REGIONALI HORROR PER FRATELLI D’ITALIA: IL PARTITO DELLA MELONI È STATO DOPPIATO DALLA LEGA IN VENETO, STRACCIATO DAL CAMPO LARGO IN CAMPANIA E PERDE CONSENSI RISPETTO ALLE EUROPEE
ORA TEMONO DI DOVER RIMETTERE IN DISCUSSIONE IL PATTO SULLA LOMBARDIA, PRENOTATA DA GIORGIA MELONI IN CAMBIO DELLA CANDIDATURA DEL LEGHISTA STEFANI IN VENETO… IN CAMPANIA NON SONO SERVITI A NIENTE GLI INVESTIMENTI (CAIVANO E ZES), I CONDONI, I BLITZ DI ARIANNA MELONI, LA POLEMICA SUL “GOZZO” DI ROBERTO FICO E MEN CHE MENO LA CANDIDATURA A CAPOLISTA DI GENNARO SANGIULIANO
La notte luandese è più cupa del previsto per Giorgia Meloni. Dall’Angola, dove partecipa a un vertice dell’Unione africana, la premier deve fronteggiare le proporzioni di una sconfitta alle regionali sì annunciata, ma non nei termini che lo spoglio via via racconta.
Il Carroccio in Veneto doppia i suoi Fratelli (giù al 18,6%, quasi la metà rispetto ad Europee e Politiche) e già rimette in discussione il patto sulla Lombardia, prenotata da FdI.
In Campania lo scarto con i giallorossi è monstre, 25 punti, la lista della fiamma arranca poco sopra al 10% e per tutta la sera rischia il sorpasso di FI, «per noi un risultato lusinghiero», gongola Antonio Tajani.
Qui l’amarezza dei meloniani è commisurata agli sforzi profusi: gli investimenti da Caivano alla Zes, il condono elettorale, i blitz di Arianna Meloni, la contrapposizione con il governatore uscente, Vincenzo De Luca, e la campagna sul “gozzo” del suo successore, Roberto Fico.
E la Puglia? Nella terra di Marcello Gemmato, dove la premier trascorre le estati, per FdI il confronto con Politiche ed Europee è spiacevole (23,6% e 27% contro il 18,5% di ieri). Va meglio rispetto alle regionali del 2020 (12,6), che però è un’era politica fa.
Dall’Africa, la premier sente lo stato maggiore del partito, riunito a via della Scrofa, da Arianna a Giovanni Donzelli. La narrazione da far trapelare fuori è che mettendo nel computo tutte le regioni al voto in autunno è finita «3-3». Ma dentro la preoccupazione serpeggia. Anche in vista del referendum sulla giustizia. Formalmente, Meloni liquida la pratica su X: foto con il neo-governatore del Veneto, Alberto Stefani. La parola sconfitta non c’è. Né un rimando alla Lega. Il successo del delfino di Matteo Salvini è «una vittoria della coalizione»
Il vero timore di FdI è che il patto sulla Lombardia — motivo per cui i Fratelli hanno lasciato il Veneto ai leghisti — venga ridiscusso. Salvini davanti i microfoni, a Padova, dice e non dice. «Se gli alleati avranno proposte valide le ascolteremo, siamo una coalizione».
Però a domanda secca sul Pirellone fa il vago: «Mancano due anni, chi vivrà vedrà. La Lega in Lombardia può raggiungere lo stesso risultato del Veneto». E il centrodestra? «Momento complicato».
I colonnelli del segretario sono più diretti. Massimiliano Romeo, numero uno della Lega Lombarda e capogruppo in Senato, dice così: «Queste elezioni confermano che le regionali sono tutta
un’altra partita. E al Nord c’è la Lega».
Il risultato del Veneto è quello più bruciante. FdI puntava alla prima piazza. Donzelli pronosticava solo qualche giorno fa un 25 a 20 sulla Lega. Invece FdI è lontanissima, tallonata dal Pd. Anche in Campania la corsa di Cirielli era sì complicata, iniziata tardi, dopo le bizze con FI che gli avrebbe preferito un civico. Ma lo scarto è extralarge. Mentre Meloni parlava di una regione «contendibile», anche nelle chat private con i ministri, invitati a non risparmiarsi per la remuntada. Gli azzurri già punzecchiano: «In Campania contavamo di avere un risultato migliore», parola di Maurizio Gasparri.
(da Dagoreport)
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