Destra di Popolo.net

FINE DELLA FARSA, IL MINISTRO DEGLI ESTERI RUSSO, SERGEI LAVROV: “DISCUTERE DI GARANZIE DI SICUREZZA IN UCRAINA SENZA LA RUSSIA È INUTILE”. UN MODO PER CHIUDERE LA PORTA A QUALSIASI TIPO DI DISCUSSIONE SULLA PACE

Agosto 20th, 2025 Riccardo Fucile

POI ATTACCA L’UE: “DALL’EUROPA SOLO UN’AGGRESSIVA ESCALATION E GOFFI TENTATIVI DI OSTACOLARE TRUMP”…È EVIDENTE CHE MOSCA NON HA ALCUNA INTENZIONE DI NEGOZIARE ALCUNCHÉ, NONOSTANTE QUELLO CHE TRUMP VA A DIRE IN GIRO

“Discutere di garanzie di sicurezza in Ucraina senza la Russia è una strada che non porta da nessuna parte”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Serghei Lavrov citato dall’agenzia Ria Novosti. “La Russia vede finora dalla Ue solo un’aggressiva escalation della situazione e goffi tentativi di cambiare la posizione di Donald Trump sulla soluzione ucraina”.
“Quali misure diplomatiche ha notato da parte dell’Unione Europea? Bisogna vederle prima di poterle valutare”, ha dichiarato Lavrov secondo la Tass. “Finora – ha proseguito il capo della diplomazia russa – abbiamo assistito solo a un’escalation piuttosto aggressiva della situazione, a tentativi piuttosto goffi e, in generale, poco etici di cambiare la posizione dell’amministrazione Trump e personalmente del presidente Usa, come abbiamo osservato durante la scorta europea del signor Zelensky a Washington, lunedì di questa settimana”.
“Non abbiamo sentito alcuna idea costruttiva da parte degli europei”, ha dichiarato ancora il ministro degli Esteri russo.
Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha citato oggi come “un ottimo esempio” per le garanzie di sicurezza all’Ucraina quelle proposte in un documento dagli stessi negoziatori di Kiev nel 2022 durante trattative, poi naufragate, a Istanbul.
Lavrov ha ricordato che la proposta della parte ucraina, che “la delegazione russa aveva accettato”, prevedeva tra l’altro che a garantire la sicurezza dell’Ucraina fossero anche i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, “comprese Russia e Cina, oltre a Usa, Francia e Gran Bretagna”.
Mosca non intende modificare la propria posizione su ciò che considera garanzie di sicurezza accettabili per l’Ucraina
Le affermazioni del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov hanno smorzato le speranze che, dall’incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e quello statunitense Donald Trump di venerdì scorso in Alaska, siano emersi progressi verso la fine della guerra in Ucraina.
Le parole di Lavrov confermano inoltre che il Cremlino non ha ammorbidito le proprie posizioni massimaliste sull’Ucraina: trasformarla in uno Stato neutrale ridotto; ridimensionare drasticamente le sue forze armate; e abbandonare le aspirazioni di adesione alla NATO, una volta che la Russia avrà concluso la sua offensiva.
«Mosca non accetterà garanzie di sicurezza collettive negoziate senza la Russia… La Russia accetterà se le garanzie di sicurezza all’Ucraina verranno fornite su base di parità con la partecipazione di paesi come Cina, Stati Uniti, Regno Unito e Francia», ha dichiarato Lavrov dopo un incontro con il ministro degli Esteri giordano.
Il fatto che Pechino e Mosca possano avere voce in capitolo sul funzionamento delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina è inaccettabile per gli alleati occidentali
A conferma della riluttanza del Cremlino a compiere passi verso la fine dell’invasione su larga scala iniziata nel febbraio 2022, un ipotetico incontro tra Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy resta una prospettiva lontana, come Lavrov ha già affermato all’inizio di questa settimana.
«Sono convinto che in Occidente — in primo luogo negli Stati Uniti — comprendano perfettamente che discutere della questione della sicurezza senza la Federazione Russa è un’utopia, una strada senza uscita», ha detto Lavrov in conferenza stampa.
I leader europei non credono che Putin sia sincero riguardo a un accordo di pace — e le dichiarazioni di Lavrov rafforzano questa convinzione.

(da agenzie)

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“IL VIMINALE RILEVA UN AUMENTO DEI TURISTI, MA LA PERCEZIONE DELLE IMPRESE È DIVERSA”: FEDERALBERGHI SBUGIARDA IL MINISTERO DELL’INTERNO, CHE SOSTIENE CHE IL TURISMO IN ITALIA SIA IN AUMENTO

Agosto 20th, 2025 Riccardo Fucile

SECONDO GLI ALBERGATORI, I DATI SAREBBERO FALSATI A CAUSA DI UN NUOVO METODO DI CONTEGGIO: “NELLA GRAN PARTE DELLE LOCALITÀ SI RILEVANO PRESENZE IN CALO O TUTT’AL PIÙ STAZIONARIE”

