BERLUSCONI CI RIPROVA: “DOPO IL SÃŒ ALLE RIFORME GIUSTO DARMI LA GRAZIAâ€
I DISSIDENTI ALL’ATTACCO: ” IL SENATO SCOMPARIRA’ NEL 2015 E RENZI CI PORTERA’ AL VOTO”
La grande paura corre di bocca in bocca. «Renzi ci vuole mandare tutti a casa». 
Al di là dei tecnicismi della riforma, oltre le bandiere della «difesa della democrazia» e del «Senato ridotto a essere come l’Anci», la vera mina che i ribelli forzisti e democratici sono riusciti a piazzare sotto le rotaie del treno costituzionale è proprio questa: convincere molti, moltissimi senatori che la loro carriera parlamentare sta per arrivare al capolinea.
Per colpa del premier.
È l’ultima carta, magari disperata, che i frondisti giocheranno in vista della battaglia finale in aula contro il disegno di legge che abolisce il Senato elettivo.
E se nel Pd alla fine, conti alla mano, non prevedono più di 7-8 senatori che lasceranno l’aula pur di non votare il testo, nessuno davvero riesce a prevedere cosa accadrà dentro Forza Italia e quanto peserà la paura di andare a casa.
Il partito del Cavaliere è scosso in queste ore da una tensione altissima.
Lo si è capito ieri quando l’annuncio di un’assemblea convocata per i soli senatori, alla presenza di Berlusconi, ha portato i deputati a una plateale rivolta, con il capogruppo Brunetta in prima linea.
Augusto Minzolini ha capito che il punto debole del fronte governativo è proprio quello e attacca senza risparmio.
Ieri pomeriggio l’ex direttore del Tg1, in commissione, ha guardato negli occhi Maria Elena Boschi e le ha rivolto «un appello» affinchè tutti prendessero coscienza del pericolo: «Ministro, non si possono fare le riforme costituzionali solo per andare a votare in primavera! La Costituzione è una cosa seria».
Nello stesso momento, di fronte al bar dei dipendenti di palazzo Madama, il capogruppo Paolo Romani stava provando a rassicurare il senatore azzurro Luigi D’Ambrosio Lettieri.
Romani: «Ho appena parlato con Berlusconi, verrà lui stesso a darvi spiegazioni sulla questione che legittimamente sollevate. Ma ti assicuro che il vostro timore non ha fondamento. Non è vero che il Senato verrà sciolto e la Camera invece resterà in piedi. E non è vero che si andrà a votare in primavera».
Anche perchè la norma transitoria non prevede questa ipotesi. L’interlocutore non sembra molto convinto: «Va bene Paolo. Purchè Berlusconi sappia che l’anima gliela diamo volentieri, ma il resto no».
Quella che tuttavia i senatori forzisti sottovalutano è la convinzione ormai irremovibile dell’ex Cavaliere.
A spingerlo verso il sì non è soltanto il senso di ineluttabilità per una riforma a cui non può sottrarsi. È che Berlusconi vede anche la sua personale convenienza a stare in partita come padre costituente.
È stato proprio Romani, parlando ieri sera a In Onda, ad alzare il velo sulle speranze che si coltivano ad Arcore: «In un processo di pacificazione nazionale, a mio avviso, ci sta pure la grazia. Bisogna che venga attivato un percorso di pacificazione nazionale e mi auguro, se proprio devo rispondere, che ci sia questo processo e quella conclusione ».
Il fondo il leader di Forza Italia ci conta e la recente assoluzione di Confalonieri e del figlio Pier Silvio l’hanno convinto che la linea di collaborazione e “pacificazione” paga.
Se l’immunità personale di Berlusconi gioca un ruolo a favore della riforma (come sospettano i cinque stelle), l’immunità estesa anche ai nuovi senatori-consiglieri regionali potrebbe creare un insidioso inciampo nel passaggio in aula.
Come reagiranno i democratici quando i grillini presenteranno l’emendamento per ridurre l’immunità parlamentare alla sola sfera delle opinioni?
I collaboratori del ministro Boschi, a denti stretti, ammettono l’esistenza del problema: «Non è possibile differenziare Camera e Senato sull’immunità , ma nemmeno possiamo per questo toglierla anche ai deputati. Il problema è che in questo periodo le notizie sui casi di corruzione regionale si moltiplicano».
E proprio il caso vuole che mercoledì, quando l’aula di palazzo Madama inizierà a votare la riforma, la Camera si pronuncerà sull’arresto di Giancarlo Galan per un caso gigantesco di corruzione regionale.
Mentre a palazzo Madama si discuteva del Senato che verrà , a palazzo Giustiniani un futuro, prestigioso inquilino, prendeva le misure del suo prossimo ruolo. Giorgio Napolitano, nella massima discrezione, è stato ricevuto ieri pomeriggio da Pietro Grasso.
E ha voluto vedere gli uffici che occuperà da senatore a vita una volta lasciato il Quirinale.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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