Dicembre 6th, 2025 Riccardo Fucile
VENGONO ADESCATI NEI LORO PAESI D’ORIGINE CON IL PRETESTO DI UN VIAGGIO IN RUSSIA PER TROVARE LAVORO E POI SI RITROVANO AD ASSEMBLARE DRONI O A COMBATTERE INSIEME ALL’ESERCITO DI MOSCA – IN ALCUNI CASI, QUESTI DISPERATI FINISCONO NELLA TRAPPOLA DI “VEDOVE NERE”, DONNE CHE SPOSANO DISOCCUPATI, ALCOLIZZATI O PERSONE INDEBITATE PER POI SPINGERLI A FIRMARE UN CONTRATTO CON L’ESERCITO E INCASSARE IL PREMIO PER LA LORO MORTE IN TRINCEA
Quando i militari ucraini avevano raccontato di aver avvistato sul fronte del Donbas
degli africani che combattevano dalla parte dei russi, a molti era suonata quasi come una leggenda, o una fake news. Oggi, nelle trincee russe si incontra un’internazionale globale di mercenari, scaraventati in prima linea, spesso contro la loro volontà, da una rete internazionale di reclutatori.
A volte anche molto altolocati: qualche giorno fa, l’accusa di aver spedito con l’inganno al fronte 17 suoi connazionali (alcuni dei quali parenti) è costata il seggio parlamentare a Duduzile Zuma-Sambudia, la figlia dell’ex presidente sudafricano.
Conduttrice radiofonica e sostenitrice entusiasta di Vladimir Putin, avrebbe «adescato persone con il pretesto di lucrosi contratti di lavoro»: ai sudafricani, molti dei quali disoccupati, venivano offerti viaggi in Russia, dove avrebbero imparato tecniche militari e di autodifesa, per poi lavorare in patria come guardie del corpo.
Una volta sbarcati dall’aereo, gli uomini venivano portati nella zona di Donetsk, dove dovevano firmare un contratto in russo di cui non comprendevano il contenuto. Chi ha accettato, si è ritrovato sotto il fuoco dei droni ucraini, «minacciato e trattato come uno schiavo», ha detto la sorella di uno dei reclutati alla Bbc.
Difficile capire i vantaggi di reclutare, per di più con l’inganno, stranieri senza esperienza militare, che non conoscono il russo e non hanno probabilmente nemmeno un’idea chiara di dove si trovi l’Ucraina. Perfino militari professionisti della Corea del Nord, chiamati dal Cremlino in soccorso per respingere le incursioni ucraine nella regione di Kursk, hanno subìto perdite pesantissime, con almeno 3 mila tra morti e feriti gravi, su una forza di circa 12 mila uomini.
Eppure, in alcuni Paesi dell’Asia, dell’Africa e del Sudamerica, i mercenari reclutati dai russi sono diventati un problema, al punto
che il parlamento della Colombia ieri ha aperto un dibattito sulla proposta di legge che proibisce il coinvolgimento dei cittadini in missioni militari all’estero. Oltre ai soldati di ventura dalla Repubblica Centroafricana, legata a Mosca anche grazie alla presenza del gruppo Wagner, l’esercito privato di Evgeny Prigozhin, nel Donbas sono stati avvistati militari dallo Sri Lanka e da Cuba.
Il Kenya, invece, fornisce almeno un centinaio di reclute al mese, sostiene l’analista militare ucraino Oleksandr Kovalenko: i giovani vengono attratti dalla promessa di paghe di migliaia di euro, impensabili in patria, spesso senza venire informati sul fatto che verranno inviati in guerra.
In Sudafrica circolano videoclip e volantini che invitano «donne di 18-22 anni, con licenza media e senza malattie croniche» ad andare a lavorare ad Alabuga, nella «fabbrica della morte» che sforna i droni Shahed lanciati poi a centinaia contro le città ucraine.
La rete di reclutamento è attiva nel Bangladesh, in Ruanda, nel Sud Sudan e in Nigeria, e le ragazze attirate da promesse di grandi carriere si ritrovano ad assemblare droni in ambienti pieni di agenti tossici, per di più con il rischio di rimanere sotto le macerie della fabbrica: Alabuga è uno dei bersagli maggiormente presi di mira dagli attacchi ucraini.
L’economia russa è ormai una gigantesca macchina da guerra, e The Politico racconta di una immensa rete di reclutatori che si arricchiscono fornendo al fronte almeno 30 uomini al mese. Le strade russe sono piene di manifesti che promettono decine di migliaia di rubli a chi si arruola in Ucraina, con una base di circa 5 mila euro promessa da Putin.
