BREXIT E GENERAZIONE ERASMUS, L’IRA DEGLI STUDENTI DI SIENA: “EUROPA SENZA BARRIERE”
L’UNIVERSITA’: “NON SONO CHIARE LE CONSEGUENZE DEL VOTO INGLESE PER LA VOSTRA MOBILITA'”
Non c’è posto più adatto per valutare lo sconcerto della Generazione Erasmus di fronte alla Brexit, che l’Università di Siena, fondata nel 1240.
«Noi incoraggiamo gli studenti perchè colgano l’opportunità dell’Erasmus — dice il rettore Angelo Riccaboni — e abbiamo un interscambio speciale con la Gran Bretagna».
Ma al Graduation Day, 500 studenti, Carlo Cottarelli ospite d’onore, si avvertiva fra i ragazzi una profonda preoccupazione.
«La maggior parte degli studenti di Siena sceglie proprio il Regno Unito come sede di Erasmus, e gli inglesi vengono in massa: per loro Siena è un punto di riferimento, e Chiantishire nome quasi ufficiale».
«Quello che stiamo vivendo è destabilizzante dal nostro punto di vista», conferma Isabella Liso, laureata a Siena in Economia delle Istituzioni.
«Abbiamo avuto la fortuna di vivere l’Europa nella sua connotazione iniziale e piena, e siamo cresciuti come cittadini europei. Il culmine è la possibilità di studiare in altri Paesi e il Regno Unito era il posto più prestigioso. Ora cambiano le certezze, la percezione di Unione. L’inglese si potrà imparare ovunque ma cultura e formazione saranno monche di un pezzo importante d’Europa».
«Abbiamo ricevuto un’algida mail dall’ufficio Erasmus dell’università : l’Agenzia Nazionale – recita – non ci ha ancora dato notizia sulle ripercussioni che l’esito del Brexit avrà sulla mobilità 2016/17. Di colpo si mette in dubbio il sogno di tanti studenti», commenta Matteo Molinari, studente in Management & Governance (in inglese).
«La Brexit mina il senso di cittadinanza a una comunità più ampia di un Paese. Essere giovani europei vuol dire essere aperti, connessi, con una e marcia in più dei nonni. Capire le differenze, rispettare le diversità . Dato che oltre che a Cambridge ho studiato in America conosco le difficoltà del visto, dell’assicurazione sanitaria, dei costi che scoraggiano la mobilità ».
Allo stesso corso partecipa Alessandro Roscini: «Il Regno Unito è centrale per le opportunità di studio e lavoro. Sono tutti i miei coetanei penso che esperienze all’estero siano un requisito di formazione indispensabile. La Brexit mi spaventa: preclude la possibilità di assaporare un’esperienza che cambia la vita».
Francesca Bandini, dopo gli studi a Siena in Gran Bretagna ci si è trasferita: «Vanno richieste clausole favorevoli per chi vuole lavorare in Inghilterra. Il referendum non è stato il modo migliore per decidere su una questione così importante: in Inghilterra le elezioni hanno portato un’ondata di nazionalismo e xenofobia».
A Siena c’è anche una comunità di studenti inglesi trasferiti qui per l’intero periodo universitario.
Al primo anno di Scienze ambientali è iscritto Gianni Henson, quasi 20 anni: «Mi trovo bene qui e mi preoccupa qualsiasi turbamento a questa condizione. Avverto disagio: per l’economia e la democrazia inglese, scossa da queste richieste di nuovo referendum che non fanno altro che complicare un quadro già fosco. Spero che il mio Paese abbia la capacità di ritrovare unità , coerenza e forza».
L’Erasmus ha ricadute benefiche a lungo termine.
Marialuisa Di Simone, giornalista, ha vissuto nel 1997-98 con l’Erasmus a Swansea, una delle quattro sedi dell’Università del Galles. «Studiavo lingue, avevo una travolgente passione per la letteratura inglese dai Viaggi di Gulliver a Jane Eyre, così ho fatto il concorso per andare nel Regno Unito. E’ stata un’esperienza che mi ha aperto la mente. Ho seguito il corso Geoffrey Chauser, l’autore dei Canterbury Tales, e la mia tesina era la traduzione dal Middle English in inglese moderno. Un altro corso si chiamava British policy and european integration: il professore ci ripeteva che la maggioranza dei britannici ci sta proprio a disagio in Europa».
L’ateneo di Siena, come Cambridge e Oxford, ha un’attiva sezione “Alumni”, ex studenti.
La dirige Cinzia Angeli, dirigente P&G: «Il fatto che uno dei paesi della nostra Europa decida di fare un passo indietro è miope e anacronistico. Mentre qui a Siena si cerca di creare connessioni intergenerazionali ed internazionali, di ascoltare i millennial, condividere esperienze, in Gran Bretagna una minima maggioranza decide di chiudere frontiere e opportunità di scambio».
L’università senese per Londra è ancora di più: «Il British Council — dice il rettore Riccaboni – sceglie un’istituzione per ogni Paese a cui affidare il dialogo culturale ed economico. Per l’Italia è la Certosa di Pontignano, think-tank presieduto per l’Italia da Enrico Letta e per la Gran Bretagna da David Willetts, ex ministro dell’Università , che si riunisce ogni anno appunto nella Certosa, centro congressi dell’università ».
La riunione 2016 è il 15 settembre: «La data è stata scelta per evitare la sovrapposizione con i congressi politici britannici d’autunno. Ma quest’anno tira aria di congressi straordinari».
(da “La Repubblica“)
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