Novembre 17th, 2025 Riccardo Fucile
TUTTI I DATI REALE NELL’INCHIESTA DEL CORRIERE DELLA SERA
È il 6 novembre e Giorgia Meloni consegna ai social la sua irritazione per le critiche rivolte al governo che non avrebbe investito nulla sulla sicurezza: «Negli ultimi tre anni abbiamo già assunto circa 37.400 agenti nelle Forze di Polizia e prevediamo, da qui al 2027, altre 31.500 assunzioni. Abbiamo sbloccato investimenti fermi da tempo e potenziato mezzi, strutture e tecnologie, previsto strumenti più rapidi ed efficaci e introdotto pene più severe». È vero, sono stati introdotti 15 nuovi reati, dai
rave al blocco stradale da parte di manifestanti, all’occupazione abusiva, e aumentate le pene, per esempio fino a 5 anni di reclusione nei casi di accattonaggio con minori.
Ma basta rispondere a ogni problema con nuove fattispecie di reato o inasprimenti di pena? Dopo tre anni si possono valutare i risultati andando a vedere le risorse stanziate e le forze in campo.
Le Forze di Polizia
Il turn over dell’organico, bloccato nel 2010 dal governo Berlusconi poi confermato da Mario Monti, è stato sbloccato nel 2016 dal governo Renzi. Veniamo a oggi con i dati del ministero dell’Interno: a fine 2023 c’era un buco di organico nella Polizia di Stato di 10.271 unità. A fine 2024 era salito a 11.340 . L’anno prossimo entreranno 4.500 nuovi agenti, ma in 6.000 andranno in pensione. La finanziaria prevede un taglio del 25% del turnover. Nel corso degli anni una decina di scuole di Polizia sono state chiuse, e questo si scontra con la necessità di reclutare rapidamente nuove forze: i corsi di formazione durano fra i 4 e 6 mesi invece di 12. E poi i giovani agenti (quelli che la patente ce l’hanno, perché il bando non ne prevede l’obbligo) vengono sbattuti sulle volanti: oggi 6.851 agenti hanno meno di 25 anni, mentre gli oltre 20mila che superano i 55 sono destinati principalmente al lavoro d’ufficio.
Non va meglio con i Carabinieri, sottorganico di 12mila unità ; alla Guardia di finanza mancano 5.905 uomini ; infine, nella Polizia municipale, negli ultimi anni sono andati in pensione in 8.000, e rimpiazzati solo la metà (dati Anci).
2024: reati in aumento
La comparazione dei dati forniti dal Dipartimento di Polizia Criminale e del 2024 rispetto al 2023 (analizzati da Istat e dal Sole 24ore), confermano una tendenza in calo da tempo degli omicidi, ma in aumento i furti (3%), i reati legati agli stupefacenti (3,9%), le violenze sessuali (7,5%), le lesioni dolose (5,8%), le rapine (1,8%). Sono i reati che più influiscono sulla percezione di sicurezza dei cittadini. Il primo e secondo posto per numero di crimini lo incassano Roma e Milano, ma la statistica si fa sul numero dei reati rapportati a quello dei residenti e le grandi città sono popolate da studenti, lavoratori pendolari, turisti, che ne raddoppiano la popolazione. Su Milano per esempio gravitano ogni giorno 3 milioni di persone a fronte di 1,4 milioni di residenti. Per questo motivo le altre città dove i reati di allarme sociale sono cresciuti di più sono: Firenze, Bologna, Torino. Sul primo semestre del 2025 a livello nazionale c’è invece una tendenza generale al calo (meno 4,9%), ad eccezione dei furti in esercizi commerciali. La situazione poi ovviamente cambia da provincia a provincia: a Bergamo sono in aumento le lesioni dolose, minacce e violenze sessuali; a Milano i furti con strappo; a Bologna i danneggiamenti; a Brescia i reati legati agli stupefacenti. Nelle province di Firenze, Aosta, Alessandria, Asti, Bolzano, Foggia, Gorizia, Lecco, Lodi, La Spezia, Massa Carrara, Pistoia, Monza e Brianza, Novara, Padova, Pordenone, Prato, Reggio Emilia, Sondrio, Trento, Varese, Vercelli, il numero totale dei reati negli ultimi sei mesi è salito. Per sapere se questa tendenza si conferma o meno bisognerà attendere l’anno prossimo, quando sarà disponibile il
consolidato su tutto il 2025. Occorre poi precisare che si tratta sempre di numeri relativi ai reati rilevati, e non a quelli reali perché spesso le vittime non denunciano: c’è la convinzione di perdere tempo e non risolvere nulla.
