AL QUIRINALE IL SOLITO COTE’ DI POLITICI E TARTINE
MATTARELLA DENUNCIA LE “DISUMANITA’” CONTRO GAZA, I SUOI OSPITI FANNO SOPRATTUTTO SALOTTO
Le scelte, come spesso accade nella vita, cominciano dal principio. “Cara, preferisci destra o sinistra?”. “Destra, destra”. Siamo solo al bivio dei metal detector, ma il pubblico (non pagante) del ricevimento al Quirinale ha le idee chiare. Del resto, sarà pure la festa del presidente, quella con cui ogni anno si omaggia la Repubblica nella meraviglia dei giardini del palazzo. Ma è pur sempre una delle occasioni più propizie per “fare rete” e, se devi pescare, ora come ora, sempre a destra ti devi buttare.
Perciò va così: l’afflizione profonda che ha accompagnato le parole di Sergio Mattarella su Gaza (“disumano ridurre un popolo alla fame”), mal si concilia coi vassoi di tartine che abbondano sotto i gazebi bianchi. Quindi, via la guerra, via le disgrazie: è il momento di pensare agli affari. C’è, come sempre, il gotha delle istituzioni e uno stuolo di accoliti, per piacere o per dovere. E poi le celebrità dei giorni nostri che – nell’era di Giorgia Meloni, in abito di pizzo color carta da zucchero – vanno dal solito Osho alle mostrine del generale Iannucci, comandante operativo del vertice interforze.
Ci si scambia effusioni a vicenda, anche se non è raro incrociare coppie che bisticciano a denti stretti: “Perché non saluti?”, dicono certi uomini in cerca di potere a mogli troppo poco intraprendenti. “Stai duemila metri indietro, buttati”, incitano mogli che invece, di intraprendenza coniugale, gradirebbero vederne di più.
La gara delle strette di mano va avanti un paio d’ore. E pazienza se a Mattarella e a Meloni tocca sorridere e annuire a presentazioni e richieste che, nel giro di un nanosecondo, passano dai rappresentanti della Repubblica del Nicaragua al collegio dell’Antitrust.
C’è una buona parola per tutti, stasera. Nessuno ha voglia di fare polemiche. Mario Monti, per dire, è a due passi dal ciarliero Matteo Renzi ma non si sogna di proferire sillaba sulla lettera con cui il sottosegretario Mantovano ha comunicato il nuovo regime per le scorte degli ex premier come lui.
Angelo Bonelli – unico con cui la presidente del Consiglio ha scherzato sul silenzio in vista del referendum di domenica – si imbarca nella missione di convincere John Elkann su una transizione verde che “non è talebana”. Maurizio Gasparri sfotte il sovrintendente Carlo Fuortes (“Oggi è il primo giugno, sei qui perché è finito il maggio fiorentino”) senza chiarire bene se la battuta sul calendario nasconda altri appetiti.
Ancora da Elkann, si fa avanti Alberto Barachini, in qualità di “sostenitore”. Spiegherà: “Sia perché faccio il sottosegretario all’editoria sia perché sono juventino perso”. Matteo Salvini, a proposito di calcio, non fa altro che godere della debacle dell’Inter (“Un po’ triste, lo so, una volta erano loro a festeggiare le sconfitte di noi milanisti”).
Al centro dei giardini c’è la solita fila per la sorella Arianna. Ultimi brindisi, si va. Solo alla fine, ricompare la guerra. C’è il diplomatico Francesco Talò, già consigliere di Meloni, defenestrato dopo la famigerata telefonata dei comici russi, che è preoccupato perché tra poche settimane ci sarà il vertice Nato e non è chiaro se Donald Trump ci sarà o meno: “Ancora non se sa come je gira”. A conferma che la situazione è disperata, ma non seria.
(da ilfattoquotidiano.it)
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