“Il Viminale, elaborando i dati sugli arrivi, rileva un aumento dei turisti, ma la percezione delle imprese è diversa: nella gran parte delle località si rilevano presenze in calo o tutt’al più stazionarie.
La nostra sensazione è che il trend segnalato dal Ministero dell’Interno sia in buona parte attribuibile all’emersione dei tanti abusivi ed evasori che sono stati finalmente stanati” con l’introduzione del Codice identificativo nazionale.
Così Federalberghi commenta i dati sul turismo prodotti dal Viminale.
Per l’associazione degli albergatori, “per ottenere un risultato accurato” sull’andamento del flusso di turisti “sarebbe opportuno analizzare il dato ‘ceteris paribus’, depurandolo dall’effetto Cin (codice identificativo nazionale), che ha portato allo scoperto centinaia di migliaia di appartamenti.
Basti considerare che nei mesi scorsi sono stati registrati nella banca dati del Ministero del Turismo più di 600mila alloggi, dei quali sino all’anno scorso si sapeva poco o nulla” spiega Federalberghi. “Ovviamente, l’emersione di milioni di posti letto che lo scorso anno non erano rilevati è cosa buona e va salutata
con favore. Ma, purtroppo, per qualche anno falserà la lettura dei dati” aggiunge l’organizzazione.

(da agenzie)

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IL FILOSOFO, L’UFFICIALE, L’INFORMATICO: CHI SONO GLI ATTIVISTI DI MEDITERRANEA E PERCHE’ LO FANNO

Agosto 20th, 2025 Riccardo Fucile

SALVARE VITE AVVOLTE NEL BUIO DELLA DISPERAZIONE: IL SOCCORSO COME BAROMETRO DELA PROPRIA ESISTENZA

Marittimi di professione, ufficiali di lungo corso, macchinisti, certo. Ma anche un consigliere comunale, un filosofo, l’informatico che, quando è a terra, lavora con le squadre del soccorso alpino.
La scelta di aiutare
Le rotte che portano su una nave di soccorso – a scrutare il mare per ore per verificare che non ci sia nessuno in difficoltà, a sperare di essere nel posto giusto al momento giusto per salvare chi non ha altra opzione, ad affrontare minacce e provocazioni dei libici che anche fuori dalle loro acque territoriali e di competenza si comportano da padroni, su imbarcazioni nate per soccorre e usate per catturare – partono da punti molto diversi.
Luoghi di partenza e confini
Con una vita che a terra si declina in ruoli e funzioni che fra loro nulla hanno a che fare.“Ma non è l’altra vita, è la stessa, in perfetta linea di continuità”, spiega Fabio Gianfrancesco, docente a contratto a Sapienza e in altre università, Rhib leader di una delle lance di soccorso di Mediterranea.
Nell’ong da cui la nuova nave prende il nome c’è dall’inizio. E il percorso politico, esistenziale, di ricerca che da Roma, i suoi collettivi, persino la Sapienza, porta al mare è il medesimo – dice – solo declinato in forme diverse. È anche ricerca su come luoghi di partenza e confini influenzino percezione e visibilità stessa degli esseri umani e anche questa – argomenta – non è pura speculazione accademica.
“Serve a spiegare anche in contesti molto diversi da questo cosa stia succedendo in mare”. Al largo di lettini, ombrelloni, creme solari e aperitivi al tramonto. Con una distesa blu che da una spiaggia italiana è svago, relax, pausa, dentro è una sfida necessaria in cui ci si gioca la vita per avere la speranza di costruirne una.
I migranti morti da gennaio: 1.011
Da gennaio a oggi, recita l’ultimo dato dell’agenzia Onu Oim, Organizzazione internazionale migrazioni, in 1.011 quella sfida l’hanno persa. Il mare li ha inghiottiti. Numeri necessariamente approssimati per difetto. Non tengono conto né di chi si spegne dopo la traversata, come Fatma, la bimba di sei anni morta ieri, dopo cinque giorni di traversata da incubo senza né bere, né mangiare. Tanto meno entrano nel conto i cosiddetti “dispersi” che rimangono solo nelle testimonianze dei loro compagni di viaggio o i naufragi fantasma, quelle barche partite e affondate in un punto del Mediterraneo senza che nessuno ne sappia nulla.
“Andiamo a prendere chi si è fatto male”
“Quando tra dieci, vent’anni qualcuno chiederà ‘come avete permesso tutto questo?’, voglio poter dire che il mio l’ho fatto, che abbiamo lottato perché questo non succedesse a mare, come a terra”, racconta Tommaso Basilici, informatico di professione, a terra fra le squadre del soccorso alpino che hanno ritrovato il piccolo Allen, il bambino che si era allontanato dal campeggio di Ventimiglia. “Per spiegare quello che faccio in mare ai miei compagni a terra dico una cosa semplice: noi qui andiamo a prendere chi si è fatto male, chi è rimasto bloccato, chi è in pericolo, chiunque esso sia. Con Mare Jonio prima e con Mediterranea adesso facciamo lo stesso”.
Raccontare la missione
Anche raccontare è parte della missione, che non si ferma allo sbarco ma continua in conversazioni private e pubbliche, incontri, cene di autofinanziamento, eventi, riunioni. Servono per far capire, per costruire reti, ma anche per mettere insieme i finanziamenti necessari per sostenere le rotazioni successive. “Non abbiamo grandi finanziatori, ogni pieno sono decine di cene sociali, migliaia di contributi anche minimi”.
“Figlio di migrante economico”
A volte, come a Mogliano Veneto, è un impegno che passa anche dal consiglio comunale. Danny Castiglione, veterano in mare per Mediterranea, impegnato anche nei progetti che l’organizzazione ha in Ucraina e Cisgiordania, dell’assemblea del piccolo comune a un passo da Venezia è fra gli eletti. “Dal 2022 ho fatto 12 missioni su 12, sono stato spesso anche in Palestina, quindi ho anche pensato alle dimissioni, ma sono stati i miei a dirmi di restare perché il messaggio di cui sono portatore è importante”. Padre siciliano, madre campana, si definisce “figlio di migrante economico” e in Veneto, anzi in tutto il Nord, ricorda, non è poi così raro. “Quello che ha mosso i miei genitori non è poi così diverso da quello che spinge ad attraversare il mare”.
Torture e violenze
Alle spalle di chi arriva dalla sponda Sud c’è una traversata molto più pericolosa, gli anni in Libia, fra torture, detenzioni arbitrarie, vessazioni, violenze, magari ancora prima, una guerra da lasciarsi alle spalle attraversando il deserto. “La nostra non è un’attività semplicemente umanitaria – afferma Castiglione – noi facciamo politica, siamo qui nella speranza che questo non sia più necessario perché esistono canali sicuri, legali e rapidi per attraversare le frontiere. Nel frattempo salviamo vite che l’indifferenza istituzionale condanna. E lavoriamo anche a terra per spiegare perché sia necessario abbattere i muri che i governi italiani da decenni costruiscono”.
Soccorso come centro della vita
Iasonas Apostolopoulos vede e assiste chi sopravvive ai confini dal 2015. Ha iniziato a Lesbo, poi la rotta centrale è diventata la nuova emergenza, l’ha vista da diverse navi, poi, da quando è nata Mediterranea, ha trovato casa. E ha incontrato nuovamente Ibrahima Lo, il ragazzino tirato fuori dal mare nel 2017, che anni dopo con il suo libro ha ispirato il regista Matteo Garrone. Apostolopoulos non è l’unico che abbia fatto del soccorso il barometro della propria vita.
Lo stesso percorso hanno scelto Fatima Sanchez, marittima di professione che da tempo ha scelto di lavorare sulle navi della flotta civile, Marco, secondo ufficiale, un passato da comandante su diverse navi della flotta civile, un futuro forse a monitorare altre rotte, Georgios, Pavel, Liviu, Leo. Che si stringono nelle spalle e spiegano semplicemente: “Siamo qui perché è il posto giusto dove stare”.

