BLITZ DI GRILLO IN SENATO: “SE PERDIAMO ME NE VADOâ€
MALUMORE TRA GLI ELETTI: “È IL SOLITO SHOW, NON CI HA DATO RISPOSTE”
Il Trentino? Mah, lui è tutto contento. Dice che è un risultato straordinario: ‘Perfino la ‘ndrangheta ha avuto paura del Sudtiroler Volks Partei. E noi, in un posto dove mi chiamano Krillo, abbiamo preso un consigliere’”.
Sguardi perplessi, a palazzo Madama. Devono ancora riprendersi dallo shock dell’arrivo a sorpresa di Beppe Grillo.
E poi non contraddirlo mentre reagisce festeggiando al crollo elettorale in Trentino Alto Adige (5,7 per cento a Trento contro il 20,7 delle politiche; 2,5 per cento a Bolzano contro l’8,3 di febbraio).
Ma in questa giornata di “conforto”, come la chiama il leader, non c’è spazio per le lamentazioni.
Si rimettono in fila le cose. Si racconta qualche favola.
Si guarda avanti, “oltre”, come lo slogan del V-day del 1 dicembre.
La capogruppo e gli “allenamenti” interrotti sul Colle
Sono passate da poco le 15 quando bussano alla porta della capogruppo al Senato Paola Taverna. Lei è dentro, con il suo assistente, ad “allenarsi” sul discorso contro il Capo dello Stato, prossimo alla messa in stato d’accusa da parte dei Cinque Stelle.
“Esci, c’è qui Beppe”. “Ma che me state a pija…?”, risponde la verace capogruppo. Invece è già lì, al secondo piano, a dare un’occhiata agli uffici parlamentari del Movimento.
Sta già parlando a ruota libera. E messo il bollino sulla materia di studio della Taverna: “Ci ho parlato due volte con questo signore qua: ha quasi 90 anni ed è da 60 anni in politica, è una persona furba e molto scaltra. Il rapporto con me ormai è compromesso. L’impeachment non passerà mai, ma è un atto dovuto”. Il premier Enrico Letta, più tardi, parlerà di attacco “assurdo”, Grillo replica: “Se vuole, mi denunci”.
L’ascensore, la Finocchiaro e la statua di Mazzin
Ha deciso di venire a Roma solo ieri mattina. Una telefonata al capo della comunicazione Claudio Messora e stop: massimo riserbo, non vuole il caos.
È così che riesce a ritagliarsi una mezz’ora quasi senza assedio: prende l’ascensore, incontra Anna Finocchiaro.
Scherza: “Dobbiamo fare una legge per cancellare il Pd”. Lei sta al gioco: “Figuriamoci, non siamo riusciti noi a fare una legge per cancellare il M5S!”.
Passeggiata nel Transatlantico, carrellata sulle statue lungo il corridoio. C’è anche quella di Giuseppe Mazzini. Grillo lo compatisce: “Vede tutti i giorni Giovanardi, avrà voglia di buttarsi giù”. Giro in Aula, poi sale al terzo piano per la riunione con i senatori.
Telefonate, monologhi, corse e gambe a penzoloni
La corsa per arrivare all’appuntamento tanto atteso è frenetica.
Fuggi fuggi dalle commissioni, riunioni annullate, fughe in auto: Maurizio Buccarella sta rientrando da Lecce, la notizia gli arriva quando è all’altezza di Cassino.
Accelera più che può, vuole arrivare in tempo per spiegargli cos’è quell’emendamento per l’abolizione del reato di clandestinità che ha firmato (e fatto approvare).
Niente da fare. I colleghi lo anticipano, spiegano a Beppe che la prossima volta, anzichè scomunicarlo via blog, sarebbe meglio facesse una telefonata.
Lui — seduto su un banco dell’aula della commissione, colletto sbottonato e gambe a penzoloni — replica: “Ma sì, era una cosa tra amici..”. “Insomma”, rispondono in coro. Buccarella alla fine arriva, ma il tempo per parlare da solo con lui, Grillo non ce l’ha.
Ci riproverà oggi, in una pausa della visita in programma alla Camera.
Ma in conferenza stampa, ieri, il leader ha già chiarito che “la mia opinione personale è che il reato di immigrazione clandestina debba rimanere”.
Perchè “quando si fanno battaglie per i diritti di alcuni, si rischia di calpestare quelli degli altri”.
Illustra la piattaforma (pardon, “l’applicazione”) con cui gli attivisti d’ora in poi potranno partecipare alla formazione delle proposte di legge.
Ma su come finirà la faccenda di quell’emendamento (approvato per acclamazione da tutti i senatori) non dice una parola.
Tanto che i senatori scuotono la testa: “È il solito show, non ha detto niente di più di quello che ci aspettavamo”.
La raccolta fondi per doppiare San Giovanni
Prima di andare in albergo a riposare, si concede ai giornalisti. Un “comizio stampa”, più che una conferenza. Un fiume in piena per quasi due ore.
Dice che qualche “defaillance” c’è stata, accusa i partiti che “ci hanno messo nell’angolo”.
Si prepara all’appuntamento del mese prossimo: 1 dicembre, Genova, terzo V-day. “La raccolta (fondi, ndr) sta andando bene — dice — tutto quello che è in più lo mettiamo per le europee. Dobbiamo fare il botto lì. La piazza è enorme, il doppio di San Giovanni in lunghezza. Non c’è nessun tipo di lamentela, però bisogna stare uniti, bisogna che ci attiviamo tutti”. Sarà la prima prova di forza. Poi ci sono le elezioni. “Se perdiamo — confessa — io non ho più voglia di continuare. Vuol dire che non siamo adatti a questo Paese”.
Paolo Zanca
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