GIORGIA MELONI MANDA UN PIZZINO A SALVINI: “O ACCETTATE DI CAMBIARE LA LEGGE ELETTORALE, O PERDEREMO” – LA STATISTA DELLA GARBATELLA SA CHE CON IL “ROSATELLUM”, L’ATTUALE SISTEMA, CHE PREVEDE COLLEGI UNINOMINALI, IL CENTROSINISTRA UNITO SARÀ MOLTO PIÙ COMPETITIVO, SOPRATTUTTO AL SUD E RISCHIA DI PRENDERSI IL SENATO
PER QUESTO STA PRESSANDO IL LEADER LEGHISTA PER UNA STERZATA SUL PROPORZIONALE CON PREMIO DI MAGGIORANZA (PENALIZZANTE PER IL CARROCCIO)
Immaginiamo una barca con tutti sopra. Seguiamo questa metafora che ci consegna un leghista, sotto garanzia di anonimato. La barca è la coalizione di centrodestra. La legge elettorale sono le braccia: più braccia significa che, in emergenza, meno acqua viene imbarcata, più la scialuppa è
solida per affrontare il mare aperto del voto.
La legge elettorale può apparire un tema per iniziati, un codice alchemico freddo e respingente. Ma a rendere tutto più accattivante da raccontare è il calcolo politico che vi sta dietro, a meno di due anni dalle elezioni.
Non è prematuro parlarne: tant’è che è stata proprio Giorgia Meloni ad ammettere, meno di due settimane fa, durante il suo intervento alla Masseria di Bruno Vespa, di voler cambiare le norme per il voto. Letteralmente il ragionamento condiviso da Meloni e dai suoi emissari di Fratelli d’Italia con il numero uno e il numero due della Lega, Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti, è il seguente: «Con questa legge elettorale è molto alta la possibilità di perdere. Di sicuro perderemo il Senato». Perché nella parte del Rosatellum (legge attualmente in vigore) che prevede i collegi uninominali, il centrosinistra unito sarà molto più competitivo, soprattutto al Sud, rispetto all’ultima tornata.
A valle c’è una considerazione semplice: il campo progressista, o campo largo o larghissimo, difficilmente si frantumerà come avvenne nel 2022. Pd, M5S, Avs, Italia Viva, Più Europa e chiunque aspiri a far crescere la porzione riformista del centrosinistra, sacrificheranno gli ego dei propri leader per costruire un fronte contro Meloni e la destra di governo. Il modello è Romano Prodi nel 2006. Un’arca zeppa di alleati riluttanti. Che si costringono a stare assieme, pur di sconfiggere la destra.
La vittoria di Silvia Salis a Genova, con Italia Viva a suo modo decisiva dentro un’alleanza molto ampia, ha alimentato l’urgenza
e accelerato questa riflessione a Palazzo Chigi. Per Meloni è uno scenario concreto, limpido.§
Al punto che si è chiesta se anche di fronte a questa possibilità Salvini insisterà a non voler cambiare la legge elettorale in senso proporzionale perché più penalizzante per la Lega. La risposta della fonte leghista a La Stampa è quella che è stata al centro della discussione ai vertici del Carroccio dopo il confronto con la premier e i suoi: «Siamo costretti a farlo. Per necessità». Se la Lega si sfilasse, perderebbe l’intera coalizione. Dunque, perderebbero tutti. Lega compresa.
A gestire le trattative per conto di Meloni sono l’ex cognato e ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e, più nell’ombra, il presidente del Senato Ignazio La Russa. La formula che ha in testa la premier prevede il proporzionale, con premio di maggioranza, l’indicazione del candidato presidente del Consiglio, le preferenze, il capolista bloccato e – ma al momento è solo un’ipotesi – una soglia al 3%, che nelle intenzioni di FdI potrebbe attrarre verso destra Azione di Carlo Calenda.
Sono ingredienti che, come nella migliore tradizione italiana di fine legislatura, servono ad abbassare le chance di vittoria degli avversari.
Con l’indicazione del candidato premier la segretaria del Pd Elly Schlein e il presidente del M5S Giuseppe Conte si troverebbero in difficoltà: uno dei due dovrebbe rinunciare alle proprie aspirazioni su Palazzo Chigi, e potrebbero doversi orientare su un terzo nome, non potendo più adottare il metodo della destra, e cioè diventa capo del governo il leader del partito che ha preso di più.
Sta di fatto che il cambio in senso proporzionale, con preferenze, aumenterebbe la competizione tra i partiti all’interno della coalizione, a vantaggio di quelli che possono puntare a superare il 10%.
Per la Lega lo svantaggio sarebbe clamoroso: perché si priverebbe di quella leva che le avevano dato i collegi uninominali, quando pur con una percentuale quasi uguale a Forza Italia, incassò 94 parlamentari, numero nettamente superiore ai 70 azzurri, grazie anche al predominio al Nord, territorio di riferimento. Eppure, a quanto pare, Salvini dovrà cedere. Proprio per quel discorso della barca fatto dal leghista: se non lo farà il centrodestra affonderà.
Ma, in teoria, le regole della politica prevedono che per ogni cedimento ci sia una compensazione.
Il Veneto? La risposta non è chiara, perché il governatore leghista Luca Zaia, interdetto dal quarto mandato, non si è ancora fatto da parte. C’è anche un altro elemento, però, che facilita i piani di Meloni: il terzo socio di maggioranza. Forza Italia vuole cambiare la legge elettorale.
(da Dagoreport)
Leave a Reply