A FINI NON E’ STATA CONTESTATA LA CORRUZIONE PERCHE’ CADUTA IN PRESCRIZIONE
LA TESI DELL’ACCUSA: PER AIUTARE IL RE DELLE SLOT AVREBBE PERCEPITO TRA IL 2008 E IL 2015 OLTRE 4 MILIONI DI EURO
Un presunto «accordo» per aiutare il re italiano delle slot machine Francesco Corallo. È l’accusa che pende su Gianfranco Fini, quando rivestiva la carica di vice presidente del Consiglio.
Tra il 2008 e il 2015 nei conti correnti a lui indirettamente riconducibili sarebbero finiti circa 4 milioni 200mila euro erogati dall’imprenditore, titolare della concessione dei Monopoli di Stato.
L’accusa è di riciclaggio, ipotesi con la quale la Guardia di finanza del Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico) ha compiuto una perquisizione domiciliare nelle abitazioni di proprietà dell’ex vice presidente del Consiglio.
I suoi legami di parentela con la famiglia Tulliani e i rapporti opachi con Corallo, già arrestato a dicembre scorso, lo catapultano nell’inchiesta nata dall’ormai noto scandalo della «casa di Montecarlo».
Stando alle ipotesi preliminari del sostituto procuratore di Roma, Barbara Sargenti, Fini sarebbe stato il reale destinatario del denaro (ma lui si difende: «È un atto dovuto, fiducia nei magistrati»).
Una presunta corruzione, dunque, non contestata in quanto il reato sarebbe ormai caduto in prescrizione.
Tuttavia il magistrato ritiene che i flussi di denaro – sottratti illecitamente anche dal Preu, il prelievo erariale unico e la tassazione sulle vincite delle slot machines di Corallo – sarebbero stati traghettati all’estero attraverso una galassia di società offshore, per poi finire su conti correnti direttamente intestati a società riconducibili alla moglie di Fini, Elisabetta Tulliani, al fratello e al padre di lei, Giancarlo e Sergio, cui ieri sono stati sequestrati svariati beni immobili.
Per la Procura quel vorticoso giro di denaro, parte del quale utilizzato per l’acquisto dell’appartamento a Montecarlo, già di proprietà di Alleanza Nazionale, avrebbe avuto un unico scopo: ripagare Fini del suo interessamento politico verso le iniziative imprenditoriali di Corallo.
Stando ad Amedeo Laboccetta, ex componente del consiglio direttivo del Pdl e rappresentante della concessionaria italiana del Gruppo Corallo, «all’epoca in cui Fini conobbe Corallo» questi si aggiudicò la «concessione italiana per l’attivazione e la conduzione operativa della rete, per la gestione del gioco lecito».
Laboccetta, riassume la Procura, racconta che Fini «aveva conosciuto Corallo proprio per il suo tramite in occasione di un viaggio vacanza nell’estate del 2004, sull’isola di Saint Martin».
Negli atti si legge che «Fini suggellò con Corallo un’intesa che è stata utile ad Atlantis/Bplus (di Corallo, ndr) nello svolgimento dei rapporti con l’Amministrazione dei Monopoli.
Lo stesso Laboccetta si rivolse al segretario di Fini, onorevole Francesco Proietti Cosimi, allorchè nell’aprile del 2005 Atlantis (di Corallo, ndr) ebbe problemi con l’Amministrazione. (…) Fu proprio Proietti Cosimi che risolse il problema con Giorgio Tino, all’epoca direttore dei Monopoli».
(da “il Sole24Ore”)
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