Pene più severe ma inapplicabili
Il decreto Sicurezza presentato come scudo a maggior protezione dei cittadini si scontra con un contesto dove non è cambiata una virgola. Aumentare le pene non serve a nulla se poi non si è in grado di applicarle. Per i piccoli reati in flagranza commessi da incensurati (spaccio, borseggio, furto, danneggiamenti) c’è l’arresto e l’immediata rimessa in libertà, con la conseguente reiterazione del reato. La norma prevede di destinarli a un periodo di lavori socialmente utili, ma mancano le strutture disponibili e gli uffici che se ne devono occupare. Le misure a seguito di indagini invece devono fare i conti con la riforma Nordio che impone la convocazione prima dell’arresto, e succede che l’indagato magari non si presenta al giudice: 22 borseggiatrici a Venezia sono scappate. Il sistema giudiziario, da tempo in grave affanno per carenza di organico, è rimasto tale; mentre quello penitenziario è al collasso: carceri sovraffollate, suicidi in costante aumento, percorsi di reinserimento e pene alternative praticamente paralizzati. Oggi oltre 100.000 persone, condannate in via definitiva a pene inferiori ai quattro anni, attendono ancora l’assegnazione di una misura alternativa, come i servizi di pubblica utilità. Con gravi ripercussioni anche sulla giustizia minorile, dove la situazione è ancor più grave e delicata.
Fronte migranti
Il 34,7% dei reati è commesso da stranieri, di cui il 70% da irregolari e quasi sempre connessi ad una condizione di marginalità. Non ha aiutato lo smantellamento del sistema integrato di accoglienza per i richiedenti asilo gestito dagli enti locali insieme al ministero dell’Interno. E tantomeno l’azzeramento dei pochi centri di integrazione e l’eliminazione dell’insegnamento della lingua italiana nei Cas.
Il «blocco navale» invocato a gran voce per fermare ogni approdo non c’è stato, anche perché di impossibile attuazione. L’operazione «Albania» si è rivelata un fallimento, tanto prevedibile quanto costoso. Al di là della retorica sulle procedure accelerate, il vero nodo resta quello dei rimpatri effettivi, che richiedono una forte e persistente collaborazione dei Paesi di origine.
Dopo 3 anni di continuità di governo la realtà è lontana dalle aspettative. Nonostante gli sforzi rivendicati, i risultati restano modesti: le percentuali di incremento, per quanto sbandierate, sono inferiori a quelle degli anni passati. I rimpatri fra il 2017 e 2019 sono stati 19.400 , quelli del governo Meloni al 31 luglio 2025 sono stati in tutto 13.600 .
La colpa è sempre dei sindaci
I minori stranieri non accompagnati sono in aumento: 16.500 al 30 giugno di quest’anno, la maggioranza sono maschi. E lo Stato li scarica sui Comuni. La spesa sostenuta per i servizi resi nel triennio 2023-2025 è pari a 200 milioni di euro, ma finora il ministero dell’Interno ha erogato solo il 35%. I comuni dell
Sicilia, Campania, Emilia Romagna, Lombardia (dove c’è la maggior concentrazione di minori) si trovano con buchi di bilancio e la gestione di un impegno delicato, con evidenti ricadute sulla coesione sociale, sicurezza e decoro urbano. La responsabilità dei sindaci è creare situazioni che fermino il degrado e di investire nei centri di aggregazione giovanile per frenare l’espansione delle baby gang. I reati commessi da minori non sono mai stati così drammaticamente alti. Ai Comuni sono stati tagliati 2 miliardi di euro di trasferimenti (Qui pag.15). Dal Fondo Nazionale Sicurezza sono stati distribuiti in tutto, su tutti i Comuni, 25 milioni di euro per l’installazione di telecamere, provvedere all’illuminazione delle zone buie, e rigenerare le aree problematiche. Per l’edilizia popolare nemmeno un euro. E mentre si diffonde la legge del più forte, la Polizia municipale è cronicamente sottorganico. E i cittadini se la prendono con i sindaci. Ma come funziona la macchina di sicurezza pubblica?
