AL QUIRINALE SARANNO CONSULTAZIONI FLASH
COLLOQUI BREVI, SCONTATO UN ALTRO GIRO IMPRONTATO AL REALISMO
Giusto il tempo di fare un rapido giro di orizzonte, non di più. E di prendere atto delle posizioni in campo, stra-note e soprattutto immutate dalla sera delle elezioni e, con esse, degli immutati veti e puntigli che, a meno di clamorose novità , configurano il più classico degli stalli.
Tra i frequentatori del Colle, la una convinzione ormai è radicata. E cioè che, al termine di questo primo giro di consultazioni, Sergio Mattarella non darà alcun incarico, nè “pieno”, nè esplorativo, nè un “preincarico”, a nessuno dei due vincitori delle elezioni — Di Maio e Salvini — perchè sui presupposti visti finora nessuno dei due è in grado di indicare una via ragionevole per formare un governo.
Ecco, è da tempo immemore che non accadeva questo.
Alla vigilia di consultazioni a lungo attese, con un certo carico di aspettative, è già scontato che, concluso senza esito il primo giro che inizia mercoledì con i presidenti di Camera e Senato e prosegue giovedì con le forze politiche, dicevamo, è già scontato che finito questo primo giro ce ne sarà un secondo, per approfondire alcuni aspetti che emergono dai colloqui e verificare se è maturata qualche novità .
E colpisce, a scorrere il calendario dei colloqui al Colle, proprio la rapidità degli incontri: un’oretta a gruppo, giusto il tempo di registrare le posizioni più che di approfondire, come in un “flash”.
È un dettaglio assai rivelatore, questa rapidità . Perchè è vero che più o meno il tempo dei colloqui dei singoli gruppi col capo dello Stato è sempre stato questo, ma è altrettanto vero che si tratta di un tempo, diciamo così, standard per gestire situazioni abbastanza ordinarie.
Il che non è la situazione per larghi versi eccezionale che si è creata questa volta. Significa che al Quirinale pensano che, a questo giro, c’è solo da prendere atto delle posizioni in campo in una prima ricognizione, ma siamo assai lontani dalla soluzioni, la cui ricerca merita approfondimenti non di minuti ma di settimane o mesi. Parliamoci chiaro: le consultazioni di mercoledì solo l’inizio di una lunga e “maieutica” riflessione, nella speranza che in questo processo maturino fatti nuovi: “Il capo dello Stato — ripetono da un mese al Colle — è come un notaio, i veri attori sono i partiti a cui spetta l’indicazione di ciò che vogliono fare, per dare un governo al paese”.
Attenzione però a non sottovalutare l’impatto pratico di questa antica sapienza costituzionale che rappresenta, a un mese dalla chiusura delle urne, il primo bagno di realtà d’antan per gli ambiziosi runner della Terza Repubblica che, a giudicare da parole e condotta, hanno rimosso il dato di fondo.
E cioè che, al netto di risultati per molti versi sorprendenti, nessuno dei due ha vinto le elezioni, perchè se qualcuno avesse vinto avrebbe in Parlamento i numeri per dar vita a un governo.
E c’è già , tra i frequentatori del Colle, chi scommette che, al termine del primo giro, certo non ci sarà un governo, e magari neanche una cornice politica, ma alcune intemperanze giovanili dei due vincitori saranno placate.
Intemperanze non trattenute nè dall’uno (Salvini) che continua ad evocare, tra le ipotesi, il ritorno al voto nè dall’altro (Di Maio) che continua a tenere, come punto fermo di ogni ragionamento, la sua presenza a palazzo Chigi.
Basta avere un minimo di alfabetizzazione istituzionale e costituzionale per sapere che questo approccio di entrambi va a sbattere con le due questioni preliminari che ogni capo dello Stato pone, dopo il primo minuto di saluti e il secondo di preliminari di circostanza.
E cioè: se c’è un accordo di maggioranza, con chi, su che punti, programmi e condizioni, per tentare di formare un governo; e se c’è un’intesa su un nome del premier.
Capite bene che siamo assai lontani dalla risposta a queste domande, anche al netto delle schermaglie e dei giochi di posizionamenti andati in scena. E che anzi queste due domande pongono fine all’inconcludente balletto di queste settimane, quantomeno costringendo tutti a stabilire un nesso tra ambizione e realtà .
La verità è che siamo ben lontani perchè, detta in modo un po’ tranchant, è stato buttato un mese e il dibattito politico del giorno 4 aprile è una fotocopia della sera delle elezioni.
I partiti avrebbero potuto prendere atto del risultato e costruire intese possibili, con l’obiettivo “responsabile”, si sarebbe detto una volta ,di prospettare al capo dello Stato se non una soluzione, almeno qualche ipotesi sensata, ma certo non semplicemente un intricato problema da risolvere.
E invece l’unico schema, che a un certo punto è sembrato possibile, è durato poco, il tempo dell’elezione dei presidenti delle Camere.
Perchè Di Maio farebbe l’accordo con Salvini in un minuto ma pesa, nella trattativa, il “fattore B”, nel senso del suo veto su Berlusconi.
Anche se fosse nascosto, camuffato, silente, il giovane leader penstastellato la presenza del vecchio Silvio “non la regge” agli occhi della sua opinione pubblica. E a Salvini chiede una rottura, che però il leader leghista, almeno per ora, ritiene politicamente sconveniente.
È chiaro che, in questo quadro, non ci sono le condizioni neanche lontane per un pre-incarico come accadde nel 2013, perchè allora c’era un partito, il Pd, che aveva la maggioranza in un ramo del Parlamento ed era, comunque, “inaggirabile”, nel senso che qualunque soluzione possibile passava dal coinvolgimento di quel partito.
Nella situazione attuale, dare un pre-incarico significa mandare allo sbaraglio chi lo ha ricevuto. Il che può anche essere una tappa del processo maieutico, un altro bagno di realtà se proprio non c’è verso di far ragionare con le buone.
E comunque è un modo per prendere tempo, perchè è chiaro che l’obiettivo minimo che al Colle si prefiggono consiste nello scongiurare il ritorno alle urne, in tempi brevi.
E per chiudere la cosiddetta “finestra elettorale” di giugno, occorre andare avanti nelle consultazioni fino alla fine del mese di aprile. Considerando il grande disordine sotto al cielo, non ci sono rischi di tempi troppo brevi, ma il problema che si porrà semmai è l’opposto, di consultazioni lunghissime, il cui primo giro si è già consumato.
(da “Huffingtonpost”)
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