COME IL GOVERNO MELONI E’ USCITO SCONFITTO DALLA DISCUSSIONE SUL PATTO DI STABILITA
OVVERO COME IN EUROPA FARE LA VOCE GROSSA NON SERVE SE NON CONTI UNA MAZZA
Per raccontare la partita del Patto di stabilità, conviene
cominciare dalla coda. Ieri pomeriggio, nel salone del Quirinale. I ministri del governo Meloni passeggiano, in attesa di Sergio Mattarella. Ci sono Matteo Piantedosi, Gilberto Pichetto Fratin, Daniela Santanchè, Guido Crosetto, Raffaele Fitto, Maria Elisabetta Casellati, Andrea Abodi. Si creano capannelli. Le voci si accavallano. «Chiederemo il rinvio del Patto a gennaio», assicura uno. «Sì – dice un altro – Giancarlo mi ha detto che non possiamo votarlo subito, faremo un po’ di scena, poi chiuderemo con un nuovo Ecofin straordinario».
Novanta minuti dopo, il colpo di scena: «Accordo fatto, c’è l’ok di Roma alla riforma». Cosa è successo? Di tutto. Ma soprattutto, è accaduto che Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti, nell’ultimo di mille contatti, prendono atto che l’Italia è rimasta sola, immobilizzata nella morsa franco-tedesca: «Se mettiamo il veto – è il senso del ragionamento su cui concordano – rischiamo il ritorno alle vecchie regole. E i mercati potrebbero colpirci».
Fin dalla notte di martedì, d’altra parte, realismo e rabbia si fondono in un inestricabile groviglio di sensazioni che la premier deve governare. Ha di fronte un bivio, ineluttabile: rompere, denunciando la mortificazione subita dall’annuncio unilaterale dei ministri di Parigi e Berlino sul Patto, oppure accettare il compromesso e pagare un prezzo in termini di reputazione. Per prendere tempo, lanciano la palla un po’ più avanti: «Trattiamo ancora fino all’Ecofin, l’accordo non è chiuso». In realtà, i margini per migliorare quel testo sono residuali. E c’è soprattutto da costruire una ritirata.
Mentre Palazzo Chigi studia la strategia – e mentre Meloni sente Emmanuel Macron, ma anche Matteo Salvini – la maggioranza sbanda. In Parlamento, dove la linea della premier si confonde nei duelli tra alleati. Succede al mattino: FdI e Forza Italia sono pronti a far votare in commissione Bilancio il parere sul Mes. È l’ultimo passo prima del passaggio in Aula. Il via libera arriverebbe dalle opposizioni, la maggioranza si asterrebbe. Eppure, qualcosa si incaglia: la Lega fa sapere che si opporrà. In fretta e furia, si decide per un rinvio.
Passa qualche ora. In videocollegamento, Giorgetti offre il via libera italiano al Patto. I ministri non se lo aspettano. A dire la verità, sono anche convinti che il Mes sarà votato soltanto a febbraio, dopo il Consiglio europeo straordinario sul bilancio comunitario. E invece, il titolare del Tesoro – rinnegando lo scetticismo con cui soltanto quattro giorni prima aveva sostenuto che non è consigliabile varare una riforma epocale in streaming – accetta la proposta franco-tedesca. È la svolta.
(da agenzie)
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