(da agenzie)

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IL GOVERNO SI SCIOGLIE SOTTO IL SOLE DI AGOSTO? FRANCESCO LOLLOBRIGIDA E MATTEO SALVINI CANNONEGGIANO ORAZIO SCHILLACI, “COLPEVOLE” DI AVER AZZERATO LA COMMISSIONE DEL MINISTERO DELLA SALUTE SUI VACCINI, ALL’INTERNO DELLA QUALE ERANO FINITI DUE MEDICI “SCETTICI” IN MATERIA

Agosto 20th, 2025 Riccardo Fucile

IN DIFESA DI SCHILLACI (GRADITO AL QUIRINALE) SI SCHIERA FORZA ITALIA. GASPARRI: “NOI TRA STREGONERIA E SCIENZA NON ABBIAMO DUBBI”… IL FARMACISTA MARCELLO GEMMATO SOGNA DI PRENDERE IL POSTO DEL MINISTRO: SAREBBE STATO LUI A INSERIRE I NOMI DEI DUE MEDICI NELLA LISTA DEI COMPONENTI DELLA COMMISSIONE … IL TWEET DI RENZI: “PERCHÉ LOLLOBRIGIDA E SALVINI NON SONO IN LIZZA PER IL NOBEL PER LA MEDICINA?”

