quella di aumentare gli stipendi.
La denuncia arriva dal M5S, con il capogruppo Riccardo Ricciardi che attacca: “È il nuovo ennesimo tentativo del centrodestra di alzare i salari, i loro però. Tentato con una formula vaga che pensavano passasse inosservata”.
Ricciardi così prepara la contromossa per stanare la maggioranza: chiedere il ritiro di questo odg, presentarlo identico al bilancio del Senato, con l’effetto sì di equiparare gli stipendi, ma verso il basso.
“Lo voteremmo subito. Sarebbe la controprova delle buone intenzioni del partito di Giorgia Meloni, ma considerati i precedenti la verità è che ci hanno provato anche stavolta”, spiega. Questo, aggiunge la vicepresidente dei 5 Stelle Chiara Appendino, “è un oltraggio a chi ogni giorno si sacrifica tra bollette, mutui e carrelli sempre più vuoti. Mentre ancora aspettiamo che ci spieghino perché usano i voli di Stato come taxi, Meloni e questa maggioranza tentano di regalarsi altri privilegi”
Lo stipendio di un deputato è più basso di circa 1.000 euro al mese rispetto a un senatore. Poi ci sono piccoli benefit in più per chi siede a Palazzo Madama: una volta terminato il mandato, un (ex) senatore ha ancora 2.200 euro all’anno per i treni, per dieci anni. C’è poi la questione dei vitalizi. La Camera dei Deputati
ha scelto di confermarne il taglio giusto qualche giorno fa, ignorando le proteste e gli appelli presentati da coloro che auspicavano un ritorno ai vecchi assegni. Mentre al Senato il Consiglio di garanzia ha abolito le riduzioni del 2018, grazie al sistema di calcolo contributivo.
Non è la prima volta che il centrodestra presenta un ordine del giorno del genere. Maurizio Lupi due anni fa esatti chiese al consiglio di presidenza di Montecitorio di equiparare il trattamento economico tre le due Camere, non solo per i deputati ma anche per le spese dei gruppi e dei dipendenti dei gruppi. Da quel dibattito portato in aula scaturì il famoso intervento di Piero Fassino (Pd) che, sventolando il cedolino, si lamentò che lo stipendio di un deputato non fosse d’oro.
(da agenzie)

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