ASILI NIDO COMUNALI SEMPRE PIU’ CARI: UNA FAMIGLIA SPENDE IN MEDIA 3.000 EURO
MIGLIAIA DI BAMBINI NON SONO AMMESSI ALLE STRUTTURE PUBBLICHE PER MANCANZA DI POSTI
Trecentodue euro al mese per mantenere un bambino al nido comunale.
Sempre che ci si riesca, visto che un piccolo su quattro non riesce ad entrare per carenza di posti.
Considerando poi almeno 10 mesi di utilizzo del servizio, la spesa annua di una famiglia arriva a più di 3mila euro.
Tanto costa mediamente in Italia mandare i figli all’asilo nido comunale, fra difficoltà di accesso e disparità economiche tra aree del Paese difficili da giustificare.
E’ quanto emerge dall’indagine di Cittadinanzattiva che ha fotografato la situazione degli asili nido del nostro paese.
L’analisi ha considerato una famiglia tipo di tre persone (genitori e figlio 0-3 anni) con reddito lordo annuo di 44.200 euro e relativo Isee di 19.900 euro.
I dati sulle rette sono elaborati a partire da fonti ufficiali (anni scolastici 2010/11 e 2011/12) delle amministrazioni comunali interessate all’indagine (tutti i capoluoghi di provincia).
Oggetto della ricerca sono state le rette applicate al servizio di asilo nido comunale per la frequenza a tempo pieno (in media, 9 ore al giorno) e, dove non presente, a tempo ridotto (in media, 6 ore al giorno), per cinque giorni a settimana.
Le disparità fra aree territoriali.
In una provincia la spesa mensile media per il tempo pieno può avere costi anche tre volte superiori rispetto a un’altra, e doppi tra province di una stessa regione. Ad esempio, a Lecco la spesa per la retta mensile, di 547 euro, è 7 volte più cara rispetto a Catanzaro (70 euro), il triplo rispetto a Roma (146 euro) e più che doppia rispetto a Milano (232 euro).
Marcate differenze anche all’interno di una stessa regione: in Veneto, la retta più cara, in vigore a Belluno (525 euro mese per il tempo pieno) supera di 316 euro la più economica registrata a Venezia.
Analogamente nel Lazio la retta che si paga a Viterbo (396 euro) supera di 250 euro la più economica registrata a Roma.
E le differenze ci sono anche tra le realtà che hanno il tempo ridotto: al Sud, in Sicilia tra la retta di Caltanissetta (220 euro) e quella di Agrigento la differenza è di 130 euro.
Tariffe in crescita.
Nel 2011/12, ben 39 città hanno ritoccato all’insù le rette di frequenza, e 6 capoluoghi registrano incrementi a due cifre: Bologna (+29,7%), Vibo Valentia (+29%), Perugia (+21,8%), Genova (+15,2%), Livorno (+13,9%), Sassari (+10%).
In positivo, il dato nazionale della spesa media mensile è rimasto invariato rispetto all’anno passato.
Liste di attesa.
Dall’analisi di dati in possesso al Ministero degli Interni e relativi al 2010, emerge che il numero degli asili nido comunali ammonta a 3.623 (+6% rispetto al 2009) con una disponibilità di 141.618 posti (+3% rispetto al 2009).
In media il 23,5% dei richiedenti rimane in lista d’attesa. Il poco edificante record va alla Calabria con il 39% di bimbi in lista di attesa, seguita da Campania (37%) e Sicilia (+36%).
Città più care tutte al Nord.
Calabria la regione più economica (114 euro), Lombardia e Valle d’Aosta le più costose con oltre 400 euro di spesa media.
Nella top ten delle 10 città più care, tra quelle che offrono il servizio a tempo pieno, si confermano, rispetto al 2010/11, Lecco, Belluno, Sondrio, Bergamo, Mantova, Cuneo, Lucca, Pisa e Udine.
Nella graduatoria delle 10 città meno care, prevalgono le realtà del Centro-Sud. In assoluto, la città più economica risulta Catanzaro, seguita da Vibo Valentia, Cagliari e Roma.
Copertura del servizio.
La differenza tra il Nord e il Sud del Paese non si limita solo ai costi, ma riguarda anche il numero di nidi sul territorio: sempre secondo gli ultimi dati del ministero dell’Interno, aggiornati al 2010, la regione che emerge per il più elevato numero di nidi è la Lombardia con 794 strutture pubbliche e poco più di 28.500 posti disponibili, seguita da Emilia Romagna (611 nidi e oltre 25.500 posti) e Toscana (437 nidi e oltre 15.000 posti), ultima il Molise con soli sei asili per 300 posti disponibili.
A livello nazionale, a più di trent’anni dalla legge 1044/1971 che istituì gli asili nido comunali, se ne contano 3.623 (a fronte dei 3.800 asili pubblici previsti già per il 1976), un numero insufficiente benchè in crescita rispetto ai 3.184 registrati nel 2007. Il servizio di asilo nido pubblico è presente solo nel 18% dei comuni italiani; nel loro insieme il 60% è concentrato nelle regioni settentrionali, il 27% al Centro e solo il restante 13% al Sud.
Italia vs Europa.
Facendo un confronto tra i posti disponibili e la potenziale utenza, in media in Italia la copertura del servizio è del 6,5% (percentuale che sale all’13,3% se consideriamo solo i capoluoghi di provincia) con un massimo del 15,2% in Emilia Romagna ed un minimo dell’1% scarso in Calabria e Campania.
Questo dato conferma non solo quanto l’Italia sia lontana dall’obiettivo comunitario che fissa al 33% la copertura del servizio, ma anche dal resto dei Paesi europei: Danimarca, Svezia e Islanda si contraddistinguono per il più alto tasso di diffusione dei servizi per la prima infanzia (con una copertura del 50% dei bambini di età inferiore ai tre anni), seguiti da Finlandia, Paesi Bassi, Francia, Slovenia, Belgio, Regno Unito e Portogallo (con valori tra il 50% e il 25%).
Percentuali comprese tra 25 e 10% si registrano in Lituania, Spagna, Irlanda, Austria, Ungheria e Germania.
“Dall’indagine effettuata è evidente che ancora oggi manca nel nostro Paese un sistema di servizi per l’infanzia equamente diffuso ed accessibile su tutto il territorio – spiega Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva – e adeguate agevolazioni fiscali a sostegno dei nuclei familiari con bambini piccoli.
D’altro canto la riduzione delle risorse a disposizione degli enti locali e la rigidità del patto di stabilità contribuiscono a tagliare sempre di più le risorse destinate alla spesa sociale”
Monica Rubino
(da “La Repubblica“)
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