Ottobre 21st, 2025 Riccardo Fucile
E’ PEGGIO UNA BOMBA CHE NON HA UCCISO NESSUNO O QUEI POLITICI CHE VOGLIONO SILENZIARE TUTTI?
“È peggio una bomba sotto un’auto, che in fin dei conti non ha ucciso nessuno, o dei politici che mettono in atto delle pratiche sistematiche per silenziare tutti i giornalisti?”. È la domanda che si è posto venerdì sera Sigfrido Ranucci, ospite su Rai3 di Marco Damilano. Ed è una domanda che dovrebbero porsi più che altro
quei politici che, dopo avere delegittimato per anni (decenni) Ranucci, vanno ora in tivù o straparlano sui social per esprimere tutta la loro “sincera solidarietà” al conduttore di Report. La lista dei “lacrimatori per finta” è lunghissima e non può che partire dal presidente del Consiglio. Subito dopo l’attentato, Giorgia Meloni ha scritto: “Esprimo piena solidarietà al giornalista Sigfrido Ranucci e la più ferma condanna per il grave atto intimidatorio da lui subito. La libertà e l’indipendenza dell’informazione sono valori irrinunciabili delle nostre democrazie, che continueremo a difendere”. Bello (forse), ma paraculo (sicuramente).
I suoi attacchi a Report, e più ancora quelli di molti suoi colleghi di partito e alleati di maggioranza, sono tanti. E del resto, pensando ai toni usati da lei e Crosetto nella chat di Fratelli di Italia, come pure agli attacchi di Donna Giorgia a Piazzapulita e Fanpage, non si resta certo stupiti: se lei difende “la libertà e l’indipendenza dell’informazione”, Donzelli è Churchill. A ulteriore riprova, cito qui tre gentilissimi post che la Meloni dedicò nei suoi profili social – tra ottobre e novembre 2019 – a Ranucci. “#Report mi dedica un bambinesco servizio degno di un circolo terrapiattista: GOMBLOTTO sovranista, hacker cosacchi, bot e robot. Zero fatti, solo fango. Raccolgo i dati e faccio una conferenza per deridere questi ‘giornalisti di inchiesta’, ci sarà da ridere” (28 ottobre 2019). “Tenetevi pronti! Domani pomeriggio conferenza stampa nella quale smonteremo il castello di menzogne diffuso la settimana scorsa da #Report su di me. Ci sarà da divertirsi, comprate i pop-corn” (3 novembre 2019). “In risposta a @reportrai3. Caro Ranucci, se denuncio #Report perde, i danni li pagate tu e Report, o li paga mamma RAI coi soldi dei contribuenti? Raccontalo agli italiani” (11 novembre 2019). Quanta stima e quanto affetto per questi “giornalisti di inchiesta”!
La stessa stima – o quasi – che il 7 novembre mosse Gasparri in Commissione Vigilanza Rai, quando – bofonchiando più del solito – provò a bullizzare Ranucci esibendo anche una carota e “un cognacchino” o “cordiale per farsi coraggio”, e già anche solo per usare ancora la parola “cordiale” – che nessuno menziona più dai tempi del Gozzano – Gasparri meriterebbe il confino eterno (magari a casa di Capezzone).
Grande solidarietà anche da parte di La Russa: un altro molto credibile, visto che Ranucci e Report li ha pure querelati (con risultati disastrosi: per La Russa, però). La lista di querelatori e/o dileggiatori è lunga: Giorgetti e moglie, Caputi (capo di gabinetto di Palazzo Chigi), Tosi, Fazzolari, Urso, Santanchè, Rauti, Fascina, Arianna Meloni eccetera. Tutta gente che ora (con sfumature diverse) frigna, cade dal pero e si dice dispiaciuta. E c’è pure chi ci crede. Tra i lacrimatori finti figurano poi non pochi giornalisti con la schiena diversamente dritta, che lasciano intendere che quella bomba poteva e potrebbe scoppiare anche sotto la loro macchina (come no). Tanto per cambiare, in una “gara tra peggiori” non possono mancare Renzi e il suo (sempre più sparuto) codazzo. Renzi si dice ora sgomento, ma fino a ieri bastonava Ranucci per avere osato svelare il suo famoso incontro all’autogrill con Marco Mancini. Per l’occasione è pure rispuntato l’ultrà renzianissimo Nobili, che stimava così tanto Ranucci da spacciare per vero un
“dossier” saturo di falsità contro di lui. L’economia italiana è in crisi, ma se l’ipocrisia, le lacrime di coccodrillo e la faccia come il deretano facessero reddito, saremmo il paese più ricco del mondo. Per distacco.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Ottobre 21st, 2025 Riccardo Fucile
UNA TALE MAGA-SCONCEZZA AVREBBE DOVUTO SPINGERE LA DUCETTA A UN SEMPLICE COMMENTO: TRATTASI DI FAKE-NEWS. INVECE, LA TRUMPETTA DI PALAZZO CHIGI, CHE FA? ZITTA! …PARLANO INVECE TAJANI E LOLLOBRIGIDA CHE GARANTISCONO: “ABBIAMO SEMPRE LAVORATO CON L’UNIONE EUROPEA, MA CHIARAMENTE PARLIAMO ANCHE CON GLI AMERICANI…”
Il clamoroso e provocatorio video Maga, che Donald Trump ha rilanciato su Truth, in cui si
afferma che l’Italia si accingerebbe a rompere con l’Unione Europea sui dazi per negoziare direttamente con gli Stati Uniti e che il nostro paese sarebbe interessato a ridimensionare il suo sostegno all’Ucraina, a parte “Repubblica” che l’ha portato alla ribalta, non ha fatto né caldo né freddo al Corriere.it, dove non c’è traccia.
