LA PIOGGIA DI DRONI RUSSI CONTRO KIEV È L’ANTIPASTO: MOSCA HA SCHIERATO 700MILA SOLDATI IN UCRAINA, LA MAGGIOR PARTE DEI QUALI NELLA REGIONE DI DONETSK, PER SFONDARE LE DIFESE DI ZELENSKY A EST
“MAD VLAD” HA CAPITO CHE ALL’AMERICA NON GLIE NE FREGA NIENTE DELLE SORTI DELL’UCRAINA: NON È UN CASO CHE IL NUMERO DI RAID È AUMENTATO DOPO IL VERTICE DEL 15 AGOSTO CON TRUMP
Sul fronte, Mosca sta concentrando tutte le sue forze in Donbass. Secondo il Gur, ci sono circa 700 mila militari russi dispiegati in Ucraina, la maggior parte dei quali schierati nella regione di Donetsk. L’obiettivo è la cintura che corre da Kramatorsk a
Sloviansk. Al centro della battaglia, Pokrovsk, l’asse più impegnativo per gli ucraini, come l’ha definito nell’ultimo briefing il capo di stato maggiore di Kiev Oleksander Syrskyi.
Qui, da luglio, l’Armata ha schierato unità di marines esperti con il compito di infiltrarsi in profondità nella cittadina, evitando scontri diretti con le forze ucraine. Altro obiettivo di Mosca è Kostiantynivka. Dopo che parte della 93ª Brigata ucraina è stata dispiegata di nuovo da nord di Toretsk a Dobropillia per proteggere Pokrovsk, l’offensiva russa nella zona ha subito un’accelerazione. Le forze moscovite hanno conquistato gran parte di Oleksandr-Shultyne, sono avanzate fino alla riva del bacino di Katerynivka e ora stanno cercando di spingersi attraverso Stupochky verso Kostiantynivka stessa.
La pressione di Mosca resta alta poi sulla periferia settentrionale di Chasiv Yar, con l’obiettivo di aggirare Kostiantynivka da nord. Lì, tuttavia, l’avanzata è bloccata dalle fortificazioni ucraine a Maiske. Intanto il contingente russo Vostok, nonostante i persistenti contrattacchi, continua ad avanzare attraverso il confine tra le regioni di Donetsk e Dnipropetrovsk, a nord e a ovest di Velyka Novosilka.
Le forze russe hanno catturato diversi villaggi nelle valli dei fiumi Vovcha e Vorona. E gli attacchi sul confine della regione di Dnipropetrovsk sembrano aver costretto il comando ucraino a inviare riserve, forse anche provenienti dal fronte di Sumy.
Di nuovo Kiev, prendendo di mira per la prima volta il palazzo dei ministri, risparmiato finora in tre anni e mezzo di guerra. E oltre alla capitale anche Odessa, Dnipro, Zaporizhzhia,
bombardate con oltre ottocento droni e tredici missili cruise. Il ritmo degli attacchi russi aumenta.
E porta a chiedersi perché Vladimir Putin lanci questa sfida aperta mentre gli Stati Uniti cercano – almeno nelle dichiarazioni ufficiali – di tenere vivo il percorso di pace e l’Europa aumenta il suo sostegno all’Ucraina. Cosa spinge il Cremlino a rischiare di indispettire Donald Trump e compromettere il feeling con la Casa Bianca?
Questo raid viene infatti interpretato come un “ultimo avvertimento” al presidente Zelensky prima di passare ad armi addirittura più distruttive e vuole spingere gli ucraini a interrompere l’offensiva contro le raffinerie, che dall’inizio di agosto sta mettendo in crisi la capacità russa di produrre e distribuire carburante.
Ogni notte i droni del servizio segreto di Kiev – il Gur del generale Budanov – vanno a colpire gli impianti e le ultime stime ritengono che la fornitura di combustibile sia stata amputata di oltre un quinto: alcune fonti ipotizzano addirittura del 23 per cento.
Da inizio agosto sono state incendiate oltre quindici raffinerie, anche a mille chilometri dalla frontiera. La grande ondata di droni e missili che la scorsa settimana ha devastato Kiev, uccidendo ventisette civili e ferendone un centinaio, non ha intimidito il governo Zelensky. Così c’è stato un altro messaggio di fuoco, con l’ordigno sulla sede dei ministeri. Il prossimo potrebbe essere ancora più pesante: le fabbriche russe sfornano ordigni in quantità crescente e il Cremlino ha più vol
vagheggiato l’impiego dei colossali Oreshnik a testata multipla, scagliati lo scorso ottobre contro la zona industriale di Dnipro.
I raid ucraini sulle raffinerie hanno anche un significato militare: riducono le scorte delle forze che stanno aumentando la pressione su tutta la linea del fronte. Kiev teme che stia scattando una manovra su larga scala per espugnare le città fortezza del Donetsk e aprire un varco nella pianura di Zaporizhzhia.
E, dopo mesi di assenza, da una settimana le truppe russe sono tornate ad andare alla carica con alcune colonne di mezzi corazzati: affondi respinti, che sembrano però la prova generale di una offensiva di tank. Ci si aspetta una spallata di Mosca contro le difese, tentando di infliggere un colpo decisivo entro ottobre e non restare impantanata in un conflitto di logoramento.
Tutto questo finora non ha influito sulla Casa Bianca, che non muta atteggiamento verso il Cremlino e non intende incrementare gli aiuti bellici a Kiev. Il conflitto ucraino non interessa più agli Stati Uniti: ieri la prima direttiva del neo segretario della Guerra Pete Hegseth è stata ridefinire le strategie del Pentagono, passando dal confronto con Russia e Cina alla difesa del continente americano.
Washington finora non ha neppure formalizzato le garanzie di sicurezza chieste dal presidente Zelensky per procedere nei negoziati nati dal summit di Ferragosto tra Trump e Putin. Il futuro dell’Ucraina ormai dipende solo dall’Europa: una situazione che sembra rassicurare Mosca nel proseguire i piani di guerra e seminare morte sulle città.
(da Corriere della Sera)
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