Somme che possono comunque cambiare la vita a molti abitanti della provincia russa, inglese le «vedove nere», donne senza scrupoli che sposano con l’inganno uomini soli e/o disagiati – alcolizzati, disoccupati, appena usciti di prigione oppure banalmente indebitati – per poi spingerli a firmare un contratto con l’esercito e incassare il premio per la loro morte in trincea
Per le «vedove nere», valgono però più da morti che da vivi, e sono ormai decine i casi di famiglie che vedono il bonus per l’uccisione del soldato sparire assieme a una donna che nessuno di loro aveva mai conosciuto. Ieri il deputato Leonid Slutsky ha proposto di punire le truffatrici con 10 anni di carcere, mentre altri membri della Duma vorrebbero istituire come condizione per ricevere il risarcimento un certificato di matrimonio risalente ad almeno un anno prima».
(da La Stampa)
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Dicembre 6th, 2025 Riccardo Fucile
” “COME SI FA AD AVERE LEADERSHIP IN EUROPA SE TUTTI I GOVERNI HANNO 27 COALIZIONI?” …”LA FORTUNA DELLA MELONI È CHE GIOCANDO SUL FUNAMBOLISMO CE LA FA: MA NELLE COSE FONDAMENTALI NON C’È NULLA SU CUI IL CENTRODESTRA ABBIA UNA VISIONE UNICA, NON CE’ L’HA SULLA GUERRA O SULL’ECONOMIA”
Nella nuova Strategia di sicurezza nazionale Usa non c’è “niente di diverso da quello che sempre ha detto” Donald Trump, “che è antieuropeo, vuole parlare solo con gli autoritari. Lo ha detto esplicitamente lui, non abbiamo neanche bisogno di interpretazione”.
Lo ha affermato Romano Prodi, ex presidente del Consiglio e della Commissione europea, intervenendo al convegno nazionale ‘Per un’Europa libera e forte! Verso una nuova Camaldoli’, promosso a Firenze dal Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic).
Trump, ha aggiunto Prodi, “disprezza la democrazia, la sta disprezzando al suo interno e la disprezza nei suoi rapporti con gli altri paesi. Quindi il suo corrispondente è l’Afd, ma non è mica il problema serio: è che la Cdu tedesca viene sempre più attratta da Afd, quello è il problema, il problema è il nostro, non è mica il problema di Trump. Chi pecora si fa, il lupo se la mangia”.
“Ma come si fa ad avere leadership” in Europa “se tutti i governi hanno 27 coalizioni? Voglio dire, io sono esperto di coalizioni, eh: vi posso assicurare che la leadership della coalizione è dur,”La leadership la puoi avere se tu hai dietro una forza popolare comune”, ha osservato.
“La fortuna della Meloni è che giocando sul funambolismo ce la fa: ma nelle cose fondamentali non c’è nulla su cui questa coalizione abbia una visione unica. Sulla guerra non ce l’ha, sui temi dell’economia non ce l’ha”.
In Europa, ha aggiunto a margine, “l’Italia sta giocando un ruolo di cortesia formale e di freno sostanziale: se voi vi ponete fra quelli che vogliono un’unanimità, vuol dire che tutte le decisioni serie e importanti devono essere prese a livello nazionale. Questo è quello che si vuol dire. Quindi, legittimissimo, però questo è un atteggiamento di freno e non di motore nei confronti dell’Europa”.
(da agenzie)
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Dicembre 6th, 2025 Riccardo Fucile
PERCHÉ NON HA RIBATTUTO ALLA DEMAGOGA TRUMPIANA CHIEDENDOLE PER QUALE MOTIVO HA RIMANDATO A GENNAIO IL PIANO PURL PER GLI AIUTI A KIEV? SE MELONI VUOLE UN’UE UNITA E FORTE CHE “SI DIFENDA DA SE”, PERCHÉ SI OPPONE ALLA RIFORMA SALVA-STATI (MES), SI OPPONE A DAR VITA A UN ORGANISMO DI DIFESA EUROPEA, SI OPPONE ALLA RIMOZIONE DEL DIRITTO DI VETO IN CONSIGLIO EUROPEO, CHE BLOCCA OGNI DECISIONE DETERMINANTE PER UN CAMBIO DI PASSO DELL’UNIONE?
Se, come dice Giorgia Meloni, Donald Trump sveglia l’Europa, c’è bisogno che
qualcuno svegli Mentana.
