MA CHI E’ DAVVERO VALERY GERGIEV? IL DIRETTORE D’ORCHESTRA CON ‘LE PALLE CHE GLI FUMANO’ E IL PROPAGANDISTA PUTINIANO SONO LA STESSA PERSONA
SOSTIENE L’INVASIONE DELL’UCRAINA, LA VEDOVA DI ALEKSEJ NAVALNY LO ACCUSA DI UTILIZZARE A SCOPI PERSONALI I FONDI DELLA SUA FONDAZIONE, TEORICAMENTE BENEFICA… HA UN GIRO D’AFFARI IN ITALIA: POSSIEDE IL ‘CAFFÈ QUADRI’ DI VENEZIA, UN INTERO PROMONTORIO SULLA COSTIERA E UN LUNA PARK
Ma chi è davvero Gergiev? Un po’ di chiarezza bisogna farla. Iniziando col distinguere il Gergiev 1, il musicista, dal Gergiev 2, il propagandista putiniano, che però sono purtroppo la stessa persona.
Allora: Valerij Abisalovic Gergiev, 72 anni, nato a Mosca da una famiglia dell’Ossezia, non è il più grande direttore d’orchestra del mondo, anche perché è una definizione che non significa nulla; ma uno dei grandi direttori di oggi, sì. Studi a Pietroburgo, debutto operistico nel 1978 al Mariinsky, di cui diventa direttore artistico nell’1988 e generale, quindi anche con poteri gestionali, nel 1996.
Dal dicembre 2023 è anche direttore generale del Bolshoi di Mosca. E qui, prima nota per gli asini: a differenza di quel che credono, il teatro russo più prestigioso non è il Bolshoi ma appunto il Mariinsky, del resto quello di Pietroburgo, la capitale zarista. Furono i comunisti a riportarla a Mosca e a valorizzare il Bolshoi, mentre il Mariinsky venne ribattezzato Kirov in onore di un cacicco bolscevico. Putin, che è di Pietroburgo, ha ristabilito le gerarchie e ripromosso il Mariinsky, per il quale è
stata anche realizzata una seconda sala.
Intanto, Gergiev faceva una brillantissima carriera internazionale: Wiener, Berliner, molti dischi, direttore ospite del Met di New York, direttore principale della London Symphony e dei Münchner Philharmoniker, spesso anche in Italia, alla Scala, a Santa Cecilia, al Regio di Torino, eccetera. Per inciso, è pure Grande Ufficiale della Repubblica, la nostra.
Gli esiti sono talvolta alterni per bulimia di impegni ma spesso grandiosi, specie nel repertorio russo.
E qui siamo al secondo capitolo dell’attività di Gergiev: il complice di Putin. Non si limita a restare e a lavorare nella Russia del regime, come Furtwängler in Germania durante il Terzo Reich, ma lo sostiene attivamente.
Sia nel 2012 che nel 2018 ha appoggiato pubblicamente la candidatura di Putin. Nel 2014, si è schierato a favore dell’annessione della Crimea, nel 2016 ha diretto un concerto a Palmira “liberata” dalle truppe russe.
Inutile dire che sostiene l’invasione dell’Ucraina. Ultimo episodio, il 18 luglio, quando durante una recita di “Semën Kotko” (nota 4: di Prokof’ev) al Bolshoi sono state proiettate in scena delle scritte inneggianti all’annessione del Donbass. Per l’amicizia con Putin, Gergiev, ovviamente, non ci rimette.
La vedova di Aleksej Navalny, Yulia, lo ha accusato di utilizzare a scopi personali i fondi della sua fondazione, teoricamente benefica. Del resto, che Gergiev fosse “un uomo d’affari” lo disse il grande Yuri Temirkanov, di cui è stato allievo. Affari, per inciso, pure italiani.
Nel nostro Paese, Gergiev possiede un enorme patrimonio immobiliare, in parte ereditato da una sua ammiratrice, un’arpista giapponese vedova del conte Ceschina. Fra i molti beni, ci sarebbero decine di immobili, un intero promontorio sulla costiera, e perfino un luna park.
Di certo, il Caffè Quadri in piazza San Marco a Venezia, il preferito da Wagner. Almeno, Gergiev non riceverà anche il cachet del concerto. E stavolta non sarà nemmeno una gran perdita dal punto di vista artistico, dato il programma
scombiccherato e chiaramente turistico, da classica “for dummies”
(da lastampa.it)
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