AL PARLAMENTO UE VA IN SCENA IL PROCESSO AL TRADITORE DELL’EUROPA: “BUGIARDO, AUTOCRATE, SERVO DI PUTIN”
PRIMA IN CONFERENZA STAMPA UN GIOVANE EUROPEISTA TENTA DI AGGREDIRLO, POI IN AULA PIOVONO INSULTI, CONTESTAZIONI E ACCUSE
Più che un dibattito, è una resa dei conti. A tre mesi di distanza dall’inizio della presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea, il premier ungherese Viktor Orbán si presenta infine in Aula al Parlamento europeo di Strasburgo. In programma ufficialmente c’è la presentazione del programma di lavoro della presidenza ungherese. Di fatto, come previsto, la visita di Orbán nella tana del lupo diventa l’occasione per uno scontro infuocato: con i capigruppo dei partiti europeisti, e pure con la stessa Ursula von der Leyen.
«Servo di Putin», «dilapidatore di risorse dei cittadini», «autocrate», «leader debole»: sono solo alcuni degli epiteti che gli eurodeputati più in vista dell’emiciclo affibbiano sul leader magiaro, mentre la presidente della Commissione lo attacca frontalmente su migranti e conflitto in Ucraina. Orbán ascolta contrito, mastica amaro
«Bella Ciao» e fuoco amico
Ad aver preparato un’accoglienza di fuoco a Orbán sono in tanti però, ciascuno a modo suo. E lo si capisce subito. Non appena terminato il suo discorso dai banchi della Sinistra gli eurodeputati si alzano e intonano o a gran voce Bella Ciao. Partono gli applausi, l’Aula si scalda.
La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola invita gli eurodeputati a mettere fine alla protesta .
Ma è solo l’inizio: perché ad infilzare Orbán pensa subito dopo la presidente della Commissione von der Leyen, arrivata appositamente a Strasburgo per affrontarlo. «Lei dice che l’Ungheria sta proteggendo i suoi confini e che i criminali vengono rinchiusi. Mi chiedo solo come questa affermazione si concili con il fatto che l’anno scorso le vostre autorità hanno fatto uscire di prigione contrabbandieri e trafficanti condannati prima che scontassero la pena. Questa non è lotta all’immigrazione clandestina in Europa. Questo non è proteggere la nostra Unione. Questo è solo gettare problemi oltre il recinto del vicino». Applausi a scena aperta.
L’altro principale affondo di von der Leyen è sulla politica estera: «Il mondo è stato testimone delle atrocità russe in Ucraina. Ma c’è ancora chi dà la colpa della guerra non all’invasore ma all’invaso, non alla voglia di potere di Putin ma di libertà del popolo ucraino. Mi domando: sarebbe stata data la colpa agli ungheresi per l’invasione sovietica del 1956? O ai cechi per l’oppressione nel 1968? O ai lituani per il giro di vite del 1991? Possiamo avere storie e lingue diverse In Europa, ma non c’è lingua in cui pace è sinonimo di resa». E accusa il governo ungherese pure di aprire la porta (d’Europa) a russi e cinesi, incluse spie e agenti.
Ma la lista di chi non vedeva l’ora di cogliere l’occasione per rinfacciargli tutte le sue malefatte è ancora lunga. Gli attacchi sono impietosi.
Valerie Hayer, capogruppo dei liberai di Renew e fedelissima di Emmanuel Macron, lo accusa di aver costruito un «sistema basato sulle bufale» a discapito dell’Ue, un regime che dilapida ogni giorno milioni di fondi europei per stare in piedi, dunque di soldi dei contribuenti degli altri Paesi: «L’unica cosa che non rigettate dell’Ue sono i suoi assegni, sapendo che ungheresi se no non vi seguirebbero.
Quanto all’immigrazione, è l’affondo, «altro che bus di migranti spediti a Bruxelles (come Orbán ha minacciato più volte, ndr), i bus dall’Ungheria partono già, ma di cittadini che se ne vogliono andare» da un Paese corrotto e invivibile.
Conclusione a nome di Renew: «È tempo di sospendere il diritto di voto del’Ungheria al Consiglio Ue».
Ad attaccare Orbán sono pure la capogruppo dei Socialisti e Democratici, la spagnola Iratxe García Pérez, e l’esponente della Sinistra Martin Schirdewan. Ma la requisitoria più dura di tutte è quella della co-leader dei Verdi Ue Terry Reintke: «Lei non è il benvenuto qui. Questa è la casa della democrazia europea, non delle bugie e della propaganda. Lei – è l’affondo – ha costruito un regime ibrido di autocrazia elettorale, è il servo di un regime sanguinario, quello di Putin. Lei ruba il denaro dei cittadini Ue: non è un leader forte, non finga neppure di esserlo, è un debole». Alla fine a difendere Orbán resta solo il gruppo dei Patrioti di cui fa parte anche la Lega, e con maggior tiepidezza l’Ecr di Giorgia Meloni rappresentato in Aula da Nicola Procaccini.
(da agenzie)
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