Ognuno per conto proprio
Il Ministro dell’Interno è l’Autorità nazionale di ordine e sicurezza pubblica, e definisce le strategie da applicare sul territorio, che vanno di pari passo con l’autorità giudiziaria. Il suo braccio esecutivo è il Capo della Polizia: a lui fanno riferimento la polizia stradale, postale, ferroviaria, questure, commissariati, e le strutture interforze (Interpol, direzione antidroga, antimafia, cooperazione internazionale), a loro volta composte anche da carabinieri e finanzieri. Sul territorio, dove la percezione del cittadino sulla sicurezza è diretta, c’è il prefetto che recepisce le direttive del ministro e quelle operative del capo
della Polizia. Per esempio: il ministro può spingere i provvedimenti di espulsione o alla cattura dei borseggiatori. L’operatività è affidata al questore, che per legge (n.121 del 1981), deve coordinare poliziotti, carabinieri, Guardia di finanza, vigili urbani. In che modo? Il prefetto convoca il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica in cui siedono tutti, anche il sindaco del capoluogo, e si individuano le priorità. A questo punto immaginiamo che in una grande città, per esempio Milano, ci sia un’unica centrale operativa dove il questore, a cui tutti rispondono, indica le zone problematiche da coprire e quanti poliziotti, carabinieri, finanzieri e polizia municipale devono ruotare nel corso della giornata. Nella realtà, ci spiega l’ex direttore generale di Pubblica Sicurezza Franco Gabrielli, ricevuta la direttiva, la città viene divisa in zone, nell’ambito delle quali ognuno opera rispondendo al proprio capo: i carabinieri al Comando provinciale dei carabinieri (ministero Difesa), la Guardia di finanza al Comando provinciale della guardia del finanza (Mef), e la Polizia municipale al Sindaco. Oggi molto si regge su rapporti di forza e relazioni personali tra gli attori; quando gli ingranaggi scorrono, il sistema regge, ma in caso di attriti diventa ingestibile
Le resistenze degli apparati
Concretamente: la chiamata al 112 per una rapina in corso Venezia viene smistata dall’operatore alla Polizia, perché in quel momento opera in quella zona. La volante arriva, i rapinatori scappano verso piazzale Loreto, che è sotto il controllo dei carabinieri. L’ agente che si mette all’inseguimento, deve
chiamare la sua centrale, che avvisa il comando dei carabinieri. Quindi succede che più macchine convogliano nella stessa zona, dove ognuno però risponde al proprio Comando, perché di fatto un coordinamento unico non c’è, a causa delle resistenze degli apparati. Le stesse resistenze che impediscono alla Polizia municipale di accedere alla banca dati interforze, nonostante sia prevista per legge dal 2017. Vuol dire che se la Municipale ferma un’auto per un controllo, deve chiedere alla propria centrale, che a sua volta chiede alla questura o al comando provinciale dei carabinieri di verificare al terminale la targa dell’auto e il nome del fermato. Una triangolazione che richiede un tempo sufficiente a mettere in pericolo gli ignari vigili perché magari si tratta di un pericoloso ricercato, o a consentirne la fuga. Inoltre viene ingolfata l’intera macchina operativa. L’esito di tutto questo è una dispersione di risorse e certamente non una maggior sicurezza, in un periodo in cui, purtroppo, nella società rischia di appalesarsi la legge del più forte. Una realtà che comporta un cambio di paradigma sul fronte dell’organizzazione delle forze di polizia e delle attività di prevenzione. Secondo gli operatori che stanno in prima linea, affrontare questo tema in modo propagandistico potrebbe portare a situazioni fuori controllo.