Non è ancora il punto di non ritorno, ma è la tempesta estiva che sta scuotendo il governo. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, è diventato il bersaglio di attacchi pubblici, fatto più unico che raro con Giorgia Meloni a palazzo Chigi. Nemmeno l’ex numero uno della Cultura, Gennaro Sangiuliano, nel pieno dell’affaire-Boccia, era stato così platealmente sbeffeggiato.
L’insolita tenaglia Francesco Lollobrigida-Matteo Salvini si è stretta intorno all’ex rettore dell’università di Tor Vergata dopo lo scioglimento del Nitag, il gruppo consultivo sulle vaccinazioni. C’è insomma aria di sostituzione al dicastero di lungotevere in Ripa.
A palazzo Chigi sfogliano la margherita della controffensiva. Schillaci non è intenzionato a dare le dimissioni. Vuole portare avanti il mandato e lasciare la propria impronta sul rilancio della sanità, potenziando gli organici. L’alta tensione è uno strumento per logorarlo e capire il da farsi. Il problema è che manca un sostituto adeguato.
Non c’è stato l’accordo per trovare una guida all’Agenas, commissariata con Amedeo Cicchetti, figurarsi quanto possa essere difficile portare al timone della sanità italiana un profilo capace di trovare il gradimento del capo dello stato, Sergio Mattarella. Al Quirinale non prenderebbero in considerazione nomi riconducibili a qualsiasi forma di scetticismo sulle vaccinazioni.
Si cerca nell’area dei tecnici, il rischio è quello di ritrovarsi uno Schillaci-bis. Ci sarebbe Andrea Mandelli, presidente dell’ordine dei farmacisti ed ex deputato di Forza Italia. Ma è appunto riconducibile a FI e in materia di vaccini risulta allineato a Schillaci. Nella girandola impazzita, rimbalza l’idea di un “commissariamento” di fatto da parte di Arianna Meloni che diventerebbe la ministra-ombra attraverso l’attuale capo segreteria del ministro, Rita Di Quinzio, amica da tempo della premier e della sorella. E già molto influente al ministero. Se Schillaci accetta il ridimensionamento allora può andare avanti: dovrebbe rimangiarsi il gesto di autonomia, altrimenti si dovranno cercare altre rotte.
Il sottosegretario Marcello Gemmato non aspetterebbe altro che la chiamata. Era stata già apparecchiata per lui la poltrona da viceministro, che per ora resta vacante. Il doppio salto sarebbe perfetto. Peraltro, la promozione del sottosegretario può liberare la casella per Andrea Costa di Noi Moderati, in stand-by da mesi: gli avevano promesso una poltrona alla Salute.
Solo che abbondano i detrattori di Gemmato. Il fedelissimo di Meloni, di professione farmacista, è visto come rappresentante di un gruppo di potere. «Il ministero della Salute deve essere realmente un ministero della Salute, non un luogo di affari né di pressioni personali o di lobby», ha già puntualizzato Mariastella Giorlandino, presidente della Uap, associazione che mette insieme ambulatori e poliambulatori, più volte in rotta di collisione con il sottosegretario.
Il doppio affondo In attesa di una decisione, la tensione resta alta. Lollobrigida ha indirettamente confermato che l’ex rettore dell’università di Tor Vergata non è più gradito. Schillaci? «Ora gode di un ampio consenso anche tra le opposizioni», ha detto con perfidia il ministro dell’Agricoltura in un colloquio con Il Foglio.
Il ministro dell’Agricoltura ha contestato pure il merito della decisione di Schillaci sullo scioglimento del Nitag: «La storia insegna che non sempre il pensiero scientifico dominante è quello giusto». Insomma, il titolare della Salute avrebbe sbagliato su tutta la linea, secondo il ragionamento che trova d’accordo una buona fetta di FdI, compresi i due capigruppo di Camera e Senato, Galeazzo Bignami e Lucio Malan. Si racconta che Bignami sia quello più irritato da Schillaci.
Per questo Meloni, nel bel mezzo delle vacanze e di giorni storici per i colloqui di pace sull’Ucraina, ha trovato il tempo di far trapelare l’irritazione verso il ministro della Salute. A completare l’accerchiamento è arrivato il vicepremier, Matteo Salvini, che ha ritirato fuori le posizioni accondiscendenti con la galassia No-vax: «Schillaci ha deciso di testa sua, prima ha nominato la commissione, poi se l’è autoazzerata. Evidentemente al ministero c’è qualcosa che non funziona».

(da Domani)

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SOLO TRUMP CREDE DAVVERO NEL BILATERALE TRA PUTIN E ZELENSKY: COME PUÒ IL PRESIDENTE RUSSO INCONTRARE UN LEADER CHE NON RICONOSCE COME LEGITTIMO E NEPPURE NOMINA UFFICIALMENTE?

Agosto 20th, 2025 Riccardo Fucile

NEL RESOCONTO DI MOSCA DELLA TELEFONATA CON IL TYCOON SI PARLAVA VAGAMENTE DI “ALZARE IL LIVELLO DELLA RAPPRESENTANZA DELLE DELEGAZIONI”, SENZA PARLARE DI UN FACCIA A FACCIA DIRETTO … LO ZAR, SEDENDOSI AL TAVOLO CON L’UCRAINO, LO LEGITTIMEREBBE COME PARI. IL CONTRARIO DI QUELLO CHE VUOLE CON LA GUERRA (LA FAMOSA “DENAZIFICAZIONE”)

