CASO ALMASRI, PICCIRILLO. MAGISTRATO DI CASSAZIONE: : “ECCO GLI ERRORI DEI MAGISTRATI E DEL MINISTERO DI NORDIO”
“NORDIO DOVEVA RISPETTARE LA LEGGE E CONSEGNARE ALMASRI ALLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE”
Raffaele Piccirillo, magistrato di Cassazione, è stato dal 2017 sino all’insediamento del governo Meloni, nei ruoli chiave del ministero della Giustizia: direttore generale della giustizia penale per tre anni, poi capo del dipartimento degli Affari di giustizia. Infine capo di gabinetto. Insomma, era l’uomo che avrebbe gestito il caso Almasri se fosse accaduto qualche anno fa.
Dottor Piccirillo, ma l’Italia davvero non poteva che restituire il generale accusato di omicidi e stupri alla Libia?
“Al contrario, credo che non vi fossero valide ragioni giuridiche per non convalidare l’arresto e non consegnarlo alla Corte penale internazionale”.
Chi ha sbagliato?
“Credo che si sia data una lettura gravemente lacunosa delle norme rilevanti in questa materia. L’arresto, disposto sulla base non della solita red notice (l’allerta inserita nella banca dati di
Interpol) ma di un mandato di arresto completo, regolarmente comunicato sia tramite Interpol sia attraverso i canali diplomatici era convalidabile senza attendere alcuna iniziativa ministeriale, naturalmente dopo aver convocato l’arrestato e avergli consentito di difendersi: cosa che, singolarmente, non è stata fatta. A quel punto, volendo applicare la norma che si applica in materia di estradizione, il ministro avrebbe avuto dieci giorni per chiedere, o meno, il mantenimento della misura, assumendosi la responsabilità di questa scelta”.
Il ministro poteva rilevare quei vizi e rimediare, in qualche maniera?
“Si tratta di cooperazione cosiddetta verticale. Gli Stati che hanno aderito allo Statuto di Roma (il trattato istitutivo della Corte penale internazionale aperto alla firma nel 1998), sottoscrivendolo e ratificandolo, hanno ceduto parte della propria sovranità giurisdizionale alla Corte che, diversamente da quanto accade in Italia e in altri paesi, non procede in assenza o in contumacia. Per questo omettere la consegna significa bloccare il processo. In questo contesto gli obblighi di cooperazione sono più stringenti di quelli che valgono tra paesi posti sullo stesso livello, perché la Corte, non disponendo di forze di polizia, ha bisogno delle autorità degli Stati come delle proprie braccia e gambe per operare. In questo contesto è paradossale che la Corte d’appello e la Procura generale di Roma abbiano ritenuto necessario attendere una sorta di nulla
osta del ministro che le norme non prevedono e che non è necessario neppure nella cooperazione di minor livello.
La stessa Autorità giudiziaria, per espressa previsione dello statuto, della legge di ratifica e della legge di cooperazione con la Corte del 2012, non può sindacare i gravi indizi e le esigenze cautelari che stanno alla base del mandato di arresto della Corte”.
Poteva farlo, quindi, il ministro?
“No. E non poteva nemmeno mettere in dubbio la giurisdizione della Corte che – laddove fosse stata messa in discussione dall’arrestato – avrebbe dovuto essere stabilita dalla stessa Corte penale internazionale. In buona sostanza, le giustificazioni offerte in occasione dell’informativa del ministro Nordio al Parlamento del febbraio scorso sono prive di fondamento giuridico. Del resto, nella tradizionale materia estradizionale, non si è mai visto un ministro che intercetta il provvedimento straniero prima di trasmetterlo all’Autorità giudiziaria per valutarne la legittimità.
Tecnicamente cosa poteva fare?
“Volendo assecondare la prospettiva giuridica errata delle autorità giudiziarie romane, il ministro avrebbe potuto sanare il ritenuto difetto di legittimazione. In realtà, l’unico spazio espressamente attribuito dallo Statuto e dalla legge al ministro attiene alla decisione finale di consegna che viene dopo la valutazione della Corte d’appello di Roma ed è anche questa
strettamente vincolata.
C’è chi autorevolmente ritiene che la peculiarità dei crimini trattati dalla Corte penale internazionale (genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità) e la posizione della Corte sono tali da escludere finanche l’ostacolo delle immunità funzionali, che comunque non riguardano Almasri che non è un capo di Stato o di governo. Abbiamo fallito in un caso, tutto sommato, semplice”.
(da La repubblica)
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