È VERO CHE I RUSSI AVANZANO, MA MOLTO LENTAMENTE: SE PROCEDESSE AL RITMO DEGLI ULTIMI 30 GIORNI, ALL’ESERCITO DI MOSCA SERVIREBBERO ALTRI CINQUE ANNI DI GUERRA PER CONQUISTARE CIÒ CHE RESTA DELLE QUATTRO REGIONI CHE PUTIN RIVENDICA (DONETSK, LUGANSK, ZAPORIZHZHIA, KHERSON)
LA DIFESA DEL FRONTE CON DRONI E ARMI DI PRECISIONE REGGE. SENZA CONTARE LE PERDITE DI “MAD VLAD”: DALL’INIZIO DELL’INVASIONE A GENNAIO DI QUEST’ANNO, I SOLDATI RUSSI MORTI SONO STATI 137-228MILA. E A METÀ OTTOBRE IL BILANCIO È AUMENTATO QUASI DEL 60%
L’offensiva estiva russa sta volgendo al termine e lo zar non ha ottenuto un solo risultato di quelli annunciati. Pokrovsk, in pericolo da più di un anno, non è caduta. Sono ancora lì Kramatorsk, Kostjantynivka, Kupiansk e perfino Chasiv Yar. Il Donetsk ha una quota di filorussi più alta di molte altre regioni.
Ma non bisogna confondere la russofonia con la russofilia: anche se la percentuale di chi parla la lingua di Mosca nella regione magari non è scesa come nel resto del Paese, non è scontato che questo dato si traduca in sostegno politico. Dall’inizio dell’invasione a gennaio di quest’anno, le perdite russe ammontano a 640.000-877.000 soldati, di cui 137.000-228.000 sono morti. E a metà ottobre il bilancio era aumentato quasi del 60%, passando da 984.000 a 1.438.000 perdite, di cui 190.000-480.000 morti.
Il dato è di Kiev. E dunque di parte. Ma anche rivedendo la cifra al ribasso, le perdite russe non si sono tradotte in un corrispondente guadagno territoriale. Se poi si guarda la faccenda in un’ottica di lungo periodo, secondo una stima dell’ Economist, al ritmo degli ultimi 30 giorni la conquista di ciò che resta delle quattro regioni che Putin rivendica richiederebbe fino a giugno 2030.
Oltre al tempo, gli uomini. Anche se si prova a girare la medaglia o a guardare le carte dell’altro giocatore, il tavolo non è scontato. Un crollo delle linee difensive ucraine è improbabile. La costante sorveglianza con droni, abbinata ad armi di
precisione a lungo raggio, ha reso possibile l’accumulo di forze per entrambe le parti.
Ma se la tecnologia ha cambiato i vecchi manuali militari, resta una regola: chi attacca deve avere il triplo degli uomini di chi difende. Inoltre, anche se i russi hanno imparato a usare piccole squadre di uomini nella kill zone , poi hanno bisogno di uomini e mezzi per tenere le posizioni. Certo la war fatigue , il logoramento, e la carenza di uomini sono un problema per Kiev. Ma sono spine che potrebbero conficcarsi prima o poi anche nel fianco di Mosca. Quando è iniziata l’offensiva, i russi sono stati attirati da generosi bonus di arruolamento e la campagna di reclutamento del Cremlino ha superato quella ucraina di 10.000-15.000 unità al mese.
Eppure, perfino per un regime, nascondere i sacchi da morto e le tombe non è facile.
E, ancora, Putin non è Caterina la Grande che riuscì a imbrogliare i cosacchi: pure l’utilizzo di mercenari, vedi il caso della Wagner e di Prigozhin, non è semplicissimo da gestire. E perfino la zarina dovette fare concessioni abolendo la servitù della gleba.
Il boomerang Dalle trincee alle fabbriche.
Per quasi quattro anni, l’economia ucraina ha sofferto sotto i colpi dei missili russi.
Ma ha provato a reagire producendo in casa missili e droni relativamente economici e proponendo agli alleati europei droni a basso costo. Certo, l’economia russa è molto più grande di quella dell’Ucraina e non è affatto una tigre di carta come ha detto Trump a New York.
Ma non è nemmeno così florida come l’ha descritta il tycoon Perché se non è scontato che Pechino continui a foraggiare un alleato che, tutto sommato, fin qui ha portato a casa una guerra di logoramento, la forza di Mosca in termini produttivi è minuscola rispetto a quella degli alleati dell’Ucraina.
L’Europa non vuole armarsi e non vuole scendere sul campo di battaglia. Ma se costretta a farlo, la guerra ibrida di Mosca potrebbe trasformarsi in un boomerang che finisce dritto sul tetto del Cremlino. Con o senza i missili Tomahawk.
(da Corriere della Sera)
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