Milena Gabanelli
(da corriere.it)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 17th, 2025 Riccardo Fucile
VICINI A CREARE UN ESSERE UMANO PERFETTO GRAZIE AI PROGRESSI E ALLA RICERCA SCIENTIFICA, MA I RISCHI SONO TANTI
I progressi nelle ricerche bio-mediche, così come quelli nel campo dell’Intelligenza
Artificiale vòlti a produrre una “machina sapiens” indistinguibile, anche per l’empatia di cui è capace, dall’intelligenza umana, accrescono con drammatica rapidità la
sproporzione tra la potenza del sistema Tecnico-economico e le forme istituzionali-politiche ancora proprie delle democrazie occidentali. In altri regimi tale sproporzione può non essere avvertita proprio perché la simbiosi tra Tecnica e Politica si è in essi già realizzata, chiudendo la “gabbia di acciaio”.
La vocazione dello scienziato, che per Aristotele è l’espressione più alta della nostra natura, consiste nella pura volontà di conoscere. La scienza della natura è anzitutto teoria, scoprire e vedere la costituzione del vivente, osservarne le relazioni, descriverne l’energia. Ma sempre più, per poter spingere in profondità il proprio sguardo, lo scienziato avrà bisogno di mezzi, di sofisticati e costosi strumenti, la sua teoria dovrà collegarsi intimamente al progresso tecnologico, condizionarlo ed esserne condizionato. E il legame di quest’ultimo con il sistema sociale di produzione, con i meccanismi economici e di mercato, risulta così inevitabile. Non può più darsi alcuna astratta autonomia del lavoro scientifico. D’altra parte la stessa scienza contemporanea coniuga l’originaria vocazione al conoscere in quanto tale alla volontà di possedere e trasformare l’oggetto che si conosce così da renderlo utilitas per noi. Non dovremmo perciò considerare un destino che la scienza contemporanea, giunta a comprendere il funzionamento del nostro cervello, sede di affetti e intelligenza, e il suo legame con l’intero sistema neuro-vegetativo, desideri farne un proprio oggetto di manipolazione e trasformazione? Tutto ciò che nella sua storia essa ha compreso è stato così trattato e, per così dire,
riprodotto. Come oggetto manipolabile a nostro arbitrio è stata la natura “esterna” a noi, così ora lo siamo noi stessi.
Quali limiti si possono porre a interventi sul nostro patrimonio genetico? Quali limiti alla produzione dell’Homunculus che esce dal laboratorio del Faust goethiano? Oggi non ci sarebbe alcun ostacolo teorico, e penso pochi impedimenti tecnologici, per “creare” da cellule staminali opportunamente trattate e fecondate nuovi soggetti umani. Interventi per modificare caratteri secondari sono all’ordine del giorno e destinati a moltiplicarsi, ma al limite essi possono porsi fin d’ora il fine di “creare” una persona nuova. Possiamo sostenere, come molti sostengono, che questi interventi debbono avere il valore di cure, debbono limitarsi, cioè, al trattamento di specifiche malattie, altrimenti non affrontabili con uguale efficacia. Ma è evidente in quale ridda di problemi e aporie questa visione conduce. Che cos’è malattia? Quale autorità lo decide? Fin dove è lecito limitare il libero arbitrio di chi voglia ricorrere a tecniche di manipolazione genetica? Ma il problema sta ancora più a monte, ed è di natura culturale e politica. La sperimentazione in un campo di così immensa portata potrà subire intoppi e rallentamenti, l’esperienza storica tuttavia dimostra ad abbondanza che non potrà mai arrestarsi, in quel laboratorio globale che è ormai il mondo scientifico, e sempre da essa, se non fallisce, si passerà alle applicazioni. Questi passaggi da Ricerca a Sviluppo, sotto la spinta di formidabili interessi economici, avvengono oggi con una rapidità inimmaginabile nel passato.