Perché non ha ribattuto alla demagoga trumpiana chiedendole per quale motivo ha rimandato a gennaio il piano Purl per gli aiuti a Kiev?
Se, sulla scia delle farneticazioni di Trump, Meloni vuole un’Ue unita e forte che “si difenda da se”; bene, ci può far sapere perché si oppone alla riforma Salva-Stati (Mes), si oppone a dar vita a un organismo di Difesa Europea, si oppone alla rimozione del diritto di veto in Consiglio Europeo, che blocca ogni decisione determinante per un cambio di passo dell’Unione?
Se in queste interviste con il premier o con i leader si impongono domande prefabbricate, l’intervistatore può scegliere tra due opzioni: la prima è ribattere squadernando fatti e dichiarazioni che smontano le risposte, la seconda è accontentarsi di annuire facendo da spalla all’intervistato.
Mentana ha scelto la seconda: si è travestito da asta reggi-microfono.
(da Dagoreport)
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Dicembre 6th, 2025 Riccardo Fucile
IL CALO DEI DECESSI E’ STATO OSSERVATO TRA I PARTECIPANTI (DAI 18 AI 60 ANNI) CHE ERANO STATI IMMUNIZZATI TRA MAGGIO E OTTOBRE 2021 E SONO STATI SEGUITI IN MEDIA PER 4 ANNI O PER UN MINIMO DI 45 MESI… I VACCINATI INOLTRE HANNO EVIDENZIATO UNA DIMINUZIONE DEL 74% DELLE PROBABILITA’ DI MORIRE IN OSPEDALE PER COMPLICAZIONI CAUSATE DAL VIRUS SARS-COV2
Una mega analisi sui dati relativi a circa 28 milioni di francesi ha osservato una drastica riduzione del 25% dei rischi di morte per qualsiasi causa tra le persone che avevano ricevuto una dose di un vaccino mRNA per il covid. Il calo dei decessi e’ stato osservato tra i partecipanti – dai 18 ai 60 anni – che erano stati immunizzati tra maggio e ottobre 2021 e sono stati seguiti in media per 4 anni o per un minimo di 45 mesi.
Il rapporto è pubblicato su ‘Jama Network Open’ ed e’ stato messo a punto da ricercatori dell’agenzia nazionale francese per la sicurezza dei prodotti medicinali, guidati da Mahmoud Zureik.
I vaccinati inoltre hanno evidenziato una diminuzione del 74% delle probabilita’ di morire in ospedale per complicazioni causate specificamente dal virus Sars-Cov2 ,rispetto a chi non era protetto dal vaccino mRNA. La differenza nella mortalita’ tra immunizzati e non si e’ assottigliata nel tempo con il calo dei decessi anche tra i non vaccinati, probabilmente grazie all’ aumento dell’ immunita’ di massa.
(da agenzie)
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Dicembre 6th, 2025 Riccardo Fucile
“LA MAGGIOR PARTE DEGLI ITALIANI, DIVENTATI CETO MEDIO, ANNUSANDO IL DECLINO, IL RISCHIO DI DECLASSAMENTO O DI RIMOZIONE DELLE OPPORTUNITA’, SI E’ AFFIDATA ALL’AUSPICIO CHE SCELTE POLITICHE ADEGUATE POTESSERO RESTITUIRE QUEL SENSO DI SICUREZZA CHE TANTA PARTE HA AVUTO NELLA STORIA DEL NOSTRO PAESE”
Resistere, adattarsi, stare dentro le crisi è diventata un’attitudine italiana, nonostante
la perdita di potenza dei grandi processi trascorsi di ascesa economica e sociale e di mobilitazione collettiva.
Nel saper stare insieme sull’esistente si sfebbrano gli eccessi, si metabolizzano aggressività ed esclusione, si contrastano molte forme di instabilità politica e sociale, si limitano le conseguenze del ritardo di sviluppo economico. Ma − va detto − l’autonoma difesa immunitaria non basta.
Il faccia a faccia con l’attuale non ha il compito di inondare, ma di irrigare. E sarebbe un grave errore credere che tale attitudine equivalga semplicemente all’esserci tout court: niente dice che il presente si riduca alla presenza.
Al contrario, è proprio la rincorsa individuale e collettiva verso l’eccesso di presenza a far sopravvalutare gesti e parole nell’auspicio di mobilitare i soggetti sociali; a trasformare dibattito e culture politiche, che naturalmente dovrebbero essere orientate al prossimo decennio, in una sterile disputa quotidiana su qualsiasi argomento di attualità.