C’è un problema di fondo nelle manovre diplomatiche per organizzare un summit fra Vladimir Putin e Volodymyr
Zelensky. Lo si può riassumere con una sola parola, per noi italiani carica di echi manzoniani: l’Innominato.
Pur accettando teoricamente la proposta di Donald Trump di un dialogo diretto con Kiev, infatti, il capo del Cremlino nemmeno nomina il leader che a tale scopo dovrebbe incontrare: ovvero il presidente ucraino.
E tutti i suoi sottoposti, dal ministro degli Esteri Lavrov all’ambasciatore di Mosca all’Onu, seguono disciplinatamente la medesima direttiva: è praticamente impossibile trovare una dichiarazione ufficiale della Russia in cui qualcuno pronuncia il nome di Zelensky.
I russi dicono che bisogna alzare “il livello della rappresentanza delle delegazioni” nei negoziati fra Mosca e Kiev (una trattativa, peraltro, al momento ferma). Ripetono che non ha senso un incontro al vertice se prima non viene preparato da funzionari ed esperti.
Affermano il mantra di Putin, secondo cui occorre dare la priorità a risolvere le cause “alla radice del conflitto”, cause che, per riassumerle in due parole, sono il desiderio ucraino di essere una democrazia inglobata nel campo europeo e occidentale, anziché uno stato vassallo del Cremlino come ai tempi dell’Unione Sovietica.
E comunque, come sottolinea fin dal titolo un’analisi del New York Times, “Putin wont’ even say Zelensky’s name: so will he sit down with him?” (Putin non pronuncia nemmeno il nome di Zelensky: possibile che si sieda davanti a lui?)
“Putin si incontrerebbe con Zelensky”, predice Grigorij Golosov, un politologo di San Pietroburgo, interpellato in proposito dal quotidiano newyorchese, “solo se fosse chiaro che l’incontro sarebbe una capitolazione dell’Ucraina, l’ammissione della sconfitta da parte di Zelensky”.
Del resto, il presidente russo ha basato la necessità della guerra sulla falsa idea che Zelensky è un leader illegittimo, alla testa di un regime da “denazificare”, colpevole di genocidio verso la minoranza ucraina di lingua russa.
Incontrarlo faccia a faccia sarebbe come legittimarlo, dargli un ruolo da pari a pari: esattamente il contrario di quello che Putin vuole realizzare con la guerra.
Se a un certo punto Putin decidesse di rimangiarsi almeno in parte le accuse a Zelensky, calcolando che questo è il momento giusto per un accordo perché non troverà mai più a Washington un presidente accomodante nei suoi confronti come Trump, un eventuale voltafaccia sarebbe presentato dalla propaganda russa come una vittoria: e, in un Paese totalitario, il Cremlino non avrebbe da temere ripercussioni pubbliche.
Almeno nell’immediato: perché se la pace lasciasse in piedi un’Ucraina indipendente, sovrana e in via di adesione all’Unione Europea, con garanzie di sicurezza fornite dall’Europa e appoggiate dagli Usa, seppure con un territorio ridotto di un quinto, prima o poi a Mosca qualcuno potrebbe chiedersi, fra gli oligarchi, fra le alte sfere militari, perfino nella “cupola” putiniana, se valeva davvero le pena di innescare un conflitto costato un milione di vittime tra morti e feriti, pesanti sanzioni e l’ostracismo dell’Occidente. Ma per adesso la linea dello zar non cambia: compiacere Trump segnalandosi pronto a un summit, e continuare a trattare Zelensky come l’Innominato.

(da La Repubblica)

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CON TRUMP ALLA CASA BIANCA, NEGLI STATI UNITI VIENE RIVALUTATA PERFINO LA SCHIAVITÙ: LA NUOVA BATTAGLIA DI “THE DONALD” CONTRO I MUSEI CHE TESTIMONIANO LA CONDIZIONE DI SCHIAVITÙ (ABOLITA SOLO NEL 1865) A CUI ERANO SOTTOPOSTI GLI AFROAMERICANI

Agosto 20th, 2025 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE AMERICANO: “I MUSEI DI WASHINGTON, MA ANCHE DI TUTTO IL PAESE, SONO ESSENZIALMENTE GLI ULTIMI RESTI DEL WOKEISMO”

Continuando la sua offensiva contro le istituzioni educative e culturali americane, il presidente Donald Trump ha annunciato di aver chiesto indagini sui musei “woke”, in particolare per quanto riguarda la storia della schiavitù. I termini ‘woke’ e ‘wokeismo’ sono parole della cultura afroamericana che significano «essere all’erta, svegli» nei confronti delle ingiustizie.
«I musei di Washington, ma anche di tutto il Paese, sono essenzialmente gli ultimi resti del wokeismo», ha denunciato Trump sul suo social network Truth. «Ho incaricato i miei procuratori di rivedere le politiche dei musei e di iniziare esattamente lo stesso processo seguito con le università, dove sono stati compiuti immensi progressi», ha aggiunto il tycoon. «Questo Paese non può essere “woke” perché il “wokeismo” è finto», ha incalzato.
La scorsa settimana la Casa Bianca ha annunciato in una lettera alla Smithsonian Institution, che gestisce circa 20 musei pubblici a Washington, che il governo avrebbe condotto un’analisi approfondita per garantire il loro «allineamento» con la visione della storia americana di Trump, basata su «verità e buon senso».
A marzo il presidente Usa ha firmato un decreto che per riprendere il controllo dei musei pubblici della capitale, accusati di «revisionismo storico» e «indottrinamento ideologico» razziale, in particolare sotto i suoi predecessori Barack Obama e e Joe Biden.

(da tio.ch)

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“CENTO EURO AL GIORNO PER TURNI DI 12 ORE, VI RACCONTO PERCHE’ NELLA RISTORAZIONE NON SI LAVORA PIU’”