Il mondo contemporaneo vive sospeso tra utopia e distopia, tra una possibile “felicità” e il più disumano orrore. Potremmo affrontare anche l’incurabile, come precipitare nella più mostruosa medicina di classe. Rendere un “bene- essere” la nostra esistenza sulla terra, come realizzare incubi eugenetici, sottomessi alla logica del profitto. L’intelligenza artificiale ha il potere di liberarci da ogni forma di lavoro meccanico e comandato, come quello di imporre un modello globale, uniforme di intelligenza, misurato in base alle sue prestazioni quantitativamente calcolabili e alla sua obbedienza al sistema. Proprio le scienze biologiche e mediche sono più di tutte di fronte a questo drammatico bivio: la capacità di aver cura della salute della persona nella sua integrità psico-fisica, di cui esse ora dispongono, viene ogni giorno più duramente attaccata da un modello organizzativo fondato sulla sostenibilità economica, che vede nel malato una macchina guasta e nel medico un applicatore di protocolli. L’universalità del diritto alla salute, conquista di un secolo di lotte sindacali, promossa anche da vasti settori di medici socialmente responsabili, va franando in proporzione opposta alla crescita dei saperi e alle concrete possibilità di cura che essi potrebbero offrire. La “solvibilità” diviene il carattere fondamentale che il malato deve presentare per essere curato in tempi ragionevoli. E comunque egli non sarà che un caso previsto negli archivi dei Big Data. La medicina a distanza, condotta essenzialmente da intelligenze artificiali, potrebbe concludere il processo. La “machina sapiens” che, dicono i suoi apologeti, giungerà a conoscerci meglio di quanto noi stessi ci conosciamo, sarà non solo la nostra guida di uomini
schiacciati sulla dimensione economica e del consumo, ma anche il nostro medico. Non è però destino che la distopia si realizzi. Certo, tra le due strade che ci si presentano questa è la più facile. L’inerzia, ovvero le potenze tecnico-economiche fondamentali di questo tempo, spingono nella sua direzione. Ma possono esservi ancora scienziati e politici capaci di denunciare il pericolo, di opporre alla servitù che caratterizza le distopie (la fantascienza contemporanea ne è realistica rappresentazione) la utopia possibile, concreta della liberazione.
Massimo Cacciari
(da lastampa.it)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 17th, 2025 Riccardo Fucile
VANNACCI RISCRIVE LA STORIA, I LEADER SALTANO CONTRO GLI ODIATI COMUNISTI E SANGIULIANO SFIDA BOCCIA CON L’AIUTINO DI LA RUSSA
Per merito dei suoi protagonisti, ogni campagna elettorale sembra esplorare nuove vette del kitsch e dell’arte della gaffe. Non sono da meno le ultime settimane, in cui i leader hanno invaso Puglia, Campania e Veneto per le regionali di domenica prossima. Con particolari menzioni per la destra, capace di performance grottesche.
Tipo quella di venerdì scorso, durante il comizio a sostegno di Edmondo Cirielli a Napoli. Momento clou? Senza dubbio i saltelli di Giorgia Meloni e alleati sul palco sulle note del coro “chi non salta comunista è”, con in particolare un ingessato Antonio Tajani dedito al balzello ma senza lasciarsi troppo andare, braccia tese lungo i fianchi e conseguente effetto pinguino.
E pensare che il medesimo Tajani se l’era vista brutta pure a Bari, la settimana precedente, quando per ringraziare la folla a sostegno del candidato Luigi Lobuono aveva detto che “non sarebbe bastato il San Paolo” per contenere tutti. Peccato che il San Paolo è lo stadio di Napoli (oggi dedicato a Diego Armando Maradona), mentre quello di Bari è il San Nicola.
