BUFALA DI SALVINI: LETTA NON HAI MAI DETTO DI VOLER “REGALARE” IL REDDITO DI CITTADINANZA AGLI IMMIGRATI
IL PD HA PROPOSTO DI RIDURRE (NON AZZERARE) IL NUMERO DI ANNI DI RESIDENZA IN ITALIA PER POTER ACCEDERE AL SUSSIDIO
Il 28 agosto il leader della Lega Matteo Salvini ha scritto su Twitter che il segretario del Partito democratico Enrico Letta «vuole regalare il reddito di cittadinanza agli immigrati». È davvero così? Abbiamo verificato e l’ex ministro dell’Interno non dice la verità.
Al momento, per ricevere il sussidio, bisogna essere residenti in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo.
Il Pd, in realtà, ha proposto di ridurre (e non azzerare) il numero di anni di residenza in Italia per poter accedere al sussidio e raggiungere più famiglie che vivono in povertà.
Come dimostra il titolo di un articolo del Tempo condiviso da Salvini nel suo tweet, il leader della Lega fa riferimento ai contenuti del programma elettorale del Partito democratico in vista delle elezioni del 25 settembre. «Proponiamo di ridurre il periodo minimo di residenza in Italia per accedere al reddito di cittadinanza», si legge nel programma.
Ad oggi, tra i vari requisiti per accedere al sussidio, è necessario essere residente in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo. Nel suo programma il Pd non specifica a quanti anni ridurre questo periodo.
Secondo il partito guidato da Letta, il reddito di cittadinanza andrà comunque «opportunamente ricalibrato secondo le indicazioni» elaborate dal Comitato scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza, istituito a marzo 2021 dal Ministero del Lavoro e guidato dalla sociologa Chiara Saraceno.
A novembre 2021, il comitato ha pubblicato dieci proposte per modificare il reddito di cittadinanza, dove, tra le altre cose, si chiedeva di portare il requisito della residenza minima da 10 a 5 anni. Per quale motivo?
Numeri alla mano, in proporzione sul totale, le famiglie povere straniere sono escluse dal reddito di cittadinanza di più rispetto a quelle italiane. Secondo le stime degli economisti Massimo Baldini e Giovanni Gallo, pubblicate a luglio 2021 in un rapporto della Caritas, nel 2020 il 4,4 per cento delle famiglie italiane ha beneficiato di almeno una mensilità del reddito di cittadinanza, a fronte del 6 per cento di famiglie italiane che vivono in povertà assoluta.
Per le famiglie straniere, queste percentuali erano state rispettivamente del 9,5 per cento e del 25,7 per cento.
Il motivo di questa discrepanza – in proporzione, pur essendo di più, le famiglie povere straniere ricevono di meno il reddito di cittadinanza – sta sia nel requisito dei 10 anni, che avvantaggia gli italiani, sia nei criteri del sussidio che penalizzano le famiglie più numerose e con minori, che sono più frequenti nella popolazione straniera.
Questo limite è dovuto al modo in cui è strutturata la cosiddetta “scala di equivalenza”, lo strumento che sulla base di alcuni coefficienti determina la soglia di accesso al reddito di cittadinanza.
Senza entrare troppo nei dettagli, all’aumentare del numero dei componenti di una famiglia, al momento c’è un’eccessiva riduzione del beneficio, rispetto a quello percepito dai nuclei con un solo componente. Tra le altre cose, a novembre 2021 il Comitato ha proposto la revisione di questa scala di equivalenza, idea contenuta anche nel programma del Pd.
Secondo le stime del Comitato scientifico, ridurre da 10 a 5 anni il requisito di residenza permetterebbe di coprire con il reddito di cittadinanza fino a 68 mila famiglie straniere in più, aumentando il costo annuo del reddito di cittadinanza da 8,8 miliardi di euro a 9,1 miliardi di euro (un aumento del 3,2 per cento circa).
Il suggerimento di ridurre il requisito dei 10 anni di residenza (il più alto in Europa, insieme a quello della Danimarca per misure simili al reddito di cittadinanza) è contenuto anche in un rapporto del 2019 dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).
La proposta del Pd è quella di ridurre (e non azzerare) il numero di anni di residenza in Italia per poter accedere al sussidio e raggiungere più famiglie che vivono in povertà.
Nei prossimi mesi potrebbero esserci novità sul tema dal punto di vista giuridico. Lo scorso 30 maggio, la Corte d’appello di Milano ha infatti ritenuto «rilevante e non manifestamente infondata» la questione di legittimità costituzionale del requisito dei 10 anni di residenza per accedere al reddito di cittadinanza. Al momento non è chiaro quando la Corte costituzionale si esprimerà in merito.
Numeri alla mano, in proporzione sul totale, le famiglie povere straniere sono maggiormente escluse dal sussidio rispetto a quelle italiane.
(da Open)
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