Agosto 20th, 2025 Riccardo Fucile

22 ANNI ALL’ESTERO, POI LA DECISIONE DI TORNARE IN ITALIA… INTERVISTA ALLO CHEF MARCO MARINELLI

“Sono stato all’estero per più di 20 anni e posso dire che lì è tutto diverso, chi offre lavoro paga e ti rispetta. Nel settore della ristorazione e dell’ospitalità dicono tutti di non riuscire a trovare personale, ma bisognerebbe spiegare chiaramente perché. Ci sono tante cose che non vanno e i 20enni di adesso conoscono maggiormente i loro diritti sul lavoro”. A parlare è Marco Marinelli, chef 56enne oggi residente in Puglia.
Negli anni, Marinelli ha girato il mondo ed è diventato un volto noto della ristorazione, ma poi ha deciso di fare ritorno in Italia. “Ho una moglie e una figlia piccola – ha spiegato a Fanpage.it – e al momento sono alla ricerca di lavoro. È dura quando ti ritrovi davanti offerte per pochi euro e in nero, perché ti viene da pensare: ‘Se continua così, dovrò partire di nuovo’ “.
Marco è impegnato in questo settore da quando aveva 16 anni e ha sperimentato anche il cosiddetto “lavoro stagionale”. “Appena mi sono iscritto all’alberghiero ho voluto iniziare a lavorare, ho cominciato come lavapiatti in un piccolo ristorante di Taranto. Dopo quell’esperienza lì, c’è stata quella stagionale in Romagna. È stato un periodo durissimo e me ne sono ricordato spesso in questi mesi in cui ho letto articoli di giornale sulla carenza di personale nella ristorazione e negli ambienti legati al turismo. Bisognerebbe spiegare che non tutto l’oro luccica, perché si parla tanto della difficoltà di trovare lavoratori, ma poco delle paghe misere, dei giorni di riposo mancati, degli alloggi fatiscenti o dell’inesistenza dei contratti. A 20 anni neppure io facevo caso al contratto, vivevo quelle esperienze come una specie di lavoro-vacanza. Oggi invece i ragazzi se ne accorgono, fanno domande, ed è giusto che sia così perché se riceviamo proposte di lavoro indecenti e lesive della dignità, è perché in passato qualcuno ha accettato condizioni indecorose”.
“Ricordo perfettamente questo lavoro che avevo accettato a Curmayeur. Ero un ragazzino e il direttore era pugliese come me, avremmo dovuto lavorare per la stagione invernale – spiega Marinelli, oggi 46enne -. Dormivamo in 10 in una stanza e spesso mancava l’acqua calda. Dopo quell’esperienza per anni ho girato il mondo e mi sono accorto che all’estero le cose sono molto diverse: chi lavora nel settore della ristorazione, anche se giovane, viene pagato bene. Per questo lavoro si sacrificano feste, vacanze e vita privata ed è giusto che questo venga riconosciuto con una paga degna. Probabilmente in Italia credono che fuori siano tutti stupidi”.
Secondo lo chef tarantino, la Tv avrebbe contribuito a edulcorare il lavoro dello chef. “Anche io ho fatto un po’ di televisione e lavorato in posti importanti, ma so che il nostro lavoro non è fare le foto a piatti striminziti. Si parla anche di fatica, doppi turni. Se come me lavori in questo settore, devi mettere in conto di tornare a casa alle 2 di notte quando tua figlia dorme. Non è semplice. Dopo anni ho deciso di tornare in Puglia dove ho messo su famiglia e ora, a 46 anni, sto cercando lavoro”.
La ricerca per lo chef si è però rivelata ardua, soprattutto nel Sud Italia. “Al Nord è un po’ meglio, ma resta una situazione generale davvero disastrosa. Uno chef lavora circa 12 ore con i doppi turni e a me sono stati proposti 1800 euro al mese. Facendo un calcolo, si tratta di 69 euro al giorno e di poco più di 7 euro all’ora”.
“Per questo motivo – ribadisce – mi viene da ridere quando vedo l’imprenditore di turno in Tv che parla delle difficoltà di trovare
lavoratori o che fa la morale ai ragazzi. Tutti millantano origini umili e parlano di sacrificio, io dico che non ne sanno nulla. Si lamentano, ma non si pongono domande: per una vita i lavoratori di questi settori sono stati sfruttati, non pagati o pagati in ritardo. Cosa si aspettano che accada? Cosa dovremmo dire alla banca quando bisogna pagare il mutuo? Io ripartirei da queste consapevolezze”.
“Qualche tempo fa leggevo l’intervista di un imprenditore della ristorazione in Sardegna che diceva di aver offerto anche 3.000 euro al mese e di non aver mai trovato nessuno. Vorrei invitarlo a farsi due domande a riguardo, invece di lamentarsi. È un grande sacrificio tornare a casa quando magari i tuoi figli dormono e non poterci interagire, è il minimo che il datore di lavoro garantisca una sorta di equilibrio, pur tenendo in considerazione i sacrifici propri di questo mestiere”.
“Altra piaga per il nostro settore sono quei datori di lavoro che cercano personale per 100 euro al giorno. A me è capitato circa due settimane fa in una masseria del Tarantino. Cercavano aiuti extra e io ho risposto all’annuncio. Il lavoro prevedeva più di 12ore al giorno per 100 euro. Sono ovviamente scappato. Potrei raccontare molte altre esperienze simili: più volte ho dovuto accettare di lavorare in nero e alla fine della stagione ti danno il TFR solo per quello che era scritto nella busta paga. Mi sembra che nel nostro Paese ci sia una grande volontà di lamentarsi ma poca disponibilità all’ascolto e al confronto anche con realtà vicine alla nostra, tipo la Francia”.

(da Fanpage)

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SALVINI TORNA AD ANNUNCIARE L’ENNESIMA NUOVA ROTTAMAZIONE DELLE CARTELLE ESATTORIALI A FAVORE DEI DISONESTI: SONO 13 MILIONI I RECIDIVI, POI VI CHIEDETE PERCHE’ I SOVRANISTI PRENDONO TANTI VOTI?