La chiave di successo dei processi di crescita e di sviluppo del prossimo decennio sarà l’impegno nella pace: non solo modello di una nuova forma di progresso sociale in una pace sostenibile, giusta e duratura, ma anche schema di crescita economica e di coesione sociale.
La maggior parte degli italiani, diventati ceto medio, annusando il declino, il rischio di declassamento o di rimozione delle opportunità di mobilità sociale verso l’alto, si è affidata all’auspicio che scelte politiche adeguate potessero essere in grado di restituire quel senso di sicurezza e di prospettiva economica che tanta parte ha avuto nella storia sociale ed economica del nostro Paese.
La cetomedizzazione dal basso però non è finita; al contrario, per molti versi vince ancora. C’è stata e c’è, sa stare nel presente, sa sgarbugliare gli intrecci di uno sviluppo squilibrato, nei territori intermedi come nelle grandi città.
È stata e resta un processo che offre al telaio socio-economico italiano un tessuto stabilizzatore nelle grandi e piccole crisi, interne e internazionali. Un tessuto infragilito, dagli orli sfrangiati e dai rammendi vistosi, dagli investimenti prudenti, segnato dal mancato compimento di molte delle attese di progressiva accumulazione individuale di ricchezza e troppe volte ripiegato nell’attesa di benefici ereditari, ma pur sempre una base preziosa di stabilità.
Una laguna, la cetomedizzazione, che ora ha prodotto un nuovo ceto che non rinuncia a viaggiare e a consumare, ma lo fa con un biglietto Economy e di quando in quando si concede l’upgrade di un biglietto Premium.
(da agenzie)
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Dicembre 6th, 2025 Riccardo Fucile
OLTRE 64MILA DOCUMENTI DEL GOVERNO E 33MILA FOTOGRAFIE CHE PROVANO LA MORTE DI MIGLIAIA DI PERSONE VIOLENTATE, USTIONATE, PICCHIATE, RIDOTTE ALLA FAME… ALMENO 177MILA PERSONE SONO SCOMPARSE SOTTO IL REGIME DI ASSAD CHE VIENE PROTETTO DA PUTIN A MOSCA
I burocrati dello sterminio operavano con solerzia, e metodo. Ogni prigioniero ucciso in carcere, dalle torture o dalle fame, veniva fotografato e catalogato con un numero di matricola scritto con il pennarello su un cartoncino bianco, appiccicato al corpo spesso nudo, che registrava anche il nome del fotografo, la data dello scatto e il settore dell’esercito che aveva portato a termine il lavoro.
Le vittime venivano riprese in dettaglio: in primo piano senza i bulbi oculari, con le ossa dello sterno visibili per la pelle diventata troppo sottile per la fame, con le gambe, i polsi e la braccia emaciati.
Così è stata sepolta la primavera siriana, la rivolta democratica iniziata nel 2011 e fagocitata dagli islamisti e dal regime di Bashar al Assad,: decine di migliaia di uomini, donne, adolescenti e anche bambini scomparsi nelle carceri tra il 2015 e il 2024, una macchina della morte le cui tracce riemergono ora dalle macerie della nuova Siria.
La notte dell’8 dicembre, mentre il tiranno fuggiva a Mosca e il suo regime implodeva, un colonnello della polizia militare salvò tutto quello che sapeva su un hard disk e fuggì da Damasco.
L’inchiesta “Damascus dossier” è la testimonianza visiva dell’orrore: oltre 64mila documenti del governo e 33mila fotografie che provano la morte di migliaia di persone violentate, ustionate, picchiate, ridotte alla fame.
«Nelle fotografie sono ritratte almeno 10.212 persone diverse, tutte passate nelle carceri siriane dopo il 2011. In alcuni giorni, sono state scattate fino a 177 fotografie», scrive el Pais, una delle
testate che ha pubblicato le immagini.
I corpi dei massacrati venivano trasportati su camion refrigerati, e finivano nelle fosse comuni come quelle di Qutayfa, una città della morte dove Repubblica è stata subito dopo la caduta di Assad: durante il giorno i becchini assoldati tra la povera gente si occupavano di scavare le fosse, a volte appianavano il terreno con le scavatrici per spingere i corpi più a fondo così che non si sentisse l’odore del sangue marcio.
Tutto era pianificato con precisione, c’era anche una società di logistica statale, messa in piedi apposta per far funzionare l’industria della morte di Assad, finanziata — si scopre adesso — anche con i soldi delle Nazioni Unite, a loro insaputa. Dal 2014 al 2024, rivela l’inchiesta, le agenzie Onu hanno pagato una società chiamata Shorouk for Protection, Guarding and Security Services per la sicurezza dei loro uffici. Era controllata dall’intelligence siriana: almeno 11 milioni di dollari sborsati dall’Onu sono finiti così nelle tasche dell’apparato repressivo di Assad.