L’intreccio tra Campania e Puglia ha regalato parecchie perle. Gennaro Sangiuliano, capolista FdI a Napoli, si è fatto aiutare addirittura dal presidente del Senato Ignazio La Russa, volentieri prestatosi a un comizio. Qualche giorno prima, Sangiuliano aveva inaugurato degli imperdibili cappellini rossi con la scritta trumpiana “Make Naples great again”. Il ritorno in politica dell’ex ministro è comunque nulla in confronto a quello ventilato l’altro giorno dal leader lombardo di FI Alessandro Sorte, che per la sua Regione ha sfidato gli alleati mettendo sul tavolo il nome di Roberto Formigoni.
Si vedrà. La corsa di Sangiuliano è di per sé un romanzo, visto
che si troverà di fronte (candidata con la lista di Stefano Bandecchi) l’ex amante Maria Rosaria Boccia, a sua volta protagonista di un balletto mediatico di cui forse solo ora è venuta a capo: Boccia ha annunciato la candidatura, poi si è ritirata dicendo di dover pensare alle inchieste in corso e poi ci ha ripensato di nuovo, confermando l’impegno elettorale.
La concorrenza nelle liste campane è roba da guerriglia nella giungla del Vietnam e per la verità anche nel centrosinistra se ne vedono di ogni. Col partito di Clemente Mastella si è candidato tale Mauro Scarpitti, presentatosi agli elettori con la dicitura “detto Caf”. Soprannome oscuro, ma dal significato tutto politico, perché Scarpitti ha lanciato la propria corsa legandola esplicitamente Sabino De Micco, ras dei patronati locali indagato per voto di scambio.
Uno scivolone tira l’altro, e così il renziano Armando Cesaro (candidato a sostegno di Roberto Fico) neanche due mesi fa ha postato una foto con Silvio Berlusconi definendolo “un punto di riferimento”. E che dire di quando l’eurodeputato forzista Fulvio Martusciello si è filmato mentre riceveva una telefonata dall’ignaro staff di Roberto Fico che lo invitava caloroso all’apertura della campagna elettorale del 5Stelle, come fosse un vecchio componente dei MeetUp.
La tecnologia a volte inganna. O per lo meno andrebbe filtrata. In Veneto il presidente uscente Luca Zaia, candidato consigliere con la Lega, si è fatto uno spot con l’intelligenza artificiale, con tanto di leoncino in braccio. Non granché.
Ma di certo più innocuo delle spericolate scorribande di Roberto Vannacci nella storiografia sul fascismo. Giusto per stare sull’attualità, il Generale leghista ha condiviso una serie di post e concesso svariate interviste disquisendo di fascismo, di come la marcia su Roma sia stata poco più che un corteo studentesco e di come Mussolini abbia preso un sacco di voti alle elezioni. Stavolta troppo persino per Matteo Salvini, che s’è smarcato: “Il fascismo è stato archiviato e sconfitto dalla storia. Penso al futuro”.
A far compagnia a Vannacci, dall’altra parte d’Italia, è semmai un certo Massimo Giorgetti, meloniano che in Campania sostiene la collega Serena Cubico e che ha tappezzato la città e i social del suo faccione con uno slogan volutamente ambiguo: “Presente!”. E chi non salta…
(da ilfattoquotidiano.it)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 17th, 2025 Riccardo Fucile
NEL 2018 GLI EMIRATI HANNO RATIFICATO UN ACCORDO DI ESTRADIZIONE, MA LE AUTORITÀ LOCALI COLLABORANO A SINGHIOZZO
Non si esagera a definire Dubai un El Dorado della criminalità. La Camorra, in primis.
Poi gli albanesi e quegli imprenditori italiani spavaldi finiti nei guai con la giustizia. Tutti loro sanno bene che tra i grattacieli degli Emirati Arabi si conduce la bella vita perlopiù al riparo dalla scure della legge.
Un accordo di estradizione con l’Italia è stato ratificato nel 2018, ma il tutto è molto complesso: in gioco ci sono i delicati equilibri economici e della diplomazia. Anche gli accordi per lo scambio di informazioni con i Paesi occidentali ci sono, ma nella città degli Emiri la parola chiave continua ad essere il riserbo. Almeno sino ad oggi.