Agosto 20th, 2025 Riccardo Fucile

INTANTO FORZA ITALIA INSISTE SUL TAGLIO DELL’ALIQUOTA IRPEF PER IL CETO MEDIO. MA LE COPERTURE PER TUTTE LE MISURE NON CI SONO

Il cantiere della manovra è una partita ancora lunga da giocare, ma il primo tempo delderby nel centrodestra sulla questione
fiscale sembra si stia chiudendo a favore della Lega.
Il vicepremier Matteo Salvini non ha dubbi e rivela: «La rottamazione definitiva delle cartelle esattoriali è una nostra priorità e penso di tutto il governo, ne ho parlato col ministro Giorgetti e sono convinto che la porteremo a casa».
Tuttavia, la quinta sanatoria delle cartelle sarà selettiva e non per tutti, come invece prevedeva il progetto iniziale del Carroccio, quindi le coperture necessarie dovrebbero essere inferiori ai 4 o 5 miliardi stimati.
Sui 4 miliardi si aggira anche l’intervento sul ceto medio sponsorizzato da Fratelli d’Italia e Forza Italia che da un anno duellano con la Lega, chiedendo di tagliare di due punti l’aliquota Irpef del 35% per i redditi fino a 60 mila euro.
La commissione Finanze del Senato, presieduta dal leghista Massimo Garavaglia, ha fissato il termine per la presentazione degli emendamenti al rientro dalla pausa estiva: l’obiettivo è chiudere la rottamazione a settembre così da inserirla in manovra.
La quinta sanatoria da 120 rate, senza sanzioni né interessi, ha come obiettivo quello di aiutare il ceto medio, perciò l’idea è concentrarsi su una fascia di reddito che va tra i 30 mila e i 70 mila euro. Saranno esclusi i contribuenti che hanno aderito alle precedenti rottamazioni e poi non hanno saldato le rate.
«C’è una situazione economica discreta e dobbiamo osare: la pace fiscale significa liberare milioni di lavoratori italiani da un sequestro di cartelle esattoriali che nel frattempo si sono moltiplicate», ribadisce Salvini. Eppure, la maggior parte di questi “milioni di italiani sequestrati” è contraddistinta da furbetti che non pagano le tasse abitualmente.
Consultando i dati dell’Agenzia delle entrate emerge che i soggetti in debito con il fisco sono 22 milioni, il 60% di questi, circa 13 milioni di persone, hanno ricevuto cartelle esattoriali in
dieci diverse annualità, ovvero per dieci anni sono riusciti a collezionare debiti con lo Stato e gli enti locali.
L’Agenzia delle entrate si è resa conto che i contribuenti destinatari ogni anno di cartelle, avvisi e accertamenti sono dieci milioni: quasi l’80% di questi – circa 8 milioni – risulta aver avuto iscrizioni a ruolo nei tre anni precedenti. Non ci si deve stupire se il magazzino della riscossione veleggia verso i 1.300 miliardi di euro.
I tecnici lavorano anche per rendere più rigida la decadenza dalla rottamazione. Il progetto leghista, infatti, consente di beneficiare del piano di dilazione pur saltando sette rate, un’opzione che di fatto costerebbe al contribuente 113 quote anziché 120.
L’Agenzia delle entrate ha suggerito di ridurre questo margine, mentre i leghisti vorrebbero incrementarlo, magari dando la possibilità di non versare dieci rate.
Intanto, oggi termina la moratoria fiscale estiva e i contribuenti dovranno presentarsi in cassa con 138 scadenze.

(da agenzie)

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NELLE CARCERI DETTANO LEGGE I BOSS. PAROLA DI NICOLA GRATTERI: IL PROCURATORE DI NAPOLI SI DICE MOLTO PREOCCUPATO PER LA SITUAZIONE ESPLOSIVA DELLE CARCERI ITALIANE, TRA SOVRAFFOLLAMENTO, SUICIDI, RIVOLTE ED EVASIONI

Agosto 20th, 2025 Riccardo Fucile

“IL MALESSERE DI RECLUSI E AGENTI È DOVUTO NON SOLO ALLE CASE DI PENA STRACOLME, MA ANCHE AL POTERE DI DETENUTI DI ALTO SPESSORE CHE ORMAI LÌ DETTANO LEGGE. I QUALI ORDINANO AI PIÙ DEBOLI UNA SERIE DI ‘FAVORI’… LA FRECCIATA A NORDIO: “QUELLO CHE PIÙ MI ALLARMA È L’ASSENZA DI SOLUZIONI A MEDIO E A LUNGO PERIODO”