Eppure è un fatto gravissimo non solo perché ha ricevuto la “consacrazione” col retweet di Trump, ma perché è esattamente l’opposto della linea portata avanti ufficialmente dalla statista
della Sgarbatella in questi anni. Tant’è che oggi, a Bruxelles, al summit sul gas russo da mettere al bando, alla presenza di Ursula von der Leyen, tale video è stato oggetto di dibattito.
Una tale Maga-sconcezza avrebbe dovuto spingere la premier a una dichiarazione: trattasi di fake-news. Invece, Palazzo Chigi, che fa? Parlano Tajani e Lollobrigida che garantiscono: “abbiamo sempre lavorato con l’Unione Europea, grazie all’Italia sono stati fatti passi in avanti” e “con il commissario Sefcovic lavoriamo in perfetta sintonia”. Ma “chiaramente parliamo anche con gli americani”.
Ma se da brava ragazza pon-pom trumpiana, da Giorgia Meloni non è arrivato nessun commento, dall’opposizione si sono incazzati
(da Dagoreport)
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Ottobre 21st, 2025 Riccardo Fucile
“SUI DAZI LE TRATTATIVE SONO GUIDATE DALLA UE”: MA SULLA PASTA PERCHE’ ABBIAMO CERCATO DI AGIRE DA SOLI?… E SULL’UCRAINA RIMANE L’INTERROGATIVO
Davanti all’ipotesi, rilanciata da Donald Trump, che l’Italia stia cercando una via preferenziale nel negoziato sui dazi, il governo smentisce e le opposizioni chiedono chiarimenti.
Fonti di Palazzo Chigi assicurano che “le trattative commerciali – come noto – sono guidate dalla Commissione europea, trattandosi di competenza esclusiva dell’Unione”. Pur ammettendo un’eccezione: “È stata invece – spiegano le stesse fonti – da tempo avviata un’interlocuzione bilaterale, che affianca l’azione della Commissione, sul tema dei dazi antidumping prospettati dal Dipartimento del Commercio nei confronti di alcuni produttori italiani di pasta”.
La linea viene ribadita dai ministri degli Esteri e dell’Agricoltura. Il titolare della Farnesina Antonio Tajani garantisce che “abbiamo sempre lavorato con l’Unione Europea, e “con il commissario Sefcovic lavoriamo in perfetta sintonia”. Ma “chiaramente parliamo anche con gli americani”.
“Con il commissario – spiega – stiamo insistendo perché alcuni prodotti italiani rientrino nel quadro del 15%, mi riferisco in particolare al vino, all’acciaio e all’alluminio”.
Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura specifica: “Abbiamo un dialogo in corso con gli Stati Uniti” sulla pasta “per cercare di arrivare ancora di più a migliorare quello che è il sistema tariffario di import verso gli Usa, che oggi è al 15%”.
Risposte insufficienti per le opposizioni che chiedono di dissipare le ambiguità sulla posizione del governo: “È vero che l’Italia si accingerebbe a negoziare direttamente con gli Stati Uniti i dazi per la pasta ed è vero che l’Italia sarebbe interessata a ridimensionare il supporto all’Ucraina?”, chiede la capogruppo alla Camera Chiara Braga: “Le parole del presidente Trump lasciano poco spazio alle interpretazioni. Perciò Meloni non può far finta di nulla. Deve chiarire – conclude – da che parte sta l’Italia e se è destinata a essere l’avamposto di Trump per rompere il fronte europeo e indebolire definitivamente l’Unione europea che non è soltanto un sodalizio economico, ma anche e soprattutto un patto politico tra stati che condividono valori, diritti e libertà”.
Punto su cui batte anche Alleanza Verdi e Sinistra: “Sui dazi americani Giorgia Meloni deve dire al paese da che parte sta, se sta con l’Unione Europea o con chi lavora per dividerla. Le notizie dei presunti contatti diretti tra Giorgia Meloni e Donald Trump per accordi separati e alternativi all’Ue tra Italia e Stati Uniti sono gravissime. La Presidente del Consiglio deve chiarire in Parlamento, non basta il solito video sui social”.