Gli investigatori che si occupano di Antimafia hanno un faro acceso su questo luogo leggendario, crocevia di soldi e di interessi legati alla droga, all’immobiliare, al riciclaggio. E c’è un nome, rilevante più di altri. È quello del broker della Camorra Raffaele Imperiale, classe ’74, ora collaboratore di giustizia. […]
I numeri? Da capogiro. In un anno riusciva a smuovere anche otto tonnellate di polvere bianca per un giro di affari che superava i trecento milioni di euro. Imperiale si sposta in Olanda, ad Amsterdam, dove gestisce un Coffee shop e, ovviamente, lo stupefacente. Faceva arrivare la droga dalla Colombia, dal Brasile, dall’Ecuador, l’acquistava a seimila euro al chilo per poi rivenderla in Europa a un prezzo cinque volte superiore.
La sua storia si intreccia con guerre di mafia nostrane e non solo. Ma è alla fine del 2013 che, racconta un’inchiesta della procura di Napoli, Imperiale segna un ulteriore salto di qualità verso una sorta di cartello globale: lascia l’Olanda e si trasferisce a Dubai, «territorio buono per fare investimenti».
Diventa insomma pioniere di anni d’oro in cui la Camorra investe negli Emirati per ripulire il denaro «sporco» e lì si nasconde per sfuggire alle manette. Uno tra tanti è il boss Raffaele Mauriello, «o chiatto», che, con la benedizione di Impieriale, da un grattacielo sul Golfo Persico continuava a gestire ingenti quantità di stupefacente.
Anche Imperiale viene arrestato nel 2021 e consegnato alle autorità italiane. Adesso collabora con la giustizia: i segreti custoditi a Dubai, lui li conosce bene. E li conosce tutti. A godere della latitanza dorata non sono solo i camorristi e tra gli esempi più eclatanti c’è l’imprenditore Danilo Coppola.
Spavaldo, senza scrupoli, ripara negli Emirati per sfuggire a una condanna definitiva a sette anni per il crac del Gruppo Immobiliare 2004, di Mib Prima e di Porta Vittoria.
Dal settembre 2022 su di lui pende un mandato d’arresto internazionale, ma Coppola, che in passato finì pure nella lista dei cinquanta uomini più ricchi d’Italia, è a Dubai. Poi si sposta ad Abu Dhabi. Sfrontato, pubblica anche dei video su Instagram in cui si dice innocente e attacca i magistrati. Resta al sicuro sino all’anno scorso, quando viene arrestato dall’Interpol ed estradato.
Il Guardasigilli Carlo Nordio si disse estremamente «soddisfatto» e una nota del ministero sottolineò «le intense attività giuridico-diplomatiche». Tanti i colloqui con l’allora ministro della Giustizia emiratino, sul tavolo «diverse richieste di estradizione italiane ancora pendenti». Nordio dichiarò: «Non
può esservi nessuna impunità per chi commette crimini in Italia e cerca rifugio all’estero». E molto della questione in fondo sta tutta lì, nella collaborazione fin qui a singhiozzo delle autorità locali.
Dei giorni scorsi è la notizia del sequestro di una villa nella Capitale, due auto di lusso e conti correnti in Italia e all’estero per oltre due milioni di euro nei confronti di Giancarlo Tulliani, ex cognato di Gianfranco Fini. Coinvolto in un’inchiesta della Guardia di finanza di otto anni fa su fondi ricavati da attività illecite, gestiti da una rete di società e intermediari in Italia e nel mondo e reimpiegati in attività finanziarie e nell’immobiliare, in primo grado era stato condannato a sei anni per riciclaggio. Ma Tulliani ha lasciato il Paese ed è tutt’ora latitante. Dove? Ovviamente a Dubai.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 17th, 2025 Riccardo Fucile
“L’UOMO PIÙ POTENTE DEL MONDO ISTIGA CONTRO DI ME UN FOCOLAIO DI MINACCE. LA RETORICA AGGRESSIVA NEI MIEI CONFRONTI HA PORTATO A MINACCE DI MORTE. ORA HO UNA MINIMA COMPRENSIONE DELLA PAURA E DELLA PRESSIONE CHE LE DONNE VITTIME DI JEFFREY EPSTEIN E DELLA SUA CRICCA DEVONO PROVARE”
Teme per la sua sicurezza Marjorie Taylor Greene, la deputata repubblicana un tempo fedelissima di Donald Trump e con cui ora il presidente americano ha rotto qualsiasi rapporto dopo la sua richiesta di pubblicare tutti i file che riguardano il caso Epstein. “Un focolaio di minacce contro di me è alimentato e istigato dall’uomo più potente del mondo”, ha scritto Greene su ‘X’ senza citare esplicitamente Trump e aggiungendo che si tratta
del”l’uomo che ho sostenuto e che ho aiutato a far eleggere”.