«Preoccupato? Certo che lo sono».
In particolare, per cosa?
«E come si fa a non esserlo, di fronte alla situazione delle carceri? Basta entrarci e capisci».
Nicola Gratteri non rinuncia ai toni franchi. Il pm nato nella Locride e diventato nel mondo simbolo della lotta alla ‘ndrangheta, una vita sotto scorta, da due anni è procuratore a Napoli. I fatti dell’altra notte, l’evasione choc da Poggioreale, sono sulla sua scrivania: il carcere dista peraltro pochi metri dagli uffici dei pm.
Da mesi, in Italia, situazione più esplosiva: un 17enne tra i troppi suicidi, detenuti come animali, aggressioni agli operatori,
condizioni indegne per tutti.
«Vede, quello che più mi allarma è l’assenza di soluzioni a medio e a lungo periodo».
Ma il Ministero ha reagito persino con il Garante: “Nessun allarme, siamo nella media”.
«Mi faccio una domanda. Ma ci si è chiesto davvero il perché del malessere che serpeggia tra i detenuti e gli agenti della polizia penitenziaria? Non è mica solo per il sovraffollamento».
Cosa intende?
«È colpa anche di un sistema organizzativo, che affonda le radici negli anni, e che di fatto ha portato al progressivo controllo delle carceri da parte dei detenuti di alto spessore: i quali ordinano ai più deboli una serie di ‘favori’. Può essere l’ambasciata all’esterno, il trasporto di un cellulare, la custodia di un’arma.
E i più fragili restano schiacciati, perché rischiano sempre: le infrazioni disciplinari, se vengono scoperti; oppure gravi ripercussioni sulla loro incolumità, se si rifiutano. Il risultato è paradossale: le relazioni comportamentali sui boss descrivono questi capi come soggetti che in carcere sono irreprensibili, così possono fruire di tutti i benefici di legge; e i detenuti deboli, costretti ai desiderata dei primi, non possono aspirarvi. Questa, che tanti ignorano, è una delle condizioni che può portare ai suicidi».
Sui provvedimenti svuotacarceri è divisa anche la destra. E lei?
«Purtroppo l’esperienza insegna che dopo provvedimenti di indulto, tempo un anno, si torna al punto di partenza. Ciò posto, si deve intervenire su tre direttrici: associare i detenuti tossicodipendenti alle comunità di recupero; ampliare le carceri esistenti; ripianare con urgenza gli organici di polizia penitenziaria».
Lotta antimafia, lei è in trincea da quasi 40 anni. Questo governo ostacola o dà una mano a contrastare le economie criminali?
«Vede: nessuno chiede che i governi diano una mano ai magistrati. Devono solo provvedere a riforme che diano certezza del diritto, tutelando, innanzitutto, le vittime dei reati, senza forzature che nuocciano agli indagati. Quindi, sono obiettivo. Ho visto con favore le riforme sulle intercettazioni per reati contro la criminalità organizzata e quelle sulla cybersicurezza…».
E poi?
«Poi: tra abolizione dell’abuso di ufficio, interrogatorio preventivo prima della misura cautelare, e stretta sulle proroghe delle intercettazioni, mi sono purtroppo ricreduto. Si ha la percezione che il controllore non voglia essere controllato. Questo va solo a danno della collettività» .
Tra poco, per l’ultima lettura alla Camera, torna la separazione delle carriere, riforma contro la quale ha scioperato anche lei.
«Non serve. Non incide in alcun modo sui veri problemi della giustizia, in particolare sui tempi e la qualità delle decisioni. Quindi, lo ripeto fino alla noia: i magistrati devono essere messi nelle condizioni di decidere presto e soprattutto bene, senza perdere tempo appresso a meri orpelli procedurali…».
Si riferisce anche alle ultime strette sul sequestro dei cellulari e delle memorie dei pc?
«Certo. Se pensa che la riforma sul sequestro dei cellulari, in discussione in parlamento, introduce ben tre provvedimenti di sequestro, due dei quali del giudice, a fronte della legge attuale che ne prevede uno solo, capisce bene che la situazione non potrà che peggiorare. Dice: ma nelle memorie c’è la vita delle persone. E per catturare i delinquenti lì dobbiamo scavare noi, di quello abbiamo bisogno».
In 4 righe, per lei, la giustizia di cosa ha bisogno per funzionare meglio?
«Di una seria riforma delle circoscrizioni giudiziarie, che elimini uffici piccoli e inefficienti, in favore di uffici di medie e grandi dimensioni dove si garantisca la specializzazione che permette decisioni più rapide e giuste.
Di una semplificazione dei processi: che elimini quelle pastoie procedurali inutili e defatiganti. Insomma: il magistrato deve impiegare tutto il suo tempo a disposizione a esaminare le carte e a scrivere motivazioni congrue ed esaustive, non a sequestrare tre volte la memoria dello stesso cellulare».
Però per completezza: lei, della riforma, dice invece sì al sorteggio dei membri togati e laici nei Csm.
«Lo condivido, infatti».
on è un’ammissione di colpa immaginare che solo la sorte è in grado di combattere eventuali distorsioni?
«No, perché un magistrato, ovviamente immune da procedimenti disciplinari, così come è in grado di decidere una causa, dando ragione a una parte e torto all’altra, allo stesso tempo, è in grado di stabilire, in un Csm, chi è il miglior procuratore, valutando tutti i candidati».
Procuratore, si appresta a diventare un anchorman: da settembre su La 7 sarà il primo procuratore in carica ad avere un programma suo.
«Un momento. Non è un programma tutto mio».
Sono però cominciati gli attacchi dalla destra. Pentito già?
«No. Perché io sono invitato a rispondere a domande su tematiche generali e astratte, riguardanti il fenomeno delle mafie. E sostanzialmente lo si fa sulla scia del contenuto dei miei saggi, rispetto ai quali nessuno si è mai doluto».

(da agenzie)

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