La Rete siriana per i diritti umani ha certificato che almeno 177mila persone sono scomparse sotto il regime di Assad, i desaparecidos che tantissime famiglie continuano a cercare nelle fosse comuni disseminate in tutta la Siria da un regime brutale, che registrava metodicamente i dettagli e il frutto della sua violenza.
(da Repubblica)
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Dicembre 6th, 2025 Riccardo Fucile
SECONDO LA NUOVA LEGGE VOTATA IERI AL BUNDESTAG, TUTTI I RAGAZZI NATI NEL 2008 SARANNO OBBLIGATI A RISPONDERE AL QUESTIONARIO SULLA LORO CONDIZIONE FISICA E SULLA VOLONTÀ DI PRESTARE O MENO IL SERVIZIO MILITARE… SE L’ESERCITO NON RIUSCIRÀ A RAGGIUNGERE LE 270 MILA UNITÀ E 200 MILA RISERVISTI ENTRO IL 2035, TUTTI COLORO CHE RISULTERANNO IDONEI SARANNO RECLUTATI AUTOMATICAMENTE
Il cielo è carico di pioggia sopra Hallesches Tor, dove tremila studentesse e studenti
di Berlino si sono riuniti bloccando la Glitschinerstrasse, lungo il canale. Sono qui perché nelle stesse ore al Bundestag sta passando una legge che li riguarda da vicino: la reintroduzione del servizio di leva. E le stesse mobilitazioni accadono in contemporanea in oltre 90 città della Germania.
«Sono qui oggi per protestare contro il fatto che qualcuno vuole decidere del nostro destino» spiega Leonid, 17 anni. «Prima ci definiscono pigri e incapaci di impegnarci per il nostro Paese, ma poi se c’è da andare in guerra, d’improvviso torniamo utili» continua con sguardo limpido e determinato. Oggi è venuto alla manifestazione contro «l’obbligo di leva» assieme ai suoi amici Linus, classe 2007, e Felix, 2008.
Secondo la nuova legge votata ieri al Bundestag con 323 voti favorevoli e 272 contrari, infatti, tutti i ragazzi nati nel 2008 – cioè coloro che nel 2026 compiranno 18 anni – saranno obbligati a rispondere al questionario digitale che sonda motivazione, stato di salute, caratteristiche fisiche e che precede la visita di leva. Le ragazze riceveranno lo stesso questionario, ma la risposta rimarrà facoltativa.
Per ora nessuna introduzione dell’obbligo di leva. Si resta ancora nel campo della volontarietà.
Ma c’è un ma. Se gli obiettivi di allargare il reclutamento non saranno raggiunti entro il 2035, se l’esercito non riuscirà a raggiungere le 270 mila unità attraverso il servizio volontario di leva, oltre a 200 mila riservisti (e al momento nelle forze armate tedesche contano 184 mila soldati, quindi ne mancano all’appello circa 80 mila), allora tutti coloro che risulteranno idonei saranno reclutati per il servizio militare.
Introdurre l’obbligo di leva per le donne, invece, è più complicato. Sarebbe necessario cambiare la Costituzione, cosa
che richiede un passaggio dall’Aula del Parlamento e una maggioranza di due terzi, non all’orizzonte nell’attuale compagine.
«Questo Stato non si protegge da solo» ribadisce il ministro della Difesa Boris Pistorius dal Bundestag. Se non ci saranno abbastanza volontari «non potremo evitare di introdurre il servizio militare obbligatorio per poter proteggere questo Paese» prosegue. Nessuno si sente chiamato in causa quando si parla di difendere la Germania?
«Questa è la terra dove vivo, non la terra per cui voglio morire – prosegue Leonid –. È la stessa terra che ha fatto uccidere i miei avi nello sterminio di massa. E non voglio morire per un Paese che al 20% vota Afd». Ma l’altro 80% non merita qualcosa? «Vuol dire che fuggirò insieme al restante 80%».
