A SCUOLA CON L’OMBRELLO
L’AUTOREVOLEZZA DI UN DOCENTE DOVREBBE SEMPRE FARE RIMA CON COMPOSTEZZA
Grande è la confusione sotto il cielo della scuola, efficacemente rappresentata da quanto accade al Parini, sommo liceo milanese. Ci sono studenti che occupano l’istituto inneggiando all’Amore, un preside barricato nel suo ufficio che si affaccia dal balcone per dare dei «fascisti» agli occupanti. E poi c’è un ombrello. Quello agitato da un supplente davanti al portone per tentare di aprirsi un varco.
Nella civiltà dell’immagine, l’ombrello ha un vantaggio inestimabile: essendo un oggetto, rimane più impresso di qualsiasi concetto.
Nelle mani di un insegnante è subito diventato il simbolo di qualcosa a cui non saprei dare altro nome se non «perdita di autocontrollo».
Ogni paragone con i manganelli di poliziesca memoria è francamente esagerato, tanto più che lo stesso ragazzo destinatario dell’ombrellata ha minimizzato le conseguenze dell’impatto. Rimane il portato ideale del gesto: un professore che esce dai gangheri esce anche dal suo ruolo.
Sono andato a capo per dare al lettore il tempo di pensare «sarà stressato, gli studenti lo deridono e lo Stato lo paga una miseria, vorrei vedere te al suo posto».
Però proprio chi si batte perché il mestiere dell’insegnante recuperi il prestigio quasi sacrale di una volta dovrà riconoscere che l’autorevolezza fa sempre rima con compostezza. Quasi tutti i politici l’hanno smarrita, ma quelli ormai li diamo per persi. Nei prof, invece, ci crediamo ancora. E anche negli ombrelli, quando fanno il loro mestiere e si aprono per proteggerci.
(da corriere.it)
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