BERLUSCONI TEME L’AUTUNNO CALDO: “PAGO LA GUERRA NELLA LEGA”
LA PAURA DEL PREMIER E’ CHE A SETTEMBRE INIZI L’OFFENSIVA PER VOTARE NEL 2012: “NON MOLLO, L’ESECUTIVO TECNICO E’ IL MIO”….IL COLLE VIGILA
Resistere. Andare avanti come se nulla fosse, a dispetto di tutto.
È questa la parola d’ordine di Silvio Berlusconi, alle prese con il progressivo incrinarsi dell’asse con il Carroccio.
“Perchè in fondo, dopo il consenso bipartisan sulla manovra, il vero esecutivo tecnico è il mio”.
Certo, l’ostinato rifiuto della Lega di votare il decreto salva-Napoli ha infastidito il Cavaliere, convinto di “pagare una guerra interna alla Lega”.
Lo preoccupa la voce di un’offensiva leghista in preparazione a settembre-ottobre, che potrebbe portare al voto anticipato a marzo del 2012.
Così come, fino all’ultimo, il premier starà oggi con il fiato sospeso per conoscere l’esito del voto segreto sull’arresto di Alfonso Papa.
Ma non è da questi strappi estivi del Carroccio che si aspetta il colpo finale, quello capace di mandarlo a gambe per aria.
“Ho cercato di convincerli per tutta la sera – ha raccontato Berlusconi riferendosi al vertice di due sere fa ad Arcore con Bossi e i leghisti – ma se insistono per l’arresto di Papa io non posso farci nulla. Comunque non ci saranno conseguenze sul governo, questo è chiaro”.
Una presa di distanza da Papa sottolineata ieri sera dallo stesso segretario del Pdl Alfano.
Davanti ai suoi deputati, nella sala della Regina, Alfano ha sì proclamato che il Pdl “non è il partito delle manette”, precisando però che “Papa non è un fulgido esempio di come si fa bene il mestiere del parlamentare”.
Insomma, la difesa del deputato è tiepida, Berlusconi è consapevole che non può politicizzare troppo un voto che resta molto a rischio, nonostante nel Pdl sperino nell’aiuto segreto dell’area dalemiana del Pd e nell’Udc.
Ignazio La Russa, in Transatlantico, ironizza con una battuta sul “Papa Tedesco” la concomitanza del voto sull’arresto del pd Alberto Tedesco e di Alfonso Papa.
Eppure il confronto di lunedì sera intorno al tavolo di Arcore, davanti a una bottiglia di Valpolicella, è stato teso, molto teso.
All’inizio Bossi è sembrato aprire uno spiraglio, dichiarando che “in teoria non è giusto mandare in galera un parlamentare prima del processo”.
Berlusconi si è entusiasmato: “Bravo Umberto! È proprio questa la nostra posizione, si faccia il processo ma niente galera”.
A gelare l’atmosfera è arrivato però Roberto Maroni, preoccupato per le conseguenze che un voto contrario all’arresto di Papa avrebbe sulla base leghista.
“Vedi Silvio – ha obiettato Maroni – la tua posizione sarebbe corretta se valesse per tutti. Ma Papa, se fosse un cittadino qualsiasi, a quest’ora sarebbe già in carcere”. Parole che hanno convinto anche Bossi.
Il Cavaliere invece ha iniziato a friggere. “Avete ragione, ma ormai Papa è un caso politico. I magistrati attaccano pezzi della maggioranza per attaccare me”.
Nè l’insistenza di Berlusconi, nè gli argomenti giuridici di Ghedini hanno tuttavia persuaso Bossi a cambiare idea.
Certo, il Senatùr è preoccupato per la sorte di Marco Milanese e (di conseguenza) di Giulio Tremonti, nel caso passasse il principio degli arresti dei deputati.
Ma, alla fine, il verdetto è stato lapidario: “Mi dispiace – ha concluso – noi voteremo a favore dell’arresto”.
La stima è di circa 45 deputati della Lega su 59 (tutta l’area Maroni) pronti a votare oggi il sì alle manette.
Un clamoroso strappo rispetto alla linea di Berlusconi e alle titubanze di Bossi, che ha costretto Reguzzoni a disdire la riunione del gruppo leghista prevista ieri sera per il timore di contestazioni dei deputati padani.
Altra grana, quella del decreto rifiuti.
Il Pdl è spaccato, l’ala napoletana ha deciso di puntare i piedi.
Un’intransigenza che ha ributtato nel campo del Carroccio la patata bollente.
Alla cena di Arcore il capogruppo Reguzzoni, il più filogovernativo, ha provato a cercare una mediazione, spendendosi per “trovare una soluzione ragionevole che vada bene a tutti”.
Ma anche su questo tema Bossi non ha lasciato margini: “Voteremo contro il decreto in aula perchè in Consiglio dei ministri abbiamo votato contro. Un’altra soluzione non sarebbe capita dai nostri”.
La crisi interna al centrodestra è seguita passo passo dal Quirinale.
Giorgio Napolitano ha seguito da vicino le convulsioni della maggioranza intorno al decreto rifiuti, preoccupato per le conseguenze sulla sua città di un ennesimo blocco dei trasferimenti.
Ai leader dell’Udc e del Pd, ricevuti ieri mattina, ha chiesto un’ulteriore prova di responsabilità , facilitando la soluzione del problema rifiuti nonostante la contrarietà del Carroccio.
E se Casini e Bersani hanno detto che l’opposizione non può supplire in eterno alle spaccature della maggioranza, Napolitano ha promesso di vigilare.
Pronto a dire con forza che non è ammissibile una maggioranza a fisarmonica, perchè la Lega o sta dentro o sta fuori.
Ma se si chiama fuori, ha promesso Napolitano, il capo dello Stato sarà il primo a chiederne conto al Cavaliere.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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