(da agenzie)
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Dicembre 6th, 2025 Riccardo Fucile
LA COMUNICAZIONE E PROMOZIONE DEL MADE IN ITALY AFFIDATI AD AZIENDE CHE HANNO LEGAMI CON I PARTITI DI GOVERNO
Tornate con la mente al 2024. Se vi avessero detto che di lì a dodici mesi Francesco Lollobrigida non sarebbe stato più uno dei primi tre ministri del governo Meloni che vi vengono in mente quando si parla di gaffe, polemiche, bufere mediatiche, etc… Quanti di voi ci avrebbero creduto? Già, quasi nessuno. Perché nella prima parte della legislatura Lollobrigida è stato l’indiscusso mattatore di questa poco invidiabile graduatoria, tra sostituzione etnica e treni fermati.
Eppure Lollo è riuscito nell’impresa di farsi “dimenticare”, con una strategia che – va ammesso – è risultata vincente: poche uscite pubbliche, quasi nessuna su temi diversi da quelli che
riguardano il suo ministero; interviste e apparizioni tv centellinate; molto lavoro per recuperare consenso, anche nei settori i più critici sul suo operato al dicastero dell’Agricoltura. Attenzione, però, non pensate che questo passo indietro dai riflettori significhi che Lollobrigida ha rinunciato a curare la comunicazione e l’immagine, vi sbagliereste.
Fin dal suo insediamento al ministero infatti, l’esponente di Fratelli d’Italia ha dedicato un particolare attenzione alla promozione pubblica delle eccellenze made in Italy: dal vino alla pasta, fino alla recente la candidatura della cucina italiana a patrimonio dell’Unesco. Sotto la regia di Lollo, il Masaf e le sue propaggini non hanno badato a spese per campagne di comunicazione, spot e propoganda varia. E poi sponsorizzazioni e partecipazione agli eventi più svariati, non sul tema del cibo o affini.
Attività sicuramente utili a far conoscere ancora meglio i prodotti agroalimentari del nostro Paese, ma che certo di riflesso aiutano anche a illuminare la figura di chi le promuove. Su Fanpage.it ad esempio abbiamo raccontato in passato come Lollobrigida sia spesso presenza fissa in prima fila nelle grandi kermesse dello sport, che ottengono finanziamenti dal suo ministero.
Il bando per la comunicazione del ministero
L’ultima mossa in questa direzione è l’assegnazione di un bando, attraverso cui il Masaf affiderà spese fino a 4 milioni di euro nei prossimi due anni per “servizi di comunicazione e promozione per la valorizzazione delle produzioni agroalimentari, per la
partecipazione del ministero a manifestazioni di rilevanza nazionale ed internazionale e per l’organizzazione di eventi”. Il capitolato di gara dettaglia i modi in cui saranno spesi i soldi: dalla fornitura degli spazi e gli allestimenti per gli eventi e le fiere alla progettazione e realizzazione di campagne di comunicazione sui media e sui social. Fino alla realizzazione di video e opuscoli informativi, solo per citare alcune voci.
La cifra di 4 milioni fa di certo impressione. Va detto però che si parla qui di un accordo quadro, cioè una cornice che definisce le linee generali e il plafond economico massimo messo a disposizione. Le prestazioni da fornire e i relativi costi dei singoli appalti verranno poi definiti di volta in volta degli accordi tra ministero e i vincitori della gara. D’altra parte, va ricordato che i 4 milioni messi a bando probabilmente non saranno gli unici soldi che il ministero spenderà per la comunicazione nei prossimi anni. Una buona parte dell’organizzazione di eventi e delle attività di promozione infatti viene solitamente demandata anche agli enti controllati dal dicastero, come Ismea.
La scelta di stipulare un accordo quadro è rivendicata da Masaf nei documenti ufficiali della gara, sostenendo che si tratta di uno strumento in grado di “garantire flessibilità nella pianificazione dei fabbisogni” e che inoltre “consente di accorpare acquisizioni ripetute di servizi sostanzialmente omogenei, riducendo così i costi procedurali collegati all’espletamento di gare similari”. In altre parole, la tesi è che scegliendo dei fornitori fissi con cui trattare poi i singoli appalti si ottiene un risparmio, rispetto a
dover indire ogni volta una gara. Anche se in questo modo ci si preclude la possibilità di trovare condizioni migliori sul mercato per il singolo evento o la singola campagna.
Chi ha vinto la gara
I vincitori della gara pubblica – che ha visto 21 soggetti in competizione – sono stati decretati a fine Novembre. Si tratta di una rete temporanea di imprese (Rti) composta da tre soggetti. La capofila è Spazio Eventi Srl, una società con base a Bari, che si è occupata, tra le altre cose, degli allestimenti della riunione dei capi di stato di governo del G7 in Puglia, nel 2024. Tra i soci di Spazio Eventi troviamo Fabrizio Fitto, cugino di Raffaele, ex ministro del governo Meloni e attuale vicepresidente della Commissione europea, uno degli uomini più potenti di Fratelli d’Italia.