(da agenzie)
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Ottobre 21st, 2025 Riccardo Fucile
ACCUSATI DI OMICIDIO VOLONTARIO, ALMENO DUE HANNO LEGAMI CON MOVIMENTI DI ESTREMA DESTRA
Tre persone sono state fermate per l’assalto al bus dei tifosi del Pistoia Basket avvenuto ieri
sera a Rieti, nel corso del quale è morto uno dei due autisti, Raffaele Marianella, 65 anni. L’accusa
è di omicidio volontario in concorso. Secondo quanto riferisce Ansa, almeno due dei fermati avrebbero legami con movimenti di estrema destra. La procura di Rieti ha disposto l’analisi del Dna sul sasso che ha causato la morte dell’autista, con l’obiettivo di identificare chi lo abbia lanciato. Dai primi esami esterni sul corpo di Marianella, emerge che l’uomo sarebbe deceduto sul colpo a causa di un trauma facciale provocato dall’impatto diretto del sasso.
Le indagini
Nell’ambito delle indagini, nella notte la Digos ha portato in questura dodici persone, tra cui un minorenne. «Sono stati ascoltati diversi testimoni», ha dichiarato il procuratore capo della procura di Rieti. Parallelamente, gli investigatori stanno cercando immagini della notte dell’aggressione e approfondendo la vita dei tifosi coinvolti, membri della «Curva Terminillo» e già noti alle forze dell’ordine per altri episodi di tensione durante partite di basket al PalaSojourner.
L’attenzione delle autorità si concentra anche su alcune conversazioni WhatsApp. In una chat, infatti, sarebbe stata menzionata una missione punitiva pianificata da almeno tre tifosi della Sebastiani Basket Rieti, sospettati di aver preso parte all’aggressione. Le loro posizioni sono ora al vaglio del pm Lorenzo Francia e degli investigatori della Squadra Mobile e della Digos di Rieti.
Chi sono gli ultras
Si chiamano Manuel Fortuna e Kevin Pellecchia, entrambi di 31 anni, e Alessandro Barberini, di 53 anni, i tre ultras fermati. La questura di Rieti fa sapere che nei loro confronti sono emersi gravi indizi di colpevolezza nel corso delle indagini che sono andate avanti tutta la notte.
Secondo quanto ricostruito dalla polizia, il personale che era di scorta al pullman aveva «notato alcune persone travisate allontanarsi velocemente, utilizzando le auto parcheggiate sotto il cavalcavia». E una di queste persone è stata «prontamente bloccata dagli agenti», mentre gli altri sono stati portati in questura per ulteriori accertamenti.
Sui profili social immagini di Mussolini e video neofascisti
Nei profili social di due dei tre arrestati – Barberini e Fortuna – sono presenti immagini di Mussolini e iconografie legate al mondo del fascismo, video e brani musicali di gruppo riconducibili alla galassia dell’ultradestra. Sulle pagine Facebook, inoltre, uno dei fermati ha rilanciato post che riprendono appuntamenti di Casapound e un post che celebra la morte di Ettore Muti, uno dei capi del fascismo in provincia di Ravenna e seguace di D’Annunzio nell’impresa di Fiume
(da agenzie)
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Ottobre 21st, 2025 Riccardo Fucile
IL PUNTO DI SVOLTA PER IL COMUNE, UN TEMPO FAMOSO PER L’INDUSTRIA DEL LINO E DELLA CANAPA, È ARRIVATO IN SEGUITO A UNA GRAVE CRISI DEL SETTORE TESSILE NEGLI ANNI ’80, COSTRINGENDO I CITTADINI A PUNTARE TUTTO SULLE LIBRERIE E SULL’ORGANIZZAZIONE DI FESTIVAL LETTERARI PER EVITARE LO SPOPOLAMENTO – UN’INIZIATIVA CHE HA AVUTO UN SUCCESSO ENORME, CHE HA FATTO DIVENTARE BECHEREL LA PRIMA “CITTÀ DEL LIBRO” DELLA FRANCIA
Immaginare di camminare per le vie di una città in cui ci sono più libri che abitanti. Questo piccolo borgo esiste e si trova in Francia, più precisamente nella regione della Bretagna. Soprannominata La Città del Libro, Bécherel conta circa 768 abitanti e 15 librerie, offrendo una proporzione di circa una libreria per ogni 44 persone.
La storia di questo piccolo borgo la vede come importante
roccaforte già dall’XI secolo, fu al centro di scontri durante la Guerra dei Cent’anni e prosperò in seguito con le industrie del lino e della canapa tra il XVI e il XVIII secolo. Ma la vera svolta avvenne dopo la crisi economica del XX secolo, che portò a un’iniziativa culturale che trasformò il borgo in un centro per librerie, laboratori e festival del libro. Negli anni Ottanta, infatti, la regione fu colpita da una grave crisi del settore tessile, che portò allo spopolamento del borgo.
Per rivitalizzare l’area e cercare di attrarre nuovi abitanti e anche turisti, un’associazione locale lanciò il progetto Bécherel, Città del Libro, invitando librai a vendere libri usati nel borgo. Il progetto ebbe un successo così grande che trasformò Bécherel nella prima Città del Libro della Francia: numerose librerie furono aperte, così come laboratori di legatoria e calligrafia, e proliferò anche l’organizzazione di fiere e festival dedicati ai libri.
(da Fanpage)
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