BIMBI AFRICANI NELLE SCUOLE DORMITORIO: AD AUGUSTA GIACIGLI DI FORTUNA TRA I BANCHI
IL GOVERNO RECLAMA AIUTI DALL’EUROPA, MA DIMENTICA DI AIUTARE I COMUNI SOTTO PRESSIONE
E’ ora di cena nella scuola primaria di via Dessiè, ad Augusta, enorme porto commerciale in provincia di Siracusa. Dalla guardiola del bidello, esce un volontario della Protezione civile con la casacca gialla fosforescente: in mano ha una bacinella carica di scatolette di lasagne.
Attorno decine di ragazzi scuri, alcuni scurissimi, una babele di lingue e di razze che si accalcano per le nostre lasagne. La maggioranza sono teenager, ma ci sono anche bambini di 11-12 anni. Probabilmente anche diversi «finti» minorenni.
Non è un centro di accoglienza accreditato, non è neppure un centro di accoglienza. Nelle classi con gli abbecedari alle pareti ci sono le brande per dormire. I disegni dei bambini sono appesi accanto ai vestiti dei migranti.
Si mangia seduti sulle coperte appoggiando il cibo sulla seggiola delle elementari. Fuori da ogni norma, quando la norma non c’è.
Dall’inizio dell’operazione Mare Nostrum la Marina Militare – le cui enormi navi non possono attraccare ovunque – ha fatto sbarcare ad Augusta 52 carichi di migranti, oltre 24 mila persone, tra le quali 2.400 bambini o ragazzini.
La legge prevede che i «minori non accompagnati» vengano affidati ai Servizi Sociali del Comune in cui vengono trovati.
Di certo nessuno poteva immaginare che un Comune in dissesto finanziario come Augusta, guidato da un commissario prefettizio perchè l’amministrazione è stata sciolta più di un anno fa per infiltrazioni mafiose si trovasse a gestire questa enormità di minori non accompagnati.
«L’unica soluzione che possiamo adottare – spiega il commissario prefettizio Maria Carmela Librizzi – è quella che si usa nel caso delle calamità : scuole e palestre per far in qualche modo dormire questi ragazzi evitando che rimangano al porto per mesi. Perchè nessuno, proprio nessuno li vuole».
Nelle aule della scuola di via Dessiè ce ne sono 160. Ne sono arrivati di 40 etnie diverse. Al momento ci sono soprattutto ragazzi siriani, del Ghana, del Gambia e del Bangladesh.
Di loro si occupano i volontari della Protezione civile di Augusta, ricevono ogni giorno le visite dei mediatori culturali, ma pare che non abbiano mai visto una donna bianca: «Perchè siamo qui? Ci hanno detto che ci portavano a scuola. E siamo in una scuola, ma non ci insegnano niente, non facciamo niente tutto il giorno!».
Nella scuola di via Dessiè, Yerry, 16 anni, è il più intraprendente. E’ partito dal Gambia a fine gennaio ed è ad Augusta da un mese. Fa la guida per la scuola. Ti mostra che è pulita, perchè qui vige il principio che prima riordini e poi mangi, e poi chiede: «Portami con te, a casa tua. Voglio solo stare con una famiglia italiana e andare a scuola. Education is important».
Ibraihim ha 13 anni e parla un inglese quasi incomprensibile. Mostra i vestiti, si alza la maglietta, si tocca i pantaloni. Traducono i compagni di stanza: è qui da 15 giorni, è arrivato che non aveva nulla e non ha abiti per cambiarsi. Solo la maglietta blu e jeans che gli hanno dato i volontari allo sbarco.
Con Wheed 17 anni del Pakistan e Mamun, 16, del Bangladesh il dialogo è una triangolazione tra arabo e inglese.
Sono tutte diverse e tutte simili queste storie, se non c’è posto per farsi carico di ogni dramma.
Il Comune di Augusta può fare proprio poco per questi ragazzi. Le palestre sono un doppio problema: i ragazzi mangiano e dormono sulle loro brandine nel campo da gioco sotto gli spalti, tutti assieme. I ragazzi di Augusta invece hanno perso le uniche due strutture che avevano per fare sport al coperto.
Man mano che si liberano letti, i ragazzi vengono spostati in strutture di prima accoglienza. Trenta ragazzi di Gambia, Mali e Senegal possono lasciare la palestra del Palajonio per il centro Papa Francesco di Priolo Gargallo, pochi chilometri da Augusta.
Salgono su un pulmino con le ciabatte ai piedi e un sacchetto della spesa che contiene tutte le loro cose. All’arrivo, prima dell’assegnazione della stanza, c’è la seconda identificazione. E foto per il tesserino con un cartello con la data dello sbarco. «In questo centro – racconta il responsabile Daniele Carrozza – dovrebbero stare un massimo di 72 ore, e invece ci stanno dei mesi».
Perchè per i minori non accompagnati nessuno paga e quindi nessuno li vuole.
«E’ un’emergenza – afferma Carrozza – che il governo non sta proprio gestendo. C’è una palese differenza tra il trattamento per i migranti adulti o minori accompagnati da genitori per i quali il ministero dell’Interno stanzia 35 euro al giorno, e i minori stranieri non accompagnati che sono di competenza del ministero del Welfare e per i quali vengono stanziati 20 euro al giorno per ragazzo. In teoria Regioni e Comuni dovrebbero integrare questa cifra, ma è chiaro che nessuno vuole farsene carico. E’ una sperequazione seria e grave».
Con i 20 euro al giorno un centro di prima accoglienza può garantire cibo, un letto, e qualche genere di prima necessità . Già le visite mediche per chi sta male sono un problema. «Ma come facciamo a non farle?».
Tra i 30 arrivati dal Palajonio c’è un ragazzo con una grande escrescenza su un orecchio. Dice che gli è venuta qualche mese fa e sta crescendo. Si può negare una visita dermatologica perchè i venti euro non bastano?
Le storie che raccoglie la psicologa di Terre del Hommes che si occupa di loro sono terribili.
«Un ragazzino di 16 anni – ricorda Carrozza – è stato 18 giorni in ospedale con una rabdomiolisi. Abbiamo scoperto che quella malattia era un conseguenza delle 50 elettrocuzioni che gli avevano fatto in una prigione libica, prima di attraversare il canale di Sicilia».
Alcuni ragazzi giocano a calcio nel cortile, altri dormono o stanno seduti sul letto tutto il giorno.
«Perchè la gente per strada quando ci vede scappa?» chiede uno dei ragazzini della scuola di via Dessiè.
Paura di questi adolescenti vestiti con gli abiti smessi dai nostri figli? O piuttosto la difficoltà di guardare? Di farsi carico di un problema?
L’Europa non aiuta abbastanza l’Italia nell’accoglienza dei disperati che attraversano il Canale di Sicilia, ma forse anche l’Italia non aiuta abbastanza le varie Augusta, Pozzallo, Porto Empedocle che si trovano sole nell’emergenza.
Questa mattina al porto di Augusta ci saranno altre due navi della Marina Militare, la Grecale e la Foscari. A bordo ci sono altri 500 migranti, tra i quali un centinaio di bambini piccoli e mamme.
Silvia Giralucci
(da “La Stampa”)
Leave a Reply