Insieme a Spazio Eventi nel consorzio vincente c’è Universal Markenting, grande player internazionale del food. E poi un’altra società pugliese, l’agenzia di comunicazione Artsmedia. Il fondatore è Giuseppe Inchingolo, oggi capo della comunicazione del Gruppo Ferrovie dello Stato, che detiene ancora il 50 percento della proprietà dell’agenzia. Inchignolo è stato a lungo consulente esterno per la Lega di Matteo Salvini, lavorando fianco a fianco con la ‘Bestia’ , all’epoca guidata da Luca Morisi. Prima di approdare alle Ferrovie, il comunicatore è transitato anche dal ministero dell’Interno, dove ha dato una svolta social alla comunicazione del ministro Piantedosi.
(da Fanpage)
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Dicembre 6th, 2025 Riccardo Fucile
“SCADENZA POLITICA, NON REALISTICA”
Gli Stati Uniti hanno messo sul tavolo una richiesta senza precedenti: entro il 2027
l’Europa dovrebbe assumere il controllo della maggior parte delle capacità convenzionali della NATO, dall’intelligence alla difesa missilistica, con una riduzione significativa della presenza militare americana sul Vecchio Continente.
La scadenza è stata comunicata ieri da funzionari del Pentagono ai governi europei, con la prospettiva di un progressivo riassetto del ruolo statunitense nell’Alleanza Atlantica. Si tratta di un passaggio epocale, che mette in discussione l’architettura di sicurezza costruita dal dopoguerra a oggi. Secondo il generale Giorgio Battisti, ex comandante del Corpo d’Armata di Reazione Rapida della NATO in Italia, la richiesta ha una forte valenza politica: “Washington vuole che gli europei si assumano la responsabilità della propria sicurezza”, spiega a Fanpage.it.
Ma l’Europa paga la riduzione delle forze convenzionali avviata negli anni ’90 e non può sostituire in pochi anni le componenti più sofisticate dell’apparato USA, soprattutto intelligence e sorveglianza avanzata: “In due anni non si sostituiscono capacità costruite in decenni”, dice Battisti.
Generale, partiamo dalla notizia di ieri. Gli Stati Uniti chiedono che l’Europa assuma entro il 2027 la gran parte delle capacità convenzionali della NATO, dall’intelligence alla difesa missilistica. Come valuta questa richiesta?
La richiesta non nasce dal nulla. Donald Trump, già nel primo
mandato e con maggiore insistenza in questo secondo, ha detto più volte che se l’Europa teme per la propria sicurezza, deve rafforzare le sue forze armate. Se l’Europa non lo fa, significa che non percepisce davvero una minaccia. È un messaggio ripetuto non solo dal presidente, ma dai suoi principali portavoce: Segretario di Stato, Segretario alla Difesa e altri membri dell’amministrazione.
Il primo segnale concreto in questo senso lo ha dato a fine ottobre, quando il governo rumeno ha fatto sapere che un contingente di circa 1.000 soldati americani schierati nel Paese non sarebbe stato avvicendato nei prossimi mesi. La notizia ha creato allarme, tanto che il Pentagono ha precisato che dal 2026 verrà avviata una revisione complessiva della presenza USA all’estero. Gli Stati Uniti dispongono oggi di circa 800 basi fuori dal territorio nazionale.
In parallelo Alexus G. Grynkewich – comandante del Supreme Headquarters Allied Powers Europe (SHAPE) – ha confermato che una riduzione della presenza militare statunitense in Europa è prevista e che Washington “confida nelle capacità europee e canadesi” di fronteggiare eventuali minacce al continente.
Quindi la revisione della presenza USA è già in movimento?
Sì. Il Pentagono ha chiarito che non intende ritirarsi completamente dall’Europa, ma riportare le forze al livello pre-invasione dell’Ucraina. Oggi gli Stati Uniti hanno circa 100.000 militari in Europa; prima del 2022 erano 63.000, per decisione del presidente Obama. Se la riduzione avvenisse, sarebbe già un segnale concreto della volontà di “riequilibrare l’onere”.
Il segnale forse più emblematico in questo senso è la disponibilità di Trump a cedere alla Germania il comando del SHAPE. È un incarico che dal 1949 è sempre stato statunitense: se Washington non vuole più un generale americano alla guida delle forze NATO in Europa, vuol dire che immagina un ridimensionamento strutturale della propria presenza.
Entriamo nella questione russa. Quanto è realistica la minaccia di Mosca nei confronti dell’Europa, considerando che in Ucraina – secondo molti osservatori – la Russia non è riuscita a prevalere in modo decisivo, assumendo il quasi quattro anni il controllo di una porzione di territorio non così vasta?
È una domanda legittima. Con le prestazioni militari dimostrate in Ucraina, la Russia non avrebbe né la capacità né le risorse per invadere e occupare l’Europa. La minaccia principale non è quella di un attacco convenzionale su larga scala.
Mosca usa invece la guerra ibrida: sabotaggi, droni, attacchi cyber, operazioni informative, disinformazione e propaganda. L’obiettivo non è conquistare territori ma dividere le società europee, minare la loro coesione e ridurre la volontà di reagire. La Russia trova sponde politiche e mediatiche nei vari Paesi europei, sfrutta personalità pubbliche e canali influenzabili e riesce a creare polarizzazione.
La dottrina militare russa attuale, la cosiddetta “dottrina Gerasimov”, prevede che nei conflitti moderni il rapporto tra azioni non militari e azioni militari sia quattro a uno. È ciò che vediamo: Mosca destabilizza gli avversari senza varcare fisicamente i confini. Il vero terreno di scontro è interno, sociale
e psicologico. In Italia, ad esempio, un sondaggio Censis recente mostra che solo il 16% degli italiani sarebbe disposto a combattere per difendere i confini nazionali. Questo dato riflette già un indebolimento della resilienza interna nel nostro Paese.
In che modo l’Europa può riconfigurare in tempi così brevi strutture complesse come la NATO o le proprie forze armate, se la scadenza è il 2027?
È molto difficile. Dalla fine della Guerra fredda, cioè dal 1991, in quasi tutti i Paesi europei è venuta meno la percezione di una minaccia convenzionale. Le forze armate sono state ridotte radicalmente per motivi politici, economici e culturali, privilegiando missioni di pace con contingenti limitati.
L’esercito italiano, ad esempio, alla fine degli anni ’80 disponeva di circa 220.000 uomini; oggi sono 90.000. Il Regno Unito è sceso a 70.000. Sono eserciti “bonsai”, come alcuni analisti li definiscono.
Per recuperare capacità convenzionali servono tempo, bilanci pluriennali e filiere industriali che oggi non sono dimensionate per produrre grandi quantità di equipaggiamento moderno. Non basta stanziare fondi: carri armati, artiglierie, difesa aerea, sistemi di intelligence richiedono progettazione e industrializzazione. Solo per portare l’Italia a una capacità adeguata si parla di 10 anni di investimenti, non due. Lo stesso vale per altre componenti essenziali: sistemi satellitari, capacità ISR, interoperabilità dei comandi NATO. Non sono risorse che si sostituiscono in 24 mesi.
Alla luce di ciò, la scadenza del 2027 è praticabile
on realisticamente. Gli Stati Uniti lo sanno benissimo. La scadenza, però, serve come leva politica: è un modo per forzare l’Europa ad assumersi responsabilità immediate e a riconoscere che l’ombrello americano non sarà eterno. L’Europa deve convincersi che la propria sicurezza non può dipendere strutturalmente da Washington
Nel 2027 non sarà possibile sostituire le capacità americane più sofisticate, soprattutto quelle di intelligence, sorveglianza, ricognizione e difesa aerea. Sono funzioni che non si acquistano come fossero materiale commerciale. Tuttavia, la minaccia è credibile: gli Stati Uniti possono ridurre la presenza, riportarla ai livelli pre-Ucraina e chiedere agli europei di coprire la differenza.
Il segnale più forte è la disponibilità a cedere il comando del SHAPE alla Germania. Berlino è il Paese più reattivo: ha stanziato oltre 100 miliardi di euro e sta già acquistando sistemi avanzati, come i missili Arrow-3 israeliani. Altri Paesi, invece, sono ancora in piena discussione politica interna.
Esiste lo scenario di una provocazione russa per testare la coesione NATO?
Dal mio punto di vista è possibile. La Russia potrebbe tentare azioni molto limitate nei Paesi baltici, occupando pochi chilometri di territorio e fortificandosi. Sarebbe un modo per verificare se la NATO applica davvero l’articolo 5, cioè “tutti per uno, uno per tutti”. Non parliamo di una guerra di invasione, ma di un test politico: capire se i 32 Stati dell’Alleanza reagirebbero unitariamente oppure si aprirebbero a divisioni.
(da Fanpage)
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