GENOVA, LO SCANDALO CHE HA TRAVOLTO LA POLIZIA LOCALE: I “SUSSURRI” NELL’ORECCHIO PER PROVOCARE I FERMATI, LE BODYCAM “ACCESE DOPO”
LE CARTE DELL’INCHIESTA: “LA PRESUNZIONE DI IMPUNITA’ TOTALE” DEI 15 AGENTI INDAGATI
I “sussurri nell’orecchio”, come “straniero di merda”, “fai denuncia” per provocare i fermati e giustificare le botte e/o gli arresti per resistenza le bodycam “accese solo dopo”, come nel caso dei 1200 euro sottratti a un cittadino italiano sotto sgombero in un appartamento di proprietà di Arte a Borzoli, gli accessi per gli sgomberi “senza una determina di un dirigente” talvolta senza un funzionario di polizia giudiziaria presente.
E ancora le minacce, gli scherni e il vanto per quelle umiliazioni fatte subire nella chat ‘Quei bravi ragazzi’’, convinti della loro totale impunità : “Tanto è la sua parola contro la nostra che siamo pubblici ufficiali”.
La pm: “Concreti riscontri al racconto delle due vigilesse”
La prassi del gruppetto di sceriffi emerge puntuale dal lavoro minuzioso degli investigatori della squadra mobile che su indicazione della pm Sabrina Monteverde hanno incrociato il racconto delle due vigilesse con le chat e con il racconto delle vittime delle violenze, di altri testimoni, in qualche caso telecamere di sorveglianza. Anche alcuni colleghi degli indagati sono stati sentiti ma secondo quanto emerso si sarebbero tricerati di fronte a tanti “non ricordo”
E se nel decreto di perquisizione notificato ieri ai 15 indagati ( 11 uomini e 4 donne) vengono ricostruiti minuziosamente 6 episodi le indagini sono appena all’inizio e i riscontri che potranno trovare gli investigatori potrebbero portare nuovi sviluppi, come scrive la stessa pm: “Gli episodi illustrati confermano la piena attendibilità delle agenti nel riferire fatti costituenti reato dei quali i colleghi del reparto Sicurezza Urbana si rendono sistematicamente protagonisti”.
Per l’accusa le prime indagini hanno infatti consentito di trovare ”concreti riscontri circa l’uso spregiudicato della violenza” e circa le minacce “nei confronti di soggetti ai margini della società, non in grado di difendersi al cospetto di uomini in divisa, forti del fatto che la loro parola di pubblici ufficiali non potrebbe mai essere messa in discussione”.
L’inchiesta interna alla Pl e l’informativa in Procura
In base a quando emerge dalle 31 pagine del decreto l’inchiesta
nasce dalla volontà della Procura di Genova di approfondire un’informativa arrivatale dal comando della polizia locale che aveva condotto un’inchiesta interna dopo che due vigilesse avevano segnalato all’assessore alla polizia locale Sergio Gambino una serie di comportamenti illeciti e inappropriati da parte di colleghi. Al momento non è possibile conoscere il contenuto esatto dell’annotazione inviata dal comandante Gianluca Giurato alla Procura a conclusione dell’indagine interna (che è stata fatta senza informare preventivamente l’autorità giudiziaria) alla fine dello scorso novembre.
Premesso che per questa vicenda il comandante Giurato non è indagato, la pm Sabrina Monteverde, letta l’informativa, decide di approfondire per vederci chiaro: per questo affida l’inchiesta alla squadra mobile che convoca immediatamente le due vigilesse che confermano e dettagliano i fatti a cui hanno
assistito direttamente. Non solo: agli investigatori consegnano i telefoni in modo che possano essere estratti per intero i contenuti della chat ‘Quei bravi ragazzi’, una sorta di chat parallela (23 i partecipanti) a quella ufficiale del reparto (la chat RU con 46 membri).
Le botte a Capodanno: “Primi cioccolatini dell’anno dispensati“
“Primi cioccolatini dell’anno dispensati” scrivono alcuni agenti in chat alludendo a un cittadino sudamericano arrestato e malmenato la notte di Capodanno .”Chi è il dottore?” chiede uno dei partecipanti alla chat. “Ha gradito da più dottori”, “Ne ha mangiati tanti gusti a sto giro, era ghiotto e affamato” dicono ancora sempre utilizzando la metafora dei dolci e delle caramelle per indicare le botte e postando la foto dell’arrestato in manette. “Cos’ha combinato sto Coglionazzo????” chiede un altro e e uno degli indagati risponde “A de Ferrari è un po’ su di
giri, ha voluto fare un brindisi con noi”, “Ha brindato rompendo il bicchiere in testa“.
I 1200 euro spariti: “Tanto le bodycam le abbiamo attivate dopo e abbiamo i filmati”
Tra gli episodi citati quello del furto di 1200 euro (il reato è peculato trattandosi di pubblici ufficiali), in cui una delle vigilesse donne, dopo che un collega si era preoccupato visto che il proprietario della casa appena si era accorto dell’ammanco si era infuriato dicendo che avrebbe denunciato tutti, aveva detto: “ha detto che gli abbiamo fatto saltare 1500 euro ma non può provarlo. Siamo noi contro di lui e abbiamo attivato le bodycam che dimostrano che non abbiamo toccato niente. Può andare a fare denuncia dove vuole, tanto abbiamo attivato dopo e abbiamo i filmati”.
Circa gli accessi negli alloggi da sgomberare senza preventiva
determina del dirigente e senza, in qualche caso – come emergerebbe dalle prime indagini – la presenza di un loro superiore in loco (con qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria) in chat uno di loro scrive, quasi ad anticipare una preoccupazione: “Il problema è che con questo giochino abbiamo fatto un bel po’ di reati”.
L’obiettivo della perquisizione e del sequestro di ieri, che ha portato a trovare almeno un manganello nell’armadietto di uno degli indagati, come avevano raccontato le vigilesse e come ha confermato una delle vittime di un pestaggio, è anche quello di scoprire ulteriori eventuali reati anche proprio grazie alla chat incriminata, visto che le due agenti che hanno denunciato gli abusi nell’ottobre scorso, parlando di una prassi consolidata e sistematica, erano state immediatamente trasferite ad altro incarico.
Intanto una decina dei quindici agenti indagati ha fatto ricorso al Riesame per chiedere il dissequestro dei telefoni.
(da Genova24)
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