ALLUVIONE IN LIGURIA: TELEFONINI SPENTI DELLA PROTEZIONE CIVILE MENTRE DILUVIAVA
IL GIALLO DELL’ALLERTA: I PRIMI SEGNALI DI ALLARME SOLO MEZZ’ORA DOPO L’ESONDAZIONE
Il telefonino del direttore della Protezione Civile Regionale sarebbe rimasto spento il 9 ottobre , mentre su Genova si scaricava una valanga di acqua e fango.
Il funzionario reperibile Stefano Vergante avrebbe provato a contattare il suo superiore, Gabriella Minervini, senza esito.
È uno degli elementi su cui si basa l’inchiesta della Procura che ha indagato l’assessore Paita e il direttore di omicidio e disastro colposi.
Anche se Gabriella Minervini si difende e ricorda che quel giorno non si era in stato di “Allerta”, che quindi non c’era alcuna ragione per avere il telefono acceso.
Nelle carte dell’inchiesta sull’alluvione del 2014 c’è un particolare che per la Procura della Repubblica non è un dettaglio.
La sera del 9 ottobre il telefonino del direttore della Protezione Civile Regionale era spento. Nonostante il giorno prima l’Arpal avesse emanato un avviso che annunciava temporali intensi e persistenti sul Genovesato.
Alle 22,20, quando sulla Val Bisagno si riversa una valanga d’acqua, l’ingegnere Stefano Vergante, funzionario reperibile della Protezione Civile, avrebbe provato ad avvisare il suo superiore.
E però Gabriella Minervini ai magistrati avrebbe ammesso che il suo cellulare era rimasto spento un paio d’ore perchè non c’era nessuna allerta, quindi alcun motivo per tenerlo acceso.
E’ uno degli elementi su cui i pm Gabriella Dotto e Patrizia Ciccarese hanno indagato l’assessore Raffaella Paita e Minervini, chiamate a rispondere di omicidio e disastro colposi: “per inosservanze di plurime disposizioni in materia di Protezione Civile”. Non hanno emanato lo stato di “Allerta-Due”, hanno tenuto chiusa la sede della Protezione Civile, ritardando quindi i soccorsi, “cagionando la morte dell’ex infermiere Antonio Campanella”.
E nella ricostruzione temporale della disastrosa giornata l’addetto alle previsioni dell’Arpal, Elisabetta Trovatore, nel suo promemoria consegnato alla polizia giudiziaria ha scritto di avere emanato un primo avviso meteo l’8 ottobre, con il quale l’indomani si prefiguravano temporali significativi (triangolino nero con punto esclamativo, massimo grado di allarme); alle ore 18,10 del 9 un altro bollettino di situazione in corso, con miglioramento.
Due ore dopo, però, le condizioni peggiorano, i previsori tornano in ufficio. Attenzione: la sede è in viale Brigate Partigiane; un piano sotto di quella della Protezione Civile.
Alle 21,20 emanano un altro avviso, con netto peggioramento sullo spartiacque di Creto.
In quel momento Vergante si trova a casa, a Molassana, e non può raggiungere viale Brigate Partigiane perchè la zona è allagata e la viabilità è in ginocchio.
Minervini (sarà interrogata dopodomani) avrebbe detto ai pm che comunque il funzionario ha chiamato due colleghi che abitano lì vicino, che hanno le chiavi della sede e l’hanno aperta intorno alle 22.
Paita, la candidata alla Presidenza della Regione, è invece a Villanova d’Albenga, viene raggiunta telefonicamente dall’ingegnere, assicura che rientrerà a Genova prima possibile.
«Mi ha assicurato di avere avvertito la Protezione Civile Nazionale, la Prefettura ed i comuni di Genova e Montoggio», sostiene l’assessore (sarà interrogata martedì prossimo).
Monica Bocchiardo, responsabile della Protezione Civile del Comune, ribatte invece che la telefonata di Vergante è delle 23,25.
Venticinque minuti dopo l’esondazione del Bisagno.
(da “La Repubblica”)
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