Nelle scorse ore, ha spiegato Greene, è stata contattata da agenzie private “con avvertimenti per la mia sicurezza” dopo che Trump le aveva ritirato pubblicamente il suo sostegno. “La retorica aggressiva nei miei confronti ha portato a minacce di morte e a molteplici condanne di uomini radicalizzati dallo stesso tipo di retorica che mi è stata ora. Questa volta dal presidente degli Stati Uniti”, ha affermato la deputata della Georgia. ”Come donna, prendo sul serio le minacce degli uomini. Ora ho una minima comprensione della paura e della pressione che le donne, vittime di Jeffrey Epstein e della sua cricca, devono provare”, ha aggiunto.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 17th, 2025 Riccardo Fucile
COME FUNZIONA E DOVE TROVARLO… IN ATTESA CHE IL GOVERNO SI SVEGLI E LO DISTRIBUISCA GRATUITAMENTE NELLE FARMACIE
Per controllare se nel drink è stata sciolta qualche sostanza stupefacente basterà una
goccia di CYD, poi si tratta solo di aspettare e guardare se il colore del liquido cambia. I kit “Check your drink”, letteralmente “controlla il tuo drink”, potranno essere ritirati a titolo completamente gratuito nelle farmacie di Roma e Ladispoli.
Un’iniziativa che porta la firma di Federfarma Roma e di numerose associazioni, come Lucha y Siesta, Associazione Telefono Rosa e alcuni Centri antiviolenza della zona.
La droga dello stupro e gli altri stupefacenti sciolti nei drink
Lo scopo del kit è appunto aiutare le ragazze e le donne a capire se nel loro drink sia stata versata a loro insaputa qualche sostanza psicoattiva. Sarebbero almeno 79 le droghe che circolano in Italia e che possono essere sciolte nei liquidi per stordire la vittima e poi abusare di lei: si va dagli oppiacei ai
sedativi fino ai narcotici, i cannabinoidi e gli allucinogeni.
Il successo dell’iniziativa: come funziona il kit
Il kit, secondo quanto è stato calcolato, ha un’accuratezza del 98% nel riconoscere chetamina, Ghb, cocaina e la droga dello stupro, chiamata scopolamina. Le ragazze e le donne che lo ritirano, sono già 720 sui 1.500 kit disponibili per l’iniziativa, dovranno solo versare una goccia del liquido di controllo nel loro bicchiere. Se il drink cambierà colore, significa che all’interno si trova una sostanza stupefacente.
La soddisfazione delle associazioni: «Ora creiamo una cultura del consenso»
«Il fenomeno del “drink spiking” è sempre più diffuso», ha spiegato l’associazione Lucha y Siesta. «Se da una parte ci sembra importante fornire strumenti di autotutela, dall’altra riteniamo fondamentale continuare a lavorare per la costruzione di una cultura del consenso. La cultura dello stupro è infatti un sistema di potere che considera il corpo delle donne cis e delle persone trans, non binarie e queer come oggetto da dominare. Contrastare la cultura dello stupro e le forme con cui questa si concretizza, significa costruire spazi più sicuri e relazioni fondate sul rispetto reciproco».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »